Da quello che capisco dalla lettura del libro, il portafoglio lazy resta "lazy" se l'asset allocation è statica, ovvero decido che la mia asset allocation è 60/40 e resta questa per tutto l'orizzonte temporale.
Poi l'autore suggerisce, visto che i mercati cambiano e le condizioni cambiano, di "adattare" l'asset allocation alle condizioni del presente, quindi se l'azionario perde, allora si adegua l'asset allocation per riflettere questa nuova condizione di mercato. Ecco che entra in gioco l'asset allocation dinamica.
Non si parla più di lazy, secondo il mio punto di vista, visto che il lavoro che c'è dietro l'asset allocation dinamica è comunque importante.
Ho deciso di leggere anche io il libro, dato che molti ne parlano. Da quello che scrivi mi ricorda un libro di Sofani che avevo letto tempo fa sulle strategie di utilizzo degli ETF.
Al di là di questo, per come intendo io la filosofia lazy, ci può anche stare che in un dato ciclo di mercato uno modifichi leggermente l'allocazione (ad es. aumentando un pò la quota bond).
Lo intendo però come uno sbilanciarsi di poco rispetto al proprio portafoglio, che nella sostanza rimane invariato. Ad es. metto 5% di bond in più, al posto di 5% stocks (se sono scesi e li posso comprare al ribasso), acquistando e basta.
Basta non fare market timing o ruotare gli asset in portafoglio sulla base dei momentum, altrimenti non è più un lazy, ma qualcos'altro (come dici giustamente anche tu).
Lazy per me è una filosofia di investimento: il mercato scende e sale, farà un pò quello che vuole... chi è pigro non se ne preoccupa più di tanto perché ha un orizzonte temporale lungo.
Questa la mia opinione... e parlo da neofita, dato che il mio lazy ha preso vita meno di due mesi fa.