Il problema degli utili delle aziende statunitensi (con particolare riferimento allo S&P, nel quale sono presenti numerose società tecnologiche), è, effettivamente rilevante.
Per la valutazione di un investimento non può che farsi riferimento a due elementi fondamentali: il rischio e il rendimento.
E' notorio che i tassi di interesse influiscono sulle valutazione azionarie. Un aumento del tasso di sconto (che, ovviamente, si riverbera sui rendimenti obbligazionari) determina una diminuzione dell'appeal speculativo in azioni. Ciò, perchè:
- i flussi di cassa futuri vengono attualizzati (con il discount cash flow elementi della formula per il fattore di sconto sono il tasso risk free ed il premio al rischio) ad un tasso maggiore e, quindi, la valutazione dell'azienda diminuisce;
- la spesa correlata all'indebitamento aumenta e si determina, pertanto, una progressiva rigidità di bilancio con conseguenze sulla spesa per investimenti e sviluppo;
- aumenta l'interesse verso le emissioni obbligazionarie che sottraggono denaro dagli strumenti finanziari più volatili e rischiosi.
Guardando il passato, però, ci si accorge che l'aumento dei tassi di interessi ha coinciso con l'aumento dei corsi azionari.
Questo può far ritenere, erroneamente, che l'aumento dei tassi possa influire positivamente sulle borse. In realtà, l'aumento dei tassi è solo un corollario della fase economica espansiva(o un aspetto rilevante della politica valutaria). In tale contesto, la domanda cresce, così come i prezzi, così come l'inflazione, e, pertanto, le autorità monetarie adottano politiche anticongiunturali per scongiurare il pericolo inflattivo, nel passato determinato anche da crisi energetiche ed altri fattori legati a particolari momenti storici.
Le borse, quindi, non salgono per effetto dell'aumento dei tassi, ma salgono anticipando o seguendo una positiva fase economica.
Arriviamo, conseguentemente, alle variabili (direttamente connesse con la fase economica) che influiscono direttamente sugli indici (e, ovviamente, sulle singole aziende):
- gli utili e il rendimento azionario;
- i tassi di interesse e il rendimento obbligazionario.
- il rapporto tra i rendimenti di cui sopra.
Il p/e è un indicatore di semplice lettura ma, proprio in quanto semplice, grezzo. Se io compro a 20 un'azienda che fa 1 di utile, vuol dire (secondo tale rapporto) che occorrono 20 anni a utili costanti prima che io possa ritornare dell'investimento fatto. Sostanzialmente, senza tener conto di altri fattori (peraltro, rilevantissimi, ma ora secondari), il mio investimento renderà, a tasso semplice, il 5% annuo.
Se in quel momento, il rendimento (che abbiamo visto è influenzato dal tasso di sconto che a sua volta è fissato per motivazioni di politica economica e valutaria) delle obbligazioni a 10 anni (termine comunemente adottato) è dell'8%, l'investimento azionario non compensa più adeguatamente il rischio.
Aumento dei corsi azionari, diminuzione degli utili, aumento dei tassi, influiscono negativamente sui mercati. Il contrario, ovviamente, viceversa.
Le fasi economiche, in quanto fasi, sono cicliche. La fase espansiva, abbiamo visto, determina aumento della produttività, dei consumi, dei prezzi, degli utili, dei corsi azionari, dei tassi. Quando il tasso di produttività, il tasso di impiego del personale, di investimenti ecc. e così i prezzi, i consumi, hanno raggiunto livelli non più sostenibili (senza lo stravolgimento o il ripensamento del ciclio produttivo) e determinato la necessità di aumenti dei tassi di interesse tali da rendere non più conveniente (secondo il rapporto illustrato sopra) l'investimento azionario, l'economia entra in una fase depressiva, gli utili peggiorano e il denaro esce dai mercati azionari. Successivamente inizierà la discesa dei tassi di interesse.
Affinchè il denaro torni stabilmente nei mercati, occorrerà ristabilire - quantomeno - l'equilibrio rendimento azionario/rendimento obbligazionario.
Una premessa un po' troppo lunga, quindi rinvio ad altro momento l'analisi della situazione utili negli Stati Uniti ed in Italia con l'esame del rapporto di cui sopra, con riferimento anche alla distinzione tra reported earnings ed operating earnings.