Milano (città) - Osservatorio mercato immobiliare - Parte XI

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Ripeto, dipende dai ruoli e dal settore.
A Mumbai e a Sofia spostano le posizioni non core, gli indiani più preparati che ho visto sono a Londra, non a Mumbai, in quest'ultima ci trovi la manovalanza.

La competizione non arriverebbe solo in Italia, ma anche altrove.
Perché pagare il tipo in America 120k quando posso prendere uno ugualmente bravo dall'Italia a 60k ?

Questa cosa dello spostare già c'era prima dello smart, chi vuole delocalizzare lo fa indipendentemente dallo smart o meno.
Anzi con lo smart hai un notevole risparmio tra costi energetici e ticket restaurant.

Secondo me sullo SW si continua a equivocare tra quello che è possibile e quello che succede in maniera significativa.
Non ho dubbi che aumenteranno i lavoratori da remoto, non ho dubbi che dagli USA (e in generale nazioni più ricche) si presentino opportunità anche per gli italiani.

Ho invece molti dubbi su due cose:
- l'inerzia del sistema: una nazione con pochi lavoratori skillati, pochi laureati e una valanga di PMI, oltre che una tradizione industriale marcatissima e una vocazione turistica pronunciata, ho seri dubbi veda chissà quali impennate di adozione del lavoro da remoto;
- la magnitudo: considerato quanto sopra, e considerato che una quota importante (e non certo in decremento) dell'immigrazione interna è meridionale, fatico a vedere corposi mutamenti nelle scelte abitative.

Per quanto riguarda invece le delocalizzazioni, è bene discriminare.
Io sono estremamente scettico sul cd. South Working, ossia persone che vivono stabilmente a Sud lavorando stabilmente a Milano. Possibile? Certo che sì, conosco personalmente diverse persone che lo fanno. Ma dubito che possa mai raggiungere numeri significativi.
Qui entra in gioco il discorso di Fabio, su cui concordo. Finché si parla di flessibilizzare il lavoro, le aziende hanno il massimo interesse (meno costi per energia, manutenzione, spazi e dotazioni).
Quando però devono passare da 1-2 gg di presenza settimanale al full remote, il loro vantaggio marginale è limitato. Nel momento in cui sei strutturato per avere dei lavoratori stabilmente a 1000km è probabile che la tentazione sia quella di cercare a 2000km gente con salario dimezzato.
Non è paragonabile alle delocalizzazioni classiche. Ieri per molti era impensabile avere gente in full remote, oggi si sono organizzati (o si stanno) e l'attività è interiorizzata nei processi.
 
A Milano se sei mediamente bravo con laurea tecnica sei a 45k dopo 4-5 anni di lavoro e 60k dopo 10...
Se non hai una laurea in ingegneria o finanza e lavori full time sei comunque a 35k dopo 5 anni e 42k dopo 10
Per quanto siano stipendi raggiungibili, sono ben sopra la media di categoria.
 
Io penso che ormai sia chiaro per un giovane ingegnere o laureato in economia finanza che se non cambi lavoro ogni 2-4 anni(che poi impari molto di più) sei professionalmente morto. Tanto vale allora il pubblico.
Discorso diverso la consulenza dove se sei bravo ti premiano in automatico. Ma se stai anche in una grande azienda e rimani li a meno di sostituzioni di altri dipendenti rischi di rimanere arenato si retribuzioni medio basse.
Ormai tutti nei primi 15 anni di carriera cambiano da un minimo di 2 a un massimo di 5-6 aziende.

Per quanto siano principi validi per il singolo, non sono sistemici.
Nel senso, non è che cambiando i posti di lavoro si aumentano le posizioni lavorative a buono stipendio a disposizione dei lavoratori nel loro insieme, semplicemente se le scambiano.
 
Io penso che ormai sia chiaro per un giovane ingegnere o laureato in economia finanza che se non cambi lavoro ogni 2-4 anni(che poi impari molto di più) sei professionalmente morto. Tanto vale allora il pubblico.
Discorso diverso la consulenza dove se sei bravo ti premiano in automatico. Ma se stai anche in una grande azienda e rimani li a meno di sostituzioni di altri dipendenti rischi di rimanere arenato si retribuzioni medio basse.
Ormai tutti nei primi 15 anni di carriera cambiano da un minimo di 2 a un massimo di 5-6 aziende.
non è sempre così...ma concordo che sia assolutamente necessario farsi almeno 2-3 cambi "veri", intendo licenziamenti volontari da un tempo indeterminato, per alzare l'asticella RAL ad un minimo decente
Purtroppo i primi cambi per necessità/fuggire da sfruttamento/contratti ridicoli non valgono niente, non hai potere contrattuale, e dopo i 35 subentrano altri vincoli.
 
Seguendo questa logica dovremmo anche non farci pagare gli straordinari, perché sia mai che le aziende capiscano che in Italia esiste qualcuno che non se li fa pagare ed in grado di fare il medesimo lavoro.

Idem per le richieste di aumento.
La tua visione del lavoratore mi pare molto molto disequilibrata verso l'azienda. Praticamente il lavoratore deve sottostare a qualunque cosa e rinunciare a qualsivoglia diritto possa essere un costo per l'azienda.
Mi pare di capire da una tua frase precedente che sei dell'HR, corretto ?
No, dio me ne scampi, HR proprio no. Per me gli HR si dovrebbero limitare a fare le buste paga.

Non sto dicendo che il lavoratore deve mettersi a tappetino, sto dicendo che non è proprio furbo mettere in testa all'HR delle idee per ridurre i costi del personale.
Questi sono degli squali e non appena capiscono che si può ottenere il medesimo risultato con il 20/30% in meno ci mettono un nanosecondo a metterlo sulla scrivania del CFO che vorrà appuntarsi sul petto questa medaglia.

Poi sono d'accordo con altri utenti che questa competizione prima o poi arriva ma secondo me è interesse dei lavoratori, soprattutto quelli con meno skills, ritardare questo momento il più possibile. Anche a costo di rinunciare a lavorare da remoto per la maggior parte del tempo.
 
Una delle motivazioni che potrebbe portare le aziende a respingere lo smart-working è anche il fatto che riduce il contatto tra i colleghi e, solitamente, un buon ambiente di lavoro rende più difficili le dimissioni.

Farei però attenzione all'associazione smart-working = no trasferte. Anzi, se sei sempre in giro a cosa ti serve vivere vicino all'ufficio?
Inoltre, le trasferte qualcuno le paga... in fondo perché non risolvere tutto con una videochiamata?
Chiariamo.
Smart working: lavorare dal posto in cui è più efficace farlo.
Che è totalmente opposto dal "andiamo in ufficio e beviamoci un caffè tutti insieme e poi parliamo via teams con i colleghi di città X (perché ok il contatto umano, ma niente trasferte pagate)" ed è opposto rispetto a "sto a casa in pigiama a fare back office".

La riunione posso farla da casa.
Il progetto dettagliato con documentazione annessa, posso farla da casa.
Se sto in casa al mare, posso lavorare di giorno e poi alle 18 andare in spiaggia.
Se devo incontrare cliente X, vado nella sua sede (che sia a Bologna, Torino, Campobasso, etc).
Se deve fare riunione "delicata" vado in ufficio.
Ma andare tutti i santi giorni in ufficio e rimanere 8h davanti al PC è per aziende che si avviano al fallimento.

@Fabio67: sarà come dici tu, ma prendiamo esempio il Giambellino e troviamo in poche centinaia di metri gli HQ italiani di Nestle, Loreal, Vodafone, Huawei. Ti renderai facilmente conto che nessuno di quelli che lavorano lì confeziona cioccolata, imbottiglia shampi, è operatore di call center o costruisce router. Il grosso delle persone che gravitano/si trasferiscono a Milano, alimentano economia dei servizi, in ruoli non replicabili all'estero, ma nemmeno di produzione fisica.

Questo non sposterà le persone da Milano a Reggio Calabria (perché come detto il total remote è altra cosa). Al massimo permetterà di ridisegnare la città rivedendo la distribuzione dei servizi.
Ma è un fenomeno inevitabile per tanti motivi, dal benessere individuale alla capacità delle imprese di attrarre talenti, dal contenimento delle malattie all'impatto ambientale (che sarà l'argomento del secolo). Negarlo è da boomer (e più l'azienda per cui si lavora prosegue sulla strada della negazione, più si avvia essa stessa al fallimento).
 
La delocalizzazione massiccia c'è già stata negli ultimi 30 anni e più o meno tutti i governi hanno capito che è stato un disastro per i colletti blu occidentali.

Pensate che permetteranno che accada anche per i colletti bianchi? Solo per permettere agli imprenditori di arricchirsi ancora? Perché lo dice "il mercato"?

Esploderebbero le disuguaglianze, sarebbe il collasso sociale, non vorrei essere nei panni di direttori HR di grandi aziende italiane
 
La delocalizzazione massiccia c'è già stata negli ultimi 30 anni e più o meno tutti i governi hanno capito che è stato un disastro per i colletti blu occidentali.

Pensate che permetteranno che accada anche per i colletti bianchi? Solo per permettere agli imprenditori di arricchirsi ancora? Perché lo dice "il mercato"?

Esploderebbero le disuguaglianze, sarebbe il collasso sociale, non vorrei essere nei panni di direttori HR di grandi aziende italiane
Io non sarei così ottimista.
 
La delocalizzazione massiccia c'è già stata negli ultimi 30 anni e più o meno tutti i governi hanno capito che è stato un disastro per i colletti blu occidentali.

Pensate che permetteranno che accada anche per i colletti bianchi? Solo per permettere agli imprenditori di arricchirsi ancora? Perché lo dice "il mercato"?

Esploderebbero le disuguaglianze, sarebbe il collasso sociale, non vorrei essere nei panni di direttori HR di grandi aziende italiane

Secondo me si sopravvalutano le possibilità della politica.
Si tratta di fenomeni globali (come le migrazioni) impossibili da governare, al massimo si può discutere del come gestirli e soprattutto di come mitigarne le esternalità negative.
Nel senso, se esiste una parte di mondo che può produrre a prezzi mostruosamente bassi e con discreta efficienza è solo questione di tempo che la produzione vada a spostarsi là.
Per non accadere ci sarebbe voluta una sorta di coesione di tutto il mondo sviluppato per "dosare" le delocalizzazioni. Coesione peraltro che avrebbe avuto di base già enormi limiti perché quale sia l'insieme definibile "sviluppato" avrebbe probabilmente evidenziato delle problematiche di concorrenza analoghe.

L'unica possibilità, quando esiste, è la costante innovazione, tale da trasformare i lavoratori e le loro mansioni con un crescente supporto tecnologico. Pensare di mantenere per "legge" dei posti di lavoro destinati alla fine è un modo per rimandare il problema (quando va bene) oppure nasconderlo fino al risveglio amaro (quando va male).
 
@Fabio67: sarà come dici tu, ma prendiamo esempio il Giambellino e troviamo in poche centinaia di metri gli HQ italiani di Nestle, Loreal, Vodafone, Huawei. Ti renderai facilmente conto che nessuno di quelli che lavorano lì confeziona cioccolata, imbottiglia shampi, è operatore di call center o costruisce router. Il grosso delle persone che gravitano/si trasferiscono a Milano, alimentano economia dei servizi, in ruoli non replicabili all'estero, ma nemmeno di produzione fisica.

(Nestlè non è Assago?)
L'obiezione è assolutamente sensata, ma non credo risponda totalmente al punto di Fabio. Esistono ruoli non replicabili, per tipicità del mercato italiano, per la necessità di comunicare e confrontarsi con il territorio, ecc. ecc. ma penso esistano parecchie funzioni/unità che non siano affatto specifiche.
Non sono mai state delocalizzate probabilmente perché, al contrario delle attività fisiche che spesso solo clusterizzabili attorno ad uno stabilimento, l'idea di remotizzare molto avrebbe trovato resistenze e comportato investimenti senza lasciar intravvedere all'azienda immediati benefici.
Il mercato italiano peraltro non offre tutti questi vantaggi: delocalizzare al Sud offre spesso più limiti che vantaggi.

Questo non sposterà le persone da Milano a Reggio Calabria (perché come detto il total remote è altra cosa). Al massimo permetterà di ridisegnare la città rivedendo la distribuzione dei servizi.

Sono d'accordo, ma bisogna intendersi sull'output finale.
Nella mia testa quello che dici si concretizza comunque in realtà altamente urbanizzate, ma appunto multicentriche. Nel pratico mi aspetterei uno sviluppo delle periferie prima e di parte dell'hinterland con l'emergere di centri di interesse e di aggregazione servizi.
Continuo a vedere in maniera scettica una decentralizzazione pronunciata, con lo sviluppo delle città a 1h da Milano. Certo queste ultime saranno probabilmente i punti d'appiglio delle rispettive province, raccogliendo attorno a sè la popolazione mentre la distesa di paesi e paesoni va lentamente verso la scomparsa.

Ma è un fenomeno inevitabile per tanti motivi, dal benessere individuale alla capacità delle imprese di attrarre talenti, dal contenimento delle malattie all'impatto ambientale (che sarà l'argomento del secolo). Negarlo è da boomer (e più l'azienda per cui si lavora prosegue sulla strada della negazione, più si avvia essa stessa al fallimento).

Sono anche qui d'accordo, ma con alcuni puntini sulle i.
Per quanto determinati argomenti (salute e ambiente) siano prioritari, nel caso milanese parliamo di un centro urbano pienamente inserito in pianura padana e cresciuto anche per la sua posizione a due passi dall'europa e sull'incrocio delle direttrici italiane.
Quello che vorrei capire è: dove si prospetta che viva la massa di gente che attualmente sta nell'hinterland?
 
Secondo me si sopravvalutano le possibilità della politica.
Si tratta di fenomeni globali (come le migrazioni) impossibili da governare, al massimo si può discutere del come gestirli e soprattutto di come mitigarne le esternalità negative.
Nel senso, se esiste una parte di mondo che può produrre a prezzi mostruosamente bassi e con discreta efficienza è solo questione di tempo che la produzione vada a spostarsi là.
Per non accadere ci sarebbe voluta una sorta di coesione di tutto il mondo sviluppato per "dosare" le delocalizzazioni. Coesione peraltro che avrebbe avuto di base già enormi limiti perché quale sia l'insieme definibile "sviluppato" avrebbe probabilmente evidenziato delle problematiche di concorrenza analoghe.

L'unica possibilità, quando esiste, è la costante innovazione, tale da trasformare i lavoratori e le loro mansioni con un crescente supporto tecnologico. Pensare di mantenere per "legge" dei posti di lavoro destinati alla fine è un modo per rimandare il problema (quando va bene) oppure nasconderlo fino al risveglio amaro (quando va male).
La politica decide molto, è il mercato che deve sottostare ai suoi vincoli. Al mondo ci sono tantissimi posti di lavoro che esistono "per legge", in modo diretto o meno.

Ad esempio durante la guerra fredda è stato impossibile delocalizzare nel blocco comunista, anche se costava meno. Era politicamente impossibile.

Ai giorni nostri è in corso un'operazione di cauta esclusione della Cina dai mercati occidentali, guardate ad esempio il ritorno delle produzioni di microchip in Usa/Europa stra-finanziata dai vari governi con l'intento di riprendere il controllo su un settore così delicato.

Siamo solo all'inizio ma l'impressione è che la globalizzazione (cioè il mercato unico sotto l'egida americana) stia cominciando a rientrare perché per gli USA la Cina non è più un partner commerciale ma un nemico geopolitico.
 
N
(Nestlè non è Assago?)
L'obiezione è assolutamente sensata, ma non credo risponda totalmente al punto di Fabio. Esistono ruoli non replicabili, per tipicità del mercato italiano, per la necessità di comunicare e confrontarsi con il territorio, ecc. ecc. ma penso esistano parecchie funzioni/unità che non siano affatto specifiche.
Non sono mai state delocalizzate probabilmente perché, al contrario delle attività fisiche che spesso solo clusterizzabili attorno ad uno stabilimento, l'idea di remotizzare molto avrebbe trovato resistenze e comportato investimenti senza lasciar intravvedere all'azienda immediati benefici.
Il mercato italiano peraltro non offre tutti questi vantaggi: delocalizzare al Sud offre spesso più limiti che vantaggi.



Sono d'accordo, ma bisogna intendersi sull'output finale.
Nella mia testa quello che dici si concretizza comunque in realtà altamente urbanizzate, ma appunto multicentriche. Nel pratico mi aspetterei uno sviluppo delle periferie prima e di parte dell'hinterland con l'emergere di centri di interesse e di aggregazione servizi.
Continuo a vedere in maniera scettica una decentralizzazione pronunciata, con lo sviluppo delle città a 1h da Milano. Certo queste ultime saranno probabilmente i punti d'appiglio delle rispettive province, raccogliendo attorno a sè la popolazione mentre la distesa di paesi e paesoni va lentamente verso la scomparsa.



Sono anche qui d'accordo, ma con alcuni puntini sulle i.
Per quanto determinati argomenti (salute e ambiente) siano prioritari, nel caso milanese parliamo di un centro urbano pienamente inserito in pianura padana e cresciuto anche per la sua posizione a due passi dall'europa e sull'incrocio delle direttrici italiane.
Quello che vorrei capire è: dove si prospetta che viva la massa di gente che attualmente sta nell'hinterland?
Non intendevo fare previsioni sul mercato immobiliare. Immagino (ma è solo una mia opinione), che l'hinterland rimarrà densamente abitato, con alcuni comuni più "avanti" nell'offrire servizi e attirare gente che spende, mentre altri rimarranno "periferia brutta".

La mia considerazione era sul mercato del lavoro (che non può rimanere con orde di gente su Trenord e/o file in ingresso alle tangenziali dalle 6 di mattina).
 
La delocalizzazione massiccia c'è già stata negli ultimi 30 anni e più o meno tutti i governi hanno capito che è stato un disastro per i colletti blu occidentali.

Pensate che permetteranno che accada anche per i colletti bianchi? Solo per permettere agli imprenditori di arricchirsi ancora? Perché lo dice "il mercato"?

Esploderebbero le disuguaglianze, sarebbe il collasso sociale, non vorrei essere nei panni di direttori HR di grandi aziende italiane
"Disastro" e "permetteranno che accada" mi sembrano poco in linea non solo con quanto viene non solo messo in atto, ma anche dichiarato esplicitamente da parte di governi ed organismi sovranazionali.

E' da anni che martellano sui media h24 che se non hai le pezze al c... sei un privilegiato, che devi essere più "sostenibile", e così via. Ultimamente stanno alzando l'asticella: il mangiare carne e la proprietà privata devono essere drasticamente ridotti.

Insetti, lombrichi, tpl e case in convidisione con un ces.so ogni 10 persone: i fondamenti di una vita responsabile e coscienziosa. Così sentenziano alcuni individui durante conferenze alle quali spesso si recano in jet privato.
 
La politica decide molto, è il mercato che deve sottostare ai suoi vincoli. Al mondo ci sono tantissimi posti di lavoro che esistono "per legge", in modo diretto o meno.

Ad esempio durante la guerra fredda è stato impossibile delocalizzare nel blocco comunista, anche se costava meno. Era politicamente impossibile.

Però capisci bene che non è questione politica la contrapposizione di blocchi con azioni di spionaggio e guerre più o meno satelliti in giro per il mondo.
Io intendo misure di governo/i per la globalizzazione.

Ai giorni nostri è in corso un'operazione di cauta esclusione della Cina dai mercati occidentali, guardate ad esempio il ritorno delle produzioni di microchip in Usa/Europa stra-finanziata dai vari governi con l'intento di riprendere il controllo su un settore così delicato.

Che è strategica e quindi attrae interesse. Ma il grosso della paccottiglia pensi sia reshorabile?
Io penso che banalmente con la società di consumo attuale non sia pensabile avere grosse produzioni qui se non di roba con valore aggiunto significativo.

Siamo solo all'inizio ma l'impressione è che la globalizzazione (cioè il mercato unico sotto l'egida americana) stia cominciando a rientrare perché per gli USA la Cina non è più un partner commerciale ma un nemico geopolitico.

Anche qui però è e rimane politica.
Nei fatti però l'eventuale riduzione del peso cinese (nel caso avvenisse) sarebbe appannaggio di paesi simili tipo SudEst Asiatico o eventuali aree emergenti.
Difficile pensare di riportare in europa l'industria pesante o la manifattura di basso livello.
 
N

Non intendevo fare previsioni sul mercato immobiliare. Immagino (ma è solo una mia opinione), che l'hinterland rimarrà densamente abitato, con alcuni comuni più "avanti" nell'offrire servizi e attirare gente che spende, mentre altri rimarranno "periferia brutta".

La mia considerazione era sul mercato del lavoro (che non può rimanere con orde di gente su Trenord e/o file in ingresso alle tangenziali dalle 6 di mattina).
Tendo a pensarla (o forse sperarla) uguale.
Continuo però ad avere dubbi dettati dal fatto che per quanto vi sia ampia possibilità di mobilità lavorativa, le nazioni hanno i loro vincoli.
Per quanto la gente possa emigrare, esistono sempre degli equilibri. I migliori (o meglio, coloro che possono accedere alle migliori posizioni) troveranno lavori ben pagati all'estero.

L'Italia già ora rappresenta una destinazione poco attrattiva per gli stranieri sviluppati e, nel caso milanese, vive con un'offerta di lavoratori decisamente ampia rispetto alla domanda delle aziende grazie alle dinamiche di migrazione interna.
 
"Disastro" e "permetteranno che accada" mi sembrano poco in linea non solo con quanto viene non solo messo in atto, ma anche dichiarato esplicitamente da parte di governi ed organismi sovranazionali.

E' da anni che martellano sui media h24 che se non hai le pezze al c... sei un privilegiato, che devi essere più "sostenibile", e così via. Ultimamente stanno alzando l'asticella: il mangiare carne e la proprietà privata devono essere drasticamente ridotti.

Insetti, lombrichi, tpl e case in convidisione con un ces.so ogni 10 persone: i fondamenti di una vita responsabile e coscienziosa. Così sentenziano alcuni individui durante conferenze alle quali spesso si recano in jet privato.
Beh però messa così sembra di leggere le interpretazioni populiste delle conferenze del WEF. Infatti i riferimenti a "loro" fa sempre pensare ad un non precisata elite mondiale che controlla tutto quanto.

Bisogna discernere tra quelli che sono i veri e propri temi (sostenibilità, ambiente, sviluppo) rispetto a quelle che sono le loro rappresentanze politiche. In questo caso si parla della sinistra che, e qui sono tendenzialmente concorde, ha totalmente perso il ruolo di guida delle masse nella lotta di classe per assumere i connotati di una cerchia perbenista di teorici da salotto.

Per fare alcuni esempi:
- Insetti, lombrichi. Nel contesto della lotta al cambiamento climatico si parla delle proiezioni di consumo di carne e conseguente aggravio delle emissioni. Ora, gli insetti rappresentano una delle possibili alternative per integrare la dieta, ma il punto focale è se si ritiene importante ridurre le emissioni e, nel caso specifico, se farlo riducendo il consumo di carne.
Detto ciò, quindi, non è che ci sia un sovrano tipo Snowpiercer che ti fa mangiare le blatte, ma mangiare carne sarà verosimilmente sempre più costoso. Perché una cosa che si scordano tutti è che il consumo massivo di carne per tutti è roba dell'ultimo secolo scarso, mica la normalità. Per cui uno dica liberamente che non ritiene importante ridurre le emissioni, non che lo obbligano a mangiare insetti.

- TPL (e ci metto la "proprietà privata" perché uno di principali cardini è la lotta all'auto privata). Qui, oltre al contesto ecologico, c'è un banale tema di vivibilità delle città. Le metropoli di tutto il mondo sono piene di veicoli e soffrono il traffico, alcune più di altre da questo ne ricevono anche discreti impatti in termini di inquinamento respiratorio e acustico. Da qui nascono le teorie delle città senz'auto, 15 min e compagnia bella.
Per cui, anche in questo caso, bisogna chiarire cosa si intende: se si contestano le misure specifiche posso trovarmi d'accordo (es. tempi e modalità di implementazione di restrizioni varie), altrimenti occorre esprimere il modello di mobilità che si preferisce.

- Sulle case invece a me pare un po' la solita polemica. Le case non mancano e non mancano nemmeno le case economiche. Non solo, non mancano nemmeno case economiche in prossimità delle aree lavorative. Però pare che per decreto debbano esistere case economiche vicino alle aree lavorative ma anche in contesti cool, come le aree vive delle città.
 
Purtroppo il sistema capitalistico per sopravvivere ha bisogno della globalizzazione e di costi di produzione bassi.
Basa il proprio modello sullo sfruttamento di risorse materiali e non a basso costo. Senza questa prerogativa non funzionerebbe.
Noi ci abbiamo mangiato sopra per anni... Ed eravamo dalla parte che sfruttava.
cut
Mi sfugge parzialmente la parte in cui siamo stati sfruttatori, visto che siamo sempre stati terra di conquista o migranti economici per buona parte della storia recente
 
Beh però messa così sembra di leggere le interpretazioni populiste delle conferenze del WEF. Infatti i riferimenti a "loro" fa sempre pensare ad un non precisata elite mondiale che controlla tutto quanto.

Bisogna discernere tra quelli che sono i veri e propri temi (sostenibilità, ambiente, sviluppo) rispetto a quelle che sono le loro rappresentanze politiche. In questo caso si parla della sinistra che, e qui sono tendenzialmente concorde, ha totalmente perso il ruolo di guida delle masse nella lotta di classe per assumere i connotati di una cerchia perbenista di teorici da salotto.

Per fare alcuni esempi:
- Insetti, lombrichi. Nel contesto della lotta al cambiamento climatico si parla delle proiezioni di consumo di carne e conseguente aggravio delle emissioni. Ora, gli insetti rappresentano una delle possibili alternative per integrare la dieta, ma il punto focale è se si ritiene importante ridurre le emissioni e, nel caso specifico, se farlo riducendo il consumo di carne.
Detto ciò, quindi, non è che ci sia un sovrano tipo Snowpiercer che ti fa mangiare le blatte, ma mangiare carne sarà verosimilmente sempre più costoso. Perché una cosa che si scordano tutti è che il consumo massivo di carne per tutti è roba dell'ultimo secolo scarso, mica la normalità. Per cui uno dica liberamente che non ritiene importante ridurre le emissioni, non che lo obbligano a mangiare insetti.

- TPL (e ci metto la "proprietà privata" perché uno di principali cardini è la lotta all'auto privata). Qui, oltre al contesto ecologico, c'è un banale tema di vivibilità delle città. Le metropoli di tutto il mondo sono piene di veicoli e soffrono il traffico, alcune più di altre da questo ne ricevono anche discreti impatti in termini di inquinamento respiratorio e acustico. Da qui nascono le teorie delle città senz'auto, 15 min e compagnia bella.
Per cui, anche in questo caso, bisogna chiarire cosa si intende: se si contestano le misure specifiche posso trovarmi d'accordo (es. tempi e modalità di implementazione di restrizioni varie), altrimenti occorre esprimere il modello di mobilità che si preferisce.

- Sulle case invece a me pare un po' la solita polemica. Le case non mancano e non mancano nemmeno le case economiche. Non solo, non mancano nemmeno case economiche in prossimità delle aree lavorative. Però pare che per decreto debbano esistere case economiche vicino alle aree lavorative ma anche in contesti cool, come le aree vive delle città.
Nessuno ti impone di non mangiare carne, ma si impone arbitrariamente una tassa del 1000% sull'acquisto della carne per bilanciare presunte esternalità negative associate alla sua produzione (e si badi bene che non sto rinnegando il cambiamento climatico). Casualmente la tassa del 1000% è proprio quello che serve a convicere le persone che la farina di grillo (per restare in tema, nulla da ridire sulla farina di grillo) è il miglior piatto che puoi mettere in tavola.

Nel caso della farina di grillo è facili pensare che alcune aziende siano interessate alla loro legalizzazione al fine di produrre prodotti con un 10% di carne tradizionale e il 90% di altra carne. Poi, probabilmente sull'etichetta si eviterà di essere chiari... con la scusa che per il bene dell'ambiente è meglio non essere troppo trasparenti rispetto al consumatore diffidente. Il lobbismo funziona così, si cavalcano battaglie giuste per il proprio tornaconto.

La città in 15-minuti è un idea fantastica se vivi nei 15 minuti cool, un'idea di ***** se vivi in 15 minuti di degrado.
Il problema è che le nuove proposte sono sempre fantastiche, perché si confronta il lato negativo del sistema corrente con quello positivo del sistema futuro. Il floating ride-sharing di bici e monopattini è fantastico, ma si porta appresso un elevato numero di problemi di sicurezza e di ordine civico... i problemi che hai oggi con le auto, non spariscono. Le metropoli devono il loro successo alla massa di persone che le vive, non puoi avere il paesello dentro Milano... semplicemente non sarebbe Milano.
 
Stato
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