Quando la terra trema...

Terremoto di magnitudo 7.0 in Alaska, strade distrutte e danni ingenti - Rai News

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L’insolito terremoto dell’Alaska, ecco perché gli esperti lo hanno definito così
Il potente terremoto che ha colpito l'Alaska ha qualche punto in comune con quello catastrofico del 1964 ma gli esperti lo definiscono "insolito": ecco perché

Anchorage, città di circa 300.00 abitanti dell’Alaska, è stata colpita da un potentissimo terremoto di magnitudo 7 ieri, 30 novembre. La città non è nuova ai terremoti, ma questo evento si è verificato vicino all’epicentro del catastrofico sisma di magnitudo 9.2 del 1964, che è stato un migliaio di volte più grande.

Nonostante il “megathrust” del 1964 e l’ultimo terremoto quasi si sovrappongano e si siano verificati più o meno alla stessa profondità, le loro similitudini finiscono qui. Il sisma del 1964 si è verificato quando una parte della placca pacifica, lunga 100km e ampia 300km, è stata spinta di circa 20m verso nord-ovest al di sotto dell’Alaska, in un processo chiamato subduzione. Questo perché la placca pacifica sta scivolando verso l’Alaska a circa 60mm all’anno. Il sisma del 1964 è stato un evento compressionale che ha sollevato il fondale oceanico e ha abbassato parti della costa, causando enormi tsunami oltre al violento tremore durato per di più di 4 minuti.

Il terremoto di ieri, 30 novembre, invece, è stato causato da una tensione est-ovest lungo una “normale” faglia da nord a sud. Gli esperti di Temblor lo definiscono “insolito”. Di seguito riportiamo le motivazioni che li hanno spinti a tale definizione, che trova l’appoggio anche del Prof. Giuliano F. Panza, autorevole esperto internazionale di sismologia e ingegneria sismica.

La miglior spiegazione è che il terremoto si sia verificato in una curva verso il basso della “lastra di subduzione” della placca pacifica. Questa curva induce una tensione locale sulla superficie superiore della lastra e una compressione lungo la sua base. Dall’immagine a lato, fornita dall’USGS, si può notare che la superficie della lastra debba essere più ripida vicino al punto in cui ha colpito il terremoto, perché i contorni di profondità si avvicinano a nord-ovest della stella. In questo contesto, la faglia avrebbe dovuto essere parallela ai contorni, con una tendenza verso nord-est e non nord-sud. Le scosse di assestamento sono allineate nord-sud, coerenti con una faglia di questo orientamento ma non è chiaro se sia inclinata verso est od ovest.

Qualunque sia la sua origine, il terremoto ha scosso la Baia di Turnagain e la Baia di Knik in maniera molto intensa, con un’accelerazione del suolo massima di 1.0g e velocità del suolo massima di 35cm/s, sufficiente a far cadere le persone che stanno ferme. Poiché dopo il sisma del 1964 è stata ricostruita in considerazione dei terremoti, Anchorage potrebbe essere una delle città americane più preparate e potrebbe persino motivare il resto degli USA a intraprendere lo stesso cammino, dal momento che in futuro è molto probabile che un terremoto di magnitudo 7 colpisca la Bay Area di San Francisco.


Per approfondire L’insolito terremoto dell’Alaska, ecco perche gli esperti lo hanno definito cosi - Meteo Web
 
Fortissimo terremoto in Alaska, ponti e strade crollate ad Anchorage. Rientra allarme tsunami

Un forte terremoto di magnitudo di 7.0 è stato registrato a soli 12 chilometri da Anchorage, la capitale dell'Alaska. La terra ha tremato alle 8.29 locali (18.29 ora italiana) a una profondità di 20 chilometri. La situazione è resa ancora più critica per un'allerta tsunami che interessa in queste ore tutta la costa meridionale dello stato. Secondo il "National Weather Service" l'allarme riguarda l'area del Cook Inlet.

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Il terremoto di magnitudo 6.6 sulla scala Richtewr ha colpito una zona a circa dieci chilometri di distanza dalla città di Anchorage. Secondo il National Weather Service l'allarme riguarda l'area del Cook Inlet. Alcuni media americani riferiscono che le persone sono corse fuori dalle case e dai loro uffici in cerca di riparo. In particolare almeno un edificio ad Anchorage avrebbe riportato delle crepe. Non è ancora chiaro se ci siano feriti.

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Alcuni media americani riferiscono che le persone sono corse fuori dalle case e dai loro uffici in cerca di riparo. Numerose persone residenti nella zona costiera sono state evacuate e portate nell'entroterra, a causa proprio dell'emergenza tsunami. In un secondo tempo, l'istituto geologico americano ha rivisto la misurazione della magnitudo, che è stata fissata a 7.0. Sei minuti dopo la prima scossa se ne è verificata una seconda di assestamento, di magnitudo 5.8 con un epicentro ad un solo chilometro di distanza da Anchorage. La città è la più grande dell'Alaska e conta 300mila abitanti.


Fortissimo terremoto in Alaska, danni agli edifici e strade crollate. Rientra allarme tsunami | NEWS - LEGGO.it
 
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Fortissimo terremoto in Alaska, ponti e strade crollate ad Anchorage. Rientra allarme tsunami

Un forte terremoto di magnitudo di 7.0 è stato registrato a soli 12 chilometri da Anchorage, la capitale dell'Alaska. La terra ha tremato alle 8.29 locali (18.29 ora italiana) a una profondità di 20 chilometri. La situazione è resa ancora più critica per un'allerta tsunami che interessa in queste ore tutta la costa meridionale dello stato. Secondo il "National Weather Service" l'allarme riguarda l'area del Cook Inlet.

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Alcuni media americani riferiscono che le persone sono corse fuori dalle case e dai loro uffici in cerca di riparo. Numerose persone residenti nella zona costiera sono state evacuate e portate nell'entroterra, a causa proprio dell'emergenza tsunami. In un secondo tempo, l'istituto geologico americano ha rivisto la misurazione della magnitudo, che è stata fissata a 7.0. Sei minuti dopo la prima scossa se ne è verificata una seconda di assestamento, di magnitudo 5.8 con un epicentro ad un solo chilometro di distanza da Anchorage. La città è la più grande dell'Alaska e conta 300mila abitanti.


Fortissimo terremoto in Alaska, danni agli edifici e strade crollate. Rientra allarme tsunami | NEWS - LEGGO.it

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Terremoto Alaska, strada distrutta e ricostruita in soli quattro giorni - Corriere.it
 
Etna, il terremoto di oggi a Catania: la storia si ripete (ma non insegna nulla)
da "Meteoweb"

Il forte terremoto di magnitudo 4.9 di stanotte a Catania e il rapporto tra le eruzioni dell'Etna e l'attività sismica in area etnea: una storia ben nota, ma che sembriamo non voler recepire
A cura di Giampiero Petrucci 26 dicembre 2018 - 10:40

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Terremoto Catania – L’Etna, il vulcano più alto d’Europa, è circondato da faglie in grado di attivarsi e generare sismi che, fortunatamente, spesso non raggiungono valori elevati di Magnitudo (maggiore di 4.5), ma hanno comunque dimostrato nel corso della storia di poter provocare danni ingenti e distruzione.

La faglia Pernicana a Nord ed il cosiddetto “sistema delle Timpe” a Sud rappresentano i punti nevralgici del quadro sismotettonico etneo (Fig. 1):

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Fig. 1. Le principali faglie che circondano l’Etna sul versante orientale e che ciclicamente hanno sviluppato terremoti dannosi. In particolare gli scienziati individuano due zone sismogenetiche, nei pressi di S. Venerina e Piedimonte Etneo. Con la sigla PF è indicata la Faglia Pernicana, responsabile di molte scosse nel settore settentrionale del vulcano. Le faglie nella porzione sud-orientale fanno invece parte del cosiddetta “sistema delle Timpe”
(da Azzaro et alii, 2000)
E’ stato calcolato che, a causa di eventi sismici, in media negli ultimi due secoli l’area etnea ha subìto gravi danni una volta ogni circa 15 anni e distruzione con vittime ogni circa 30 anni. Fenomeni dunque tutt’altro che trascurabili e da non sottovalutare. In particolare è il versante orientale dell’Etna, oltre tutto pure il più urbanizzato, a risultare sede preferenziale dei terremoti che, seppur generati dal movimento di faglie, risentono comunque anche dell’attività vulcanica e del suo parossismo. In particolare i Comuni più interessati sembrano essere quelli di Zafferana, Acireale e Giarre. (Fig. 2)

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Fig. 2. Gli epicentri dei terremoti accaduti nei secoli sul versante orientale dell’Etna. Si noti come raramente la Magnitudo sia prossima a 5.0 . Questi sismi vengono definiti anche “vulcano-tettonici” (da Azzaro et alii, 2000)
Per i motivi suddetti tali sismi sono definiti vulcano-tettonici in quanto il magma, in risalita dalle profondità della terra, può provocare la fratturazione delle rocce superficiali e con essa le vibrazioni che danno origine ai sommovimenti. Non a caso dunque la caratteristica essenziale di questi eventi tellurici è la superficialità dell’ipocentro (spesso inferiore ai 5 km) e la forte attenuazione dell’energia sismica nel raggio di pochi km, con conseguente concentrazione dei danni in aree molto ristrette geograficamente, situate spesso a cavallo della faglia generatrice. In altre parole, con una locuzione cara ad alcuni scienziati del passato travolti da una vena romantica, questi terremoti rappresentano un po’ “il respiro del vulcano” e vengono definiti anche come “tremori vulcanici” proprio per rimarcare come sia tutta la montagna a “muoversi” ed a scuotere di conseguenza il terreno. Interessante notare che, pur se caratterizzati da una Magnitudo bassa, i terremoti etnei sono capaci di stravolgere il territorio, con fenomeni di fagliazione superficiale anche intensa ed estesa come fenditure, depressioni, piccole voragini che talora possono raggiungere anche i 5 km di lunghezza, provocando non pochi problemi a edifici ed infrastrutture viarie. In alcune occasioni tali dislocazioni possono verificarsi anche senza rilascio di energia sismica: si tratta di movimenti molto più lenti e prendono il nome di creep (Fig. 3), ben individuati sui fianchi dell’Etna dagli scienziati. Un vulcano dunque che “respira” e si “muove” anche pesantemente, in maniera costante e continua, con fenomeni parossistici violenti e ben individuabili nel corso del tempo.

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Fig. 3. Fagliazione superficiale riscontrata direttamente sul terreno nel versante orientale dell’Etna (da Azzaro, 2010)
Riviviamo gli eventi sismici più importanti degli ultimi 200 anni in area etnea. Il 20 febbraio 1818 si sviluppa un forte terremoto con epicentro nei pressi di Aci S. Antonio, praticamente distrutta. La Magnitudo è alta, intorno a 6.0, ed il sisma provoca devastazione nell’intera area sud-orientale del vulcano. Crolli estesi a Zafferana, Acireale, Aci Consolazione e Acicatena. In totale i Comuni interessati dal fenomeno risultano circa 60, con danni segnalati anche sulla costa da Taormina a Patti e nella stessa Catania dove un leggero tsunami invade il porto. Si conta almeno una settantina di morti. Questo evento tuttavia risulta anomalo nel contesto etneo in quanto non è associabile, almeno in apparenza, ad un fenomeno eruttivo chiaramente visibile.

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Fig. 4. Le intensità macrosismiche rilevate nel terremoto etneo del 1818, il più forte avvenuto nella zona negli ultimi due secoli (da CPTI15, [url]www.emidius.mi.ingv.it[/url])
Certamente invece di origine vulcano-tettonica l’evento del 19 luglio 1865. Da oltre sei mesi, da gennaio per la precisione, l’Etna è in piena fase eruttiva, con “tremori” e sciame sismico ben avvertiti dalla popolazione. Il terremoto stavolta non ha una Magnitudo molto elevata, circa 4.9, ma i suoi effetti sono comunque disastrosi sia pure su un’area molto ristretta, non più grande di 6-7 kmq. Viene colpita in particolare la zona di Giarre, con la frazione di Fondo Macchia completamente distrutta. Numerose le borgate di campagna rase al suolo, complice una struttura edilizia alquanto precaria dei vari casolari. Palombaro è tra le località più colpite in un territorio dove, come consuetudine, non mancano fenditure e fessurazioni. Tragico il conto delle vittime che raggiunge la cifra di 70. Qualcosa di simile accade anche il 17 giugno 1879 quando però ad essere interessata è la zona di S. Venerina e di Bongiardo in particolare. Di nuovo abbiamo una Magnitudo poco elevata (4.6) e danni circoscritti ad un’area inferiore ai 10 kmq di grandezza. Ma l’aspetto più importante è che pure stavolta il sisma è associato ad un’attività parossistica dell’Etna che stava durando da una ventina di giorni. Dagala, Guardia e S. Michele le altre località gravemente colpite dai danni. L’8 agosto 1894 si replica, con un’altra scossa di Magnitudo 4.6 che provoca forti lesioni ad Acireale, dove è seriamente colpita la frazione di Pennisi, e Zafferana. Fleri, Mazzasette e Pisano le altre località danneggiate. Una quindicina i morti segnalati. Gli eventi etnei dell’800 dimostrano chiaramente come, anche in presenza di Magnitudo al limite della cosiddetta “soglia del danno” (5.0), non siano mancati danni e vittime. Evidentemente il territorio non era pronto a sopportare impatti di terremoti medio-bassi. Non solo, ma gli effetti di questi sismi confermano quanto sia importante la prevenzione e soprattutto creare strutture antisismiche, in particolare nelle aree più vulnerabili come l’intera Sicilia orientale.

Evidentemente però la storia non insegna niente perchè anche nel ‘900 non mancano fenomeni sismici significativi, con danni e vittime, nell’area etnea. Difatti preceduta da alcuni “tremori”, alla fine di un’attività eruttiva del vulcano particolarmente intensa, il 15 ottobre 1911 si sviluppa una scossa di Magnitudo 4.6, con epicentro nei pressi di Giarre. Tra i paesi e le frazioni più colpite risultano (di nuovo) Fondo Macchia, Palombaro, S. Venerina. 13 le vittime accertate causa crolli generalizzati di abitazioni dalle tipologie edilizie alquanto scadenti, con i muri a secco ed i tetti particolarmente pesanti nonchè assenza di fondamenta, elementi tipici dell’epoca. Nel territorio si riscontrano fenditure, fessurazioni e voragini nel terreno che spesso accompagnano i fenomeni di questo tipo. Particolarmente grave la situazione della borgata di Fondo Macchia: già semidistrutta nel 1865, duramente colpita anche da questo sisma, sarà praticamente abbandonata.

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Fig. 5. Le intensità macrosismiche per il terremoto che colpisce il versante orientale dell’Etna nel 1911 (fonte INGV)
Non passano neanche tre anni e l’8 maggio 1914 siamo alle solite. Stavolta l’epicentro è situato nei pressi di Acireale e la scossa possiede una Magnitudo di 4.9, tra le più alte mai registrate nell’intera area in tempi recenti. Distrutti i paesi di Linera, Cosentini, Passopomo, Beata Vergine della Catena e Bongiardo. Gravi danni a S. Cosimo, Fiandaca, Guardia e Dagala. Numerose le chiese danneggiate, in seguito abbattute e ricostruite. Lesioni significative anche nel centro di Acireale. Conteggiati 69 morti. Altri quattro anni e di nuovo un’altra scossa, il 24 novembre 1918. Un evento alquanto particolare. Di Magnitudo relativamente bassa (4.3), con ipocentro superficiale, la scossa concentra i suoi danni intorno a Giarre che subisce ingenti lesioni per le cause già viste in precedenza: tipologie edilizie di pessima qualità ed “effetti di sito” che amplificano la scossa. Addirittura un centinaio i morti, per un evento spesso trascurato e dimenticato ma che invece dovrebbe far riflettere sull’importanza di costruire in maniera antisismica.

Si riparte il 19 marzo 1952, giorno di S. Giuseppe da cui prende nome popolarmente l’evento, un terremoto che conferma una volta di più quanto visto in precedenza. Il versante orientale dell’Etna è zona tra le più sismiche dell’intera Sicilia e soprattutto si verificano danni anche in presenza di Magnitudo non elevate. Nel 1952 l’epicentro è situato nei pressi di Linera, semidistrutta nonostante una magnitudo intorno a 4.1, dunque ben al di sotto della cosiddetta “soglia del danno”. I Comuni più colpiti sono Santa Venerina e Zafferana dove le frazioni di Pisano e Fleri subiscono danni notevoli. Lesioni anche ad Acireale ed in numerose borgate rurali dell’area. Due i morti per un sisma che meriterebbe ulteriori approfondimenti, essendo paradigma di quanto possa accadere se il territorio, con fabbricati vetusti e mal edificati, risulta vulnerabile a scosse anche poco potenti.

Il fenomeno si ripete 32 anni dopo, il 25 ottobre 1984 quando il versante orientale dell’Etna mostra di nuovo la sua forte vulnerabilità anche a scosse di Magnitudo relativamente bassa (4.5) ma con ipocentri superficiali (intorno ai 5 km). Due scosse in una settimana (di cui la più forte notturna) provocano un morto e diversi feriti nella zona di Zafferana Etnea, con particolari danni a Fleri e Pisano. Il 70% degli edifici nel comune di Zafferana è dichiarato inagibile. Alcune persone vengono estratte vive dalle macerie ma fortunatamente la maggior parte degli abitanti era già in salvo, dormendo prudenzialmente all’addiaccio, avendo avvertito alcune scosse nelle ore precedenti.

L’anno seguente è l’alta quota ad ergersi protagonista. In concomitanza con l’inizio di un’eruzione, uno sciame sismico si sviluppa a cavallo tra 1985 e 1986, con la scossa principale che trova il suo epicentro nella zona detta Etna Nord, caratterizzata da infrastrutture turistiche che proprio il giorno di Natale (25.12.1985) vengono distrutte da un sisma di Magnitudo 4.2. Una persona muore nel crollo dell’albergo Le Betulle. Nell’autunno 2002 la stessa area è oggetto di un altro sciame intenso, che stavolta dura pochi giorni, ma in pratica occupa l’intero versante orientale del vulcano, iniziando di nuovo ad Etna Nord che viene interamente travolto da una grande eruzione, tra le più esplosive dell’ultimo secolo, tale da distruggere l’intera area di Piano Provenzana. Associata all’emissione di lava, il 27 ottobre 2002 una scossa di Magnitudo 4.8 dà il colpo di grazia alle infrastrutture che verranno faticosamente ricostruite. Due giorni dopo, il 29 ottobre, un altro sisma di Magnitudo similare colpisce l’area di S. Venerina e Bongiardo, con danni significativi ma nessuna vittima. Nel breve giro di una settimana le scosse si esauriranno, lasciando però la conferma di come, proprio come sta accadendo in questi giorni, il versante orientale dell’Etna non sia al sicuro dal rischio sismico, soprattutto se in presenza di violente eruzioni vulcaniche. In passato il territorio ha dimostrato più volte la sua vulnerabilità a scosse anche di Magnitudo relativamente bassa. Il terremoto di questa notte ha confermato come la storia spesso si ripeta. E purtroppo come non si riesca ancora a recepire ed applicare i suoi insegnamenti.

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Fig. 6. La sintesi delle immagini precedenti, con le faglie e la posizione degli epicentri dei terremoti sviluppatisi sul
 
intanto L'Aquila ha iniziato l'anno nuovo con un nuovo tipo di terremoto:(



Il terremoto di Capodanno a L'Aquila è un 'nuovo evento'
ANSA

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E' un terremoto 'nuovo' quello di magnitudo 4.2 avvenuto il giorno di Capodanno nella zona de L'Aquila:"non è collegato alle sequenze che hanno colpito l'Italia centrale a partire dal 2016, né al sisma de L'Aquila del 2009", ha detto all'ANSA il sismologo Maurizio Pignone, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

Per l'esperto "non si può ancora parlare di un nuovo sciame o sequenza sismica: si è trattato piuttosto - ha aggiunto - di un evento principale, quasi singolo, con un numero ridotto di eventi successivi, otto al momento, di magnitudo inferiore, il più alto di 2.0".

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Epicentro del terremoto di magnitudo 4.2 del 1 gennaio 2019 e la sismicità nell’area nelle ultime 24 ore (in arancione) e dal 1 gennaio 2018 (in blu). (fonte: INGV)

Il terremoto, con epicentro vicino Collelongo, a circa 54 chilometri da L'Aquila, ha riguardato un'area, quella della Marsica, ad alta pericolosità sismica, dove una decina di chilometri più a Nord, il 13 gennaio del 1915 è stato registrato un terremoto di magnitudo 7.0 che ha provocato più di 30.000 vittime. Per Pignone, la scossa registrata il giorno di Capodanno dalla rete sismica nazionale dell'Ingv, "ha avuto un ipocentro a circa 17 chilometri": una profondità, ha rilevato, "alla quale una scossa di magnitudo 4.2 in genere non fa danni".

Il numero di repliche del terremoto di Capodanno nell'aquilano, una decina, è ancora troppo basso, secondo l'Ingv, per capirne in dettaglio le caratteristiche. "Il terremoto si inserisce in un complesso sistema di faglie orientate parallelamente all'Appennino, vecchio di centinaia di migliaia di anni", ha spiegato all'ANSA il sismologo dell'Ingv Alessandro Amato. "La scossa di 4.2 equivale all'attivazione di una porzione piccola di faglia, di circa 1 chilometro. Questo aspetto - ha aggiunto - unito al numero ridotto di repliche e alla profondità della scossa, di circa 17 chilometri, non ci permette al momento di dire se questa faglia sia la parte più profonda di una faglia più grande, come quella del terremoto della Marsica del 1915, che aveva tagliato presumibilmente l'intero strato sismogenetico, da circa 15 chilometri fino alla superficie", ha sottolineato Amato.

Secondo l'Ingv, altri eventi sismici significativi nelle vicinanze di quello registrato a Capodanno sono avvenuti nel 1922 e 1927, entrambi con una magnitudo di 5.2, e il 28 febbraio 2015, anno in cui fu registrato un evento di magnitudo 4.1 poco a Nord dell'epicentro di quello di Capodanno a Collelongo. Per l'Ingv, "la mappa del risentimento sismico, che mostra la distribuzione degli effetti del terremoto sul territorio come ricostruito dai questionari on line dei cittadini, più di 2.000 in totale, indica che la zona interessata è piuttosto ampia: si estende dalle province di Latina e Frosinone, nel Lazio, fino ai territori di Teramo e Chieti, in Abruzzo".


Il terremoto di Capodanno a L'Aquila e un 'nuovo evento' - Terra & Poli
- ANSA.it
 
Sisma Mugello,Rossi,fare piano Appennino
Serve piano investimenti pluriennale per metterlo in sicurezza

10 dicembre 2019
18:10

(ANSA) - FIRENZE, 10 DIC - In Mugello dopo il terremoto "la situazione ora è migliore" ma "penso che il Governo dovrebbe lavorare a un grande piano per l'Appennino, un po' sul modello di quello che abbiamo messo in campo per quanto riguarda le alluvioni". Lo afferma Enrico Rossi, presidente della Toscana.
"Non si tratta di andare a investire in un anno 100 miliardi - spiega - Si tratta ogni anno di investire magari un miliardo e consentire di mettere in sicurezza l'Appennino. Ci sarebbero da fare tante cose". Per Rossi l'Appennino ha importanza decisiva: "Mi batterò per quanto mi resta nel mio impegno di presidente e anche dopo perché l'Appennino sia messo al primo posto con un grande piano di investimenti pluriennale, quindi mettere in sicurezza la popolazione che vive in un territorio così importante per noi. Non si può vivere nella paura: è grande sfida anche questa come quella dei cambiamenti ambientali".


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TERREMOTO in CAMPANIA, è in atto uno SCIAME SISMICO, NUOVA FORTE SCOSSA. PAURA e SCUOLE CHIUSE
Almeno 5 scosse di magnitudo superiore alle 3 questa mattina.
Le prime scosse, registrate dall'Ingv, pochi minuti dopo le 9 seguite da altre. La più forte, di magnitudo 3.8, alle 11.36. Tutte hanno l'epicentro nell'area di San Leucio del Sannio. Scuole chiuse a Benevento e in diversi centri della provincia


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ITALIA Terremoto 1980:

la tragedia, 40 anni dopo

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Terremoto Irpinia: ore 19.34, un minuto di silenzio nel "cratere"

A 40 anni dal devastante sisma Terremoto Irpinia 1980, il discorso di Sandro Pertini agli italiani: "Aiutate i vivi" Terremoto Irpinia 1980, Pertini: "Il miglior modo di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi" Irpinia, quelle voci tra le macerie del terremoto del 23 novembre 1980 38 anni dopo il sisma: i fantasmi dell'Irpinia Sisma dell'Irpinia il 23 novembre 1980 di Antonio Caggiano 23 novembre 2020 In Irpinia e in Basilicata ci sono due generazioni a confronto. Una che il terremoto lo ha sentito raccontare e che è nata e cresciuta in un contesto totalmente diverso da quello vissuto dalla generazione dei genitori e dei nonni, ma che ha vissuto tutte le conseguenze del terremoto e l’altra, appunto, quella che il terremoto lo ha visto e sentito in tutte le sue sfaccettature e che è diventata adulta in una calda sera di fine novembre, in un solo minuto e mezzo. Tra le due generazioni ci sono i luoghi, i paesi, i territori. Così diversi rispetto a “prima”. Così meglio collegati al resto del mondo rispetto a prima. Così belli, nuovi, ordinati e vuoti, rispetto a prima, tanto da diventare spesso qualcosa di diverso rispetto a prima e al prima. Vuoti non solo di persone. L’emigrazione era forte negli anni ’80: dalla Germania, dalla Svizzera, dall’America Latina e del Nord arrivava un flusso di denaro ininterrotto che spesso aveva come primo obiettivo quello di comprare o costruire casa. Ma anche in quel periodo in cui gli uomini erano lontano a cercare lavoro, più che fortuna, i paesi non erano vuoti. Le due generazioni sono ancora a confronto, anche oggi. Anche 40 anni dopo la “malanotte”, come l’inviato del Mattino di Napoli, Gianni Festa, descrisse quella notte maledetta, anche tra chi non è mai uscito dal “cratere”, termine coniato dal meridionalista Francesco Compagna. Sono impegnate più che mai a lottare contro il vuoto. Un vuoto fatto di prospettive future, di dibattito, di progetti, di sogni, di idee su cosa fare oggi, ma soprattutto domani di questi luoghi bellissimi, rinnovati, ammodernati, resi finalmente accessibili e ospitali, ma che continuano a allontanare le nuove generazioni e a chiamare eroi quelli che restano. A 40 anni da quel maledetto 23 novembre 1980 il bilancio offre cifre con tanti “più”, ma altrettante con un “meno” davanti. “Più” e “meno” che però non si annullano a vicenda, ma che invece contribuiscono, tutti, a tracciare i contorni di quello che è stato negli ultimi quattro decenni. E che conducono a oggi, 40 anni dopo, e consegnano non solo un’Irpinia e una Basilicata diverse, ma un’Italia trasformata, più unita e più simile, nella quale parole come solidarietà, sostegno, protezione civile, volontariato, hanno assunto la forma di valori dei quali ormai non se ne può più fare a meno.
 
Terremoto in Irpinia, tra passato e presente.

A 40 anni dal devastante sisma Il calendario segna 23 novembre 1980 quando un sisma di magnitudo 6,9 della scala Richter (Decimo grado della scala Mercalli) sfregia l'Irpinia. Una ferita indelebile con migliaia di vittime e sfollati, case distrutte e vite da reinventare. Lo Stato si scopre incapace di reagire in fretta e quando lo fa dimostra tutta la sua inefficienza. La più alta carica dello Stato denuncia la macchina che Egli stesso guida e si appella alla popolazione -

Terremoto in Irpinia, tra passato e presente. A 40 anni dal devastante sisma - Photogallery - Rai News
 
Terremoto oggi a Napoli, nuova scossa tra Bagnoli e Pozzuoli
Nuove scosse di terremoto nell’area dei Campi Flegrei, distintamente avvertite dalla popolazione: la più forte di magnitudo 3.5 alle 15.14.
A cura di Valerio Papadia



continua su: Terremoto oggi a Napoli, nuova scossa tra Bagnoli e Pozzuoli
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Pandemia, guerra, terremoto...e mamma mia:angry:, non manca proprio nulla:wall:
e purtroppo non è cambiato nulla da allora, anzi, con tutti i disastri naturali, la guerra che doveva durare poco, si poteva benissimo evitare, come tutte le guerreKO!
 

Terremoto in Turchia e Siria, i morti sono circa 2.650. 'Mille volte superiore a quello di Amatrice'​

Scossa di magnitudo 7.8 nella notte, oltre 120 quelle di assestamento. Tajani, tutti gli italiani contattati, stanno bene. Erdogan: 'Il più grande disastro registrato dal 1939'​

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Continua a salire il drammatico bilancio del terremoto di magnitudo 7.8 che ha colpito la notte scorsa il sud della Turchia e il nord della Siria.E' salito ad oltre 2.650 il bilancio dei morti del devastante sisma che ha colpito Turchia e Siria.




Le autorità turche hanno annunciato almeno 1.651 vittime, mentre almeno 1.000 morti si contano nella vicina Siria.

Almeno 120 scosse di assestamento si sono verificate dopo il potente terremoto di stanotte nel sud della Turchia,
secondo un aggiornamento dell'Agenzia turca per la gestione dei disastri e delle emergenze (Afad).


Terremoto in Turchia e Siria, i morti sono circa 2.650. 'Mille volte superiore a quello di Amatrice' - Medio Oriente
 
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