Dali
Nuovo Utente
- Registrato
- 21/7/02
- Messaggi
- 126
- Punti reazioni
- 5
Volevo rispondere a Taz e collegarmi al dibattito sulle bannature ma da un po' ho voglia di sollecitare una tematica che secondo me amplia in parte l'argomento, tanto da farmi preferire uno spazio "vergine".
Sono piuttosto "costernata" quando vedo i moderatori intervenire duramente nei dibattiti in corso; e non certo perché questo non sia necessario e dovuto, anzi urgente!!!!
Ma ciò che mi disturba è che ogni volta che noi deleghiamo a qualcuno che ha "potere formale" l'emarginazione di persone, stiamo nei fatti RINUNCIANDO alla nosta responsabilità del controllo sociale sulla comunità.
Di comunità parlo, non di gruppo, poiché quando un gruppo si costituisce attorno ad un fine di per sé aggregante, guidato dall'intenzione, dalla volontà di scambio, dal desiderio di "mettere in comune" esperienze, competenze o anche solo emozioni estemporanee, è lecito riconoscere l'esistenza di una "comunità di pratica" qualunque ne sia il filo conduttore.
E nelle comunità di pratica, conduzione, coordinamento e controllo dei risultati , dei processi sociali, a maggior ragione laddove non esista un sistema premiante esplicito, non possono che essere garantite dal corpo sociale stesso, DA NOI nella fattispecie!!!
Ovvero, io credo che tutti noi siamo abbastanza grandi da poterci assumere la responsabilità di "limitare" i comportamenti censurabili, emarginando o squalificando le persone che ne sono portatori, intervenendo e posizionandoci in modo netto sulla conflittualità esplicità, se necessario contraponendoci in modo forte. MA : la condizione per fare questo in modo stabile ed efficace, E' DI ESSERE UNITI E COSTANTI in questa azione!!!! Troppe volte mi sono trovata DA SOLA a dover reagire a persone che per vezzo (o per patologia!) agivano la provocazione come mezzo unico per riempire lo spazio di altri; e non parlo della conflittualità spicciola, della ccontrapposizione latente e spesso sana, ma di veri e propri attacchi, offese personalizzate, aggressioni sul piano dei valori e delle e mozioni, spesso agite attraverso la volgarità e l'arroganza. In molti casi ho assistito, specie in chat, alla totale astensione della gran parte dei presenti, che riducevano tacitamente le loro conversazioni scegliendo in modo chiaro di......."sgombrare la piazza"! Ma se questa modalità funziona a volte con alcune persone, quelle che fanno della provocazione un "gioco di ruoli", tanto da indurle rapidamente ad astenersi ed uscire, sconfortati dall'impossibilità di trovare un interlocutore con cui interagire, è del tutto vana con quelle figure intermedie, che trovano nella provocazione, sessuale o aggressiva, l'unica risposta possibile al disagio profondo che vivono nel quotidiano.
In questi casi ed in altri più semplici ma ripetuti nel tempo, tale modalità non funziona. Il silenzio agisce solo da rinforzo della loro autostima e consente loro uno spazio incontrastato. Nè possono dirsi stabili i provvedimenti gestiti d'autorità e d'ufficio: le bannature, l'uso dell' "ignore" e simili.
I comportamenti sgradevoli, anche quelli non patologici, vanno ricondotti a buon senso, non eliminati, non soffocati: ciò che è compresso resta sotto la cenere tacito per un po' ma è destinato a riemergere, se possibile in modo più agguerrito, anche grazie alla precedente ......"soppressione"!
Perciò il mio suggerimento è di "esserci", a gestire collettivamente questo spazio, ad intervenire sul rispetto delle regole tacite e di quelle implicite, a contribuire, attraverso comportamenti "educativi" al sopravvivere della comunità che siamo: troppe altre ne ho viste sparire per la limitata intelligenza sociale del gruppo!
Sono piuttosto "costernata" quando vedo i moderatori intervenire duramente nei dibattiti in corso; e non certo perché questo non sia necessario e dovuto, anzi urgente!!!!
Ma ciò che mi disturba è che ogni volta che noi deleghiamo a qualcuno che ha "potere formale" l'emarginazione di persone, stiamo nei fatti RINUNCIANDO alla nosta responsabilità del controllo sociale sulla comunità.
Di comunità parlo, non di gruppo, poiché quando un gruppo si costituisce attorno ad un fine di per sé aggregante, guidato dall'intenzione, dalla volontà di scambio, dal desiderio di "mettere in comune" esperienze, competenze o anche solo emozioni estemporanee, è lecito riconoscere l'esistenza di una "comunità di pratica" qualunque ne sia il filo conduttore.
E nelle comunità di pratica, conduzione, coordinamento e controllo dei risultati , dei processi sociali, a maggior ragione laddove non esista un sistema premiante esplicito, non possono che essere garantite dal corpo sociale stesso, DA NOI nella fattispecie!!!
Ovvero, io credo che tutti noi siamo abbastanza grandi da poterci assumere la responsabilità di "limitare" i comportamenti censurabili, emarginando o squalificando le persone che ne sono portatori, intervenendo e posizionandoci in modo netto sulla conflittualità esplicità, se necessario contraponendoci in modo forte. MA : la condizione per fare questo in modo stabile ed efficace, E' DI ESSERE UNITI E COSTANTI in questa azione!!!! Troppe volte mi sono trovata DA SOLA a dover reagire a persone che per vezzo (o per patologia!) agivano la provocazione come mezzo unico per riempire lo spazio di altri; e non parlo della conflittualità spicciola, della ccontrapposizione latente e spesso sana, ma di veri e propri attacchi, offese personalizzate, aggressioni sul piano dei valori e delle e mozioni, spesso agite attraverso la volgarità e l'arroganza. In molti casi ho assistito, specie in chat, alla totale astensione della gran parte dei presenti, che riducevano tacitamente le loro conversazioni scegliendo in modo chiaro di......."sgombrare la piazza"! Ma se questa modalità funziona a volte con alcune persone, quelle che fanno della provocazione un "gioco di ruoli", tanto da indurle rapidamente ad astenersi ed uscire, sconfortati dall'impossibilità di trovare un interlocutore con cui interagire, è del tutto vana con quelle figure intermedie, che trovano nella provocazione, sessuale o aggressiva, l'unica risposta possibile al disagio profondo che vivono nel quotidiano.
In questi casi ed in altri più semplici ma ripetuti nel tempo, tale modalità non funziona. Il silenzio agisce solo da rinforzo della loro autostima e consente loro uno spazio incontrastato. Nè possono dirsi stabili i provvedimenti gestiti d'autorità e d'ufficio: le bannature, l'uso dell' "ignore" e simili.
I comportamenti sgradevoli, anche quelli non patologici, vanno ricondotti a buon senso, non eliminati, non soffocati: ciò che è compresso resta sotto la cenere tacito per un po' ma è destinato a riemergere, se possibile in modo più agguerrito, anche grazie alla precedente ......"soppressione"!
Perciò il mio suggerimento è di "esserci", a gestire collettivamente questo spazio, ad intervenire sul rispetto delle regole tacite e di quelle implicite, a contribuire, attraverso comportamenti "educativi" al sopravvivere della comunità che siamo: troppe altre ne ho viste sparire per la limitata intelligenza sociale del gruppo!