puliciclone
Expergiscere, homo
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Addio progetto Letta di mobilitare qualche miliardo per «il lavoro dei giovani», un alleviamento dell’Iva o dell’Imu. Erano tutti sogni, ed abbiamo dovuto apprenderlo dal Financial Times: il nostro Tesoro ha un «buco» di forse 8 miliardi, la cifra che Letta stava cercando senza riuscirci, creata in segreto dai suoi «tecnici» sopraffini per truccare i conti pubblici, in modo da farci apparire in grado di «entrare nell’euro».
Il trucco risale agli anni ’90, ed ha avuto certo la benedizione di Romano Prodi. Nel ’95, il deficit italiano era del 7,7%; doveva essere ridotto a meno del 3%. Nel ’98, infatti, bussammo alla porta dell’euro con il 2,7% di deficit: miracolo! In regola! Fummo ammessi nella moneta unica, e i politici italioti festeggiarono. Tutti quanti. Silvio Berlusconi, anziché eccepire, si entusiasmò a punto da regalare ad ogni italiano (ricordate?) una piccola calcolatrice per facilitarvi il cambio Euro-Lira; poi tornò ai suoi bunga-bunga. Una cima, un genio.
Ora si scopre che il «miracolo» era fatto a caro prezzo, inventando con banche straniere prodotti derivati complicatissimi che (dice il Financial Times) hanno «consentito al Tesoro di scaglionare i pagamenti dovuti alle banche straniere su un periodo più lungo ma, in alcuni casi, a termini più svantaggiosi per l’Italia».
Il segreto necessitò di una pezza nel 2012: vi si prestò il governo Monti, cercando di nascondere agli italiani la verità. Senza riuscirci: l’Italia, si ricorderà, costretta a rivelare che aveva pagato a Morgan Stanley 2,57 miliardi di euro, dopo che la banca aveva esercitato una clausola sui contratti derivati che avevano per oggetto swap su tassi di interesse e swap option concordati con l’Italia nel 1994.
Per Repubblica, «La ristrutturazione dei derivati nel 2012 è collegata all’esigenza delle banche (una ventina delle solite: le tre grandi italiane, le principali europee e le maggiori d’affari anglosassoni) di ridurre ilrischio Italia. In sostanza la crisi ha portato gli istituti specialisti in titoli di Stato a presentare il conto dei vecchi derivati. Ed è qui che emerge una perdita potenziale di 8,1 miliardi».
Ma non bastano 8 miliardi. Sempre per Repubblica, «c’è poi l’anomalia degli swap rinegoziati a un prezzo “off market”, cioè con una forte perdita iniziale per l’erario. Anomalia probabilmente dovuta al fatto che i contratti originari erano in realtà prestiti mascherati che il Tesoro è oggi costretto a rimborsare a caro prezzo».
Chi era stato a fare quegli affari pessimi, da cretini disonesti, da venditori di tappeti? Silenzio. Vietato chiedere. Omertà totale dei «tecnici» al governo e dei «tecnici» intoccabili a Bankitalia. Unico indizio, l’inspiegabile trasferimento-promozione, da parte di Mario Monti, di Anna Maria Tarantola, la strapagatissima altissima dirigente di Bankitalia, da Bankitalia alla strapagatissima presidenza Rai. Adesso, ilFinancial Times ci dice che nell’occasione in cui Morgan Stanley pretese il suo bottino esercitando la clausola di rottura sul contratto derivato, si seppe che il Tesoro «deteneva contratti derivati per coprire 160 miliardi di debito, ossia il 10% dei titoli di Stato in circolazione».
Abbiamo fatto finta di avere i conti a posto, mentre sforavamo del 10%, ossia per 160 miliardi: una bomba ad orologeria nei nostri conti, tenuta segreta dall’omertà. Solo adesso ci viene detto che direttore del Tesoro, all’epoca, era Mario Draghi: il responsabile del trucco, il grande genio e venerato maestro da tutti i giornalisti italioti. Il nome intoccabile non è mai stato fatto: lo fa il Financial Times, indicando come corresponsabili Vincenzo La Via (capo del dipartimento debito), e Maria Cannata, head of the Treasury’s debt management agency. Tre pagatissimi, espertissimi «tecnici»: ****** e disonesti insieme, che dovrebbero – semplicemente – essere in galera per alto tradimento.
Ma silenzio, non si può dire. Sono i competentissimi tecnici. I Venerati Maestri. Che ci hanno portato a questa disastrosa situazione nel segreto. «Solo una manciata di dirigenti italiani, presenti e passati», dice il Financial Times, «hanno chiara la situazione complessiva, secondo fonti governative». I politici non sapevano.
Tutto avvenne a loro insaputa. Forse non capivano.
Se non capite bene quel che è successo, non siete i soli. Ma vi basti la conclusione: lorsignori hanno fatto lo stesso trucco della Grecia, per entrare nell’euro senza averne le condizioni di bilancio giuste. Dovevamo starne fuori, ma avevano una gran fretta di farci entrare, lorsignori. Ci vietarono persino di discuterne: «complottisti, fascisti, antisemiti, tacete!». Ecco il risultato.
Siamo noi la Grecia, dieci volte più grossa.
Il trucco risale agli anni ’90, ed ha avuto certo la benedizione di Romano Prodi. Nel ’95, il deficit italiano era del 7,7%; doveva essere ridotto a meno del 3%. Nel ’98, infatti, bussammo alla porta dell’euro con il 2,7% di deficit: miracolo! In regola! Fummo ammessi nella moneta unica, e i politici italioti festeggiarono. Tutti quanti. Silvio Berlusconi, anziché eccepire, si entusiasmò a punto da regalare ad ogni italiano (ricordate?) una piccola calcolatrice per facilitarvi il cambio Euro-Lira; poi tornò ai suoi bunga-bunga. Una cima, un genio.
Ora si scopre che il «miracolo» era fatto a caro prezzo, inventando con banche straniere prodotti derivati complicatissimi che (dice il Financial Times) hanno «consentito al Tesoro di scaglionare i pagamenti dovuti alle banche straniere su un periodo più lungo ma, in alcuni casi, a termini più svantaggiosi per l’Italia».
Il segreto necessitò di una pezza nel 2012: vi si prestò il governo Monti, cercando di nascondere agli italiani la verità. Senza riuscirci: l’Italia, si ricorderà, costretta a rivelare che aveva pagato a Morgan Stanley 2,57 miliardi di euro, dopo che la banca aveva esercitato una clausola sui contratti derivati che avevano per oggetto swap su tassi di interesse e swap option concordati con l’Italia nel 1994.
Per Repubblica, «La ristrutturazione dei derivati nel 2012 è collegata all’esigenza delle banche (una ventina delle solite: le tre grandi italiane, le principali europee e le maggiori d’affari anglosassoni) di ridurre ilrischio Italia. In sostanza la crisi ha portato gli istituti specialisti in titoli di Stato a presentare il conto dei vecchi derivati. Ed è qui che emerge una perdita potenziale di 8,1 miliardi».
Ma non bastano 8 miliardi. Sempre per Repubblica, «c’è poi l’anomalia degli swap rinegoziati a un prezzo “off market”, cioè con una forte perdita iniziale per l’erario. Anomalia probabilmente dovuta al fatto che i contratti originari erano in realtà prestiti mascherati che il Tesoro è oggi costretto a rimborsare a caro prezzo».
Chi era stato a fare quegli affari pessimi, da cretini disonesti, da venditori di tappeti? Silenzio. Vietato chiedere. Omertà totale dei «tecnici» al governo e dei «tecnici» intoccabili a Bankitalia. Unico indizio, l’inspiegabile trasferimento-promozione, da parte di Mario Monti, di Anna Maria Tarantola, la strapagatissima altissima dirigente di Bankitalia, da Bankitalia alla strapagatissima presidenza Rai. Adesso, ilFinancial Times ci dice che nell’occasione in cui Morgan Stanley pretese il suo bottino esercitando la clausola di rottura sul contratto derivato, si seppe che il Tesoro «deteneva contratti derivati per coprire 160 miliardi di debito, ossia il 10% dei titoli di Stato in circolazione».
Abbiamo fatto finta di avere i conti a posto, mentre sforavamo del 10%, ossia per 160 miliardi: una bomba ad orologeria nei nostri conti, tenuta segreta dall’omertà. Solo adesso ci viene detto che direttore del Tesoro, all’epoca, era Mario Draghi: il responsabile del trucco, il grande genio e venerato maestro da tutti i giornalisti italioti. Il nome intoccabile non è mai stato fatto: lo fa il Financial Times, indicando come corresponsabili Vincenzo La Via (capo del dipartimento debito), e Maria Cannata, head of the Treasury’s debt management agency. Tre pagatissimi, espertissimi «tecnici»: ****** e disonesti insieme, che dovrebbero – semplicemente – essere in galera per alto tradimento.
Ma silenzio, non si può dire. Sono i competentissimi tecnici. I Venerati Maestri. Che ci hanno portato a questa disastrosa situazione nel segreto. «Solo una manciata di dirigenti italiani, presenti e passati», dice il Financial Times, «hanno chiara la situazione complessiva, secondo fonti governative». I politici non sapevano.
Tutto avvenne a loro insaputa. Forse non capivano.
Se non capite bene quel che è successo, non siete i soli. Ma vi basti la conclusione: lorsignori hanno fatto lo stesso trucco della Grecia, per entrare nell’euro senza averne le condizioni di bilancio giuste. Dovevamo starne fuori, ma avevano una gran fretta di farci entrare, lorsignori. Ci vietarono persino di discuterne: «complottisti, fascisti, antisemiti, tacete!». Ecco il risultato.
Siamo noi la Grecia, dieci volte più grossa.