Venti anni prima, gli storici della scienza Edwin A. Burtt e Alexandre Koyré avevano studiato la rivoluzione scientifica del Seicento e avevano visto la stessa cosa. Essi avevano riconosciuto che la rivoluzione scientifica aveva implicato un insieme del tutto nuovo di assunti metafisici; la rivoluzione nel pensiero si era verificata come conseguenza di un mutamento nei concetti, più che attraverso una serie di nuove scoperte.
Kuhn fu galvanizzato da questa scoperta, e ben presto passò alla lettura di libri sulla scuola di psicologia della Gestalt, la quale interpretava i fenomeni della percezione come totalità organizzate piuttosto che come aggregati di parti distinte. Secondo la teoria della Gestalt, un'immagine visiva o un corpus di conoscenza non poteva essere analizzato nei termini dei suoi componenti: il tutto era maggiore della parti.
<<Scoprendo la storia, avevo individuato la mia prima rivoluzione scientifica>>, disse.
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Negli anni seguenti Kuhn cominciò a rendersi conto che il corpus di conoscenza per qualsiasi particolare comunità scientifica era come un'illusione gestaltica condivisa. Guardando un mondo comune attraverso occhiali colorati della stessa tonalità, gli scienziati condividevano assunti, supposizioni e attese sul mondo. Uno studente poteva entrare in una comunità scientifica soltanto mettendo gli occhiali gestaltici portati dai membri accettati dal gruppo.
In che modo una comunità scientifica poteva cambiare i suoi occhiali? Kuhn si rese subito conto che un cambiamento di occhiali poteva avvenire solo attraverso una rivoluzione. Una concezione del mondo doveva essere sostituita da un'altra: tutto qui.
Estremamente prudente, Kuhn non pubblicò le sue idee fino al 1962, nel libro intitolato La struttura delle rivoluzioni scientifiche. A quell'epoca aveva adottato, per descrivere la visione del mondo di una qualsiasi comunità scientifica specifica, la parola paradigma. Semplice ed elegante, l'idea delle rivoluzioni come mezzo per sostituire un paradigma con un altro paradigma attecchì rapidamente.
In un sol colpo, Kuhn aveva spiegato tante cose che in precedenza erano apparse confuse, sradicando idee esistenti sul modo di progredire della scienza. Per molti Kuhn aveva in effetti cambiato per sempre il modo in cui veniva considerato ogni sviluppo storico.
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Per una curiosa ironia della sorte, lo stesso Kuhn aveva creato un paradigma così potente per osservare lo sviluppo della civiltà che non sembrava più possibile guardare al mondo se non attraverso le sue speciali lenti paradigmatiche. L'idea aveva assunto l'aspetto di una grande verità, e tuttavia aveva i suoi detrattori. Gli scienziati si divisero in due campi: i kuhniani accaniti e gli antikuhniani.
John Bahcall, astrofisico senior all'Institute for Advanced Study e leader sui neutrini solari, era un credente del nuovo verbo di Kuhn. Secondo lui la scienza era cambiata attraverso una serie di rivoluzioni. La gravitazione aristotelica era stata rovesciata e sostituita da Galilei e da Newton, che a loro volta erano stati sostituiti da Einstain. Bahcall era convinto che anche il presente paradigma fosse destinato a cadere. Ciò nonostante, si rese conto Bahcall, la maggior parte degli scienziati avrebbero probabilmente rifiutato le idee di Kuhn.
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Essi lessero la sua analisi storica come un attacco alla validità di qualsiasi tipo di verità scientifica. In effetti la parola verità era apparsa nella Struttura delle rivoluzioni scientifiche solo come una citazione da Francesco Bacone. Lo stesso Kuhn aveva affermato che non credeva in una grandiosa verità scientifica finale esistente nel mondo. La millenaria guerra fredda fra scienza e teleologia era riapparsa infine anche nel libro di Kuhn.
Questi riconobbe che la scienza era progredita a partire da umili inizi, ma non era diretta verso alcun piano supremo. Questa nuova prospettiva storica sembrava quasi perfetta per il più relativistico di tutti i secoli, qual'è il nostro.
Giusto o sbagliato che fosse, le rivoluzioni di Kuhn sembravano fornire un mezzo per guardare a un mondo moderno: un'epoca di etica situazionale e di norme morali elastiche; un tempo in cui una parte importante della scienza si fondava su un insieme di teorie sotto l'intitolazione generale della relatività o sotto un nebuloso principio di indeterminazione; un'epoca che aveva abbandonato princìpi anteriori di giusto o ingiusto assoluto, di bene o male assoluto e ora, evidentemente, anche la possibilità di una verità assoluta.