Mi sento milanese. Sono un bambino di Milano, perché è una città nuova, moderna, che ha carattere. I milanesi si considerano europei, non italiani. Milano non è
Napoli, la vecchia Italia convenzionale, dove pittoreschi pescatori si siedono con i piedi nella sabbia, facendo soldi con turisti che vogliono 'fare' l’Italia. Milano è il futuro. La sua energia e vitalità sono uno schiaffo in faccia all’Italia da cartolina cara ai turisti.
L’atemporalità, non è qualcosa che riguarda esclusivamente questo decennio. Tutti i grandi artisti sono e sono stati senza tempo, però un essere umano è radicato in un luogo specifico. Per me quel posto è Milano.
Ho ereditato dei soldi da parte di mia nonna, e col primo gruzzolo ho inventato, autofinanziandomi, la rivista d’arte Azimuth. Successivamente, ho aperto una Galleria d'arte ma,
quando si è trattato di fare il terzo numero della rivista non me la sono più sentita... così, ho preferito comprarmi una Cinquecento usata, e con questa sono partito viaggiando in mezza Europa.
Sono arrivato in Scandinavia, qui per realizzare la più lunga linea di inchiostro d’arte mai realizzata. Ho scoperto un mondo industriale al servizio dell’arte. In Italia l’arte è sempre stata la “serva” degli industriali, che si fingono amanti dell’arte; comprano un’opera come se fosse una giacca da indossare per tutte le stagioni.
A Copenaghen ho conosciuto artisti fratelli e non rivali...
Paul Gadegaard, pittore danese mi mise in contatto con Aage Damgaard, un illuminato industriale, proprietario della Angli Shirt Factory. Era solito invitare giovani artisti a Herning, una cittadina dello Jutland dove aveva sede la sua impresa, creando per loro le condizioni di lavoro ottimali per poter condurre esperimenti con materiali innovativi. In cambio gli artisti lasciavano a Damgaard buona parte delle opere realizzate. Soggiornai a Herning in due occasioni. Nel corso della prima visita, nell’estate del 1960, realizzai tra le altre cose la mia celebre Linea di 7200 metri, che fu poi rinchiusa in un contenitore di zinco.
Il tempo è qualcosa di completamente diverso. È la linea – o la linea di 7000 metri che ho tracciato nella stamperia dell’Herning Avis. Questa linea non è un centimetro o un metro. La linea è Zero, non è una fine. Uno zero non è una totalità chiusa. Come la linea, è allo stesso tempo un inizio e una serie senza una fine.
Non sono un genio, non è mia intenzione creare capolavori.
Metto in risalto alcune cose e le offro alla contemplazione, così che le persone possano giudicare da sé. Noi, e quando dico noi intendo i giovani del nostro tempo, non siamo geni. Non possiamo accettare la diffidenza, ed è la diffidenza che crea i geni.
Molti pensano che l’arte nuova sia rivoluzionaria e che voglia ribellarsi contro lo status quo...
Non ho una risposta, ho l’impressione che i nostri tempi non siano più reazionari. Poi, certo, se entro in un negozio d’arte e compro libri sull’arte moderna, mi diranno che sono rivoluzionario. Secondo me questo è vero solo sulla carta.
Sognavo la rivoluzione con AZIMUTH...
Prima come una rivista d’arte. Poi,
AZIMUT, come forma di Galleria d'arte...
La rivista la pubblicai in soli due numeri. Testi teorici e reportage di incontri:
"libera dimensione" - “continuità e nuovo" - “una nuova concezione di pittura" - “l'oscurità e la luce", ma mi accorsi subito che le riviste d’arte d’avanguardia in Italia non le guardava nessuno, nessuno ci faceva caso. Queste riviste ce le guardavamo solo tra noi...
Così, a quel punto con il resto dei soldi della nonna mi son fatto la macchina!
La mia rivoluzione è stata una cinquecento...