Hellas1903
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CRONACHE
Sotto le macerie dell'edificio morirono 27 bambini e una maestra
Scuola crollata, dopo un anno l'inchiesta è a zero
Il terremoto a San Giuliano: le perizie devono ancora iniziare.
Il procuratore capo: «Sono naufrago della giustizia»
SAN GIULIANO DI PUGLIA (Campobasso) - Nella zona del campo sportivo, dove nei giorni dell’emergenza furono piantate le tende, e dove adesso c’è il villaggio che è la nuova - e provvisoria - San Giuliano di Puglia, c’è un posto che chiamano «la casetta», un prefabbricato leggero dove ogni giorno si incontrano i signori Morelli, Petacciato, Picanza, Ritucci, Iacurto, Buonagurio, Nardelli e un’altra ventina. Si incontrano, discutono, fanno telefonate, aspettano notizie. Ogni giorno aspettano notizie.
Morelli, Petacciato e tutti gli altri sono i genitori - riunitisi in un comitato - dei ventisette bambini morti, insieme con una maestra, il 31 ottobre scorso, quando il terremoto che colpì il Molise distrusse in tutta la regione una sola cosa: la scuola elementare Francesco Jovine.
Successe 317 giorni fa. L’Italia pianse davanti alla tv, il presidente Ciampi si commosse davanti alle bare. Restò un dolore infinito e una speranza: che almeno stavolta si facesse in fretta a capire perché. Perché un terremoto che colpisce un’intera regione butta giù una sola cosa. E perché proprio quella scuola, che doveva essere il posto più sicuro di tutto il paese.
Ma erano i giorni dell’emozione, quelli. E l’emozione spesso confonde. Perché ora che si avvicina l’anniversario, la verità è ancora lontana. A gennaio i periti nominati dal gip presenteranno le loro relazioni. Ma nemmeno quella sarà la verità, che invece potrà venir fuori solo dal processo.
Proviamo allora a inseguirlo, questo processo. A ripercorrere la strada sulla quale i magistrati si stanno muovendo dal giorno
Uno dei bambini estratto vivo dalle macerie (Ap)
successivo al terremoto, mentre i vigili del fuoco ancora scavavano e i genitori ancora speravano. Per farlo bisogna lasciare San Giuliano - dove le macerie della scuola sono ancora tutte lì, coperte da enormi teli, in attesa dei rilievi tecnici - e trasferirsi a Larino, in una Procura dove il capo dell’ufficio, Nicola Magrone, si definisce «un naufrago della giustizia», perché quando arrivò qui, il 28 maggio scorso, trovò un solo sostituto dei tre previsti in pianta organica, e non per una questione di ferie.
Il suo predecessore, Antonio La Rana, aveva affidato l’inchiesta ai sostituti Andrea Cataldi e Maria Teresa Perna (marito e moglie), che tra dicembre e febbraio inviarono otto avvisi di garanzia a costruttori, ingegneri e geometri che a vario titolo avevano partecipato ai lavori di realizzazione o di ristrutturazione della scuola, e uno anche al sindaco Antonio Borrelli, che nella tragedia perse una figlia. Oggi il pm Perna è in maternità. Un altro dei sostituti è in aspettativa, e alla Procura di Larino sono rimasti soltanto Magrone e Cataldi, troppo pochi per procedere speditamente anche se avessero sul tavolo soltanto quest’inchiesta. E non hanno solo questa: di procedimenti collegati al terremoto - atti di sciacallaggio, truffe, siti Internet sospetti che raccolgono fondi, e altro ancora - ce ne sono più di cento. Poi c’è tutto il resto. In agosto il procuratore è stato ricoverato tre giorni in ospedale: ha fatto i turni da lì tenendosi in contatto telefonico con i suoi collaboratori. Questo per capire come stanno messi.
Ma grandi passi in avanti ora l’inchiesta non potrebbe farne comunque. Perché nei mesi scorsi i difensori degli indagati hanno chiesto che i rilievi sulle macerie fossero fatti con l’incidente probatorio, e soltanto nel luglio scorso l’ufficio del gip (pure questo sottodimensionato) ha affidato gli incarichi. Toccherà quindi ai periti nominati dal Tribunale, gli ingegneri Alberto Borghignoli e Franco Braga, stabilire le cause del crollo e valutare come furono eseguiti i lavori della sopraelevazione. In Procura un’idea già ce l’hanno, basata sulle relazioni dei loro consulenti: quei lavori furono fatti senza un minimo di calcolo, forse anche senza un progetto, visto che finora non se n’è trovata traccia. Ma finché non parleranno i periti tutto resta fermo.
Esattamente come a San Giuliano sono ferme le macerie sotto i teloni. «In quest’indagine bisognerebbe interrogare le pietre», dice il procuratore Magrone, e usa un paradosso ma fino a un certo punto. Invece quelle pietre non si sa ancora nemmeno chi dovrà sollevarle da terra. Non è una questione da poco, perché ogni pezzo delle macerie può contenere le risposte che i giudici cercano: vanno rimosse da mani esperte, e decideranno i due ingegneri da chi. Secondo tempi che però sta solo a loro stabilire. Così come tre giorni fa, durante il primo sopralluogo, hanno stabilito di non toccare nulla, e di rivedersi il 24 settembre, ma a Roma, non a San Giuliano. Dove invece restano i signori Morelli, Petacciato e tutti gli altri. E continuano a riunirsi nella «casetta» e ad aspettare notizie. Ad aspettare che per i loro bambini, dopo la commozione, arrivi anche la giustizia. Almeno quella.
Sotto le macerie dell'edificio morirono 27 bambini e una maestra
Scuola crollata, dopo un anno l'inchiesta è a zero
Il terremoto a San Giuliano: le perizie devono ancora iniziare.
Il procuratore capo: «Sono naufrago della giustizia»
SAN GIULIANO DI PUGLIA (Campobasso) - Nella zona del campo sportivo, dove nei giorni dell’emergenza furono piantate le tende, e dove adesso c’è il villaggio che è la nuova - e provvisoria - San Giuliano di Puglia, c’è un posto che chiamano «la casetta», un prefabbricato leggero dove ogni giorno si incontrano i signori Morelli, Petacciato, Picanza, Ritucci, Iacurto, Buonagurio, Nardelli e un’altra ventina. Si incontrano, discutono, fanno telefonate, aspettano notizie. Ogni giorno aspettano notizie.
Morelli, Petacciato e tutti gli altri sono i genitori - riunitisi in un comitato - dei ventisette bambini morti, insieme con una maestra, il 31 ottobre scorso, quando il terremoto che colpì il Molise distrusse in tutta la regione una sola cosa: la scuola elementare Francesco Jovine.
Successe 317 giorni fa. L’Italia pianse davanti alla tv, il presidente Ciampi si commosse davanti alle bare. Restò un dolore infinito e una speranza: che almeno stavolta si facesse in fretta a capire perché. Perché un terremoto che colpisce un’intera regione butta giù una sola cosa. E perché proprio quella scuola, che doveva essere il posto più sicuro di tutto il paese.
Ma erano i giorni dell’emozione, quelli. E l’emozione spesso confonde. Perché ora che si avvicina l’anniversario, la verità è ancora lontana. A gennaio i periti nominati dal gip presenteranno le loro relazioni. Ma nemmeno quella sarà la verità, che invece potrà venir fuori solo dal processo.
Proviamo allora a inseguirlo, questo processo. A ripercorrere la strada sulla quale i magistrati si stanno muovendo dal giorno
Uno dei bambini estratto vivo dalle macerie (Ap)
successivo al terremoto, mentre i vigili del fuoco ancora scavavano e i genitori ancora speravano. Per farlo bisogna lasciare San Giuliano - dove le macerie della scuola sono ancora tutte lì, coperte da enormi teli, in attesa dei rilievi tecnici - e trasferirsi a Larino, in una Procura dove il capo dell’ufficio, Nicola Magrone, si definisce «un naufrago della giustizia», perché quando arrivò qui, il 28 maggio scorso, trovò un solo sostituto dei tre previsti in pianta organica, e non per una questione di ferie.
Il suo predecessore, Antonio La Rana, aveva affidato l’inchiesta ai sostituti Andrea Cataldi e Maria Teresa Perna (marito e moglie), che tra dicembre e febbraio inviarono otto avvisi di garanzia a costruttori, ingegneri e geometri che a vario titolo avevano partecipato ai lavori di realizzazione o di ristrutturazione della scuola, e uno anche al sindaco Antonio Borrelli, che nella tragedia perse una figlia. Oggi il pm Perna è in maternità. Un altro dei sostituti è in aspettativa, e alla Procura di Larino sono rimasti soltanto Magrone e Cataldi, troppo pochi per procedere speditamente anche se avessero sul tavolo soltanto quest’inchiesta. E non hanno solo questa: di procedimenti collegati al terremoto - atti di sciacallaggio, truffe, siti Internet sospetti che raccolgono fondi, e altro ancora - ce ne sono più di cento. Poi c’è tutto il resto. In agosto il procuratore è stato ricoverato tre giorni in ospedale: ha fatto i turni da lì tenendosi in contatto telefonico con i suoi collaboratori. Questo per capire come stanno messi.
Ma grandi passi in avanti ora l’inchiesta non potrebbe farne comunque. Perché nei mesi scorsi i difensori degli indagati hanno chiesto che i rilievi sulle macerie fossero fatti con l’incidente probatorio, e soltanto nel luglio scorso l’ufficio del gip (pure questo sottodimensionato) ha affidato gli incarichi. Toccherà quindi ai periti nominati dal Tribunale, gli ingegneri Alberto Borghignoli e Franco Braga, stabilire le cause del crollo e valutare come furono eseguiti i lavori della sopraelevazione. In Procura un’idea già ce l’hanno, basata sulle relazioni dei loro consulenti: quei lavori furono fatti senza un minimo di calcolo, forse anche senza un progetto, visto che finora non se n’è trovata traccia. Ma finché non parleranno i periti tutto resta fermo.
Esattamente come a San Giuliano sono ferme le macerie sotto i teloni. «In quest’indagine bisognerebbe interrogare le pietre», dice il procuratore Magrone, e usa un paradosso ma fino a un certo punto. Invece quelle pietre non si sa ancora nemmeno chi dovrà sollevarle da terra. Non è una questione da poco, perché ogni pezzo delle macerie può contenere le risposte che i giudici cercano: vanno rimosse da mani esperte, e decideranno i due ingegneri da chi. Secondo tempi che però sta solo a loro stabilire. Così come tre giorni fa, durante il primo sopralluogo, hanno stabilito di non toccare nulla, e di rivedersi il 24 settembre, ma a Roma, non a San Giuliano. Dove invece restano i signori Morelli, Petacciato e tutti gli altri. E continuano a riunirsi nella «casetta» e ad aspettare notizie. Ad aspettare che per i loro bambini, dopo la commozione, arrivi anche la giustizia. Almeno quella.