Sul cattolico Biden si spacca la Chiesa Usa. La conferenza dei vescovi: «Favorirà il male». Ma altri cardinali: «Frasi sconsiderate»
La conferenza episcopale statunitense, guidata da un vescovo ultraconservatore, attacca il presidente: «L’ingiustizia dell’aborto rimane la priorità preminente». Ma tra i vescovi si apre lo scontro. E una parte della Chiesa ha «coperto» l’assalto al Congresso
di Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO — La spaccatura nella Chiesa negli Usa, esasperata dagli anni della presidenza Trump, si mostra da tempo e riflette quella generale della società americana. Però non è mai stata così evidente, a cominciare dalle gerarchie.
Il cardinale di Chicago Blaise Cupich, vicino a Papa Francesco, ha diffuso una nota per denunciare la «dichiarazione sconsiderata della conferenza episcopale degli Stati Uniti», critica verso Biden, nel giorno del giuramento del nuovo presidente.
La conferenza dei vescovi è guidata da José Horacio Gómez, arcivescovo di Los Angeles, che già si era distinto con una nota che deplorava l’assalto al Campidoglio senza mai fare il nome di Trump e tantomeno accennare alle sue responsabilità. Non è stato il solo: all’indomani dell’invasione del Congresso, si era notato anche il silenzio del cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, che in agosto guidò la preghiera di apertura della convention repubblicana.
E ora, nel giorno del debutto di Biden, Gómez ha scritto un comunicato nel quale, accanto ad auguri formali e affermazioni di neutralità politica, diceva che «la continua ingiustizia dell’aborto rimane la priorità preminente» per i vescovi, pur precisando che «“preminente” non significa “sola”». E soprattutto che le politiche nelle quali si è «compromesso» il nuovo presidente «promuoveranno il male morale e minacceranno la vita e la dignità umana, in maniera più grave in materia di aborto, contraccezione, matrimonio e genere».
Biden, che nel suo studio ha messo una foto di Papa Francesco ed è il secondo presidente cattolico dopo John Fitzgerald Kennedy, viene guardato con ostilità dalla parte più «pro life» (e trumpiana) della Chiesa americana, quella per la quale la «difesa della vita» riguarda essenzialmente l’inizio e la fine, aborto ed eutanasia, più che poveri o migranti.
La nota ha creato grave imbarazzo, anche in Vaticano. Correvano voci che la Segreteria di Stato avesse cercato di «silenziarla» per evitare spaccature.
Le parole dell’arcivescovo Gómez, eletto presidente alla fine del 2019, aprono comunque il sito della Conferenza episcopale. E qui sta il problema, ha replicato il cardinale Cupich: «La dichiarazione è stata elaborata senza il coinvolgimento del Comitato amministrativo, una consultazione collegiale che è normale per le dichiarazioni che rappresentano e godono del ponderato appoggio dei vescovi americani».
I vescovi l’hanno ricevuta poco prima che fosse diffusa. Di qui la conclusione lapidaria dell’arcivescovo di Chicago, cui il Papa (a differenza di quello di Los Angeles) ha dato la porpora: «Gli errori istituzionali interni devono essere affrontati e non vedo l’ora di contribuire a tutti gli sforzi in tal senso, in modo che, ispirati dal Vangelo, possiamo costruire l’unità della Chiesa e intraprendere insieme l’opera di guarigione della nostra nazione in questo momento di crisi».
Tensioni latenti che sono esplose nel crepuscolo della presidenza Trump. Il cardinale ultraconservatore Raymond Burke, che già nel 2008 aveva sobriamente definito i democratici «il partito della morte», ha detto in autunno che Biden è coinvolto in «un male grave e immorale che è fonte di scandalo».
Dopo le violenze dei MAGA al Congresso, la rivista dei gesuiti «America Magazine» ha pubblicato un articolo di padre James Martin, scrittore molto noto e consultore della Segreteria delle comunicazione vaticana, dal titolo netto: «In che modo i leader cattolici hanno contribuito a provocare la violenza al Campidoglio».
Padre Martin individuava un «modello» comunicativo diffuso: «vescovi e sacerdoti che esprimevano l’elezione non solo in termini di puro bene contro puro male, ma in un linguaggio apocalittico». La luce contro le tenebre, Dio e Satana. Cattivi maestri in tonaca: «Un numero allarmante di ecclesiastici cattolici ha contribuito a creare un ambiente che ha portato alle rivolte fatali al Campidoglio degli Stati Uniti. Ironia della sorte, preti e vescovi che si considerano a favore della vita hanno contribuito a generare un ambiente pieno di odio che ha portato al caos, alla violenza e, in ultima analisi, alla morte», ha scritto padre Martin.
Il caso più radicale è quello dell’ex nunzio a Washington, l’arcivescovo in odore di scisma Carlo Maria Viganò, che già nel 2018 chiese le dimissioni del Papa e ha accusato Francesco, tra le altre cose, di essere «dalla parte del Nemico», cioè Satana, e guidare con un «falso magistero» una Chiesa che vuole essere «braccio spirituale del Nuovo Ordine Mondiale e fautrice della Religione Universale» per rendere concreto «il piano della Massoneria e la preparazione dell’avvento dell’Anticristo».
Tre giorni prima dell’assalto al Congresso, Viganò si era fatto intervistare da Steve Bannon e aveva incitato i «figli della luce» ad agire «adesso»: «Se gli Stati Uniti perdono questa occasione, adesso, verranno cancellati dalla Storia. Se consentiranno che si insinui nelle masse l’idea che il verdetto elettorale dei cittadini, prima espressione della democrazia, possa esser manipolato e vanificato, essi saranno complici della frode e meriteranno l’esecrazione del mondo intero, che all’America guarda come ad una nazione che ha conquistato e difeso la propria libertà».