Maledetti!

  • ANNUNCIO: Segui le NewsLetter di Borse.it.

    Al via la Newsletter di Borse, con tutte le notizie quotidiane sui mercati finanziari. Iscriviti per rimanere aggiornato con le ultime News di settore, quotazioni e titoli del momento.
    Per iscriverti visita questo link.

watson

Nuovo Utente
Registrato
2/4/00
Messaggi
4.369
Punti reazioni
16
L'artista non si sente più centrale nella società ma marginale, si ribellando alla società portatrice di "sani valori morali", assumendo quindi l'appellativo di "maledetto" e di "diverso" (es. il fatto di identificarsi con la prostituta). Si sviluppa in questo clima il fenomeno della "Bohème" (quella italiana prenderà il nome di Scapigliatura).
Il vero artista bohémien è asociale, vive nella precarietà, è consunto dall'alcool e fa frequente ricorso all'uso di droghe. Si sente vicino alle masse proletarie, ma queste, ahimè per ignoranza, non sono in grado di capire il significato della sua arte. Quale vie si aprono allora all' "artista ribelle", che "ammalato d'ideale" rifiuta l'amara realtà della sua condizione?
Il suicidio, vivere la propria vita di disadattato fino alla consunzione fisica, il tentativo velleitario di farsi portatore della situazione delle masse popolari e operaie, il ritorno alla civiltà dei "padri facoltosi", come tutto fosse stato una "ragazzata".
Il suicidio, sebbene il tema della morte è avvertito da tutti i poeti di questa generazione, fu la scelta di una minoranza (non proprio esigua); molti morirono in uno stato disastroso, dopo aver peregrinato per l'Europa (alcuni per il mondo!) e consunti dall'alcool e dalla droga quali Rimbaud, Verlaine e Emilio Praga tra gli scapigliati italiani; il "ritorno" nella vita della "società bene" alto-borghese e benestante, fu questa la strada che percorreranno molti artisti di fine secolo, rispetto all'esigua minoranza che con atteggiamenti piuttosto velleitari si farà portatrice di valori socialisti e democratici. Tuttavia rimane un ritorno formale: non viene meno il senso d'indignazione e di repulsione nei confronti della realtà borghese e filistea. E in questo completo isolamento, che l'artista ripiega sulla propria individualità, scegliendo come sbocco a quest'alienazione dal mondo una via "estetica". L'unica scappatoia alla bruttezza del reale è vivere per la sola arte. Fare sfoggio della propria vita e fare di essa stessa un'opera d'arte appare l'unico rimedio all'incapacità di superare la crisi dell'arte nell'era dell'industrializzazione. Da qui la figura del "dandy", l'eccentrico artista borghese che con mire altezzose cerca di isolarsi al di sopra delle masse facendosi scudo delle protezioni della buona società. Ma non tutti i dandies comunque riescono a salvarsi dalle critiche e dall'ingiurie dell'opinione pubblica benpensante: Oscar Wilde, esempio emblematico, fu costretto al carcere poiché accusato di omosessualità.
 
La lettura critica di Hauser al fenomeno della bohème.
Arnold Hauser nella sua Storia dell'arte sociale, fa un'analisi critica della bohème ripercorrendone la storia. Il critico ungherese suddivide la bohème in tre fasi e forme diverse, quella romantica, quella naturalistica e quella impressionista. La bohème in origine non era altro che un modo per protestare contro il costume filisteo e borghese. Vi partecipavano giovani studenti, figli di borghesi rispettabili, "facoltosi" li definisce Hauser. Tuttavia la loro opposizione poteva essere vista come una scelta incondizionata, "una ragazzata". "Volevano non essere quello che erano i propri genitori", volevano rompere gli schemi, essere stravaganti, perché in loro era viva l'idea che l'arte e la poesia fosse stravaganza e qualcosa di originale non conforme agli ideali comuni della borghesia. A loro era però sconosciuta la miseria delle bohème successive, poiché erano liberi di far ritorno all'ambiente di provenienza che da giovani avevano disprezzato.
La bohème della generazione successiva che Hauser definisce "quella del naturalismo militante, che teneva il suo quartier generale in birreria" poteva definirsi una sorte di proletariato artistico. Questi bohémiens vivevano molto più drasticamente la scissione con la società borghese rispetto ai vari Gautier, Nerval della generazione precedente. Ogni giorno dovevano combattere con la precarietà, e la lotta con la borghesia era vista come necessità e non un "gioco insolente". Il costume anti-borghese rispecchiava la loro personalità di disadattati, il loro isolamento, la loro incerta esistenza. Questa può definirsi una fase di transizione, cui incominciano a venire a galla gli insegnamenti di Baudelaire che appartiene a questa generazione, e che farà sentire tutti i sui effetti sulla bohème successiva, quella di Rimbaud e Verlaine ( e su quella italiana, la Scapigliatura).
Nello stesso periodo però nasce un'immagine idilliaca della bohème. Murger nella sua Scene di vita da bohème la quasi idealizza. Anche il pubblico borghese l'apprezza perché in essa vede la sua giovinezza irrequieta e le follie da studente. Il rapporto è quindi di fascino e di repulsione: da un lato sta l'idea della libertà e dell'irresponsabilità, dall'altro lo spavento per una vita anarchica e sregolata e le sue probabili conseguenze. Come Murger anche Balzac non si rendevano conto degli effetti che la bohème potesse provocare nella società. Balzac dice: "La bohème è fatta di giovani ancora oscuri, ma che un giorno saranno chiari e famosi". Quasi come la bohème fosse una tappa necessaria per la formazione dell'artista!
Sebbene agiscano nel decennio successivo gli artisti della "bohème italiana", la Scapigliatura, possono inserirsi come ideologia in questa forma di bohème, anche se per la vita piuttosto sregolata di alcuni esponenti siamo molto vicini al maledettismo e alle forme esasperate della vita dei vari Rimbaud e Verlaine, che presso a poco sono della stessa generazione dei scapigliati.
Hauser dice a proposito della boheme impressionistica: "la bohème è diventata veramente un'accolta di vagabondi e di reietti, un gruppo di disperati, in rotta non solo con la borghesia, ma con tutta la civiltà europea".
Baudelaire, Rimbaud, Verlaine erano consunti dall'alcool, gli ultimi due muoiono addirittura in ospedale. Rimbaud insieme a Gauguin e Van Gogh si esiliano in tutto e per tutto dalla civiltà occidentale, si rifugiano in posti esotici, mettono alla pratica i viaggi immaginari di Baudelaire. Van Gogh conoscerà anche il manicomio. Gli habitat naturali di questi artisti sono i caffè, i varietà, i bordelli e la strada. La Scapigliatura italiana non è da meno, infatti molti esponenti morranno suicidi, altri consunti dall'alcool, e dalle loro abitudini sregolate e poco igieniche. La tristezza e la noia la convinzione che la vita non regala la felicità sono i presupposti della bohème. Dice Hauser: "La nuova bohème è oppressa dal cupo tanfo di una noia soffocante; l'arte non inebria più, stordisce soltanto".
Bellissima è la pagina che Hauser dedica alla figura di Rimbaud, che vive la sua scissione con il mondo un vero inferno
 
baudelai.jpg
 
Charles Baudelaire nacque a Parigi nel 1821. Ebbe un'infanzia difficile, segnata dalla morte del padre e dall'insofferenza per il patrigno. La vocazione poetica, che si manifestò precocemente, fu avversata dai genitori i quali, per sottrarlo alla vita disordinata che conduceva, nel 1841 lo indussero a compiere un viaggio in India, dal quale il giovane Baudelaire fece ritorno ancor prima di essere giunto a destinazione. Fu durante questo viaggio che compose una delle sue poesie più famose, L'albatros. Riprese allora la sua vita di dandy e di esteta, sperimentando i "paradisi artificiali" (questo il titolo di una sua raccolta di saggi pubblicata nel 1861) dell'hashish, dell'oppio e dell'alcol, procurandosi fama di eccentrico e immorale e dissipando ben presto il patrimonio paterno, cui aveva avuto accesso con la maggiore età. Questo periodo di libertà assoluta e di ricerca del piacere coincise con una fase creativa estremamente feconda, da cui nacquero le sue poesie più celebrate. Costretto dalle preoccupazioni finanziarie, intraprese l'attività giornalistica. Le sue prime pubblicazioni di una certa importanza furono due volumetti di critiche d'arte sui Salons (1845-46). Il riconoscimento della sua abilità di scrittore giunse nel 1848, quando furono pubblicate le traduzioni di opere di Edgar Allan Poe, scrittore con il quale Baudelaire condivideva una profonda inquietudine.Nel giugno del 1857 Baudelaire fece pubblicare dall'editore Poulet-Malassis, suo amico, la raccolta I fiori del male, che affiancava inediti a poesie già comparse in rivista. In agosto l'opera fu sequestrata e all'autore fu intentato un processo per oltraggio alla morale pubblica. Pochi mesi prima, la stessa sorte era toccata a Madame Bovary di Gustave Flaubert, ma, al contrario di quanto avvenne per il romanzo flaubertiano, lo scandalo segnò negativamente la fortuna dei Fiori del male; benché l'élite letteraria francese si fosse schierata in sua difesa, il pubblico ministero comminò a Baudelaire una pena pecuniaria e ordinò la soppressione di sei componimenti, che furono riabilitati solo nel 1949. Dopo lo scandalo, sempre per far fronte ai debiti, continuò a pubblicare sulle riviste testi critici e traduzioni di Poe, a cui presto si aggiunsero i "poemetti in prosa" che sarebbero stati raggruppati e pubblicati postumi in forma definitiva con il titolo Lo spleen di Parigi (1869) e con i quali l'autore riprendeva in una sensuale, musicale prosa poetica temi e motivi dei Fiori del male. Nella primavera del 1866, già malato, si trovava in Belgio per tenervi un ciclo di conferenze; in luglio, colpito da un attacco di paralisi e di afasia, dovette essere ricondotto a Parigi, dove morì il 31 agosto.
 
Charles Baudelaire nacque nel 1821, a Parigi, dal secondo matrimonio dell'ormai sessantaduenne Joseph-Francois, funzionario al Senato, con la ventisettenne Caroline Archimbaut-Dufays. A sei anni era già orfano di padre.

Nel 1833 entrò al Collège Royal per volontà del patrigno, il maggiore Jacques Aupick. Ma poi la vita sregolata e gli ambienti frequentati convinsero il patrigno a farlo imbarcare sul Paquebot des Mers du Sud, diretto in India. Da questo viaggio sorse il suo amore per l'esotismo, che riapparirà quindici anni dopo nell'opera Fleurs du mal.

Nel 1842 ritornò a Parigi, dove aveva conosciuto Gerard de Nervale e si avvicinò soprattutto a Gautier, che amò come un discepolo. Cominciò poi un lungo e appassionato amore con la mulatta Jeanne Duval, ispiratrice di erotici sentimenti, ma anche di purificato senso di pietà nei momenti tormentosi della paralisi.

I debiti, da cui Baudelaire fu afflitto per tutta la vita, indussero il patrigno a riunire nel 1844 un consiglio di famiglia per interdire il giovane e affidare il suo patrimonio all'amministrazione di Ancelle, notaio a Neuille. L'anno dopo Baudelaire tentò il suicidio, poi uscirono le sue prime critiche d'arte e le sue prime poesie.

Nel 1848 partecipò ai moti rivoluzionari di Parigi. Nel 1857 pubblicò presso l'editore Poulet-Malassis, I fiori del male, raccolta che comprendeva cento poesie. Dopo qualche mese l'opera fu sequestrata e l'editore e l'autore accusati di pubblicazione oscena. Il processo si concluse con pene pecuniarie e con la censura di sei poesie.

Tentò nuovamente il suicidio nel 1861. Nel 1864, dopo un fallito tentativo di farsi ammettere all'Acadèmie francaise, lasciò Parigi e si recò a Bruxelles, ma il soggiorno nella città belga non modificò la sua difficoltà di rapporti con la società borghese.

Malato, egli cercò nell'hashish, nell'oppio, nell'alcol, nell'etere il sollievo alla malattia che nel 1867, dopo la lunga agonia della paralisi, lo uccise. A quelle esperienze, e alla volontà di sfuggire alla realtà sono ispirati i Paradis artificiels del 1861.
 
2.jpg



Le Fluers du Mal

Nel luglio del 1857 uscì il libro che riassume quasi tutta l’opera poetica di Baudelaire, Les fleurs du mal, condannato per oscenità e ridotto di sei liriche. La seconda edizione (1861), arricchita di nuovi testi, è divisa in sei sezioni; la terza e ultima edizione fu pubblicata postuma, nel 1868, a cura degli amici del poeta, con ulteriori aggiunte e con modifiche arbitrarie dell’ordinamento del volume.
Il titolo, un ossimoro abbastanza sibillino, allude alla bellezza che nasce dal male (la natura e la storia); o forse, come pensa G. Macchia, allude al dolore che si risolve nella serenità estetica. Il libro ha certamente un ordine interno, “un’architettura segreta, un piano calcolato dal poeta volontariamente e con cura”, come notò al suo apparire Barbey d’Aurevilly; risulta difficile, tuttavia, dare una spiegazione univoca di tale architettura.
L’introduzione Al lettore presenta l’uomo sprofondato nel peccato e il trionfo di Satana nel mondo. Nella prima sezione, Spleen e Ideale, l’autore pensa che si possa sfuggire al male attraverso l’arte e l’amore; ma, fallito l’ideale, egli scopre lo spleen (il tedio, la noia) dilagante. Angelo caduto, il poeta si sente attratto verso l’alto e verso il basso. Infine soccombe al male della noia, sognando un’evasione, esotica e romantica, in Oriente, terra della felicità incontaminata.
La seconda sezione, Quadri di Parigi, mostra la solitudine dell’artista nella grande città. L’io tenta di liberarsi dalla chiusura opprimente della soggettività per partecipare alla comunione umana, ma fallisce perché l’universo della metropoli è alienato e degradato. Seguono altri tentativi di fuga dal male del mondo.
Nella terza sezione, Il vino, l’evasione è nei “paradisi artificiali” dell’alcol e della droga; nella quarta, I fiori del male, la voluttà autodistruttiva si esprime nell’erotismo aberrante, angosciato dai rimorsi; nella quinta, La rivolta, il poeta dall’abisso della degradazione si rivolge a Dio attraverso l’antifrasi della bestemmia e della preghiera a Satana; infine, nella sezione conclusiva, La morte, l’ultima e disperata evasione è la morte, in cui il poeta spera di trovare il “nuovo”.
 
L'opera di Baudelaire, che avvertì la crisi irreversibile della società del suo tempo, è varia e complessa. La sua poesia, incentrata sulla perfezione musicale dello stile (egli stesso lo definì "matematico"), aprì la strada al simbolismo e allo sperimentalismo, che avranno forti ripercussioni nella poesia del Novecento. Particolare importanza ebbero anche i suoi lavori di critico e di studioso di problemi estetici; i suoi scritti furono raccolti e pubblicati postumi col titolo Curiosità estetiche e Diari intimi nel 1909.

Baudelaire non appartenne a nessuna scuola, fu indipendente, nonostante la sua poesia derivi direttamente dal romanticismo. Sebbene i sentimenti che lo ispirarono fossero puramente romantici, seppe esprimerli in una forma nuova, attraverso dei simboli che riflettevano le sensazioni del mondo inconscio.

Fu il poeta della città "febbrile", pervertita, dei vizi e delle miserie degli uomini, ma anche la ricerca ansiosa dell’ideale, il desiderio e la paura della morte, la fuga dalla vita monotona e normale, la complessità e le contraddizioni dell’uomo, furono temi ricorrenti della sua poesia. Nella poesia L’homme et la mer, tratta da Les Fleurs du mal, Baudelaire compara il mare all’animo umano. L’immensità della distesa marina, la mutevolezza delle sue onde, diventano immagini simboliche che corrispondono ai diversi aspetti e al mistero dell’animo umano.
 
Sempre il mare, uomo libero, amerai!
perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell'infinito svolgersi dell'onda
l'anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l'abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal tuo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento.
Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d'ogni vostro
segreto. Ma da secoli infiniti
senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte, o lottatori
eterni, o implacabili fratelli!
 
L'esasperazione della ricerca romantica si razionalizza nella coscienza dell'avvenuta frattura storica tra l'immagine dell'arte e la sostanza della vita, tra idéal e spleen. La negazione della morale collettiva e la rappresentazione del male, del demoniaco, del grottesco vengono ideologicamente poste a fondamento della vita così come della poesia.

Il poeta, scrive Baudelaire, è come l'albatro. L'albatro domina col suo volo gli spazi ampi: le sue grandi ali lo rendono regale nel cielo ma se gli capita di essere catturato dai marinai si muove goffo e impacciato sul ponte della nave e diventa oggetto di scherzi e di disprezzo; e sono proprio le grandi ali che lo impacciano nel muoversi a terra.

Anche il poeta è abituato alle grandi solitudini e alle grandi profondità delle tempeste interiori e in queste dimensioni domina sovrano; anche lui come l'albatro può sembrare goffo e impacciato nella realtà quotidiana, nella quale non si muove a suo agio. Il poeta insomma ha il dominio della realtà fantastica, ma nella realtà quotidiana è un incapace e riceve l'incomprensione e il disprezzo degli uomini, esattamente come accade all'albatro.
 
Per dilettarsi, sovente, le ciurme
catturano degli àlbatri, marini
grandi uccelli, che seguono, indolenti
compagni di viaggio, il bastimento
che scivolando va su amari abissi.
E li hanno appena sulla tolda posti
che questi re dell'azzurro abbandonano,
inetti e vergognosi, ai loro fianchi
miseramente, come remi, inerti
le candide e grandi ali. Com'è goffo
e imbelle questo alato viaggiatore!
Lui, poco fa sì bello, com'è brutto
e comico! Qualcuno con la pipa
il becco qui gli stuzzica; là un altro
l'infermo che volava, zoppicando
scimmieggia.
Come il principe dei nembi
è il Poeta che, avvezzo alla tempesta,
si ride dell'arciere: ma esiliato
sulla terra, fra scherni, camminare
non può per le sue ali di gigante.
 
Charles Baudelaire nacque a Parigi nel 1821 da un'agiata famiglia borghese e rimase presto orfano di padre L'amatissima madre si risposò poco dopo con un ufficiale che non riuscì mai a stabilire un rapporto soddisfacente col figliastro Il doppio trauma incise profondamente nella formazione del ragazzo che ne portò le conseguenze per sempre Per il suo carattere difficile fu messo in collegio a Lione, poi rientrò a Parigi e, smessi gli studi universitari. Cominciò un'esistenza sregolata, ostentando atteggiamenti anticonformisti da dandy e frequentazioni poco raccomandabili. Convinto dai familiari a fare un viaggio in India, si fece sbarcare nelle isola Mauritius e poi nell'isola di Bourbon, restando pochi mesi lontano da Parigi, ma traendone un gusto spiccato per l'esotico e l'interesse e l'uso di droghe e alcol. Entrato in possesso dell'eredità paterna, continuò a frequentare club di fumatori di hascisc e oppio, si innamorò di un'attrice mulatta, Jeanne Duval, sperperò quattrini e diventò presto amico degli intellettuali più in vista, come gli scrittori Hugo, Balzac, Gauthier, e i pittori Courbet e Delacroix Cominciò a scrivere come critico d'arte, di cui fu sempre appassionato. Nel 1847 pubblicò, col nome della madre, uno scritto autobiografico, La Fanfarlo, che traccia il ritratto di un dandy maledetto. Nello stesso anno scopre la personalità e l'opera di Edgard Allan Poe e con fervido entusiasmo si mise a tradurne in francese i Racconti straordinari riconoscendo nell'autore americano un maestro perché molto vicino a lui per stile e idee Cominciarono a stringerlo i problemi economici che non lo lasceranno più. In questi anni si legò a un'attrice, Marie Daubrun, quindi a un'affascinante personaggio, Madame Sabatier, verso la quale ebbe un sentimento ideale, una sincera, altissima devozione anche dopo che la relazione amorosa cessò: le fu amico per tutta la vita e a lei dedicò alcune fra le poesie più belle, come "La fiaccola viva". Nel 1848, quando scoppiarono i moti rivoluzionari, Charles e sulle barricate, ma la breve stagione dell'impegno non interruppe la sua attività letteraria: del resto, egli si sentiva lontano dalla politica, perché la poesia lo collocava in una dimensione a parte, diversa da quella della gente comune. Ormai la poesia era diventata una realtà Nel giugno 1857 esce la prima edizione de "Les Fleurs du Mal", ma dopo pochi giorni viene sequestrato per oscenità. Si fa subito il processo e Baudelaire viene condannato a pagare una somma in denaro e a sopprimere sei poesie giudicate troppo scandalose dalla sua raccolta il che avviene nella seguente edizione, salutata dalla critica in modo contrapposto i detrattori sono dei moralisti che non perdonano l'irregolare e non riescono a cogliere la novità e l'intensità della sua lirica. Prostrato dai problemi e coinvolto nel fallimento del suo editore. Baudelaire lascia Parigi per Bruxelles ma ne resta deluso, la salute peggiora e, dopo un attacco di paralisi, viene fatto rientrare a Parigi dalla madre. Che lo assiste nella lunga agonia. Muore nel 1867, a soli 46 anni. Il 1845 e l'anno in cui Baudelaire iniziò a pubblicare: usci la sua prima poesia firmata e un articolo sulla pittura del Salon che è il suo primo saggio di critica estetica. In effetti egli fu un grandissimo poeta, ma anche un grande critico e studiosi di problemi estetici. Da allora, come già detto, scrisse saggi, articoli, interventi vari fra i quali il saggio Sul vino e sull'hascich che andrà a far parte de I paradisi artificiali (1861). Del 1852 è uno studio su Poe e del l856 la traduzione dei Racconti straordinari. Nell'ultima parte della sua vita, dopo la seconda edizione dei Fleurs, pubblicò il poema in prosa Lo spleen di Parigi e, apparsi in Belgio, I relitti. La prima edizione complessiva, anche se non completa delle sue opere fu pubblicata dopo la morte nel 1868-69. Ma nessuno scritto può neppure lontanamente uguagliare il valore, la bellezza folgorante del capolavoro: la tristezza, il dolore, il sogno, l'amore, la disillusione, la vita con il suo male, il peccato e il rimorso, la redenzione, si schiudono in queste poesie con un profumo inebriante, che spaventa ed esalta nello stesso tempo. Nessun altro ha saputo guardare al mistero della vita con tanta profondità e con tanta perfezione formale, con tanta suggestione. Nella Francia della seconda metà del secolo scorso, ricca di movimenti artistici e letterari, oltre che di personalità di grande rilievo, nasce una corrente, ad opera di un gruppo di poeti - che furono poi detti "Parnassiani", che afferma il valore della razionalità e dell'oggettività. Contrapponendosi al romanticismo più lacrimoso e compiaciuto I Parnassiani si richiamano ai classici e vogliono rappresentare la realtà con versi il più possibile perfetti dal punto di vista formale, cioè nitidi e chiari, con un linguaggio preciso che dia all'immagine, come è, "il risalto del bassorilievo". Nel 1866, un anno prima della sua morte, uscì una raccolta de Il Parnaso contemporaneo. che presentava componimenti già noti di vari poeti del gruppo fra i quali Charles Baudelaire Eppure egli era molto lontano dall'ideale dei parnassiani L'unico punto in comune era il bisogno di perfezione formale di purezza stilistica. Baudelaire rifiutò l'oggettivismo, al contrario é attratto da tutto quanto nell'uomo è mistero, contraddizione ideali e caduta, peccato e redenzione, disgusto di se e aspirazioni elevate, desiderio di innalzarsi spiritualmente e bisogno di assaporare fino in fondo il peccato e la bassezza Attratto e respinto da amore e odio, era in perenne conflitto e in una perenne ambivalenza emotiva sta proprio qui la sua massima originalità. Egli volle conoscere la vita in tutte le sue forme, dalla più pura alla più perversa; angoscia e voluttà sono due aspetti di una stessa verità, la noia - il famoso spleen - la condizione di un uomo solo, insoddisfatto, estremamente bisognoso d'amore. ed estremamente lucido e sincero sulla sua disperata condizione esistenziale. Non erano per lui i sentimenti più comuni e positivi, come la fede religiosa e la famiglia. La dolcezza dell'infanzia, il sogno di una vita integra e sana. Queste cose da una parte lo attrassero, ma dall'altra sentiva che non se ne sarebbe mai potuto accontentare, perché era attirato inesorabilmente dall'opposto. Ecco l'aspirazione alla bellezza, ai paradisi artificiali, alla vita dissipata, ai viaggi esotici. Al "diverso" in genere un mondo complesso e sfuggente fatto di richiami, di echi e di sfumature, ai quali magnificamente si accorda il verso, il linguaggio Parole musicali, preziose, sensazioni, accordi, 'corrispondenze' Questo é il titolo di uno dei sonetti più celebri di Baudelaire. Quello che si può prendere come "manifesto" della sua poesia e della nuova sensibilità della poesia moderna tutto l'universo visibile, per Baudelaire, era solo un magazzino di immagini e di segni, cui l'immaginazione darà un posto e un valore relativi Ruolo del Poeta é scoprire il significato profondo di questi simboli, e rivelarlo agli uomini comuni. Ma se da un lato la poesia é mistero, indefinitezza, dall'altra é una costruzione vivida e lucida, ferrea nella ricerca della perfezione stilistica e formale, dominio saldo e sicuro sull'indistinto e l'informe Mentre é iniziatore di una nuova sensibilità lirica che esalta i sensi e l'indistinto. Baudelaire teorizza e crea una poesia pura che non concede nulla all'arbitrio. Rigorosa come poche altre, e lucidamente consapevole di sé.
 
Arthur Rimbaud, considerato l'incarnazione del poeta maledetto, nacque a Charleville nel 1854 in una tipica famiglia borghese (dove non ebbe né l'affetto del padre, che assai presto lasciò la famiglia, né quello della madre, inflessibile e tiranna). Educato in famiglia ed a scuola secondo gli schemi più tradizionali, si segnalò per la straordinaria precocità intellettuale componendo versi sin dall'età di dieci anni; a 16 anni rifiutò di colpo tutti gli schemi secondo cui era stato educato, fuggì ripetutamente di casa, cominciò il suo vagabondaggio: visse tra esperienze di ogni genere, senza escludere alcol, droga e carcere.

Si rifiutò di tornare a scuola e, nel corso di una nuova fuga, incontrò Paul Verlaine, amicizia che fu decisiva nello stimolare la straordinaria e precocissima vena creativa del poeta adolescente. Tentò di raggiungere Parigi dove, alla caduta dell'Impero di Napoleone III, era sorta la Comune. Proprio nel '70 ebbe inizio l'avventura letteraria di questo "enfant prodige" (che cominciò a comporre imitando Hugo e i parnassiani), un'avventura che durò cinque anni, durante i quali scrisse tutte le sue opere più importanti. Riscosse grande successo tra i poeti simbolisti e nell'ambiente intellettuale parigino, ma questo successo fu effimero, e ben presto Rimbaud si ritrovò a essere ignorato e dileggiato.

Nel 1872 mise fine al suo movimentato soggiorno parigino e ritornò a Charleville, dove però non ottenne stima né comprensione. Continuò tuttavia a frequentare Verlaine, che l'accompagnò a Londra, poi a Bruxelles, dove scrisse una parte delle Illuminazioni e Una stagione all'inferno (1873). Verlaine pose fine al loro legame burrascoso nel 1873, ferendolo con un colpo di pistola.

Rimbaud abbandonò la poesia (dopo aver distrutto quanto poteva dei suoi scritti) e si lanciò in una vita d'avventure, che lo vide insegnante a Londra nel 1874, scaricatore di porto a Marsiglia nel 1875, mercenario nelle Indie olandesi e disertore a Giava nel 1876, al seguito di un circo nel 1877, capomastro a Cipro nel 1878. Infine, nel 1880 si stabilì come commerciante in Abissinia. Verlaine, pensando che Rimbaud fosse morto, ne pubblicò le Illuminazioni nel 1886. Nel 1891, Rimbaud ritornò in Francia per sottoporsi a cure mediche per un tumore a un ginocchio, a causa del quale morì in quello stesso anno.

La prima adolescenza si potrebbe riassumere raccontando le fughe da Charleville, le ribellioni, le lunghe ed esaltanti camminate nella campagna, le letture più disparate: dai libri di scuola a quelli di viaggio fino ai libri di alchimia e della cabala. Le poesie scritte in questo periodo attestano la ricerca di una forma poetica; oscilla tra l’imitazione dei parnassiani e quella di Victor Hugo. I suoi versi esprimono la gioia e l’esaltazione delle solitarie passeggiate, le prime emozioni sentimentali, la propria potenza immaginativa, l’ironia crudele per la vita meschina della borghesia di Charleville.

Rimbaud, il poeta "visionario", volle rinnovare la poesia e, con l’audacia dei giovani, fece tabula rasa di tutta la retorica precedente, rinnegando persino Baudelaire – giudicato a suo avviso trop artist, e poiché non gli restava alcun mezzo che non fosse falsato, non si fidò che della sua sensazione pura. Inventò quindi la poesia della sensazione, traducendo in poesia quello che si potrebbe chiamare lo stato psicologico da cui nascono, senza alcuna interferenza, i nostri atti. Al pensiero puro corrispose un ugual linguaggio ed un ugual ritmo che riassume tutto: profumi, suoni e colori. Rimbaud si trovò così alla punta estrema di ogni audacia letteraria e poetica, dove né i simbolisti né i surrealisti riuscirono a seguirlo. Rimbaud non ebbe discepoli e neppure imitatori, nondimeno fu allora come oggi il punto di partenza di ogni audacia poetica.
 
SENSAZIONE
Nelle azzurre sere d’estate, me n’andrò per i sentieri,
punto dalle spighe, calpestando l’erba tenera:
sognando, ne sentirò ai miei piedi la freschezza.
Lascerò che il vento bagni la mia testa nuda.

Non parlerò, non penserò a nulla:
ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,
e andrò lontano, come un vagabondo,
attraverso la Natura, - felice come con una donna.


(Arthur Rimbaud, marzo 1870- trad. Dario Bellezza)
 
La poesia di Rimbaud cancella i tradizionali legami logici, le categorie (di tempo e spazio, di causa ed effetto) che per secoli avevano regolato la poesia. La parola non è più solamente un mezzo di comunicazione ma ha il compito di evocare un mondo tutto fantastico.



Una stagione in inferno (1873) è una specie di diario autobiografico immerso in un'atmosfera demoniaca nella quale i momenti fondamentali della vita: l'infanzia, l'odio-amore per la madre, la solitudine, il degrado sociale, si trasfigurano nei simbolismi della magia, dell'odio, della veggenza.

Nelle Illuminazioni, scritte nel 1874 e successivamente pubblicate da Verlaine, il poeta tentò di realizzare il "deragliamento dei sensi" mediante brevi componimenti poetici in cui si evidenziano allucinazioni, impressioni fugaci, tentativi di espressione nuova. Ne emerge un nuovo modello di poeta, il poeta-veggente che si oppone al modello di poeta civile, di poeta-vate; il poeta-veggente calpesta le istituzioni, i valori e la morale borghese, si abbandona alla più folle sregolatezza dei sensi.
 
La parabola di Rimbaud inizia nel 1870 con la raccolta Prime poesie, ma già l'anno seguente egli rinnega questi versi e raccomanda all'amico Paul Demeny di bruciarli. Allo stesso Demeny invia nel '71 una lettera in cui espone la nuova estetica del "poeta veggente": "Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa, ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; cerca se stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni per serbarne la quintessenza. ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la sovrumana forza, e dove diventa il gran malato, fra tutti, il gran criminale, il gran maledetto, e il supremo Sapiente! Infatti giunge all'Ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Giunge all'Ignoto. Egli ha un incarico dall'Umanità, dagli animali anche: dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue scoperte. Se quel che riporta di laggiù ha una forma, dà una forma: se è informe dà l'informe..."

In questa lettera Rimbaud apre delle nuove prospettive poetiche, in direzione simbolistica e surrealistica: la poesia deve svilupparsi attraverso immagini che non vogliono esprimere concetti, ma sono esse stesse dei concetti, idee queste che aveva già concretizzato nel poemetto Battello ebbro e nel sonetto Vocali, scritti agli inizi del '71. Nel poemetto, attraverso il simbolico viaggio di un battello fantasma, egli rappresenta la sua stessa vita, il suo bisogno di andare alla ricerca dell'ignoto, il bisogno di immergersi nel mistero universale; nel sonetto instaura una fittissima rete di corrispondenze fra i suoni e i colori, giungendo a intuizioni arditissime, che si snodano attraverso un serrato procedimento sinestetico.

Le vertigini del veggente, espresse con immagini allucinate, in una prosa libera da ogni logica e controllo razionale, sono raccolte nelle Illuminazioni che rappresentano l'ultima tappa poetica di Rimbaud; un'opera questa che vide la luce nel 1886, grazie a Verlaine, e a lungo erroneamente ritenuta anteriore a Una stagione all'Inferno. Qui Rimbaud porta alle estreme conseguenze le corrispondenze baudelairiane, in un linguaggio talmente nuovo, magicamente musicale, che riassume e fonde colori, suoni e profumi con suggestive allucinazioni e audaci metafore.
 
Sono un inventore ben più meritevole di tutti quelli che mi hanno preceduto; anzi un musicista, che ha trovato qualcosa come la chiave dell'amore. Adesso, gentiluomo di un'aspra campagna dal cielo sobrio, tento di commuovermi al ricordo dell'infanzia mendica, dell'apprendistato o dell'arrivo in zoccoli, delle polemiche, delle cinque o sei vedovanze, e di qualche bisboccia in cui il mio forte cervello mi impedì di salire al diapason dei colleghi. Non rimpiango la mia vecchia parte di letizia divina: l'aria sobria di questa aspra campagna alimenta molto attivamente il mio atroce scetticismo. Ma poiché ormai questo scetticismo non può ormai essere adoperato, e siccome, d'altra parte, sono dedito ad un nuovo turbamento, - aspetto di diventare un pazzo molto cattivo.
 
Indietro