Luigi Ghirri

“Ho cercato di non chiudermi in filoni o in generi, per questo, contemporaneamente, ho lavorato in diverse direzioni, in un processo di attivazione del pensiero, non ho cercato di fare delle FOTOGRAFIE, ma delle CARTE, delle MAPPE che fossero contemporaneamente delle fotografie”.

Luigi Ghirri
 

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Ma questo è un Ghirri Ale? L'ho ritoccata piano...alla faccia, sembra fatta con un programma di realtà virtuale
 
Sulla sezione Galleria di Artesegno segnalo un'opera molto interessante di Ghirri, vi consiglio di andare a vederla.
saluti
 
”Erano come dei pellerossa”, disse Luigi Ghirri alla moglie Paola quella sera, mentre scaricava con ordine i rullini dalla borsa. Paola se lo ricorda turbato e commosso, lui, fotografo anarchico cristiano che non andava mai a votare, per quel tuffo nelle folle ancora sterminate delle feste dell’Unità. Reggio Emilia, 1983: c’era Enrico Berlinguer sul palco del comizio finale e nessuno immaginava che di lì a dieci mesi non ci sarebbe stato più.
Andò prestissimo per riprendere il pratone deserto, lo sguardo di Ghirri aveva bisogno di spazio. Bandiere rosso papavero sull’erba pisello: i suoi colori. Una millecento di servizio, ovviamente rossa, parcheggiata di sghimbescio, sola, orfana.
I militanti che lentamente arrivano. Aspettano pazienti, decisi, sicuri. E poi quel piccolo uomo, perso nella sproporzione del luogo e nell’enormità del “corpo mistico” del partito convenuto in massa. Un uomo solo, in grigio, un uomo quasi senza gesti posato sulla solida roccia del palco. La bottiglia di minerale nascosta nell'angolino del podio. In queste foto “la solitudine di Berlinguer è estetica prima che etica”. Un comizio fatto di spazio, di corpi, di silenzio, di colori pastello. Dice Paola che Luigi tornò convinto che avrebbe votato, la volta successiva, per quel piccolo uomo e per quegli “indiani delle riserve” del cui imminente estinguersi questa immagine offre, senza retorica, una malinconica involontaria profezia.
-Enrico Berlinguer, visto da Luigi Ghirri, Campo Volo, Reggio Emilia 1983-
 

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Che scatto! Da incorniciare!
Grazie Alessandro per aver postato questa foto che ricorda un periodo di storia sempre con alti e bassi, ma con spiccati valori che ormai non esistono più purtroppo!!
Saluti




”Erano come dei pellerossa”, disse Luigi Ghirri alla moglie Paola quella sera, mentre scaricava con ordine i rullini dalla borsa. Paola se lo ricorda turbato e commosso, lui, fotografo anarchico cristiano che non andava mai a votare, per quel tuffo nelle folle ancora sterminate delle feste dell’Unità. Reggio Emilia, 1983: c’era Enrico Berlinguer sul palco del comizio finale e nessuno immaginava che di lì a dieci mesi non ci sarebbe stato più.
Andò prestissimo per riprendere il pratone deserto, lo sguardo di Ghirri aveva bisogno di spazio. Bandiere rosso papavero sull’erba pisello: i suoi colori. Una millecento di servizio, ovviamente rossa, parcheggiata di sghimbescio, sola, orfana.
I militanti che lentamente arrivano. Aspettano pazienti, decisi, sicuri. E poi quel piccolo uomo, perso nella sproporzione del luogo e nell’enormità del “corpo mistico” del partito convenuto in massa. Un uomo solo, in grigio, un uomo quasi senza gesti posato sulla solida roccia del palco. La bottiglia di minerale nascosta nell'angolino del podio. In queste foto “la solitudine di Berlinguer è estetica prima che etica”. Un comizio fatto di spazio, di corpi, di silenzio, di colori pastello. Dice Paola che Luigi tornò convinto che avrebbe votato, la volta successiva, per quel piccolo uomo e per quegli “indiani delle riserve” del cui imminente estinguersi questa immagine offre, senza retorica, una malinconica involontaria profezia.
-Enrico Berlinguer, visto da Luigi Ghirri, Campo Volo, Reggio Emilia 1983-
 
in tema autunnale......
 

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"La mia solitudine è ovunque nel mondo ben prima di essere in me
È in quest’uomo che passa con il cane è quest’uomo è questo cane
È nel canto della pioggia contro il vetro
È questo canto è questa pioggia è questo vetro
È in quei panni stesi in fondo al giardino
Quel luminoso ondeggiare di un lenzuolo bianco su un cielo blu è quel filo quel lenzuolo quel cielo
La mia solitudine la riconosco veramente
solo quando mi viene incontro per gettarsi tra le mie braccia per raccontarmi lieta cosa ha fatto durante la giornata chi l’ha vista chi l’ha ferita"


Christian Bobin / Luigi Ghirri
 

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Gianni Celati scrive delle opere di Ghirri:
"ridanno dignità alle cose, sottraendole agli schemi, ai giudizi sbrigativi di chi non guarda mai niente"

...io, nel mio piccolo, sono un compagno di viaggio davvero insopportabile per i maratoneti :D delle vacanze tipo "visita Roma in un week end" ;)

per esempio, per me una "cosa" come quella qua sotto è da osservare, osservare, e osservare ancora, e ci vuole tempo, è un vero universo da scoprire !:eek:

Luigi Ghirri, Verso Santa Caterina, 1990, Courtesy Fototeca Biblioteca Comunale “Rogadeo”, Bitonto, © Eredi Ghirri
 

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e poi...
...l'unica cosa davvero importante è il viaggio, non dove si deve arrivare ;)

Luigi Ghirri, Bologna 1985 :bow::bow::bow:
 

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