Morale della favola

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Diciamo, per cominciare, che un anziano over 75 ha respirato per 40 anni aria sempre più inquinata, indebolendo progressivamente difese immunitarie ed efficienza polmonare.
Diciamo anche che, salendo o scendendo da questo livello d'età, aumenta o diminuisce la risposta del sistema immunitario di fronte ad aggressioni esterne.
Ora, considerato il fatto che l'inquinamento rappresenta un mix pressoché sconosciuto di gas nocivi (la cui interazione con l'organismo umano è ancora tutta da verificare), la possibilità che da questo mix un qualsiasi agente patogeno possa sviluppare nuove e più violente forme aggressive pare contenere plausibili elementi di verità.
In zone montuose, dove l'ossigenazione è migliore e migliore è anche la salute del sistema respiratorio, il Coronavirus per il momento non attecchisce. Attecchisce più rapidamente in zone ad alto inquinamento e con media elevata di popolazione anziana.
Il problema è quindi di duplice natura: esposizione prolungata ad aria fortemente inquinata e carenza di risposta immunitaria, dovuta alla progressiva perdita di efficienza del sistema respiratorio.
Ovvio che, in questa situazione, lo stress psicofisico a cui viene sottoposto l'organismo in presenza di agenti patogeni più o meno aggressivi, rappresenta una variabile direttamente proporzionale al grado di efficienza del sistema immunitario e del sistema respiratorio, che all'efficienza del sistema immunitario è direttamente congiunto.
Se poi andiamo a combinare pessima qualità dell'aria con insufficiente qualità del cibo (sempre più povero di vitamine, contaminato da processi di produzione sempre più industrializzati e standardizzati) otteniamo ancora più drammaticamente una curva di risposta immunitaria sempre più debole, sempre più bisognosa di sostegni esogeni.
Il Coronavirus è un campanello d'allarme significativo. Stiamo affollando vaste aree del mondo con umanità fortemente immunodepressa, sempre più debole e sempre meno efficiente dal punto di vista della risposta biochimica di fronte all'aggressione di nuovi, più pericolosi agenti patogeni.
Mantenere a galla un sistema così debole e precario avrà nel prossimo futuro costi insostenibili, soprattutto alla luce del fatto che quei costi saranno destinati ad aumentare in relazione al progressivo peggioramento dei livelli d'inquinamento e di progressivo degrado della qualità del cibo.
Il Coronavirus è solo l'inizio di una curva epidemica sempre più drammatica, sempre più aggressiva.
Ci troviamo infatti di fronte a una popolazione umana sempre più debole, immunodepressa, vivente all'interno di un ambiente sempre più pericoloso ed inquinato. Il mix dovrebbe suggerirci misure molto più drastiche di quelle che stiamo sperimentando in questi giorni.
Con la sola, miserabile conseguenza che, alla fine dell'emergenza, cominceremo tutto come prima, che vuol dire semplicemente molto peggio di prima. In attesa che un nuovo virus, più forte e aggressivo di questo, prenda a decimare una popolazione sempre più debole e indifesa.
 
Però le zone montane sono anche quelle densamente meno popolate
 
Però le zone montane sono anche quelle densamente meno popolate
Appunto, sono zone con migliore qualità di vita e più equilibrato rapporto uomo/ambiente. Esattamente il contrario dei sovraffollati mondi di pianura, corrosi dall'inquinamento e da un autodistruttivo rapporto uomo/ambiente.
 
Appunto, sono zone con migliore qualità di vita e più equilibrato rapporto uomo/ambiente. Esattamente il contrario dei sovraffollati mondi di pianura, corrosi dall'inquinamento e da un autodistruttivo rapporto uomo/ambiente.

finita l'emergenza corona virus si deve mettere mano a caldaie a gasolio, stufe, forni e camini a legna, auto e furgoni euro zero etc....
 
Appunto, sono zone con migliore qualità di vita e più equilibrato rapporto uomo/ambiente. Esattamente il contrario dei sovraffollati mondi di pianura, corrosi dall'inquinamento e da un autodistruttivo rapporto uomo/ambiente.

le epidemie però c'erano anche 50 - 100 - 150 anni fa e più.
 
finita l'emergenza corona virus si deve mettere mano a caldaie a gasolio, stufe, forni e camini a legna, auto e furgoni euro zero etc....

Pensi davvero che qualcuno creda che sia colpa di qualche pizzeria e non di inceneritori che bruciano rifiuti a decine di milioni di tonnellate all'anno? Ripeto rifiuti non cellulosa
 
le epidemie però c'erano anche 50 - 100 - 150 anni fa e più.

Già prima del virus le linee guida del business futuro erano i cambiamenti climatici e "l'inquinamento"; quindi anche questo evento è utile per ribadire il piano
 
Questa, per come la vedo io, non è un'epidemia. È il collasso di un sistema di vita biochimicamente squilibrato. Si tratta di prendere atto di questo. Non delle conseguenze, ma delle cause. Che sono sistemiche, biochimiche, ecologiche. Non riusciamo a capire che disboscando il pianeta e scaricando nell'atmosfera rifiuti tossici e gas letali per l'antroposfera, il respiro viene a mancare, letteralmente si muore soffocati. È tutto maledettamente molto chiaro. Non servono respiratori, serve una grande coscienza ecosistemica. Praticamente, serve un totale, epocale cambiamento della forma umana di vita sulla terra. Greta ha perfettamente ragione
 
sopravviveranno solo i più forti

e quelli con organismi in grado di adeguare le difese ai nuovi agenti patogeni

opportunamente posizionati sul territorio
 
sopravviveranno solo i più forti
I più forti, semplicemente, saranno quelli che per meno tempo si saranno trovati esposti all'inquinamento globale. O anche quelli che si saranno accorti per tempo che il loro equilibrio biochimico si stava deteriorando.
Una piccola élite, ovviamente, dal momento che le neurotossine che si depositano nel sangue attraverso una respirazione non sufficientemente ossigenata, ci rendono tutti più deboli e vulnerabili, soprattutto per quanto riguarda l'attività psichica e quella spirituale in senso elevato, che è la sola forma di pensiero non ferocemente materiale a disposizione dell'essere umano
 
Le epidemie ci sono state sempre, anche quando vivevano senza tecnologia, senza inquinamento eccessivo e non in 7 miliardi.
 
Chiamarla epidemia è riduttivo e fuorviante
 
Questa, per come la vedo io, non è un'epidemia. È il collasso di un sistema di vita biochimicamente squilibrato. Si tratta di prendere atto di questo. Non delle conseguenze, ma delle cause. Che sono sistemiche, biochimiche, ecologiche. Non riusciamo a capire che disboscando il pianeta e scaricando nell'atmosfera rifiuti tossici e gas letali per l'antroposfera, il respiro viene a mancare, letteralmente si muore soffocati. È tutto maledettamente molto chiaro. Non servono respiratori, serve una grande coscienza ecosistemica. Praticamente, serve un totale, epocale cambiamento della forma umana di vita sulla terra. Greta ha perfettamente ragione

Eh no

Dati
In 100 anni gli alberi in Italia sono aumentati del 70%
Negli ultimi 30 anni la vegetazione nel mondo é aumentata del 7%
L'inquinamento in Italia scende da 40 anni (sta salendo negli ultimi 5 per effetto della legna)
Da una parte gli alimenti "sintetici" che acquistiamo ora, dall'altra le migliaia di morti annue nei decenni scorsi per marmellate fatte in casa mal confezionate, batteri e virus che finivano nel condimento della pasta assieme al pomodoro
Nel dopoguerra i campi venivano irrorati di ogni prodotto chimico e si viveva nelle case attorniati da decine di animali, topi compresi (i topi sono pericolosi perché in soldoni non hanno la vescica, e fanno la pipi continuamente sporcando praticamente tutto quello che calpestano)

Insomma, ci sono pure cose che sono migliorate, non vi é un continuo peggioramento
 
Non ci siamo capiti, i conti li dobbiamo fare in termini globali. Non si ragiona globalmente solo per quanto riguarda merci e costi produttivi, ma anche per quanto riguarda emissioni e modello di sviluppo. Non è possibile farneticare globalmente di qualità di vita e modello di sviluppo, quando tutti gli indicatori ci danno come risultato squilibri biochimici, diminuzione della biodiversità e catastrofiche proiezioni in termini di surriscaldamento globale e tossicità della troposfera.
La tecnologia, non essendo finora al servizio della soluzione dei problemi, se mai al servizio della loro diffusione, non rappresenta una variabile virtuosa, se mai una variabile viziosa, produttrice di ulteriori squilibri, sia in termini energetici che ecosistemici. Non ci rendiamo conto che il sistema antropocentrico produce costi insostenibili, sia in termini ambientali che biochimici, costi che oltrepassano drammaticamente le risposte che il pianeta vivente riesce a mettere in atto per salvaguardare se stesso.
Il pianeta non fa altro che attivare cortocircuiti biochimici, a loro volta innescati da squilibri biochimici, che sono il risultato di un modello di sviluppo totalmente alieno rispetto all'ecosistema di riferimento, dentro cui la specie umana produce e diffonde la propria curva di sviluppo.
Smettiamola quindi di ritenerci superiori all'ecosistema, di cui siamo solo una minima parte; ogni nostra azione infestante, per quanto limitata da tardive correzioni, produce solo un'alterazione della struttura biochimica, alterazione che a sua volta produce risposte alterate, che quella struttura biochimica tendono a corrodere, alterare, contaminare.
La vita è questa continua mutazione di strutture ribonucleiche, che il modello umano di sviluppo tende a volgere costantemente a proprio svantaggio (dovendo per questo continuamente produrre correzioni, che continuamente vengono aggredite e trasformate).
Non è questione di virus. Il primo virus siamo noi umani, che noi stessi alberghiamo nella nostra mente imperfetta, drammaticamente protesa a una ciclica autodistruzione e ad una altrettanto ciclica, precaria, fragilissima rigenerazione
 
Diciamo, per cominciare, che un anziano over 75 ha respirato per 40 anni aria sempre più inquinata, indebolendo progressivamente difese immunitarie ed efficienza polmonare.
Diciamo anche che, salendo o scendendo da questo livello d'età, aumenta o diminuisce la risposta del sistema immunitario di fronte ad aggressioni esterne.
Ora, considerato il fatto che l'inquinamento rappresenta un mix pressoché sconosciuto di gas nocivi (la cui interazione con l'organismo umano è ancora tutta da verificare), la possibilità che da questo mix un qualsiasi agente patogeno possa sviluppare nuove e più violente forme aggressive pare contenere plausibili elementi di verità.
In zone montuose, dove l'ossigenazione è migliore e migliore è anche la salute del sistema respiratorio, il Coronavirus per il momento non attecchisce. Attecchisce più rapidamente in zone ad alto inquinamento e con media elevata di popolazione anziana.
Il problema è quindi di duplice natura: esposizione prolungata ad aria fortemente inquinata e carenza di risposta immunitaria, dovuta alla progressiva perdita di efficienza del sistema respiratorio.
Ovvio che, in questa situazione, lo stress psicofisico a cui viene sottoposto l'organismo in presenza di agenti patogeni più o meno aggressivi, rappresenta una variabile direttamente proporzionale al grado di efficienza del sistema immunitario e del sistema respiratorio, che all'efficienza del sistema immunitario è direttamente congiunto.
Se poi andiamo a combinare pessima qualità dell'aria con insufficiente qualità del cibo (sempre più povero di vitamine, contaminato da processi di produzione sempre più industrializzati e standardizzati) otteniamo ancora più drammaticamente una curva di risposta immunitaria sempre più debole, sempre più bisognosa di sostegni esogeni.
Il Coronavirus è un campanello d'allarme significativo. Stiamo affollando vaste aree del mondo con umanità fortemente immunodepressa, sempre più debole e sempre meno efficiente dal punto di vista della risposta biochimica di fronte all'aggressione di nuovi, più pericolosi agenti patogeni.
Mantenere a galla un sistema così debole e precario avrà nel prossimo futuro costi insostenibili, soprattutto alla luce del fatto che quei costi saranno destinati ad aumentare in relazione al progressivo peggioramento dei livelli d'inquinamento e di progressivo degrado della qualità del cibo.
Il Coronavirus è solo l'inizio di una curva epidemica sempre più drammatica, sempre più aggressiva.
Ci troviamo infatti di fronte a una popolazione umana sempre più debole, immunodepressa, vivente all'interno di un ambiente sempre più pericoloso ed inquinato. Il mix dovrebbe suggerirci misure molto più drastiche di quelle che stiamo sperimentando in questi giorni.
Con la sola, miserabile conseguenza che, alla fine dell'emergenza, cominceremo tutto come prima, che vuol dire semplicemente molto peggio di prima. In attesa che un nuovo virus, più forte e aggressivo di questo, prenda a decimare una popolazione sempre più debole e indifesa.
è chiaro che finita l'emergenza corona virus, spero si affronti seriamente la problematica inquinamento con una seria progressiva messa al bando o forte limitazione delle fonti di polveri sottili.
 
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