Pd e Pdl «senza famiglia» in Europa

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ceck78

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[...] Questa sfilza di numeri e percentuali è solo apparentemente arida e fine a se stessa. Infatti essa è la bussola per capire a che punto siamo nella burrasca politica, e le rotte sulle quali ci troveremo a scegliere il 17 febbraio. Salvo sorprese, si tratterà del proseguimento dell'esperienza Monti; di un centrodestra a giorni alterni antieuropeo o filoeuropeo; di una sinistra che non riesce ad affrancarsi dall'imprinting e dalle antico massimalismo.

Ecco perché il vertice del Ppe ha chiamato Mario Monti, una vera investitura di significato non solo elettorale, ma anche economico e sociale. Il Ppe è portatore di una ricetta - appunto l'economia sociale di mercato - che prevede in primo luogo di subordinare la pressione fiscale al contenimento della spesa pubblica, e in secondo di finalizzare alla competitività i miglioramenti salariali e normativi.

L'altra grande famiglia politica europea è quella socialdemocratica, rappresentata a Strasburgo dal Pse. La sua ricetta richiede spesa pubblica sostenuta dalle tasse, mentre sul lavoro le differenze sono ormai minime. I potenti sindacati tedeschi hanno accettato le riforme di produttività volute dal socialdemocratico Gerhard Schroeder, i cui frutti sono stati raccolti da Angela Merkel. Così come Tony Blair aveva proseguito molto del lavoro di Margaret Thatcher, trasformando il vecchio e bollito Labour Party in un New Labour che ha cambiato i connotati della socialdemocrazia mondiale.

Infine entrambi - popolari e socialdemocratici europei - hanno da tempo sepolto i totem dell'ideologia a vantaggio delle idee, tanto più se nuove.

E in Italia? Dopo un po' di anticamera, Berlusconi e i suoi movimenti (Forza Italia, il Pdl dopo) sono stati accolti nel Ppe. A propiziarne l'ingresso fu l'ex premier spagnolo Josè Maria Aznar, in buoni rapporti sia con il Cavaliere sia con la Cdu tedesca. Invece la sinistra italiana, nonostante l'europeismo di Romano Prodi, non ha ancora aderito al Pse. Glielo hanno impedito le sue varie anime: ex popolari, ex liberali, ex radicali, e soprattutto ex comunisti. Foto di un gruppo ancora legato al passato e che non ha ancora trovato un futuro.

Il Pd ha con il Pse un accordo di collaborazione e consultazione, l'Alleanza dei progressisti e dei democratici europei. Alla Sinistra unitaria europea aderisce invece la componente di maggioranza del Sel di Nichi Vendola, cioè gli ex comunisti. Gli altri vendoliani stanno con i Verdi europei, la pattuglia socialista con il Pse.

Dopo le ultime esternazioni berlusconiane la collocazione nel Ppe del Pdl o di parte di esso è in bilico. Mentre quella del Pd tra le socialdemocrazie europee non è mai effettivamente avvenuta.

Il risultato è esattamente ciò che vediamo in questi giorni: tra un Cavaliere al galoppo verso il complottismo anti-Europa da una parte, ed un Pd a trazione Bersani-Vendola dall'altra, l'Italia rischia di non essere riconosciuta da nessuna delle due famiglie politiche del continente: né pienamente e convintamente popolare, né pienamente e convintamente socialdemocratica.

Per di più se Berlusconi si rifugia nel vecchio anticomunismo, Bersani gli dà ragione con il mai rinnegato metodo del «nessun nemico a sinistra», e l'alleanza con Vendola ne è solo un tratto. Due regressioni dalla realtà che non promettono alcunché di buono per il governo che il prossimo anno dovrà gestire 388 miliardi di aste di titoli di Stato e porsi l'obiettivo strategico di ridurre 800 miliardi di spesa pubblica, per oltre il 90% costituito dal puro mantenimento dell'apparato statale.

Ecco perché l'Europa guarda a Monti, ed ecco perché il Ppe lo vuole nel proprio alveo senza che i socialdemocratici europei lo ritengano un avversario né tantomeno lo sottopongano a scomunica; anzi. Come invece avviene da noi quando si parte in quarta per la campagna elettorale all'insegna sempre delle ideologie, e mai delle idee.

Le ideologie, che hanno devastato l'Europa nel secolo scorso, sembrano resistere soltanto in Italia impedendo a un'intera classe politica di diventare classe dirigente europea. Il che significa, certo, anche interloquire con i mercati, con le banche, con le imprese ed i sindacati, e infine con i signori dello spread: ma di farlo secondo regole riconosciute e accettate da tutti.

E come tali le valuta il resto del mondo, banche e governi. Volete una controprova? L'Italia è forse l'unico paese evoluto nel quale le liste elettorali inalberano un nome. Altrove ci sono socialisti, popolari, conservatori, laburisti, socialdemocratici, gollisti; e la forma non cambia ad ogni chiamata alle urne; caso mai si rinnova. Qui abbiamo le liste Berlusconi, Bersani, Prodi, Di Pietro, Grillo, Casini. Quasi fossero i nostri signori della guerra.
Il Tempo - Politica - Pd e Pdl «senza famiglia» in Europa
 
Solito articolaccio di un pessimo giornale

É falso che i sindacati appoggino la riforma Hartz del lavoro, anzi sono contrarissimi e in Germania è pieno di ricorsi legali contro la applicazione. Nella stesso partito socialdemocratico, una buona parte è assolutamente contro

Voci dalla Germania: 10 anni di Hartz IV

É una riforma senza dubbio molto amata dalla confindustria tedesca ( si pensi che Hartz era il direttore del personale della VW:D ). La riforma ha consentito la svolta mercantilistica con cui la Germania ha messo KO i paesi periferici dell'eurozona tra cui l'Italia.

Da noi si tenta di fregare il popolino dicendo che nella grande Germania gli operai hanno accettato di buon grado le riforme liberiste, ma non è affatto cosí
 
La riforma tedesca però ha effettivamnte funzionato: più produttività e più lavoro, più stipendio, anche se con una paga oraria inferiore
 
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