L'artista non si sente più centrale nella società ma marginale, si ribellando alla società portatrice di "sani valori morali", assumendo quindi l'appellativo di "maledetto" e di "diverso" (es. il fatto di identificarsi con la prostituta). Si sviluppa in questo clima il fenomeno della "Bohème" (quella italiana prenderà il nome di Scapigliatura).
Il vero artista bohémien è asociale, vive nella precarietà, è consunto dall'alcool e fa frequente ricorso all'uso di droghe. Si sente vicino alle masse proletarie, ma queste, ahimè per ignoranza, non sono in grado di capire il significato della sua arte. Quale vie si aprono allora all' "artista ribelle", che "ammalato d'ideale" rifiuta l'amara realtà della sua condizione?
Il suicidio, vivere la propria vita di disadattato fino alla consunzione fisica, il tentativo velleitario di farsi portatore della situazione delle masse popolari e operaie, il ritorno alla civiltà dei "padri facoltosi", come tutto fosse stato una "ragazzata".
Il suicidio, sebbene il tema della morte è avvertito da tutti i poeti di questa generazione, fu la scelta di una minoranza (non proprio esigua); molti morirono in uno stato disastroso, dopo aver peregrinato per l'Europa (alcuni per il mondo!) e consunti dall'alcool e dalla droga quali Rimbaud, Verlaine e Emilio Praga tra gli scapigliati italiani; il "ritorno" nella vita della "società bene" alto-borghese e benestante, fu questa la strada che percorreranno molti artisti di fine secolo, rispetto all'esigua minoranza che con atteggiamenti piuttosto velleitari si farà portatrice di valori socialisti e democratici. Tuttavia rimane un ritorno formale: non viene meno il senso d'indignazione e di repulsione nei confronti della realtà borghese e filistea. E in questo completo isolamento, che l'artista ripiega sulla propria individualità, scegliendo come sbocco a quest'alienazione dal mondo una via "estetica". L'unica scappatoia alla bruttezza del reale è vivere per la sola arte. Fare sfoggio della propria vita e fare di essa stessa un'opera d'arte appare l'unico rimedio all'incapacità di superare la crisi dell'arte nell'era dell'industrializzazione. Da qui la figura del "dandy", l'eccentrico artista borghese che con mire altezzose cerca di isolarsi al di sopra delle masse facendosi scudo delle protezioni della buona società. Ma non tutti i dandies comunque riescono a salvarsi dalle critiche e dall'ingiurie dell'opinione pubblica benpensante: Oscar Wilde, esempio emblematico, fu costretto al carcere poiché accusato di omosessualità.
Il vero artista bohémien è asociale, vive nella precarietà, è consunto dall'alcool e fa frequente ricorso all'uso di droghe. Si sente vicino alle masse proletarie, ma queste, ahimè per ignoranza, non sono in grado di capire il significato della sua arte. Quale vie si aprono allora all' "artista ribelle", che "ammalato d'ideale" rifiuta l'amara realtà della sua condizione?
Il suicidio, vivere la propria vita di disadattato fino alla consunzione fisica, il tentativo velleitario di farsi portatore della situazione delle masse popolari e operaie, il ritorno alla civiltà dei "padri facoltosi", come tutto fosse stato una "ragazzata".
Il suicidio, sebbene il tema della morte è avvertito da tutti i poeti di questa generazione, fu la scelta di una minoranza (non proprio esigua); molti morirono in uno stato disastroso, dopo aver peregrinato per l'Europa (alcuni per il mondo!) e consunti dall'alcool e dalla droga quali Rimbaud, Verlaine e Emilio Praga tra gli scapigliati italiani; il "ritorno" nella vita della "società bene" alto-borghese e benestante, fu questa la strada che percorreranno molti artisti di fine secolo, rispetto all'esigua minoranza che con atteggiamenti piuttosto velleitari si farà portatrice di valori socialisti e democratici. Tuttavia rimane un ritorno formale: non viene meno il senso d'indignazione e di repulsione nei confronti della realtà borghese e filistea. E in questo completo isolamento, che l'artista ripiega sulla propria individualità, scegliendo come sbocco a quest'alienazione dal mondo una via "estetica". L'unica scappatoia alla bruttezza del reale è vivere per la sola arte. Fare sfoggio della propria vita e fare di essa stessa un'opera d'arte appare l'unico rimedio all'incapacità di superare la crisi dell'arte nell'era dell'industrializzazione. Da qui la figura del "dandy", l'eccentrico artista borghese che con mire altezzose cerca di isolarsi al di sopra delle masse facendosi scudo delle protezioni della buona società. Ma non tutti i dandies comunque riescono a salvarsi dalle critiche e dall'ingiurie dell'opinione pubblica benpensante: Oscar Wilde, esempio emblematico, fu costretto al carcere poiché accusato di omosessualità.