Mustier (Unicredit): il sistema bancario italiano è solido

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Ginocerchietti

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Al G20 il ministro Padoan e il governatore Visco hanno ribadito che il sistema bancario italiano è solido. È così?
«Certo, sono assolutamente d’accordo».

Allora perché dopo la Brexit i nostri istituti si trovano nel mezzo di un ciclone dei mercati?

«Per capirlo e spiegarlo bisogna fare un passo indietro, e ricordarsi intanto che l’Italia ha attraversato un doppio choc economico, il primo nel 2008 e il secondo nel 2011, cosa che non è accaduta ad altri Paesi. Poi, seconda questione, al contrario di altri Paesi come Germania, Spagna, e anche Regno Unito, la banche italiane non sono state aiutate dalla mano pubblica prima che le nuove regole europee entrassero in vigore. Durante le crisi si sono per la maggioranza auto-aiutate piuttosto che confidare nel sostegno pubblico. Se attraversi due crisi e gli altri solo una, per di più senza supporti da parte dello Stato, devi essere abbastanza solido. E poi ci sono altre ragioni».

Quali?
«L’Italia è un Paese a benessere diffuso, la quota di risparmio è elevata. Con tutte le disparità del caso, il benessere medio dell’Italia è comparativamente superiore a quello della Germania. E non c’è solo la ricchezza finanziaria: gli imprenditori italiani sono di incredibile qualità in termini di capacità manifatturiera, di export, di eccellenze. Credo che quello causato dalla Brexit sia uno choc temporaneo destinato a risolversi. I cambiamenti messi in cantiere in Italia negli ultimi due anni sono stati impressionanti, e lo dico senza una coloritura politica perché non è il mio mestiere. Non vedo la stessa velocità di cambiamento in altri Paesi europei e ritengo che presto gli effetti raggiungeranno anche l’economia».

Le crisi, per le banche, hanno portato anche all’esplosione delle sofferenze. Come si risolve questo problema?
«I problemi del sistema bancario italiano si devono in parte anche ai crediti deteriorati, non va certo negato, e qui hanno influito la lunga crisi economica e la mancanza di supporto pubblico, come ricordavo prima. Ma penso che il problema sia assolutamente affrontabile. L’importante è prendere decisioni, qualcuna può essere dolorosa in termini di bottom line o di redditività o per i mutamenti che comporta. Ma mi sembra che ci sia anche la volontà del governo e questo è sicuramente positivo».

Serve l’aiuto pubblico quindi?
«Prima di tutto è importante basarsi sulle proprie forze, farsi carico della propria sorte ed è la via che abbiamo intrapreso all’Unicredit. Credo però anche che in qualche caso, e certamente non parlo di noi, il darsi da fare da sé possa trovare un complemento in un maggior supporto pubblico. Può essere utile una combinazione di intervento del privato e del settore pubblico. Ricordo, quando ero un giovane banchiere, il caso dell’Alstom: se avessimo ascoltato solo gli ayatollah del mercato libero Alstom sarebbe stata messa in liquidazione, si sarebbero persi posti di lavoro e una bella società sarebbe scomparsa. Credo ovviamente nel libero mercato ma questo non significa che non si possano trovare soluzioni che alla fine lo proteggono. Con una combinazione tra i necessari cambiamenti da adottare e il supporto del settore pubblico».

Darete altro sostegno finanziario al fondo Atlante?
«Abbiamo preso un impegno per Atlante (fino a un miliardo di euro, ndr.) ma voglio essere chiaro su questo: lo rispetteremo fino in fondo ma è un impegno one-off e non ci sarà altro. Abbiamo tirato una linea: i nostri azionisti, i nostri clienti non ci affidano denaro per attività che non sono legate a Unicredit».

Mediobanca e JPMorgan sono al lavoro per un aumento di capitale decisivo per il futuro del Montepaschi. Se richiesti potreste partecipare al consorzio?
«Abbiamo preso un impegno per Atlante, non faremo altro e non vorremmo fare commenti su nessun rumor».

Che situazione ha trovato al suo ritorno in banca?
«Ho trovato colleghi, lavoratori e tutto lo staff assolutamente motivati, pronti a ribadire che la banca è una delle migliori in Europa».

Ha promesso la revisione del piano strategico entro fine anno. Su quali punti chiave si articolerà? Inutile negare che gli occhi sono puntati sulla necessità da voi ammessa di migliorare la struttura di capitale.
«È vero che vogliamo muoverci velocemente, ma senza essere precipitosi. Non possiamo fare anticipazioni, stiamo facendo analisi in profondità».

C’è un livello ottimale di capitale per Unicredit?
«Già oggi siamo al di sopra dei livelli minimi richiesti dai regolatori. Ciò che abbiamo detto è che vogliamo rafforzare e ottimizzare la dotazione di capitale del gruppo. Ci stiamo lavorando e poi andremo dai soci con una proposta».

Sono possibili nel frattempo altre cessioni come Pekao e Fineco?
«Anche qui, come abbiamo detto, useremo ogni opportunità di creazione di valore quando possibile. Due settimane fa abbiamo visto una buona finestra di mercato per vendere una quota di queste nostre due partecipazioni. Con questa operazione, con quella di Pioneer e con la riorganizzazione della struttura di management abbiamo anche detto con chiarezza che vogliamo realmente cambiare le cose».

Che cosa si aspetta dagli stress test?
«Niente di particolare».

Le vostre decisioni non dipenderanno anche da quel risultato?
«Direi di no. Quando dico che non mi aspetto niente intendo dire che la notte dormo tranquillamente e che credo che avrò un weekend di relax»

http://www.corriere.it/economia/16_...ia-b56dc46a-5485-11e6-b3c8-d7c5a8f396df.shtml




Azzo, mi sa che pure Unicredit chiederã soldi con un adc, allora :rolleyes:
 
excusatio non petita
 

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Comprate mps che è un affare :D
 
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