ceck78
Omnis homo mendax
- Registrato
- 18/5/05
- Messaggi
- 26.668
- Punti reazioni
- 1.115
La Stampa - Qui c'è troppa incertezza. L'Italia ritrovi entusiasmo e scommetta sul futuro
Dopo 4 anni l’ambasciatore Thorne fa ritorno negli Usa “Napolitano è stato
ed è l’uomo chiave del Paese”.
[...]
David Thorne ha già fatto le valigie e sta partendo per Washington, destinazione Dipartimento di Stato, dove lavorerà accanto al segretario di Stato John Kerry: per quattro anni ha abitato a Villa Taverna, la residenza degli ambasciatori americani alle spalle di Villa Borghese, e ha riscoperto Roma, la città in cui aveva vissuto da ragazzo.
[...]
Prima di partire racconta questi quattro anni e i dossier più spinosi che restano aperti sul tavolo del suo successore, dagli F35 al sistema di comunicazione satellitare Muos, dalla frenata degli investimenti stranieri in Italia al Datagate.
[...]
L’esordio è naturalmente istituzionale: «Le relazioni tra Italia e Stati Uniti sono sempre rimaste solide in questi quattro anni, sia con Berlusconi, che è sempre stato un amico per Washington, sia con i suoi successori: i rapporti si sono rafforzati con Monti e Letta. Il mio obiettivo in questi anni è stato quello di spiegare all’America quanto vale l’Italia, di far capire che non siete solo un Paese in cui è bello vivere o venire in vacanza ma uno dei partner europei su cui si può contare di più. Penso al contributo in Afghanistan, al progetto F35, al peso che avete avuto nella guerra libica, alla vostra presenza in Kosovo o nella missione Unifil in Libano. Ma non è solo una questione geostrategica: penso al ruolo fondamentale che ha giocato Mario Monti nell’affrontare la crisi economica e nel convincere il mondo che l’Europa poteva farcela».
Gli chiedo se, valutandolo a qualche mese di distanza, il ruolo del nostro senatore a vita sia stato davvero così cruciale: «Monti è stato fondamentale ed essenziale per tranquillizzare i mercati e far capire agli americani che l’Europa si muoveva. Obama e Monti hanno avuto un rapporto strettissimo e per il nostro presidente il professore è stato un vero punto di riferimento. Oggi quella serietà come interlocutore la ritroviamo in Enrico Letta, tanto che Obama ci ha messo pochissimo a intendersi in modo molto cordiale con lui. Si sono incontrati al G8 in Irlanda e Letta è stato molto incisivo nel porre il problema della disoccupazione giovanile, tanto che la discussione è stata guidata da lui».
A questo punto però c’è da chiedersi dove siano i problemi, come mai gli investimenti stranieri si siano più che dimezzati e il nostro sistema produttivo stia crollando. Thorne, che ha un curriculum da imprenditore, non aspetta la fine della domanda: «Potrei rispondere con una sola parola: “Incertezza”. Per fare investimenti bisogna avere certezze e l’Italia è diventato il Paese dell’incertezza, prima di tutto nel sistema della giustizia, poi nella stipula dei contratti, negli adempimenti burocratici. Dovete assolutamente semplificare le procedure e accorciare i tempi per dare chiarezza e sicurezze a chi vuole produrre qui.
Bisogna rendersi conto che attrarre investimenti stranieri è di vitale importanza e quei soldi potrebbero essere un fattore chiave per far ripartire l’Italia. Ma il primo pezzo di strada lo dovete fare voi cambiando atteggiamento».
Thorne pensa all’Italia che aveva conosciuto da ragazzo tra la metà degli Anni Cinquanta e la metà dei Sessanta, erano gli anni del boom economico «quando c’era una mentalità imprenditoriale sette giorni su sette, 24 ore al giorno, e si scommetteva sul proprio futuro». «Dovete ritrovare quello spirito, stimolare i giovani a creare nuove attività, rimettere in circolo energie ed entusiasmo. L’Italia ha bisogno di credere in se stessa, non vi manca il genio e avete ancora la ricchezza necessaria per investire sul futuro e tornare ad essere competitivi. Ci vuole la volontà politica ma anche quella sociale, quella dei singoli cittadini e bisogna capire dove va il mondo».
[...]
Dopo 4 anni l’ambasciatore Thorne fa ritorno negli Usa “Napolitano è stato
ed è l’uomo chiave del Paese”.
[...]
David Thorne ha già fatto le valigie e sta partendo per Washington, destinazione Dipartimento di Stato, dove lavorerà accanto al segretario di Stato John Kerry: per quattro anni ha abitato a Villa Taverna, la residenza degli ambasciatori americani alle spalle di Villa Borghese, e ha riscoperto Roma, la città in cui aveva vissuto da ragazzo.
[...]
Prima di partire racconta questi quattro anni e i dossier più spinosi che restano aperti sul tavolo del suo successore, dagli F35 al sistema di comunicazione satellitare Muos, dalla frenata degli investimenti stranieri in Italia al Datagate.
[...]
L’esordio è naturalmente istituzionale: «Le relazioni tra Italia e Stati Uniti sono sempre rimaste solide in questi quattro anni, sia con Berlusconi, che è sempre stato un amico per Washington, sia con i suoi successori: i rapporti si sono rafforzati con Monti e Letta. Il mio obiettivo in questi anni è stato quello di spiegare all’America quanto vale l’Italia, di far capire che non siete solo un Paese in cui è bello vivere o venire in vacanza ma uno dei partner europei su cui si può contare di più. Penso al contributo in Afghanistan, al progetto F35, al peso che avete avuto nella guerra libica, alla vostra presenza in Kosovo o nella missione Unifil in Libano. Ma non è solo una questione geostrategica: penso al ruolo fondamentale che ha giocato Mario Monti nell’affrontare la crisi economica e nel convincere il mondo che l’Europa poteva farcela».
Gli chiedo se, valutandolo a qualche mese di distanza, il ruolo del nostro senatore a vita sia stato davvero così cruciale: «Monti è stato fondamentale ed essenziale per tranquillizzare i mercati e far capire agli americani che l’Europa si muoveva. Obama e Monti hanno avuto un rapporto strettissimo e per il nostro presidente il professore è stato un vero punto di riferimento. Oggi quella serietà come interlocutore la ritroviamo in Enrico Letta, tanto che Obama ci ha messo pochissimo a intendersi in modo molto cordiale con lui. Si sono incontrati al G8 in Irlanda e Letta è stato molto incisivo nel porre il problema della disoccupazione giovanile, tanto che la discussione è stata guidata da lui».
A questo punto però c’è da chiedersi dove siano i problemi, come mai gli investimenti stranieri si siano più che dimezzati e il nostro sistema produttivo stia crollando. Thorne, che ha un curriculum da imprenditore, non aspetta la fine della domanda: «Potrei rispondere con una sola parola: “Incertezza”. Per fare investimenti bisogna avere certezze e l’Italia è diventato il Paese dell’incertezza, prima di tutto nel sistema della giustizia, poi nella stipula dei contratti, negli adempimenti burocratici. Dovete assolutamente semplificare le procedure e accorciare i tempi per dare chiarezza e sicurezze a chi vuole produrre qui.
Bisogna rendersi conto che attrarre investimenti stranieri è di vitale importanza e quei soldi potrebbero essere un fattore chiave per far ripartire l’Italia. Ma il primo pezzo di strada lo dovete fare voi cambiando atteggiamento».
Thorne pensa all’Italia che aveva conosciuto da ragazzo tra la metà degli Anni Cinquanta e la metà dei Sessanta, erano gli anni del boom economico «quando c’era una mentalità imprenditoriale sette giorni su sette, 24 ore al giorno, e si scommetteva sul proprio futuro». «Dovete ritrovare quello spirito, stimolare i giovani a creare nuove attività, rimettere in circolo energie ed entusiasmo. L’Italia ha bisogno di credere in se stessa, non vi manca il genio e avete ancora la ricchezza necessaria per investire sul futuro e tornare ad essere competitivi. Ci vuole la volontà politica ma anche quella sociale, quella dei singoli cittadini e bisogna capire dove va il mondo».
[...]