L'Italia e' diventata il bancomat di Francia e Germania?

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....visto che parli di economia:Dpensavo che fossi un'esperto, ma visto che tu stesso:yes:hai ammesso che non sai di cosa parli:rolleyes:...
...ti perdono.:yes:OK!

...nelle more, la tua riposta, ti...qualifica da sola.:rolleyes::cool::bye:

Io non capisco di economia?:clap:

torna a pettinare le bambole è un'attività a te più consona.
Intanto finisci in ignore
 
Io non capisco di economia?:clap:

torna a pettinare le bambole è un'attività a te più consona.
Intanto finisci in ignore

Se non hai capito che la crisi sistemica sarebbe sopravvenuta...a prescindere dal malgoverno italiano, certo, in economia, non sembri...1 acquila.:D:cool:

...che il calzolaio non giudichi oltre...le scarpe.;)
 
Chi è causa del suo male, pianga...se stesso.:cool:


ECCO COME MONTI CI PORTERA' VIA GLI ULTIMI SOLDI
Postato il Lunedì, 17 dicembre @ 07:10:00 CST di davide

DI MAURIZIO BLONDET
****************.it

Anzitutto, un pensiero compassionevole al povero Bersani. Aveva la vittoria già in tasca, la gioiosa macchina da guerra oliata e pronta, e cosa gli fanno gli eurocrati da lui tanto ossequiati?

Gli candidano contro Mario Monti.:D:D:cool:

Il quale – a riprova della sua fondamentale idiozia – si sveste dei panni del tecnico e si fa politico. Ossia da super-partes a partitante, capo di un blocco moderato in tumultuosa formazione con tutti i mozziconi spenti del centro-destra. Ma come può, povero Bersani, fare campagna elettorale contro Monti?

Lo ha tanto servito, si è piegato a tutte le macellerie sociali del programma di Monti (e Merkel); gli ha promesso il Quirinale. E adesso, se lo trova avversario. Il lato tragicomico è che Bersani non ha un programma alternativo a Monti, da opporre al neo-partito moderato. Ha lo stesso programma di Monti. Ha definito Monti e il montismo «un punto di non ritorno». Adesso gli toccherà pensare a qualcosa che sembri diverso, e che nello stesso tempo rassicuri gli eurocrati – che chiaramente non vogliono la sinistra al potere. E quanti elettori «di sinistra» gli porterà via il Monti sceso in campo? C’è da tremare. Povero Bersani: tanto ossequio ai banchieri, ai tedeschi e ai creditori, tanta fedeltà inconcussa all’euro e al servizio del debito, ed ecco come ti ripagano.

È il trionfo della democrazia. Gli statisti del Partito Popolare Europeo, più i Kommissari, hanno dato l’ordine agli italiani: «Votate questo». E di colpo, tutti i partitanti sono per Monti. Berlusconi, poveretto, a Bruxelles ricordava a chi voleva sentirlo che era stato lui a scegliere Monti come Kommissario. Il suo partito, Pdl, intanto, a causa della sua ri-ri-ridiscesa in campo, gli esplode in mille schegge: ma il bello è che queste mille schegge sono tutte per uno: Mario Monti.

I ciellini, i socialisti, i laici, i missini… persino Alemanno si è pronunciato per Monti, con la speranza di essere ricandidato nella nuova formazione dei mozziconi urlanti.

Quindi ora lo sapete, italiani. Siete liberi di scegliere fra Bersani e Montezemolo, potete votare persino Berlusconi o la nuova AN. Ma chiunque votate, alla fine votate Mario Monti e il suo governo – in eterno (1).

È il trionfo della democrazia terminale. La democrazia senza opposizioni. Dove le opposizioni si oppongono fra loro, combattendosi aspramente, per strapparsi l’onore di mettere al governo il Prescelto dalle Burocrazie. E sostenere l’Unico, approvando tutte le sue manovre e «riforme». Due grandi formazioni, e il Candidato Unico.

Dunque, sarà Monti. Ricordiamo brevemente a quale scopo i partiti d’accordo avevano messo il tecnico Monti al potere:

Ridurre il debito pubblico. Monti ha aumentato il debito pubblico: da 1.850 miliardi a quasi 2 mila miliardi, più 80 mila miliardi. In un solo anno. E questo, nonostante tagli e tasse sanguinose, da record storico mondiale (la pressione fiscale sulle imprese impossibilitate al nero è ormai al 70%). Nel primo anno del governo Monti, il debito è aumentato di 282 milioni di euro al giorno (nel 201, sotto Berlusconi, era cresciuto di 152 milioni al giorno).

Assicurare che l’Italia paghi il debito. Per dare questa assicurazione ai «mercati», bisogna che l’economia italiana cresca. Un debito pubblico è sostenibile quando cresce meno (almeno un po’ meno) del PIL. Strangolando le imprese produttive, perseguitandole con la Polizia tributaria, pretendendo pagamenti fiscali su guadagni non realizzati, ritardando i pagamenti dovuti da parte del settore pubblico, Monti il tecnico è riuscito nella luminosa impresa: trasformare la recessione in depressione profonda. Crollo e paralisi del settore edilizio, blocco dei credito bancari, riduzione per paura dei consumi, disoccupati alle stelle; i dati sui consumi ed energetici in genere sono da 1929. Quattro trimestri filati di caduta del PIL: Monti non sarebbe riuscito a far meglio se avesse chiesto ai tedeschi di bombardare le fabbriche del Nord, come fecero gli Alleati su richiesta del Partito d’Azione…

Fare le «riforme» del settore pubblico. Ridurre la spesa improduttiva, visto che il PIL si inabissa, è una pura e semplice necessità. I tecnici hanno annunciato: spending review, ossia esame analitico delle spesa: mai fatto. Accorpare i Comuni: mai realizzato. Abolire le provincie: programma ridotto a «accorpamento», mai realizzato. Rendere ragionevoli le paghe scandalose dei dirigenti pubblici a 670 mila euro annui: niente di niente. Le presidenza della repubblica continua a costare 5 volte Buckingham Palace. Le Regioni continuano a spandere senza controllo, ad alimentare centinaia di Fiorito e Polverini ancora sconosciuti. Diminuire un pochettino il numero dei parlamentari: niente, li avremo ancora lì, più affollati di un treno-pendolari in ritardo fra Milano e Varese. Solo che i pendolari non prendono 15 mila euro al mese. La legge elettorale? Voteremo ancora col Porcellum, e le liste determinate dai capi-partito. La liberalizzazione delle spiagge, come ci chiede persino l’eurocrazia? Macché: la lobby degli ombrelloni-sdraio è più forte della lobby ebraica.

In una cosa Monti è stato più bravo, perfino più bravo di Berlusconi: negli annunci, seguiti da completa inattività. Tant’è vero che gran parte degli italiani crede davvero che le cose sopra dette siano state realizzate; anche perché i media sussidiati le hanno salutate con nuvole di incenso al tecnico.

Il governo tecnico, con Monti a capo, è incapace? Incompetente? Fino a ieri propendevo per questa interpretazione. Adesso, comincio a pensare il peggio: che tutto ciò sia voluto. Persino un *********, però con un’infarinatura bocconiana, capisce che tasse e tagli e persecuzioni al settore privato porta alla miseria e dunque all’insolvenza. Ma guardate lo sguardo gelido di Monti, così simile a quello di Alesina e Giavazzi quando dicono che bisogna abolire le pensioni e rimandare a lavorare gli ottantenni, far morire le novantenni perché i letti di ospedale costano, eccetera. È questa la neo-ideologia made in Chicago.

Eliminare 4 miliardi di esseri umani (2); tanto il lavoro oggi non serve più, all’uno per cento interessa soprattutto trovare domestici e servitù a basso prezzo, l’industria del lusso va benissimo nella crisi generale: i ricchi sono autosufficienti, e i poveri inquinano il bel pianeta azzurro, oggi di loro proprietà.

Allora, qual è il vero scopo di Monti? Lo sappiamo: salvare l’euro, non salvare l’Italia.

Approfittare della crisi per costringere i popoli ad accettare il federalismo europoide, secondo il progetto Monnet-Delors-Padoa Schioppa. E il progetto, per quanto lo riguarda visto che è stato messo a governare l’Italia, è: de-industrializzarla. Vedete la Grecia: non ha più niente con cui vivere, per questo è totalmente dipendente da programmi che la spopolano, e da un euro che la uccide. Dipende totalmente dalla «carità» a credito tedesca.

Riducendola come la Grecia, all’Italia si toglie ogni velleità e possibilità di uscire dall’euro e di ripudiare il debito. Di gettare all’aria il progetto eurocratico, riacquistando competitività e mettendosi a far concorrenza alla Germania. Un futuro capo «populista» non avrà i mezzi per una politica popolare, di ripresa.

Sì, mi sono convinto che Monti completerà la spoliazione, ci ridurrà tutti a razzolare nella spazzatura a cercare bucce di patata. Con il sostegno inconcusso di tutti i nostri partiti storici. E gli applausi dei giornali e TV.

Quindi, ecco cosa farà. Il sospetto è venuto ad una cara lettrice molto addentro al sistema economico milanese, Carla L. Lei dice di aver sentito Monti accennare alla cosa in qualche discorso, subito però tacendosi.

Qual è la cosa? Cambiare le banconote. Dare un nuovo formato ai biglietti da 100, 200, 500 euro, nuovi colori. Con l’obbligo di presentare in banca le vecchie banconote entro un certo termine tassativo (dopo il quale non hanno più corso) per farsele sostituire con le nuove.

Molti italiani, l’estate scorsa, quando l’euro sembrava agli ultimi, hanno ritirato parte dei loro risparmi dai conti. I pesci veramente grossi hanno trasferito i loro grossi fondi all’estero, in Svizzera o nei paradisi fiscali. I piccoli, timorosi di veder devastati i loro risparmi, hanno ritirato banconote e le hanno messe sotto la mattonella, o in cassetta di sicurezza.

Sono centinaia di miliardi. Che sono scomparsi all’occhiuto sguardo del Fisco, non sono più visibili al Grande Fratello, sottratti alle banche, disponibili per pagamenti in nero. È per le banche e per Befera che si parla sempre più con insistenza di vietare l’uso del contante anche per pagamenti da 10 euro.

Ma soprattutto, quei soldi invisibili e reali sono la speranza di sopravvivere al «dopo». Dato che per ordine dei creditori e della Merkel, il debito in Europa non può più essere diluito col sistema storicamente più usato – l’inflazione – questo denaro mantiene abbastanza bene il potere d’acquisto. Costituisce una speranza.

Questa speranza va troncata: ridurre alla fame, alla fame vera, senza cuscinetto di risparmi, è il metodo più «efficiente» per rendere il lavoro «flessibile» al massimo: senza un soldo nella calza, vedrete che i vecchietti torneranno a lavorare per 5 euro al giorno, come già fanno in America. E i giovani «choosy» , e le donne casalinghe, la gente dei PIIGS accetteranno qualunque paga.

Per Monti, il cambio di banconote ha un vantaggio aggiuntivo. Immaginate: avete in cassetta di sicurezza, poniamo, 15 mila euro in banconote da 500. Arriva l’avviso che queste tra dieci giorni non avranno più corso legale; vi affrettate a presentarle alla vostra banca per farvele cambiare con le nuove.

E siete in trappola. Il bancario allo sportello è, ormai, l’occhio del miliardario-di-Stato Befera: «Come mai tanto contante? E di grosso taglio?». Ciò è altamente sospetto. Avete intenzione di fare pagamenti in nero: «Evasore Fiscale!» , grida il bancario; e tutti si voltano, pronti a linciarvi (i giornali, le TV e Report li hanno messi già contro di voi, evasori che usate il contante). Come minimo, dovete pagare una multa per il possesso ingiustificato di moneta (di corso legale, ma che importa). E poi, la Finanza: questi soldi sono un suo reddito che lei ha nascosto; ci paghi sopra le tasse! Hai voglia a cercare di dimostrare che non sono un reddito, che sono soldi vostri, già tassati, che avete semplicemente ritirato dal vostro conto corrente. Potete dimostrarlo? La Finanza sostiene che la vostra documentazione è falsa: multa! aggravi di mora! Penali varie e sovrattasse! Cercate di opporvi all’accertamento persecutorio e truffaldino? Bene, provate ad «adire la magistratura», come si dice. Intanto pagate e poi se ne riparla fra 20 anni.

Secondo me, questo è il modo con cui, se avete 15 mila euro in banconote, ve ne porteranno via 5 mila.

La famosa patrimoniale, con altri mezzi. La patrimoniale che colpisce i pesci medi e salva, come al solito, i pesci grossi. La patrimoniale che definitivamente proletarizza la classe media che non ha saputo essere, né darsi, classe dirigente.

Lorsignori sanno che voi italiani, collettivamente, avete 9 mila miliardi di euro di ricchezza privata; (3) più di quanto ne abbiano i tedeschi, pro capite. È un tesoro che hanno deciso di prosciugarvi, – serve a loro, serve al Quirinale, serve alle opposizioni con candidato condiviso, e a tutti i parassiti miliardari che manteniamo come contribuenti – e con Monti, ci riusciranno. Togliervelo, serve anche ai tedeschi: così non potrete più uscire dall’euro, dovrete lavorare per 400 euro mensili nei mini-jobs, come già fanno 7 milioni di loro. È l’Europa che avanza.

Ovviamente, il mutamento formale delle banconote dovrà avvenire a livello europeo. Ossia, dovrà essere d’accordo il Cancelliere in carica. Ma basta che Monti lo chieda, e l’avrà. I cittadini tedeschi lo accetteranno? Certo che lo accetteranno: da loro, il possesso di contanti mica è un delitto. Possono presentarsi a comprare un’auto con 20 mila euro in banconote, e il concessionario non chiama la Finanza, non vede in lui un evasore; perché là, il fisco funziona bene o male, meglio del nostro. Là, mica hanno Befera.

Ecco cosa succederà se ha ragione la signora Carla L. È dedicata a voi questa vignetta del Telegraph:



Il tacchino dice: «Mi unisco a una setta che crede che il mondo finirà il 21 dicembre». Quel tacchino siete voi. Il 21 dicembre il mondo non finirà. Ciò significa che, il 25,sarete spennati, arrostiti e mangiati.

Maurizio Blondet
Fonte: www.****************.it
Link:http://www.****************.it/2012...ra-via-gli-ultimi-soldi-maurizio-blondet.html
17.12.2012

1) L’ultima flebile speranza è dunque votare per Beppe Grillo e il suo movimento: almeno, ha definito Monti «Rigor Montis». Già vedete come lo stanno triturando, con i traditori interni pagati (spesso, solo con promesse). E con l’obbligo di presentare 60 mila firme in due mesi… Bisognerà andare in massa a fargli raccogliere le firme.
2) Il progetto di eliminare 4 miliardi di esseri umani è stato effettivamente elaborato dal professor Eric R. Pianka, zoologo evoluzionista all’università di Austin, Texas, e comunicato ad una selezionata platea di economisti, politici e «decisori» alla Texas Academy of Science il 3 aprile 2006. Non erano ammesse telecamere e giornalisti; esattamente come alle riunioni di Bilderberg e Trilaterale. Si veda Maurizio Blondet, «Cretinismo scientifico e sterminio dell’umanità». Effedieffe, pagina 225. Arthur Schlesinger jr. suForeign Affairs (il giornale del Council on Foreign Relations), agosto 1975 già scriveva: «Non otterremo il Nuovo Ordine Mondiale senza pagare un prezzo col sangue, oltre che con il denaro e le parole». Brock Admas, all’epoca direttore della Organizzazione di Sanità dell’ONU, aveva preconizzato: «Per ottenere il governo mondiale, è necessario togliere dalle menti degli uomini il loro individualismo, la lealtà a tradizioni familiari, al patriottismo nazionale, ai dogmi religiosi». Questo è ciò che persegue l’eurocrazia. Con parecchio successo.
3) Dai giornali: «L’Italia è più ricca della Germania in termini pro capite, con circa 9.000 miliardi di euro di ricchezza privata. Il suo debito pubblico e privato combinato è al 265% del PIL, inferiore a quello di Francia, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti o Giappone. Il Paese si piazza in cima alla graduatoria dell’indice del Fondo Monetario Internazionale per ‘sostenibilità del debito a lungo termine‘ tra i principali Paesi industrializzati, proprio perché ha riformato da tempo il sistema pensionistico».
 
...non avevamo dubbi.:rolleyes::cool:

Bild: la crisi ingrassa i tedeschi:wall::wall::wall:
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Per la prima volta il quotidiano tedesco mette in rilievo non solo i problemi derivanti dai salvataggi, ma anche i vantaggi fin qui ottenuti da Berlino
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Euro tedeschi (da Bild.de)
Berlino, 01-08-2012
I risparmiatori tedeschi hanno sempre avuto in Bild uno strenuo difensore dei propri diritti. Nulla è cambiato, ma una maggiore obiettività sembra affacciarsi dalle pagine del tabloid più venduto d'Europa, almeno sul tema dei debiti pubblici e della crisi dell'euro.

"La Germania guadagna anche dalla crisi dell'euro!" :D:yes:ammette un articolo di H.Jeime-Karge e C. Martens uscito ieri. Da un lato ricorda come l'impegno miliardario tedesco per il salvataggio della moneta unica cresca di giorno in giorno; ma è anche vero - si legge - che dalle difficolta' degli altri Paesi è proprio la Germania a guadagnare di più.
"Deutschland verdient auch an der Euro-Krise!"
Leggi l'articolo originale
Scheuble, il ministro delle finanze di Berlino "ora guadagna soldi persino facendo debiti", ricorda Bild che mette l'accento sui tassi d'interesse negativi sul nuovo indebitamento tedesco. Secondo un analista citato dal tabloid, "la Germania negli ultimi 30 mesi ha risparmiato oltre 60 miliardi nel rifinanziamento" del debito.

Al ministro seguono l'industria edile e tutti coloro che hanno chiesto mutui e prestiti, che godono di tassi particolarmente bassi. Come anche le banche, che oggi pagano lo 0,75% di interessi sui prestiti dalla Bce, mentre - scrive Bild - nel 2008 il tasso era al 4,25%.
Ma il tabloid non dimentica di citare nemmeno gli esportatori tedeschi, perché l'euro debole "rende la merce tedesca all'estero più attraente".
 

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IL PREZZO DEL “TRAUMA COLLETTIVO”: LA GRECIA SULL’ORLO DELLA GUERRA CIVILE
Postato il Mercoledì, 19 dicembre @ 07:57:20 CST di davide

DI WOLF RICHTER
testosteronepit.com

“Mi chiedo quanto ancora potrà sopportare questa società prima di esplodere” ha detto Georg Pieper, uno psicoterapista tedesco specializzato nella cura dei disordini post-traumatici a seguito di catastrofi, grandi incidenti (incluso quello tremendo verificatosi in Germania), atti di violenza, sequestri di persona; questa volta, però, parlava della Grecia.

Aveva trascorso diversi giorni ad Atene, dando gratis dei corsi in terapie post-traumatiche a psicologi, psichiatri e medici, essendo questo un paese in profonda crisi. Era accompagnato da Melanie Mühl, giornalista del quotidiano Frankfurter Allgemeine. E nel suo rapporto (1), la Muhl denuncia il modo in cui la crisi greca è stata descritta ai “consumatori di notizie” in Germania.



Non era che “una lontana minaccia che si profilava all’orizzonte”, definita in termini poco comprensibili, come stretta bancaria, taglio di spese, buchi di miliardi di euro, cattiva gestione, Troike, rifinanziamento di debiti… "Invece di riuscire a comprendere qual è il contesto generale, non vediamo altro che la faccia scura di Angela Merkel che sbuca dalle limousine nere a Berlino, Bruxelles ed altre città, avanti e indietro tra un summit e l’altro, dove si sta elaborando, pezzo dopo pezzo, la grande “manovra di salvataggio” della Grecia e dell’Europa". (Si legga anche: La Maledizione dell’Euro “Irreversibile”). (2)

Ma quello che succede veramente in Grecia viene completamente taciuto dai media. Pieper definisce questo fenomeno “Una gigantesca opera di repressione”.
E quindi riportano le notizie che non possono essere rivelate camuffandole con acronimi e gergo finanziario incomprensibile all’uomo comune.

Ci sono state donne in gravidanza che andavano da un ospedale all’altro, pregando di poter partorire lì, senza assistenza sanitaria e denaro, e nessuno che le aiutata. C’è stata gente, prima appartenuta alla classe media, che ora frugava tra i resti delle bancarelle della frutta e verdura a fine giornata. Ho visto queste attività persino a Parigi; se la Muhl ci facesse più caso, potrebbe vederle anche in Germania. Non succede solo in Grecia, dove la gente, distrutta per la disoccupazione e il taglio dei salari, tenta l’impossibile per sbarcare il lunario e mettere in tavola del cibo ogni giorno. E le maggiori aziende produttrici di beni di largo consumo stanno già reagendo: “L’impoverimento dell’Europa”. (3)

Spezza il cuore, la piaga della crisi in Grecia. C’era un anziano, che aveva lavorato per 40 anni, che si ritrovava con la pensione dimezzata e non poteva permettersi di comprare le medicine per il cuore. Per andare in ospedale doveva portarsi le proprie lenzuola e il proprio cibo. Poiché la società di pulizie se n’era andata perché non veniva più pagata da tempo, i bagni venivano puliti a turno dai medici e dagli infermieri. In ospedale scarseggiavano i medicinali e altri presidi come i guanti da chirurgo ed i cateteri. E la percentuale dei suicidi è raddoppiata nel corso degli ultimi tre anni – due terzi di questi sono uomini.

“Trauma Collettivo” è quello che Pieper vede in questa società a cui è stata strappata la terra da sotto i piedi. “I maschi in particolare sono i più colpiti dalla crisi” ha detto Pieper, poiché i loro salari sono stati decimati, o hanno perso completamente l’impiego.

Guardano con profondo odio al sistema politico ultra-corrotto e ad un governo clepto-cratico che ha fatto così tanti danni al paese; e sono furiosi per le politiche internazionali di “salvataggio” che beneficiano solo le banche che le mettono in atto, non certo la gente.

Questi uomini poi portano la loro rabbia nelle case, nelle loro famiglie, ed i loro figli portano poi questa rabbia in strada. Da qui il crescente numero di atti di violenza di gang di strada che attaccano le minoranze. “L’istinto di sopravvivenza negli umani è forte” – dice Pieper – “e quindi gli umani sono capaci di superare difficoltà anche gravissime. Ma per farlo, hanno bisogno di una società giusta che funzioni con reali strutture e “reti” di sicurezza. Ma in Grecia la società è stata per anni svuotata e depauperata fino al punto dell’attuale crollo definitivo”.

“In una situazione così drammatica come la vediamo in Grecia, l’essere umano diventa una sorta di predatore a cui interessa solo se stesso e la propria sopravvivenza” spiega Pieper. “Il puro bisogno lo spinge a gesti irrazionali e, nei casi più estremi, al crimine.” “In una società che ha raggiunto questo stadio, la solidarietà viene completamente sostituita dall’egoismo”.

Pieper si chiede, quindi: “Quanto ancora potrà resistere una società in queste condizioni prima di esplodere?” La Grecia è sull’orlo della guerra civile, sembra soltanto una questione di tempo prima che la disperazione generale della gente si trasformi in violenza collettiva e si propaghi in tutto il paese. Tutto questo è il prodotto finale delle politiche europee di “aiuto”.

Mentre l’Eurozona tenta ogni mezzo per rimanere in superficie mentre la valanga della crisi del debito travolge la Grecia ed gli altri paesi periferici, e mentre l’Europa cerca di restare in piedi legandosi con il nastro da pacchi, uno contro l’altro, continuando a sfornare norme emanate da eurocrati trans-nazionali non-eletti, la Svezia ci ripensa: non c’era mai stata prima così tanto avversione per l’Euro. Si legga: “Record di ostilità della Svezia per l’Euro.” (4)

Wolf Richter
Fonte: Testosterone Pit - Home
Link: Testosterone Pit - Home - The Price Of
15.12.2012

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

NOTE

1) Krise in Griechenland: Eine Gesellschaft stürzt ins Bodenlose - Debatten - FAZ
2) Testosterone Pit - Home - The Curse Of The
3) http://www.testosteronepit.com/home/2012/8/29/the-pauperization-of-
 
ecco gli effetti dell' unione monetaria
 
ecco gli effetti dell' unione monetaria

:yes:.....:rolleyes::cool:



ITALIA: MAI RISCHIATO IL FALLIMENTO!
Scritto il 20 dicembre 2012 alle 20:21 da icebergfinanza

Una premessa prima di leggere questo post è assolutamente fondamentale!
Come ho scritto in questi mesi la crisi in Italia era sostanzialmente una crisi di fiducia e non di solvibilità, una crisi di fiducia alimentata da una convergenza di interessi che mirava a destabilizzare il nostro Paese, per puntare allo disfacimento di un’unione europea le cui fondamenta erano costruite sulla sabbia di una grande illusione.
Senza l’intervento della Banca Centrale Europea, oggi non esisterebbe più l’euro e non ci sono Monti o Merkel che tengano, nell’inganno politico e finanziario di questa crisi.
Chi vi racconta delle sostenibilità di questo progetto, è semplicemente un ipocrita! Deflazione salariale, svalutazione interna,riforme selvagge, austerità e attacco allo Stato sociale, svendita del patrimonio statale e tagli ad una spesa pubblica tra le più basse d’Europa, sono la sintesi del grande inganno!
Detto questo, come i lettori di Icebergfinanza ben ricordano ho trascorso gli ultimi mesi a raccontare e condividere la sostenibilità del debito pubblico italiano nonostante il Paese pullulasse di pseudo economisti e analisti che prevedevano il fallimento sempre e comunque in ogni occasione.
Ora tutti scoprono che i fondi salvastati sono serviti a salvare le banche tedesche, francesi ed inglesi, ora tutti comprendono perchè non è stato possibile salvare la Grecia bombardata dalla speculazione politica e finanziaria.
Affascina osservare quotidianamente gli stessi soloni che riempiono rete e televisioni, noiosi e vanitosi quanto basta, riciclandosi agli occhi di un Popolo che ad essere buoni è perlomeno ingenuo.
La verità è sempre più figlia del tempo…
Il rapporto della Commissione europea sulla sostenibilità del debito dei Paesi d el l ’Unione fa giustizia di molti luoghi comuni, offrendoci un quadro inaspettato del nostro Paese. Contrariamente a quanto ci era stato raccontato, l’Italia non è mai stata veramente in pericolo fallimento. Dal 2009 e ancor di più nel 2010 e 2011 l’Italia si è tenuta ben al disotto del valore critico di pericolo, mentre la Gran Bretagna era nettamente al di sopra nel 2009, e la Spagna lo è stata nel 2009 e nel 2012.
Nel 2009 erano a rischio ben quattordici Paesi dell’Unione e nel 2010 sei Paesi, che superavano la soglia di 0,4 dell’i n di c a to r e di sostenibilità elaborato dalla Commissione. Quanto alle previsioni, nel breve temine sarebbero a rischio solo Spagna e Cipro, mentre gli altri paesi, compresa l’Italia, non lo sono.
Nel medio termine, il rischio dell’Italia sarebbe medio ed equiparato addirittura a Paesi considerati primi della classe come Finlandia e Francia, mentre ad alto rischio sarebbero Paesi come Belgio e Regno Unito. A basso rischio sarebbe la sola Germania. Ancora più sorprendenti sono le previsioni di lungo termine, allorché il rischio italiano viene giudicato basso ed allo stesso livello di Germania e Francia.
Altri Paesi, come Belgio e Lussemburgo, vengono giudicati ad alto rischio, mentre Olanda, Austria, Finlandia, e Regno Unito a medio rischio. La Commissione prende spunto dalle previsioni di medio e lungo termine peggiorative per la gran parte dei Paesi d el l ’Unione e dell’area euro, per motivare la necessità di implementare controriforme nel campo del mercato del lavoro e soprattutto pensionistico e sanitario.
Al di là della situazione del debito e dei singoli Paesi, l’obiettivo generale è la ristrutturazione dei rapporti sociali a livello continentale. Sono i salariati europei nel complesso, sebbene con diversità nazionali, ad essere colpiti dalle linee guida europee. Del resto, la tanto decantata Germania, ha fatto da apripista, ad esempio sul piano del mercato del lavoro, introducendo pochi anni fa i cosiddetti minijob, il lavoro part-time e precario con salario ridotto, che fa apparire il tasso di disoccupazione più basso che nella realtà.
Ad ogni modo, il default non cessa di essere usato dalla Commissione come spauracchio contro l’Italia, invitata a mantenere saldi primari di bilancio al livello di quelli attuali. Il che significa rastrellare decine di miliardi all’anno e nessun deragliamento dalle politiche di Monti, il cui successore è avvertito.
La verità, però, è che le politiche di rigore non erano giustificate, perché l’Italia non è mai stata in procinto di cadere in alcun baratro.
E tantomeno avevano senso imposte e tagli sociali che hanno colpito selettivamente i lavoratori salariati.
Certamente fra i meno titolati a fare i difensori dei cittadini italiani sono Berlusconi e Tremonti, visto che sono stati i primi ad accettare le politiche di rigore chieste dall’Europa. Fra l’altro Berlusconi, che adesso promette l’eliminazione dell’Imu, dovrebbe ricordare che questa imposta è una invenzione del suo governo. Il rigore, inoltre, è stato a senso unico: è aumentata, da una parte, la povertà e, dall’altra, la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi. Secondo la Banca d’Italia, tra 2008 e 2010, la percentuale di ricchezza posseduta dal dieci per cento più ricco delle famiglie è passato dal 44,7 al 45,9%. Dopo due anni di cure da cavallo, l’Italia, tra i Paesi del vecchio G7, ha il tasso di disoccupazione più alto (11,1%), la maggiore contrazione del Pil (-2,2%) e soprattutto della produzione industriale (- 4,8%), che in Germania è stata del solo – 1,1% e negli Usa è addirittura aumentata al +1,7%.
Certo, l’Italia, grazie soprattutto alle esportazioni e al crollo delle importazioni, ha un deficit delle partite correnti un po’ migliore di molti dei Paesi più avanzati, pari al -1,4% sul Pil contro il – 2,1% della Francia, il -3% degli Usa e il – 3,2% dell’Inghilterra. E può, soprattutto, vantare un deficit più basso (-2,8%) con l’esclusione della sola Germania. Ciononostante, secondo The Economist, paghiamo interessi sul debito (titoli a dieci anni) del 4,46%, mentre la Francia con un deficit al 4,5% paga il 2,01%, l’I n g hi l t e r r a con il 7,9% paga l’1,80%, gli Usa con il 7% pagano l’1,59%, ed il Giappone con il 9,7% paga appena lo 0,72%. La commissione europea si dice preoccupata dall’aumento della spesa delle pensioni e sanitaria e dalla produttività, dovuto all’invecchiamento della popolazione. In realtà, il vero problema è il crollo del tasso di natalità in Europa e specialmente in Italia, l’indicatore forse più significativo della diffusa sensazione di incertezza nel futuro. Sono le stesse politiche europee, basate sull’estensione del lavoro precario, sul taglio ai servizi già insufficienti, in particolare quelli alle donne che lavorano, e su politiche che impediscono gli acquisti di case e innalzano gli affitti, a partire dall’Imu, a generare quella mancanza di fiducia dei giovani italiani che porta all’esaurirsi delle stesse basi vitali della società. Pubblico
Non c’è alcuna fretta, il tempo renderà giustizia al nostro lavoro e forse un giorno il Popolo si sbarazzerà definitivamente di un manipolo di parassiti che non solo ha nascosto loro la verità ma addirittura gli ha ingannati con la più subdola e sporca menzogna, continuando l’opera di moralizzazione calvinista!
Fa tenerezza oggi ascoltare una bella addormentata nel bosco della crisi come Zingales professore come tanti made in USA, uno che gira l’Italia moralizzando e cercando di fermare declini vari, esclamare…
L’aspetto criminale dei fondatori dell’Euro è che tutto questo lo sapevano, e non solo non han fatto nulla, ma anzi l’hanno fatto apposta: la crisi dell’Euro di oggi era inevitabile. Dire che è colpa degli Stati Uniti è una balla: è vero che è stata quella la causa scatenante, ma la crisi era inevitabile. Non fosse successo il patatrac negli Usa sarebbe successo altro. Era una scelta premeditata: “Nel momento di crisi, ci uniremo di più“, si pensava. Abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo, solo che il corpo è rimasto di qua. Tagli.me
Meglio tardi che mai, piano, piano si stanno svegliano tutti, proprio tutti, tranne gli italiani!
E’ giunto il tempo di dedicarsi ad altro, alla Luce che ogni anno viene ha donarci la Speranza, appuntamento a domani con l’ultima fiaba!
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Buona e serena giornata:)visto che siamo sopravvissuti anche al 21.12.2012:bow::bow:ma, tra le seguenti ipotesi.....potrebbe esserci il prossimo cigno nero?:cool::bye:


Caldissime
Le dieci previsioni shock di Saxo Bank:cool::cool:
Di Ester Corvi

La probabilità di eventi inaspettati capaci di destabilizzare i mercati finanziari è molto bassa ma secondo gli esperti di Saxo Bank, una banca danese specializzata in trading e investimenti online, chi opera sui mercati finanziari ne deve tener conto. Sebbene siano provocazioni vanno valutate con attenzione per mettere al riparo i portafogli dai maggiori rischi che potrebbero concretizzarsi nel 2013, e prendere le conseguenti decisioni di investimento. Ecco i dieci peggiori incubi.

1) Il listino tedesco crolla. L’indice Dax scende fino a quota 5.000, lasciando sul terreno oltre il 30% durante il 2013. La causa scatenante potrebbe essere il rallentamento economico della Cina, che contrariamente alle aspettative della maggior parte degli economisti non riesce a superare la fase critica. Questa situazione, unita all’incertezza politica sul nuovo governo, mette un freno all’espansione industriale della Germania causando un peggioramento della congiuntura e un forte calo dei titoli industriali quotati sulla borsa di Francoforte, come Siemens, Basf e Daimler.

2) La nazionalizzazione delle aziende giapponesi. Il settore dell’elettronica, che un tempo era il fiore all’occhiello del Sol Levante, entra in una crisi irreversibile sconfitto dalle aziende concorrenti della Corea del Sud. A causa delle pesanti perdite annuali, la capacità di accesso al di credito di colossi come Sharp, Panasonic e Sony è definitivamente compromessa e il governo nipponico decide di nazionalizzare i maggiori gruppi del settore.

3) Il prezzo della soia sale del 50%. Le quotazioni delle commodity agricole sono molto esposte agli eventi atmosferici, come ha dimostrato quest’anno la siccità nel Midwest. Un evento analogo potrebbe ripetersi il prossimo anno negli Stati Uniti, in Sud America o in Cina, creando una scarsità di offerta che spingerebbe verso l’alto i prezzi, già in tensione per la crescente domanda di biocarburante (visto che l’olio di soia è utilizzato per il biodisel).

4) L’oro a 1.200 dollari. La ripresa economica degli Stati Uniti nel 2013 potrebbe essere superiore alle attese, spingendo i grandi investitori a tornare a puntare massicciamente su asset rischiosi, come le azioni, e a liquidare le posizioni in oro, lo strumento difensivo per eccellenza. Anche la mancata ripresa della domanda fisica del metallo giallo da parte della Cina e dell’India potrebbe svolgere un ruolo, facendo scendere drasticamente il prezzo fino a 1200 dollari l'oncia prima che le banche centrali, con in testa quelle dei mercati emergenti, decidano di intervenire in acquisto.

5) Il petrolio a 50 dollari. La produzione di energia negli Stati Uniti continua a crescere oltre le previsioni, soprattutto grazie alle tecniche di produzione avanzate. Questa situazione, a fronte di livelli delle scorte già al massimo degli ultimi 30 anni e delle limitate opzioni di esportazione, causa forti pressioni di vendita sul petrolio, con il greggio Wti che crolla fino a 50 dollari a barile.

6) Lo yen si rafforza. Il partito liberal-democratico torna al potere in Giappone e gli investitori nipponici decidono di rimpatriare una parte delle ricchezze in dollari investite all'esterno a causa della riduzione dell'appetito al rischio. Lo yen potrebbe fare un salto in avanti imponendosi come valuta più forte del mondo, con il cambio dollaro/yen verso quota 60, prima che la Bank of Japan decida di adottare misure radicali per indebolire la valuta.

7) Franco svizzero senza freni. Il rischio di un crollo di Eurolandia aumenta nuovamente, forse a causa delle elezioni italiane o per l'uscita della Grecia dall'Unione Monetaria e la paura che Spagna e Portogallo intraprendano la stessa strada. Questo spingerà ingenti i flussi di capitali verso la Svizzera, con la conseguenza che la Banca centrale elvetica deciderà di slegare il franco svizzero dall'euro per un pò di tempo piuttosto che spingere le riserve oltre il 100% del Pil. Il cambio euro/franco svizzero potrebbe toccare un nuovo minimo di tutti i tempi, sotto la parità (0,95), prima che il Paese sia costretto a introdurre il controllo dei capitali.

8) Hong Kong sceglie il renminbi. Hong Kong decide di rompere il legame fra il suo dollaro e quello americano e di legarlo al renminbi. Gli altri Paesi asiatici potrebbero seguire la stessa strada. La volatilità del renminbi crescerà quando la Cina perderà il controllo sui movimenti della sua divisa, mentre Hong Kong potrebbe diventare un centro importante di trading delle valute e il principale per negoziare la valuta cinese.

9) La Spagna si avvicina al default. Nel 2013 il debito sovrano spagnolo subisce un ulteriore downgrade da parte delle agenzie di rating fino ad arrivare al livello junk (spazzatura). A quel punto le tensioni sociali porterebbero il Paese al punto di rottura e il default sarebbe inevitabile.

10) Via dal reddito fisso Usa. La politica della Federal Reserve obbliga gli investitori ad abbandonare il reddito fisso. Senza rendimento, o addirittura con un ritorno negativo, la sostituzione dei bond con le azioni sarà molto diffusa. Il mercato dei bond è molto più grande di quello azionario (157 trilioni di dollari contro 55 trilioni) e per ogni riduzione del 10% dei fondi allocati in titoli di stato l'impatto sulle azioni sarà amplificato.
 
Giusto per sentire anke un'altra campana:cool:, ovvero cosa dice un tedesco dell'Italia e...della Germania.:yes:


mercoledì 12 dicembre 2012

Münchau: bentornato cavaliere!

Wolfgang Münchau è probabilmente l'unico commentatore tedesco ad applaudire il ritorno di B. nell'arena politica: il rigorismo sarà rimesso in discussione e Merkel dovrà finalmente raccontare la verità. Da Der Spiegel

Berlusconi dovrebbe essere il prossimo presidente del consiglio italiano? Naturalmente no! Ma la sua candidatura è una buona notizia: finalmente l'austerità sarà un tema da campagna elettorale.

Sono fra i pochi in Germania felici per il ritorno nell'arena politica di Silvio Berlusconi. Non credo possa tornare a capo del governo. Gli italiani ne hanno abbastanza di lui. E anche io non lo voglio vedere di nuovo al potere.

La mia gioia è dovuta a una speranza: durante la campagna elettorale il consenso sull'austerità potrebbe venire meno. Grazie al suo ritorno, per la prima volta, il rigorismo in un grande paese europeo diventa un tema da campagna elettorale. Non è stato cosi' nelle elezioni spagnole del 2011, e nemmeno nel 2012 in Francia. Peer Steinbrück e Angela Merkel sulle politiche anticrisi hanno solo delle piccole distinzioni retoriche.

In Italia ci sarà finalmente una discussione politica: è giusto durante una recessione applicare politiche di risparmio e seguire i diktat di risparmio tedeschi? Io lo trovo fantastico.

La situazione politica in Italia è un po' confusa. Secondo gli ultimi sondaggi i socialdemocratici guidati da Pier Luigi Bersani sono intorno al 30%; il partito antieuropeo del comico Beppe Grillo è tra il 15 e 20 %. Il partito di Berlusconi fra il 14 e il 18 %. La Lega è intorno al 6%, i Cristianodemocratici vicini al 5%. Un ipotetico partito di Monti avrebbe circa il 3%, ma il potenziale viene stimato intorno al 10%. Berlusconi percio' non ha nessuna possibilità di essere rieletto. Ma una maggioranza al senato è comunque possibile, e in questo modo potrebbe bloccare il futuro governo.

In Italia ci si sente come in una grande depressione

Un governo di centrosinistra guidato da Bersani resta l'opzione piu' probabile. Dopo tutto, quello che Bersani ha detto nei giorni scorsi rappresenta solo il proseguimento della politica di Mario Monti con altri mezzi. Bersani promette piu' austerità, piu' tagli, solo un po' piu' di giustizia sociale.

Il deterioramento della situazione economica metterà le ali ai critici del governo Monti. La recessione è molto peggiore delle previsioni, le vendite di Natale sono deludenti, i dati sulla povertà schizzano verso l'alto. Ma le statistiche economiche riflettono raramente le sensazioni causate da una crisi. In Italia si ha l'impressione di essere in una grande depressione.

La grande maggioranza degli economisti italiani non è affatto d'accordo con l'austerità. Comprendono la dinamica devastante delle politiche di risparmio. I critici di Monti non sono solo degli anti-europei ossessionati, di cui in Italia ce ne sono pochi, ma persone che rifiutano la politica di risparmio per altre ragioni.

Berlusconi ha un altro vantaggio argomentativo. Non ha tabu'. Ha già detto una volta che non si deve escludere un'uscita dall'Euro. Sul punto aveva ragione. Siamo in circostanze in cui per l'Italia un'uscita dall'Euro potrebbe essere la soluzione migliore. Il paese ha perso competitività, difficile da recuperare in una fase di recessione. I salari italiani dovranno stagnare o comprimersi per un decennio. Ogni anno il paese dovrà ottenere avanzi di bilancio primari - prima del pagamento degli interessi - per ridurre il debito. E questo non una sola volta, piuttosto anno dopo anno.

Se gli italiani vorranno restare nell'Euro, ci saranno 10 anni durissimi

Adesso immaginatevi la seguente dinamica: il centrosinistra vince le elezioni. Bersani diventa il primo ministro, Monti il Presidente della repubblica. Contro di loro in parlamento un'opposizione euroscettica che vuole cacciare il governo. Alle prossime elezioni fra 5 anni - se il governo potrà resistere cosi' a lungo - i frutti della ripresa non dovranno essere solamente riconoscibili, ma già redistribuiti. Altrimenti il governo sarà a rischio debacle elettorale.

Ma non succederà cosi' rapidamente. L'esperienza greca mostra che la durata di questo processo di aggiustamento viene sempre sottovalutata. Se gli italiani vorranno restare nell'Euro, li aspetta un decennio di risparmio e di orrore. Forse anche di piu'. E già ora molti italiani sono a corto di soldi. Non capisco come possa funzionare politicamente.

Decisivo non sarà il risultato, piuttosto la polarizzazione politica che si avrà in queste elezioni. Se la eurocrisi diventasse una questione politica prioritaria, allora cambierebbero i parametri di tutta la crisi.

La strategia di Angela Merkel, presentare la verità al suo elettorato a piccole dosi digeribili non potrà continuare. Questo è anche il motivo per cui ogni politico a Berlino, Parigi e Brussel è cosi' spaventato dal ritorno di Silvio Berlusconi.

E questo lo trovo grandioso.
 
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Anche il nobel Stiglitz cita i media di regime.:cool:


Stiglitz: la Bce cambi ricetta, l'austerity sta affossando l'Europa:cool:

di: WSI Pubblicato il 02 gennaio 2013| Ora 14:59
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Pesante attacco a Mario Draghi (sempre invece elogiato dai media di regime) dal premio Nobel per l'Economia, sul quotidiano tedesco Handelsblatt. "Se la Bce - con il fiscal compact - continua a fare delle politiche di austerità la precondizione per le operazioni di finanziamento, questo si tradurrà in un aggravamento delle condizioni del paziente". E per questo l'Europa continua a rappresentare il principale fattore di rischio per l'economia mondiale.







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Il premio Nobel per l'economia, Joseph Stiglitz.
Roma - "Se la Bce continua a fare delle politiche di austerità la precondizione per le sue operazioni di finanziamento, questo si tradurrà solo in un aggravamento delle condizioni del paziente". Il 2013 dell'eurozona non è così roseo, almeno stando a quanto scrive il premio Nobel per l'Economia, Joseph Stiglitz, sul quotidiano tedesco Handelsblatt.

"Fino ad ora, i politici europei non sono riusciti a realizzare un vero Patto per la crescita per i paesi della periferia della zona euro", è la riflessione di Stiglitz, e per questo l'Europa continua a rappresentare il principale fattore di rischio per l'economia mondiale.

Nel suo articolo Stiglitz cita in particolare i casi della Grecia e della Spagna, cadute in recessioni "da cui non si vede al momento alcun segnale di uscita". Per venirne fuori, sostiene Stiglitz, non servono né il nuovo fiscal compact. né i possibili acquisti di titoli di stato da parte della Bce: "soluzioni temporanee".

Anzi, se la Bce continuerà a voler imporre nuove misure di austerità in cambio degli acquisti di titoli, ammonisce Stiglitz, questo potrebbe aggravare "le condizioni del malato" mentre è importante che finalmente i leader europei lavorino alla definizione di un Patto per la crescita. (Agenzie)
 
28 agosto 2001:eek: Friedman:bow:ci aveva avvisati che l'euro avrebbe portato.....turbolenze.:wall:



Corriere della Sera > Archivio > Prodi: sull' euro Friedman sbaglia


Prodi: sull' euro Friedman sbaglia:(
Prodi: sull' euro Friedman sbaglia L' economista americano Friedman «non ha mai voluto l' euro, e può anche aver ragione, ma lo smentiranno i fatti». Lo ha detto il presidente della Commissione europea Romano Prodi a margine del suo intervento al premio letterario Viareggio-Repaci, dove riceverà il Premio internazionale della giuria, rispondendo ai cronisti in merito all' affermazione fatta dall' economista americano («L' euro creerà turbolenze...», pubblicata nell' intervista al «Corriere della Sera» di ieri). Prodi ha poi aggiunto: «Sono sicuro, ma voglio più modestamente dire mi auguro, che Friedman sia smentito al più presto dai fatti».



Pagina 22
(28 agosto 2001) - Corriere della Sera
 
...bisogna fargliela pagare cara...compresi tutti i suoi sporchi amchetti...
 
...bisogna fargliela pagare cara...compresi tutti i suoi sporchi amchetti...

...tranquillo, per la Legge di Natura, tutti gli squilibri, compresa l'attuale situazione socioeconomica, prima o poi:yes:si riequilibrano.;)


Profezia Cree:cool:

Solo dopo che l'ultimo albero sarà abbattuto,

Solo dopo che l'ultimo lago sarà inquinato,

Solo dopo che l'ultimo pesce sarà pescato,

Voi vi accorgerete,

che il denaro non può essere mangiato
 
Ultima modifica:
...a proposito di stati ...:cool:bancomat.:cool:

PORTOGALLO: LIQUIDARE LIQUIDARE LIQUIDARE…
Scritto il 4 gennaio 2013 alle 08:54 da icebergfinanza

Come ho scritto recentemente …
Probabilmente molti di Voi non conoscono Andrew W.Mellon e quello che accadde durante la Grande Depressione del 1929. Mellon segretario al tesoro americano dal 1921 al 1932, banchiere e importante industriale era una delle persone più ricche d’America, terzo contribuente dopo John D. Rockefeller e Henry Ford passò alla storia per avere pronunciato e consigliato all’allora presidente Herbert Hoover le seguenti parole…
“Liquidare il lavoro, liquidare le azioni, liquidare gli agricoltori, liquidare l’immobiliare…eliminare il marcio dall’economia…”
Provate a chiudere gli occhi e immaginare quello che sta accadendo in Italia…
“Liquidare il lavoro… missione compiutta…liquidare le azioni missione stracompiuta… liquidare gli agricoltori…missione in corso, liquidare l’immobiliare…missione già a buon punto, eliminare il marcio dall’economia…obiettivo fallito… eliminare il marcio dalla politica…obiettivo strafallito”
Quando sento Giannino che dice … C’è un patrimonio da 480 miliardi di euro. Si dovrebbe fare una grande gara internazionale gestita da privati… ma non solo alienare e dismettere e quindi svendere patrimoni, demani e partecipazioni statali penso sempre a Mellon.
In Italia gli acchiappa declini hanno solo un obiettivo liquidare, liquidare, liquidare, privatizzare, privatizzare, privatizzare.
Nel frattempo colgo l’occasione per condividere la possibilità di seguire Icebergfinanza anche su http://twitter.com/icebergfinanza con notizie curiosità e quant’altro.
In fondo non è altro che quello che stanno facendo tutte le Nazioni in evidente difficoltà in Europa, prima la Grecia e ora il Portogallo…
Grazie alla sempre puntuale Carmen e al suo Vocidall’Estero scopriamo che …
Mr. Passos Coelho sta svendendo a rotta di collo i beni dello Stato per colmare il gap. Prima di Natale si è aggiudicato un affare da € 3 miliardi con il gruppo francese Vinci per la rete degli aereoporti Portoghese ANA. Affare che segue la privatizzazione da € 3,3 miliardi nel settore dell’energia, compresa una quota del 21% del servizio di distribuzione dell’energia PDE e del 40% della distribuzione del gas REN. Anche il porto di Viana do Castelo e la televisione pubblica RTP sono nel pacchetto. Lisbona ha rinviato la vendita della compagnia di bandiera TAP dopo aver ricevuto una sola offerta per € 340 milioni.
Probabilmente qualcuno lo ha dimenticato, non certo il nostro Machiavelli 2013, ma il prossimo anno scade il programma di aiuti economici e queste erano le raccomandazioni europee apparse sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, L 240/8, del 16.9.2011;
Per ripristinare la competitività e rafforzare il potenziale di crescita è fondamentale portare avanti le riforme dei mercati del lavoro e dei prodotti. A tal proposito, sono stati aboliti prima del previsto i diritti speciali dello Stato nelle società private. Il programma di privatizzazione è in fase di accelerazione e di ampliamento. La ristrutturazione rigorosa e urgente delle imprese di proprietà pubblica rappresenta la priorità del programma di governo. Sono in corso riforme del mercato del lavoro volte ad allineare la tutela e i diritti dei contratti a durata determinata e indeterminata e a istituire un fondo finanziato dai datori di lavoro destinato a retribuire le indennità di licenziamento dei lavoratori…
Svalutazione interna, deflazione salariale, destrutturazione del mercato del lavoro e del welfare, rigore, asterità, aumento della pressione fiscale e chi più ne ha, più ne metta.
Come ha riportato recentemente VocidallaGermania Scusateci se l’Europa vi ha imposto la destrutturazione del mercato del lavoro, lo smantellamento dello stato sociale, il pareggio di bilancio, i decennali al 6%, etc etc. ma a volte ci possiamo sbagliare. Contrordine: il rigorismo è un’illusione e aggrava solo i problemi. Peter Bofinger, consigliere del governo di Berlino, intervistato da Der Spiegel. Nonostante le riforme, in Italia la crisi economica è sempre piu’ profonda. L’economista Bofinger ritiene che il paese sia vittima di un errore sistemico. La tesi del governo Merkel, secondo cui un forte risparmio avrebbe risolto i problemi, è un illusione, ci dice Bofinger in un’intervista.
Non è solo la tesi della Merkel, ma anche quella del professor Monti, il nostro Heinrich Bruning, si quello che ha aperto la stagione di caccia, cercando di imporre il silenziatore per abbattere le ali estreme, in piena democrazia o almeno cosi pare.
La politica di rigore di Bruning provocò un grave aumento della disoccupazione, contribuì ad aggravare il disagio sociale e la condizione dei ceti medi, causando il massiccio spostamento dei ceti medio-bassi verso l’estremismo populista nazionalista che alimentava l’area politica rappresentata dall’indotto elettorale allora controllato dal partito nazionalsocialista di Adolf Hitler e meno male che la storia insegna e che il professore suggerisce di combattere l’estremismo populista.
Vi risparmio l’elenco delle privatizzazioni o meglio svendite di Stato messe in atto dal Portogallo in questi mesi, ci manca solo che arrivino a privatizzare anche le loro madri.
Rileggetevi Privatizzare le perle dei …porci ma questo è il pericolo per il nostro Paese e molti di Voi non lo comprendono, non comprendono che il problema non è tagliare e privatizzare la spesa pubblica ma renderla più efficiente, redistribuirla, perchè come la storia insegna senza lo Stato, non si esce dalle depressioni economiche, perchè il privato, il mercato libero, svanisce come nebbia al sole dopo aver contribuito in maniera determinante attraverso la deregulation ha provocare la valanga di debito privato e fallimenti che ha investito l’economia mondiale.
Nei prossimi mesi le cose cambieranno e lo vedremo insieme in Machiavelli 2013 …un anno DOUBLE FACE! dedicato ai sostenitori di Icebergfinanza e a chi lo vorrà diventare.
 
:cool::cool:


LA GERMANIA CONTRO TUTTI
Postato il Mercoledì, 19 settembre @ 22:32:19 CDT di davide



DI GIORGIO GATTEI
carmillaonline.com

1. Se la Grande Germania ritorna.
Quando i giornali raccontano la speculazione finanziaria in atto come un attacco dei “mercati” contro l’Europa, non la dicono giusta. Innanzi tutto, cosa sono mai questi “mercati”? «Hanno fisionomia giuridica, un portavoce, un responsabile, un legale rappresentante, qualche nome e cognome al quale, all’occorrenza, presentare reclamo? Qualcuno ha mai votato per loro? Se sbagliano, si dimettono? Quando e dove è stato deciso che il loro giudizio (il famoso “giudizio dei mercati”) conta di più dell’intera classe politica mondiale?» (M. Serra, “La Repubblica”, 19.6.2012). E poi, siamo proprio sicuri che essi si muovano contro l’Europa od il suo omologo monetario, l’euro, e non piuttosto contro qualcosa di ben più specifico e nazionale come la Germania? Per capirlo, bisogna partire da lontano.


Si è ormai costituito da tempo a livello planetario un vero e proprio partito della finanza che comprende tutti coloro che guadagnano dai movimenti dl capitale speculativo. Stimabile attorno ai 90 milioni di persone, questo vero e proprio “blocco sociale” opera sui mercati di Borsa «come un partito informale ma solidissimo, in grado di determinare l’andamento dell’economia e di condizionare in modo determinante la politica» (A. Giannuli, Uscire dalla crisi è possibile, Milano 2012, p. 43). È questo “partito della finanza” che agita i “mercati”, i quali però vanno declinati al plurale perché non hanno un comportamento univoco secondo a come si muovono nei confronti delle due valute monetarie che si contendono gli scambi internazionali: il dollaro e l’euro. Conseguentemente due sono i suoi poli geografici di riferimento: da un lato gli Stati Uniti e dall’altro la Germania, che è la vera custode della solidità di quella moneta unica europea decisa a fare concorrenza al dollaro.

È questa una contrapposizione recente. Gli accordi di Bretton Woods del 1944 avevano consegnato agli Stati Uniti il monopolio della emissione della moneta mondiale e nemmeno la fine della convertibilità del dollaro in oro nel 1971 era riuscita a scalfirne la supremazia valutaria. È solo con la ricomposizione delle due Germanie nel 1990 che le cose sono cambiate. La divisione della Germania in due unità separate e contrapposte era stata la conseguenza/punizione per i due disastrosi “assalti al potere mondiale” che aveva tentato manu militari nel 1914-1918 e nel 1939-1945. Per evitarne un terzo gli alleati vincitori l’avevano smilitarizzata e tagliata in due come una sogliola. Ma con la riunificazione successiva alla implosione dell’URSS, il problema geopolitico si è ripresentato: quale collocazione internazionale, adeguata alla sua potenza non più militare bensì economica, dare alla rinata Grande Germania?

2. Due visioni geopolitiche.
Secondo la dottrina geopolitica anglosassone, come è stata elaborata da Halford Mackinder e Nicholas Spykman, ci sarebbe nel mondo un luogo privilegiato, detto il “Cuore della terra” (Heartland), il cui controllo politico assicurerebbe il governo del pianeta. Questo centro strategico della storia è posizionato nelle grande steppe euroasiatiche, così che soltanto la Russia può impadronirsene. Con una limitazione, però: che per esercitare nei fatti la supremazia geopolitica, essa deve traboccare su qualcuna delle “Terre di contorno” (Rimlands) che la circondano e che si affacciano sui mari caldi degli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico. Da qui l’obiettivo permanente della Russia (zarista, sovietica o quant’altro) di muoversi verso l’Europa, il Medio Oriente, l’Afghanistan o la Corea, ma con la Gran Bretagna prima e gli Stati Uniti poi a contrapporle una accorta ed efficace (finora) azione di “contenimento-respingimento”.
Però la Germania ha dato alla geopolitica un proprio ed originale contributo per opera di Karl Haushofer (1869-1946). Secondo questa diversa “visione” del mondo non è più questione di “Cuore della terra” e “Terre di contorno” ad esso concentriche, bensì di Pan-Regioni che si estendono nel senso dei meridiani, da polo a polo, avendo ciascuna uno stato-guida dominante. Esse sono quattro, e quindi Pan-America con a capo gli Stati Uniti, Pan-Asia guidata dal Giappone (ma oggi si dovrebbe dire meglio la Cina), Pan-Eurasia dominata dalla Russia e Pan-Europa a direzione tedesca. E siccome ogni Pan-Regione dovrebbe godere del proprio “spazio vitale geopolitico” in reciproco rispetto con quello di ogni altra, alla Germania, in rapporti di buon vicinato con la Russia (il capolavoro di Haushofer è stato il patto Ribbentrop-Molotov del 1939), il Giappone e pure gli Stati Uniti, avrebbe dovuto spettare la guida delle penisole mediterranee che allora era facilitata dalla somiglianza di regime fascista presente in Portogallo (Salazar), Italia (Mussolini), Grecia (Metaxas) e Spagna (Franco): quattro paesi che nell’insieme già facevano in sigla PIGS = “maiali”.

Restavano estranee a questo Nuovo Ordine Europeo con mire espansionistiche sul Medio Oriente ed il continente africano soltanto le democrazie di Francia e Gran Bretagna, che comunque sarebbero state ridotte all’obbedienza con la forza. Si sa però che, se con la Francia la sottomissione riuscì, non altrettanto avvenne con la più ostica Gran Bretagna, nonostante il volo conciliatore tentato nel 1941 da Rudolph Hess (il vice di Hitler che era anche il migliore allievo di Haushofer) per trovare un accomodamento spartitorio col governo britannico. Ma proprio in quello stesso anno Hitler, smentendo le buone regole della geopolitica tedesca, dichiarava guerra all’Unione Sovietica ed agli Stati Uniti (fu solo allora che la guerra “europea” divenne “mondiale”), votandosi a quella clamorosa sconfitta da cui dovevano nascere le due Germanie separate da una “cortina di ferro”, poi materializzatasi fisicamente nel Muro di Berlino, che doveva sancire la fine di una Pan-Europa autonoma dalle altre Pan-Regioni.

3. “Framania” e i suoi “maiali”.
Con la riunificazione del 1990 il gioco geopolitico tedesco si è però riaperto e ha trovato una esplicita manifestazione di volontà nel documento elaborato nel 1994 per conto della CDU/CSU da Wolfgang Schäuble (cfr. Bonn va avanti con pochi sponsor, “Il Sole-24 Ore”, 12.9.1994). Vi si teorizzava che senza un consolidamento interno l’Unione Europea avrebbe rischiato «di crollare per tornare ad essere un debole raggruppamento di Stati incapaci di soddisfare il bisogno di stabilità della Germania,... che è in linea di principio identico a quello dell’Europa considerata nel suo insieme,… in quanto gli USA non possono più svolgere il loro ruolo tradizionale ora che il conflitto Est-Ovest è un ricordo del passato». Però questa volta a «nocciolo duro» della rinascente Pan-Europa doveva essere posta una alleanza organica con la Francia, che da De Gaulle in poi si era mostrata insofferente della stretta tutela americana sulle cose europee. Attorno a questa Framania avrebbero ovviamente gravitato nazioni “satelliti” come l’Olanda, mentre i paesi “maiali” del Mediterraneo, ad esempio Spagna ed Italia, e perfino la Gran Bretagna avrebbero dovuto essere «convinti» ad aderire al Nuovo-Nuovo Ordine Europeo non appena avessero «risolto alcuni dei loro attuali problemi». Ma quali?
Se nella sua nuova offensiva geopolitica la Grande Germania non avrebbe fatto questione di supremazia militare (lasciando alla Francia il compito di assicurare all’Europa unita la deterrenza nucleare) bensì soltanto di egemonia finanziaria, ad essa i paesi mediterranei e la Gran Bretagna si sottraevano, come doveva vedersi negli anni successivi, per ragioni differenti. Intanto la Gran Bretagna, che batteva una moneta propria come la sterlina, ad essa non avrebbe rinunciato quando è nato l’euro, la moneta unica europea esemplata sul marco tedesco. A loro volta i paesi “maiali” vi hanno aderito gravati da debiti sovrani esagerati che i c.d. “parametri di Maastricht” non sono arrivati nel tempo a ridimensionare.
C’è però da dire che questo indebitamento sovrano non è tanto l’effetto di governi eccessivamente spendaccioni (come di solito si giudica), bensì del mal riuscito amalgama, all’interno dell’Unione Monetaria Europea, di economie nazionali organicamente difformi per capacità di produzione e, soprattutto, di esportazione – e questo proprio quando la moneta unica toglieva ai paesi in deficit commerciale la possibilità di adottare “svalutazioni competitive” della propria moneta per pareggiare i conti con l’estero, come era stato il caso della svalutazione della lira nel 1992. All’ombra dell’euro si è così “cronicizzato” lo squilibrio tra i paesi esportatori netti di merci (il “nocciolo duro” con esportazioni maggiori delle importazioni) e quelli che invece importano più di quanto esportano (che è la vera causa del loro essere “maiali”). Ma ciò nemmeno basta perché, se lo scompenso della bilancia commerciale è stato pagato dai “maiali” in moneta comune, essi se la sono vista restituire dal “nocciolo duro” in cambio di titoli dei loro debiti sovrani così da lucrare interessi fino al loro rimborso. Se quindi il “nocciolo duro” ha finito per risultare esportatore netto di merci e creditore di capitali ed i paesi “maiali” importatori netti e debitori, tuttavia si riteneva che l’asimmetria si sarebbe sanata quando quei capitali ricevuti in prestito si fossero indirizzati alla produzione di merci per l’estero, riportando progressivamente la bilancia commerciale in pareggio. Nell’attesa di tanto risultato in Europa si pazientava, finché a mezzo 2011 non è successo qualcosa che ha fatto precipitare la situazione.

4. I “mercati” tra dollaro ed euro.
Nel pieno dell’estate del 2011, quale conseguenza del duro braccio di ferro dei “mercati” contro il governo di Washington che era necessitato a violare il limite di legge posto all’indebitamento pubblico, quel limite è stato sforato ma le agenzie di rating (longa manus dei “mercati”) hanno punito il debito sovrano americano togliendogli la valutazione massima di tripla A (cfr. G. Gattei, La grande guerra dei rating (2011-2011), Bologna, 2012). Siccome però il debito sovrano tedesco manteneva la valutazione AAA, si è creata una fastidiosa disparità di rating che avrebbe potuto portare i risparmiatori internazionali, nelle proprie scelte d’investimento, a preferire i Bund di Berlino ai Bond di Washington. Che i “mercati” avessero finito per fare gli interessi della Germania? A ciò bisognava porre urgentemente rimedio, ma senza rinnegare la punizione inflitta al governo di Obama.
I titoli pubblici tedeschi a tripla A sono espressi in euro. Ed è un paradosso che in euro siano espressi anche i debiti sovrani dei paesi “maiali” che costituiscono l’anello debole della Unione Monetaria Europea e che godono (si fa per dire...) di rating di bassa, se non di pessima qualità. Perché allora non approfittare del difficile momento congiunturale per deprezzare ulteriormente i loro rating, così da allontanare i risparmiatori dall’acquisto di titoli sempre più “maiali” ma più di tutto svalutando il portafoglio di quanti (siano Stati, banche o imprese) li detengono? È stata così innescata l’arma micidiale dello spread che paragona il prezzo d’acquisto dei titoli in euro dei paesi “maiali” con i migliori sul mercato quali sono, per l’appunto, i Bund tedeschi. Se i risparmiatori, a fronte di rating peggiorati, si fanno riluttanti ad acquistarli, per indurli a sottoscrivere bisognerà offrire loro migliori condizioni di rendimento, da cui consegue l’aumento dello spread. Ma a tassi d’interesse più alti peggiorano i bilanci pubblici dei paesi “maiali” che potrebbero finire per trovarsi addirittura costretti a ripudiare quei debiti diventati troppo onerosi per le loro finanze (qualcosa di simile non è forse successo in Argentina qualche tempo fa e non si è ripetuto in Islanda nel 2010?). In caso di default di Grecia, Portogallo, Spagna o Italia i possessori dei loro titoli si troverebbero con quella loro parte di portafoglio inesigibile e le agenzie di rating avrebbero tutte le buone ragioni per abbassare i rating delle imprese private e degli Stati “incagliati” in quei crediti a rischio. Sia uno di questi Stati la Germania: non si meriterebbe allora di perdere la tripla A equiparandosi al rating americano?

5. “Fiscal compact”.
Di fonte al la minaccia la Germania è corsa subito ai ripari. Ma come difendere la massima valutazione del proprio debito sovrano? Imponendo ai paesi “maiali” di non far scherzi e di obbligarsi a ripagare i loro creditori “senza se e senza ma”. Lo strumento è stato l’accordo di fiscal compact sottoscritto dai governi europei nel marzo 2012 (solo Gran Bretagna e Repubblica Ceca non hanno firmato) poi passato alla ratifica dei parlamenti nazionali. La “filosofia” del fiscal compact è presto detta: se lo spread peggiora la situazione finanziaria dei bilanci pubblici dei paesi “maiali” minacciandone il default, il rimedio sta nel rimborsare la più parte del debito sovrano esistente vincolandosi contemporaneamente a non accenderne più altro. È per questo che due sono i termini del patto a cui i governi si sono impegnati a dare esecuzione a partire dal 2013.
Il primo vincolo è l’obbligo del bilancio statale in pareggio, così che le spese pubbliche vengano interamente coperte dal gettito fiscale. Ma siccome tra le spese sono compresi pure gli interessi da pagare sul debito esistente, i governi firmatari si obbligano in verità a realizzare un avanzo di bilancio primario, che è il saldo positivo d’imposte e tasse sulle spese statali. Se così non verrebbero più contratti nuovi debiti, per quelli vecchi che fare? Qui interviene il secondo vincolo che prevede il rientro in vent’anni della parte di debito eccedente il 60% del PIL, che è la percentuale originariamente prevista dagli accordi di Maastricht. Allo scopo di capire l’entità dello sforzo finanziario richiesto ai paesi “maiali”, si consideri il caso dell’Italia: a fronte di un debito pubblico che sfiora i 2000 miliardi di euro (120% del PIL), in vent’anni lo si dovrebbe ridurre della metà a colpi di 50 miliardi all’anno (50x20 = 1000). Ma considerando che ci sono anche gli interessi dai pagare sul debito esistente (sebbene in diminuzione per la riduzione progressiva del suo ammontare), si stima la necessità di un avanzo primario di 65 miliardi di euro all’anno da coprirsi con l’imposizione fiscale anche in assenza di qualsiasi spesa pubblica!
Comunque tanta severità di manovra era giustificata dall’idea della c.d. austerità espansionistica: se gli investimenti privati oggi difettano perché il risparmio viene “spiazzato” dallo Stato che lo sequestra per i propri fini improduttivi, con il bilancio in pareggio ed il rientro (almeno parziale) del debito sovrano si rimetterebbero in circolo capitali che affluirebbero spontaneamente verso i migliori impieghi occupazionali. Per questo (come spiegato da Wolfgang Schäuble, l’autore del programma geopolitico del 1994 che adesso è ministro delle finanze) «i piani di austerità non creano recessione» (“La Repubblica”, 1.3.2012), bensì sviluppo. Ma chi garantisce che, restituito dallo Stato ai creditori il “maltolto”, essi lo rivolgano ad investimenti produttivi e non invece a speculazioni finanziarie senza ricaduta in termini di produzione e occupazione? E poi nello specifico dei paesi “maiali”, essendo buona parte dei creditori straniera (quasi il 50% per l’Italia), a rimborsarla il risparmio nazionale non andrebbe a finire all’estero rilanciando altrove, ad esempio in Germania, la produzione per l’esportazione? Ma per esportare dove (si replica) se non proprio verso quei paesi “maiali” penalizzati dalla fuoriuscita dei propri capitali? Non ci sarebbe quindi convenienza per la Germania ad un programma di austerità, a meno che non si trovassero altri mercati di sbocco al posto di quelli, ormai avviati ad estinzione, dell’Europa mediterranea. E’ giusto, ma non è un caso che la Cancelliera Merkel sia corsa più volte a Pechino per concordare contratti d’esportazione con la Cina, ferrovia transiberiana coadiuvando.

6. I “mercati” contro la Germania.
La prospettiva di un’alleanza, anche solo logistica, della Germania con la Russia (che nella geopolitica anglosassone resta pur sempre il “Cuore della Terra”) preoccupa il governo di Washington, educato alla visione di Spykman-Mackinder. Per questo oltre Atlantico si giudica pericolosa una repressione finanziaria che finisca per marginalizzare il Mediterraneo spostando gli interessi commerciali della Germania verso l’Eurasia. Da qui nasce il sostegno ad un diverso trattamento dei debiti sovrani “maiali” che non passi attraverso quel loro rimborso coatto imposto dalle regole del fiscal compact.
Il soggetto dell’alternativa dovrebbe essere la Banca Centrale Europea che, rinunciando al proprio “principio di nascita” di sola difesa della stabilità dei prezzi, dovrebbe stabilire un livello tollerabile dello spread e, qualora i “mercati” lo superassero, intervenire acquistando i titoli sovrani dei paesi in sofferenza, così da riportarlo a quel giusto livello. Con peso finanziario ridotto i paesi “maiali” non dovrebbero più ricercare avanzi primari di bilancio esagerati e potrebbero dedicare le maggiori risorse a disposizione se non proprio ad aumenti della spesa pubblica (sempre malvista di questi tempi), almeno a riduzioni della pressione fiscale ormai a livelli insopportabili. Con più denaro in tasca, i cittadini potrebbero aumentare la domanda trascinando nella sua scia la produzione e l’occupazione. E quindi sarebbe crescita invece di austerità.
Ma come dovrebbe finanziarsi la BCE? Anche con la stampa di più moneta, così che i prezzi interni della zona-euro in aumento incentivassero le imprese alla produzione. Ma su quali sbocchi piazzare le maggiori merci prodotte? Intanto sul mercato europeo dove la domanda sarebbe in aumento anche per la sola crescita dell’occupazione; ma poi sui mercati esteri perché la maggior moneta circolante porterebbe ad una svalutazione dell’euro sul mercato dei cambi favorendo le esportazioni, anche dei paesi “maiali”, fuori dalla zona-euro. E qualcuno ha provato a quantificare la svalutazione che sarebbe necessaria per far riprendere a correre l’Europa: secondo Nouriel Roubini la BCE dovrebbe «mettere in circolazione più moneta e abbassare ancora i tassi, se non altro per far svalutare l’euro fino alla parità col dollaro» (“La Repubblica”, 2.4.2012).
Ma accetterebbe mai spontaneamente la Germania che la BCE si facesse artefice di una inflazione che nell’immaginario tedesco è parola (e cosa) tabù? La Germania non si è mai ripresa dallo shock della Grande Inflazione degli anni 1919-1923, a cui si addebita la responsabilità della salita al potere di Hitler. Così ragionando essa però rimuove il fatto inequivocabile che da quella iperinflazione si è usciti con la stabilizzazione del marco della socialdemocratica Repubblica di Weimar (1923-1932) e che la catastrofe elettorale del 1933 è stata piuttosto provocata dalla sciagurata politica di austerità deflattiva adottata dal governo Brüning (è ricorrenza storica che le dittature escano politicamente dalle deflazioni monetarie, mentre l’inflazione sposta l’elettorato a sinistra!). Ma tant’è. E allora, per superare la resistenza tedesca non resta che far agire i “mercati” che dovrebbero porre l’aut-aut a Berlino: o impegnare la BCE al salvataggio dei paesi “maiali” caricandosi in parte di quei debiti sovrani anche al prezzo d’indebolire l’euro, oppure spingere i “maiali” verso il default, così che le agenzie di rating siano giustificate ad abbassare le valutazioni di tutte le istituzioni (statali e non) che ne posseggono i titoli. Insomma, delle due l’una: o l’euro si svaluta rispetto al dollaro oppure la Germania perderà la tripla A.

7. “La finanza è un’arma e la politica è sapere quando tirare il grilletto” (F. F. Coppola, Il padrino, parte III).
A mezzo del 2011 l’asse “framanico” tra Angela Merkel e Nicholas Sarkozy sembra veramente inossidabile. Ne fa le spese Silvio Berlusconi, vaso di coccio tra due vasi di ferro, che quando si vede intimare ai primi di agosto dalla BCE di Jean Claude Trichet e del suo successore subentrante Mario Draghi di «rafforzare la reputazione della sua firma sovrana» adottando misure d’austerità estrema (leggere per credere!) da prendersi «il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di settembre 2011» (cfr. “Corriere della Sera”, 29.9.2011), tergiversa e lascia passare la scadenza di settembre. Ma ci si può fidare di un governo così “maiale”? Secondo i retroscena giornalistici è stata la Cancelliera tedesca, il 20 ottobre, a chiedere la testa di Berlusconi (cfr. “La Repubblica, 31.12.2011), eppure occorrono ancora tre settimane di pressioni concentriche perché quelle «dimissioni volontarie» giungano finalmente il 12 novembre, lasciando il posto ad un più malleabile (così si spera) Mario Monti, appena nominato senatore a vita perché la sostituzione non sembri extra-parlamentare.
E Monti, sebbene in precedenza “uomo Goldman Sachs”, sul momento viene incontro ai suoi sponsor europei facendo approvare da una alleanza parlamentare tripartisan (PD-UDC-PdL) l’anticipo del pareggio di bilancio al 2013 e quindi una manovra Salva-Italia d’inusitata durezza: i partiti, commenta, «non avrebbero potuto permettersi di correre il rischio di diventare così impopolari. Noi non abbiamo questo problema, non dobbiamo presentarci alle prossime elezioni» (cit. in C. Bastasin, Tra Atene e Berlino, Milano, 2012, p. 45). Però Monti è come Badoglio: proclama che la guerra continua, mentre già tratta l’armistizio con gli alleati. Infatti gli basta appena un viaggio a Washington nel febbraio 2012 per rivelarsi il migliore “amico americano”, come dimostra il 20 febbraio firmando, insieme ad altri 11 capi di governo europei (quello inglese in testa), una lettera di «misure coraggiose» per ripensare alla «crescita oltre l’austerità». Ma è fatica sprecata perché Merkel e Sarkozy non recepiscono. Comunque ad aprile lui ci riprova, in compagnia del presidente della Commissione Europea, per chiedere almeno un ripensamento delle regole del fiscal compact, ma la Merkel gli risponde che «il fiscal compact non si tocca» (“La Repubblica”, 28.4.2012).
Siamo quindi allo stallo e solo le elezioni francesi, che sostituiscono Sarkozy con il “socialista” Hollande, possono venire a fare la differenza. Lo si capisce il 30 maggio quando, in una teleconferenza, Obama e Monti ed Hollande vanno per tre volte alla carica del rigore di Berlino e «per tre volte Angela Merkel dice di no. In inglese e, per non sbagliare, anche in tedesco» (“La Repubblica”, 1.6.2012). Ma la resa dei conti non può tardare perché, come Obama ha suggerito a Monti, «se la Merkel non cede va messa spalle al muro» (“La Repubblica”, 7.6.2012). E’ il 28 giugno, al summit europeo di Bruxelles, quando va in scena lo psico-dramma: alle 19,30, in coincidenza con la partita di calcio Italia-Germania, Monti pone il veto dell’Italia su qualsiasi decisione comunitaria se prima non si costituisce un Fondo salva-Stati “maiali”. Lo spalleggia subito il presidente spagnolo Rajoy e «nella sala scende il gelo». Per il momento si sospende la seduta e si va a cena, così da vedersi anche la partita che finisce con l’Italia che batte la Germania e passa alla finale... con la Spagna! «Congratulations, Italy played very well», ammette alle 22,30 Angela Merkel, ma ben più esplicito è il commento del premier irlandese Enda Kenny perché (dice) adesso il veto di Italia e Spagna è diventato «di tutto rispetto perché è stato posto dalle due finaliste». Eppure esso potrebbe ancora non bastare se non vi si aggiungesse a sorpresa quello ben più pesante della Francia. La Germania è isolata e «alle 4,20 del mattino, dopo 15 ore di negoziati, la Merkel capitola» (“La Repubblica”, 30.6.2012). Lo scudo anti-spread si farà e «Vaffanmerkel» è il titolo liberatorio, ma poco elegante, di un giornale italiano di quel dì (però l’Italia dovrà pagare lo scotto di perdere la finale di calcio a ringraziamento di quell’aiuto spagnolo ricevuto a Bruxelles...).

8. Tempi supplementari.
Alla sconfitta la risposta di Berlino è rabbiosa. Il giorno dopo parte un ricorso alla Corte Costituzionale per verificare se possa la Germania firmare una partecipazione al Fondo salva-Stati senza preventiva autorizzazione del Parlamento nazionale. Contemporaneamente un altro ricorso arriva sul tavolo della Corte. In simultanea con il summit di Bruxelles è stato approvato dal Parlamento tedesco, con voto bipartisan CDU/CSU e SPD, l’accordo di fiscal compact. Questa volta è die Linke a non starci, promuovendo il giudizio di costituzionalità su di una misura che dall’estero condizionerebbe la libertà di decidere la politica di bilancio nazionale. Però la Corte prende tempo, annunciando il 17 luglio che darà il proprio parere solo il 12 settembre e che nel frattempo ci si affidi alla buona sorte. Subito, il 24 luglio, l’agenzia Moody’s ammonisce che la Germania mantiene ancora la tripla A, ma che il suo outlook (la previsione) da positivo passa a negativo dipendendo dall’esito della sentenza che sarà emessa su fiscal compact e scudo anti-spread.
Per più di un mese Borsa e spread vanno sulle montagne russe e solo il 6 settembre il presidente della BCE Mario Draghi riesce a mettere le mani avanti strappando al suo Consiglio Direttivo, col solo voto contrario della Bundesbank, l’autorizzazione di principio ad acquistare quantità «illimitate» di titoli dei paesi aggrediti dalla speculazione, qualora questi ne facciano esplicita richiesta. Ma c’è un codicillo. L’intervento della BCE non dovrà essere inflazionistico perché per l’ammontare del suo intervento dovranno essere ritirati altrettanti titoli dal mercato. Tecnicamente funzionerebbe così: la BCE immette moneta per acquistare i titoli “maiali” con vita residua da 1 a 3 anni (l’autorizzazione concessa consente solo questo), ma in contropartita venderà titoli che già possiede, non necessariamente “maiali” ed anche con scadenze superiori, per recuperare la maggior liquidità che ha messo in circolazione. Insomma, non ci sarà nessun aumento dei prezzi, men che meno svalutazione dell’euro e solo la BCE pagherebbe il proprio intervento peggiorando la qualità e la scadenza del proprio portafoglio titoli.
Poi finalmente arriva, il 12 settembre, la sentenza della Corte Costituzionale tedesca. Il Fondo salva-Stati è dichiarato legittimo (e quindi il presidente della BCE potrà dare esecuzione effettiva alla decisione di principio del 6 settembre), ma la Germania vi parteciperà solo fino al massimo di 190 miliardi di euro, così che quell’intervento “illimitato” diventa, almeno per i tedeschi, limitato. Ma pure il fiscal compact è dichiarato costituzionale, così che la sua approvazione da parte di Berlino può far legge per tutti i Parlamenti degli altri governi firmatari (in Italia si è già provveduto approvandolo ai primi di luglio). Come già spiegato, gli Stati aderenti si impegnano a rientrare del proprio debito sovrano fino al limite del 60% del PIL. Ma naturalmente non saranno i governi a rimborsarne i creditori, bensì i cittadini tutti a colpi di avanzi primari di bilancio che siano l’effetto di meno spese pubbliche e più tasse.
Così per il prossimo ventennio, che è il tempo stabilito per il rientro dell’eccedenza di debito sovrano, non ci potrà essere denaro per la crescita in Europa. E’ come nel Nuovo Ordine Europeo di nazista memoria: allora il Terzo Reich aveva risucchiato, come una enorme idrovora, nelle proprie fabbriche (anche di morte) la manodopera dei paesi vicini, alleati o sottomessi; adesso, nel Nuovo-Nuovo Ordine Europeo la Grande Germania ci riprova, ma questa volta più pacificamente risucchiando il denaro degli altri.

Giorgio Gattei, docente di Storia del pensiero economico presso la Facoltà di Economia di Bologna
Fonte: Carmilla on line®
Link: Carmilla on line ®
20.09.2012
 
:cool::(:wall:



GERMANIA: GIU’ LE MANI DAI RISPARMI ITALIANI!
Scritto il 16 aprile 2013 alle 11:38 da icebergfinanza

In Germania gli avvoltoi d’Europa abbiamo intravvisto come in Germania a tutti i livelli in molti ormai si stanno occupando sempre più della nostra ricchezza, dei nostri risparmi.
Come ho scritto recentemente è ormai assolutamente chiaro che in una maniera o nell’altra i depositi a risparmio dovranno contribuire a ristrutturare il debito soprattutto privato, il debito delle banche in mezza Europa, dopo che i contribuenti e soprattutto noi abbiamo contribuito a ridurre i debito delle banche tedesche, francesi, olandesi e inglesi.
Sul Telegraph German ‘Wise Men‘ push for wealth seizure to fund EMU bail-outs
German ‘Wise Men‘ push for wealth seizure to fund EMU bail-outs … and private assets across the Mediterranean to cover bail-out costs.
Dopo la manipolazione dei dati della ricchezza europea ad opera della Bundesbank , altri due saggi questa volta tedeschi , addestarti opportunamente per accendere cerini nella santabarbara europea, Lars Feld e Peter Bofinger sostengono che c’è abbastanza ricchezza in immobili e assets vari nel Mediterraneo per coprire i salvataggi
. “The rich must give up part of their wealth over the next ten years,” said Prof Bofinger.
Chissà se è rimasto qualche centesimo dei famigerati ricchi in Italia o sono tutti evasi allegramente all’estero.
The two economist are members of Germany’s Council of Economic Experts or “Five Wise Men”, a body that advises the Chancellor on major issues.There is no formal plan to launch a wealth tax but the council is often used to fly kites for new policies.
Patrimoniale forever con i vostri soldini noi recuperiamo i capitali che le nostre banchette amministrate dagli ”****** di Dusseldorf” come gli chiamano gli americani, hanno perso in giro per l’Europa!
Ovviamente quale migliore cassa di risonanza che il Spiegel Magazine Die Armutslüge Wie Europas Krisenländer ihre Vermögen verstecken per incendiare gli animi in Germania, tutti a recuperare i nostri soldini dalle tasche degli straccioni mediterranei…
Prof Bofinger told Spiegel Magazine that it was a mistake to target deposit holders in banks, the formula used in the EU-IMF Troika bail-out for Cyprus where those with savings above €100,000 at Laiki and Bank of Cyprus face huge losses. “The canny rich in southern Europe just shift their money to banks in Northern Europe to escape seizure,” he said.
Una cosa l’ hanno detta giusta ma non è una novità, gli astuti ricchi dei paesi meridionali hanno spostato i loro soldini nelle banche del nord Europa per sfuggire al ratto dei risparmi.
Prof Feld said a new survey by the European Central Bank had revealed that people in the crisis countries are richer than the Germans themselves. “This shows that Germany has been right to take a tough line of euro rescue loans,” he said.
“Questo dimostra che la Germania ha fatto bene a tenere una linea dura sui prestiti per il salvataggio dell’euro”, ha detto.
La manipolazione dei dati continua con le statistiche di Trilussa che in Germania oggi vanno di moda, Lo studio della BCE ha evidenziato che la ricchezza “mediana” è di € 267.000 a Cipro, rispetto agli appena 51.000 € in Germania, dove il tasso di proprietà della casa è solo il 44 % e un gran numero di persone non hanno quasi alcuna attività.
Rileggetevi ITALIA: BCE E BUNDESBANK LA RICCHEZZA ITALIANA
L’affondo: “Per sanare i debiti usate i soldi della gente”
Basta piangere, basta lamentarsi della povertà crescente, dei suicidi «che c’erano anche prima della crisi», dei populismi in aumento esponenziale. I Paesi del Sud Europa, dice l’infallibile Bce, nascondono le loro immense ricchezze al Nord. Di conseguenza è giusto che si salvino da soli. È la sconcertante conclusione dell’inchiesta che ha ispirato la copertina di questa settimana dell’autorevole Spiegel. LaStampa
Che esce, guarda caso, il giorno dopo il congresso fondativo del primo partito dichiaratamente anti-euro mai nato in Germania, “Alternative für Deutschland”.
In realtà, se è vero che i numeri non mentono, è altrettanto vero che bisogna saperli leggere. Ed è evidente che in Germania le statistiche pubblicate di recente dalla Bce sulla ricchezza delle famiglie europee hanno creato un pericoloso corto circuito nella testa di molti. Aggravato dal concomitante salvataggio di Cipro che ha segnato un cambio di paradigma nelle politiche della Ue, introducendo il precedente devastante dell’«ognun per sé», tanto caro proprio a Berlino.
Il risultato ha ispirato il titolo dello Spiegel «Patente di povertà. Come i Paesi europei in crisi nascondono i loro patrimoni». Morale: l’autosalvataggio di Cipro deve essere il modello futuro per l’Europa, eccome. E fa niente se tutti si affannano, da Mario Draghi in giù, a spergiurare che Cipro è un caso unico e irripetibile, che nessun risparmiatore sarà toccato da salvataggi futuri. I tedeschi ora pensano, anzi, si auspicano il contrario, rinvigoriti anche dalla notizia che i ciprioti sono molto più ricchi di loro.
Il ragionamento è lungo e articolato ma è sufficiente citare un paio di passaggi sull’Italia per capirne il senso e rimanere basiti. «Ogni giorno in Italia ci sono molti suicidi ma c’erano già prima della crisi». Un attenuante, certo. La ricchezza mediana delle famiglie italiane, poi, essendo di 173.500 euro, «tre volte quella dei tedeschi», ispira una conseguenza ovvia. Avendo l’Italia un debito pubblico del 130% contro quello tedesco che è all’80%, c’è una sola soluzione perché esca dall’impasse, perché si liberi finalmente di questo tallone d’Achille dei suoi conti pubblici. Eccola qua: «sarebbe più sensato che i Paesi in crisi riducano i loro debiti con le proprie forze: aggredendo maggiormente la ricchezza dei suoi cittadini».
Il settimanale è così grezzo da dimenticarsi che gli stipendi degli italiani sono molto più bassi di quelli tedeschi, o che per pagare le enormi quantità di tasse che gravano su stipendi e sulla casa ci vuole liquidità. Così come dimentica di citare gli abissi che ci sono tra i servizi di cui beneficiano i tedeschi rispetto agli italiani, in cambio delle tasse.
L’unico dato che lo Spiegel non nasconde è quello sulla povertà: da noi la quota di poveri è al 16,5% contro il 13,4% dei tedeschi. Così come ammette che i tedeschi hanno una tradizione da cicale: preferiscono vivere in affitto e spendere in viaggi piuttosto che risparmiare. Ma quando arriverà il momento di salvarci, se mai accadrà, è prevedibile che la parola d’ordine sarà una sola: salvatevi da soli. Come Cipro.
Salvatevi da soli dopo che abbiamo salvato con i Vostri soldi le nostre banche!
In settimana per tutti coloro che hanno sostenuto o vorranno sostenere liberamente il nostro viaggio in arrivo una nuova importante puntata di ” Machiavelli e il pilota automatico” orizzonti e visioni per i prossimi due mesi.
Per chi volesse sostenere liberamente il nostro viaggio è disponibile MACHIAVELLI 2013 UN ANNO DOUBLE FACE un post da non perdere sulle prospettive geopolitiche, macroeconomiche e tecniche di un anno che si preannuncia decisamente DOUBLE FACE!
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C'era chi lo sapeva già da prima :yes:

 
E ora anche l'inutile idio** afferma che ci guadagna la Germania :o

 
Premesso che il famigerato debito greco:rolleyes:e' detenuto, per la maggior parte da banche tedesche e francesi:yes::yes:

L'Italia sta' diventando l'unico paese europeo che, versa più' soldi:rolleyes:di quanti le spettinò.:confused:

....allego il grafico pubblicato da Acomea sgr nel quale......non comprare alcuna banca italiana.:eek::yes:

Perchè i politici ci hanno svenduti, tutti destra sinistra, vergognoso:wall:
:wall:
 
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