Lo sapevate che Vito Taccone era stato arrestato?

Andy Dufresne

Shawshank Redemption
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Io ci sono rimasto. L'ho scoperto per caso, curiosando un po su internet per vedere cosa stava facevo quel simpatico ex corridore che mi allietava le trasmissioni serali del dopo Giro.

:'(

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ROMA, 14 giugno 2007 - Dalle scalate solitarie al Giro d'Italia fino ai guai con la giustizia, passando per le celebri polemiche al "Processo alla Tappa" di Sergio Zavoli. È la storia sofferta di Vito Taccone, il "Camoscio d'Abruzzo", arrestato oggi per il reato ipotizzato di associazione per delinquere finalizzata al commercio di capi di abbigliamento e accessori con marchi di fabbrica contraffatti o provenienti da furti o ricettazione.
LA CARRIERA - Carattere esuberante, scalatore provetto nella fase più felice della sua carriera, Vito Taccone è nato ad Avezzano (Aq) il 6 maggio 1940 e ha esordito fra i professionisti nel 1961, raccogliendo importanti risultatii. Carattere non facile, al "Processo alla tappa" con le sue espressioni dialettali e schiette, suscitò curiosità tra addetti ai lavori e appassionati. Numerose le vittorie conseguite nei Giri d'Italia con cinque tappe, di cui quattro consecutive, vinte nel 1963. Nel 1968 si classificò quinto al campionato del mondo disputato ad Imola.
VOLATE E POLITICA - Durante il Tour de France del 1964 venne accusato di aver causato diverse cadute negli arrivi in volata per i suoi scatti scomposti; la tensione con gli altri atleti culminò in una scazzottata con lo spagnolo Fernando Manzaneque. Da allora rifiutò di prendere parte alla Grande Boucle. Terminata l'attività agonistica ha fondato prima una azienda che produce liquori e, successivamente, una fabbrica per abbigliamento sportivo. Negli ultimi anni ha tentato anche l'avventura politica. Si è presentato alle elezioni provinciali dell'Aquila e, nel maggio scorso, si è candidato sindaco, con una sua lista, alle elezioni amministrative di Avezzano.
GIUSTIZIA - Questa non è la prima disavventura di Taccone con la giustizia: il 5 marzo 1982 ottiene dalla Corte d'Appello dell'Aquila l'amnistia per i reati di lesioni personali gravi e rissa. In primo grado il ciclista abruzzese era stato condannato dal tribunale di Avezzano a tre anni e tre mesi di reclusione, di cui un anno e nove mesi condonati. Il 12 febbraio 1973 Taccone e altri dieci avezzanesi si azzuffarono per futili motivi in pieno centro nella città abruzzese: intervenne la polizia che, dopo aver sedato la rissa, denunciò i protagonisti. Il 30 marzo 1985 Taccone finisce in manette insieme ad altre due persone nell'ambito delle indagini di un "raid" compiuto in un albergo di Avezzano. All'origine del gesto motivi di vendetta per una vicenda di bische clandestine e di assegni a vuoto.
 
Si l'avevo sentito al Tg.
L'idolo ciclistico della mia gioventù.
Anche per i casini che piantava nel Processo alla Tappa.
Ho sempre preferito gli scalatori, i veri ciclisti, secondo me. :bow:
Gaul, Taccone, Battaglin, Bertoglio, il Pirata ed altri di cui non ricordo il nome.
Quando scattano in salita e prendono un minuto in tre tornanti è il momento + esaltante di una corsa! :clap:

Ciao
:):):):)
 
Bel personaggino...da buttare via la chiave...
 
Bel Personaggio...............molto Tranquillo
 
un grande INTELLETTUALE:o
 
Certo arrestare "il Camoscio d'Abruzzo" eheheheheh
 
aHO !!!!
mA NIENTE NIENTE ...PORTATE SFAIGA !!!
 
Me lo ricordo qualche anno fa che commentava il dopotappa al Tour... Piuttosto simpatico devo dire...


Addio a Vito Taccone
una testa matta del ciclismo
E' morto d'infarto pochi giorni dopo essersi incatenato in tribunale

AVEZZANO (Aq) - Addio a Vito Taccone, estroso personaggio del ciclismo degli anni '60, stroncato da un infarto pochi giorni dopo essersi incatenato al cancello del tribunale: chiedeva che un processo nei suoi confronti venisse svolto in fretta. Accusato di ricettazione di vestiti rubati, si professava innocente.

Ai tempi del ciclismo, lo chiamavano il "Camoscio d'Abruzzo". Figura anomala di scalatore nato nel cuore d'Italia, Taccone fu un grande polemista, ai tempi del Processo alla Tappa condotto da Sergio Zavoli. Era nato ad Avezzano il 6 maggio del 1940. Nel 1961 vinse il Giro di Lombardia. Nel 1964, durante il Tour, venne accusato di aver provocato diverse cadute negli arrivi in volata per i suoi scatti scomposti.

Il soprannome gli venne affibbiato non solo per le sue doti di scalatore, ma anche per il suo carattere irruento. Celebre la scazzottata con il corridore spagnolo Fernando Manzaneque.

Finita l'attività agonistica intraprese varie attività (c'è anche l'amaro Vito Taccone) rimanendo un personaggio popolare "dal cuore d'oro" come tutti lo ricordano. Attualmente era titolare di un'azienda per abbigliamento sportivo, la stessa per la quale era rimasto invischiato nell'inchiesta della magistratura.

Arrestato il 14 giugno con altre 11 persone con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al commercio di capi d'abbigliamento con marchi contraffatti o provento di furti, Taccone si è sempre dichiarato innocente e "vittima" dell'inchiesta le cui indagini erano state condotte dalla Guardia di Finanza.

"Non voglio fare la fine di Enzo Tortora", disse la settimana scorsa incatenato al tribunale dove poi fu ricevuto da un giudice che gli garantì un processo in tempi brevi. "Oggi - disse confortato da quell'incontro - ho potuto constatare l'umanità di persone di cui a volte ci si fanno concetti sbagliati. Vedrete - aggiunse - che dimostrerò presto la mia innocenza".

Ma non ha avuto tempo, Taccone. Gimondi lo piange come personaggio "di un ciclismo che non c'è più".

(15 ottobre 2007)
 
Ok ..."il camoscio degli abbruzzi" :bow:
 

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Cosi tanto per provare....parliamo del Berlusken !!
 
Ce Tacon che al a ciapat
 
Caro Vito, ti sia lieve la terra.

Dire che Vito Taccone è stato un grande personaggio degli anni sessanta, può apparire un eufemismo. L’abruzzese tignoso e loquace, fu il protagonista principale del Processo alla Tappa di Sergio Zavoli e basterebbe già questo, come biglietto da visita. Vito però, era pure un campione, uno che se avesse contenuto i suoi furori, probabilmente, un Giro d’Italia, lo avrebbe potuto vincere. Per le sue doti di scalatore, ereditò presto la definizione di "camoscio d'Abruzzo", ed è riuscito a evidenziarsi in circostanze particolarmente significative, che ne dimostravano ampiamente i valori, ma anche una certa fragilità quando incontrava più salite in successione. Il resto lo faceva il suo essere nelle bocche di tutti, indipendentemente da una considerazione di simpatia o antipatia. Dopo esser stato un buon dilettante debuttò alla grande fra i professionisti nel 1961, vincendo la Tre Giorni del Sud e due tappe della stessa, la frazione di Potenza al Giro d’Italia e il Giro di Lombardia. In questa occasione seppe superare una crisi che l’aveva portato sull’orlo del ritiro e poi a battere uno scalatore come lui, Imerio Massignan. Nel ’62 subì una flessione in quanto a vittoriem ma non in termini di presenze e piazzamenti, vinse comunque il Giro del Piemonte. Esplosivo il suo 1963. Al Giro d’Italia fu per taluni aspetti vincitore morale, grazie a cinque successi di tappa consecutivi ad Asti, Oropa, St. Vincent e Leukerbad a cui aggiunse anche il prestigioso traguardo di Moena. Grazie a lui, la maglia verde con fascia bianca della Lygie, divenne una delle più popolari. Non vinse il Giro, perché fu vittima delle sue amnesie proprio nelle tappe di minore importanza. Durante l’anno vinse, sempre con un’azione di forza, anche il Giro di Toscana. Nel ’64 lo si aspettava ad un acuto nella “rosa” principalmente, visto che nel propedeutico Giro della Svizzera Romanda aveva vinto da gran campione la tappa di Ovronnar, ma sulle strade italiane, si perse un po’ e pagò non poco le attenzioni che su di lui l’intero gruppo riservava. Vinse comunque la tappa di Parma e poi ….le sue vittorie post gara al “Processo”. Continuò a rimanere ai vertici, ma le vittorie cominciarono a diradarsi. Nel ‘65 vinse la Milano-Torino, nel ’66 il Trofeo Matteotti, la tappa di Diano Marina al Giro e quella di Roschbach al Tour de Suisse. Nel 1968, il suo ultimo successo nella durissima Marina di Massa Pian della Fioba. Nel suo palmares al Giro d’Italia sono da considerare oltre alle otto tappe vinte, anche i successi nella classifica finale del GPM nel 1961 e ’62. Partecipò anche al Tour de France, una sola volta però, perché per quello che combinò un quella sua partecipazione si guadagnò l’antipatia dell’organizzazione. Nel 1964, infatti, si rese protagonista di un clamoroso match di pugilato e di pompe con lo spagnolo Fernando Manzaneque e fu incolpato di aver causato diverse cadute negli arrivi in volata, per i suoi scatti scomposti. Fu azzurro ai mondiali del 1963-’64-’66-’68 e’69, raggiungendo come miglior risultato il 5° posto ad Imola ’68. Finì secondo ai campionati italiani del 1968 vinti da Gimondi e a quelli dell’anno successivo, vinti da Adorni. Chiuse la carriera nel 1970, in una formazione, la Cosatto Morsicano, di cui era anche sponsor. Nel dopo, è divenuto imprenditore con esiti non sempre felici, alternati a puntate come colorito commentatore televisivo. Ripeto, un personaggio, aldilà dei suoi valori di corridore.
 

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