S&P 500 sopravvalutato ?

Per lo s-p-500 abbiamo sui dati di Shiller a giugno:

media utile decennale : 55 dollari
Con p/e storico di 14,5 il valore dovrebbe essere: 800

Su dati correnti :

utile previsto 2011: 82 dollari
con p/e 14,5 :1190

Io personalmente non comprerei sopra 900.

Per l'indice stoxx600 non ci sono dati, ma si potrebbe tentare lo stesso per vie traverse. Shiller usa anche il dividend yield corrente , con media storica al 4,7%, in quanto il dividend ha una varianza inferiore all'utile, e quindi non necessita di una media . Quindi, calcolando al 31/08/2010 :
prezzo chiusura: 250
dividend yield: 2.93
Dividendo : 7.325
utile corrente : 16.9
Con dividend al 4,7 abbiamo prezzo : 155
Però , se noi rifacciamo i calcoli dell' s-p-500 con il suo dividend attuale che è circa 22 dollari, abbiamo un valore di 470. Ma questo valore è quasi la metà del valore sempre di schiller con il metodo degli utili.Il pay out ratio americano attuale è però molto basso .Per arrivare ad 800 , con utile decennale di 55 e considerando un pay out ratio più normale , pari al 45% dell'utile, avremmo un dividend yield di 3,2 .

Applicando sullo stoxx600 avremmo :
Dividendo : 7,325
Utile decennale stimato : 7.325=(x/100)*45 => x=(100*7.325)/45= 16,2
Dividend yield: 3,2
Valore : (7.325*100)/3,2 = 228
Valore su utile decennale stimato con p/e 14,5 : 234
Personalmente starei più basso: vicino a 200 ( p/e 12.5)
 
Per lo s-p-500 abbiamo sui dati di Shiller a giugno:

media utile decennale : 55 dollari
Con p/e storico di 14,5 il valore dovrebbe essere: 800

Su dati correnti :

utile previsto 2011: 82 dollari
con p/e 14,5 :1190

Io personalmente non comprerei sopra 900.

Ottimo.
Solo una domanda sull’utile previsto: prendi gli as reported earnings dal sito standardandpoors.com ?

Per l'indice stoxx600 non ci sono dati, ma si potrebbe tentare lo stesso per vie traverse. Shiller usa anche il dividend yield corrente , con media storica al 4,7%, in quanto il dividend ha una varianza inferiore all'utile, e quindi non necessita di una media . Quindi, calcolando al 31/08/2010 :
prezzo chiusura: 250
dividend yield: 2.93
Dividendo : 7.325
utile corrente : 16.9
Con dividend al 4,7 abbiamo prezzo : 155


Ti chiederei anche qui qual è la fonte (Shiller?) perché non pare che la varianza del dividend yield sullo S&P500 sia sempre stata molto bassa: dagli anni 80 al 2000 il dividend yield è sceso dal 6% al 1%.
http://www.valuewalk.com/stock-market-valuations/stock-market-valuation-september-1st-2010/

Però , se noi rifacciamo i calcoli dell' s-p-500 con il suo dividend attuale che è circa 22 dollari, abbiamo un valore di 470. Ma questo valore è quasi la metà del valore sempre di schiller con il metodo degli utili.Il pay out ratio americano attuale è però molto basso .Per arrivare ad 800 , con utile decennale di 55 e considerando un pay out ratio più normale , pari al 45% dell'utile, avremmo un dividend yield di 3,2 .

Applicando sullo stoxx600 avremmo :
Dividendo : 7,325
Utile decennale stimato : 7.325=(x/100)*45 => x=(100*7.325)/45= 16,2
Dividend yield: 3,2
Valore : (7.325*100)/3,2 = 228
Valore su utile decennale stimato con p/e 14,5 : 234
Personalmente starei più basso: vicino a 200 ( p/e 12.5)

Varianza del dividend yield e del pay out ratio permettendo (e ammesso che sia lecito trasporre gli stessi parametri sullo Stoxx 600), è sicuramente un’ottima via alternativa per valutare lo Stoxx 600.

Grazie OK!
 
@ Elef :

Gli utili previsti li ho presi da : http://www.zerohedge.com/
Però , considerando la bassa ripresa dubito si possa arrivare a 82.

Per quanto riguarda i dati sullo stoxx600, quelli correnti sono direttamente dal sito stoxx , per i dividendi, attento a non confondere il dividendo con il dividend yield. Il dividendo è molto stabile nel tempo , al contrario dell'utile, e la varianza del dividend yield è dovuta al fatto che viene calcolato sul prezzo, che ovviamente come vediamo varia molto nel tempo:
Dividendo= D
Dividend yield = (D*100)/Prezzo

Sulla bontà del metodo, diciamo che è un tentativo, da prendere quindi con le pinze.
 
@ Elef :

Gli utili previsti li ho presi da : http://www.zerohedge.com/
Però , considerando la bassa ripresa dubito si possa arrivare a 82.

Per quanto riguarda i dati sullo stoxx600, quelli correnti sono direttamente dal sito stoxx , per i dividendi, attento a non confondere il dividendo con il dividend yield. Il dividendo è molto stabile nel tempo , al contrario dell'utile, e la varianza del dividend yield è dovuta al fatto che viene calcolato sul prezzo, che ovviamente come vediamo varia molto nel tempo:
Dividendo= D
Dividend yield = (D*100)/Prezzo

Sulla bontà del metodo, diciamo che è un tentativo, da prendere quindi con le pinze.

OK, grazie delle precisazioni.

Sul sito standardandpoors.com (necessita iscrizione gratuita) vengono riportati gli utili con aggiornamento mensile (o infra): gli as reported stimati per il 2011 sono addirittura ad 85 ==> ciò porterebbe un prezzo per lo S&P 500 a 1230 (sui massimi di aprile 2010).

Ma se non riparte l'occupazione ci credo poco che arriveremo a tale ripresa: qualche leading indicators (ECRI WLI, Consumer Metrics Institute's Daily Growth Index...) è da tempo in profondo sud, anche se con recenti timidi segnali di risalita:

http://dshort.com/
 
sopravvalutato??

In generale il mercato americano sembra ancora essere piuttosto sopravvalutato, almeno da quanto emerge dall'analisi di indicatori come il p / (e medio 10 anni) elaborato da Shilling o il Q ratio di Tobin. Il primo infatti e' pari a 20,5 contro un valore medio di circa 15 ed il secondo e' pari a 1 contro un valore medio di circa 0,70 . L'analisi di questi 2 indici, che sono i migliori indicatori sintetici del multiplo a cui tratta il mercato americano, e' in aperta contraddizione con quanto riportato da buona parte della stampa specializzata. Infatti molti commentatori autorevoli sostengono che i prezzi oggi non siano cari. L'ultimo esempio che mi e' capitato sotto gli occhi e' il commento settimanale di Fugnoli di ieri. Nella sua rubrica il "Rosso e il Nero" fugnoli scrive :"Le borse hanno fatto molto negli ultimi due mesi ma non sono certo care e, in mancanza di ostacoli, saliranno ancora." Altri sostengono che il mercato tratta invece a multipli così alti a causa eslusivamente della altissima liquidita' in circolazione, e fino a quando le banche centrali finanzieranno tutti a costo zero l'attuale multiplo è sostenibile; altri ancora profetizzano invece pericoli di crolli improvvisi (Shilling, Hussman). in mezzo a tutto questo bailame un domanda sorge spontanea ...ma nemmeno sulla situazione generale si possono avere le idee chiare?? Mia personale opinione è che il mercato sia troppo caro, ma vista l'azione della banche centrali in essere, l'attuale multiplo di mercato possa essere sostenibile per un pò(6, 8 o 12 mesi), almeno finchè i tassi sono a zero e la zecca di stato è in movimento. Non mi azzarderei però ad investire in azioni e commodity più del 10 % del portafoglio ...basta poco... e tutto crolla giù un'altra volta ci sono troppi rischi in circolazione, debiti sovrani in Europa, Cina, Immobiliare Usa e Cinese, disoccupazione, zecca di stato... possibile che il mercato non voglia prezzare questi rischi? saluti a tutti
 
Ormai siamo dentro i dati Q3 e i ratio devono contenere quelli; le trimestrali stanno uscendo e sono sicuro che gli earnings in media cresceranno rispetto all'anno scorso. :yes:

Detto questo l'economia USA è tutt'altro che sana, solo che il QE2 della FED cambia in parte le carte in gioco perchè aumenta a dismisura la liquidità a fa volare le commodities. Tutte le commodities stanno volando e c'è gran parte dell'indice che ruota intorno ad esse direttamente o indirettamente. Un esempio sono i macchinari "estrattivi", CAT, BUCY, JOYG, settore in fiamme negli ultimi tempi. :eek:

Inoltre non bisogna dimentare che gran parte del rialzo dell'S&P 500 è dovuto alla svalutazione del dollaro. Concordo con te che sul breve l'indice appare tirato e una correzione ci sta, ma una sopravvalutazione in senso generale non credo che ci sia. :mmmm:
 
Ovviamente l'sp500 non è sopravvalutato ai livelli del 2000, ma non è nemmeno a sconto. Se consideriamo gli utili annuali, è valutato correttamente, ma questi sono molto variabili, e non sono una buona base di analisi. Dobbiamo perlomeno fare una media di alcuni anni, e l'ideale è comprendere un periodo di tempo che abbia visto sia una crescita che una recessione. La media a 10 anni è un ottimo compromesso. Su questo livello di utili, l'sp500 è storicamente sopravvalutato. I calcoli li ho riportati nei post precedenti. La domanda è ora : perchè i mercati americani sono oramai dal 1995 così sopravvalutati ? Una possibile risposta può venire dal livello estremamente basso del tasso di interesse, tasso basso non per cause naturali come può essere un eccesso di risparmio, ma basso perchè manipolato dalla Fed. Non starò quì a scrivere km , ma semplicemente se per esempio nella formula di valutazione del DDM noi scontiamo ad un K-G del 4% abbiamo l'sp-500 a 750 , per la valutazione attuale lo sconto è del 2,5%. Come tasso và bene ? Considerando l'inflazione e il tasso di crescita dell'economia direi proprio di nò. Quindi possiamo dire che l'sp-500 non è sottovalutato, non è correttamente valutato, non è estremamente sopravvalutato, è valutato abbastanza caro. Come ho detto in precedenza io non lo comprerei mai attualmente sopra 900.
 
Ciao,
dopo aver letto il libro di shiller sull'eufuria irrazionale e quello di siegel sui rendimenti azionari nel lungo periodo, ho adottato una "politica di portafoglio a lungo termine che si basa appunto sul famoso rapporto P/E di shiller.
Ho diviso il portafoglio in:

-azioni (USA)
-obbligazioni e titoli di stato
-liquidità

In pratica il bilanciamento di questi componenti è dato esclusivamente dal numero del P/E. La percentuale di azioni in portafoglio varierà dallo 0% in momenti di estrema sopravvalutazione al 100% in periodi di forte sconto.
Mi son fatto un semplicissimo grafico tracciando una linea fra P/E minimo accettabile ed il P/E max accettabile (scelte del tutto arbitrarie), da 5 a 35. Considero che nei prossimi decenni il P/E con molta probabilità rimarrà in questo range. Potrei sbagliarmi, ma storicamente la situazione più o meno è questa.
Ad esempio, in questo momento il P/E shiller è circa 21, il mio portafoglio è costituito circa così:

-azioni 47%
-obbligazioni 37%
-liquidità 16%

se, ad esempio il P/E aumenterà fino a 30 in quel momento il portafoglio sarà così:

-azioni 17%
-obbligazioni 58%
-liquidità 25%

Con P/E di 15 la situazione sarebbe questa:

-azioni 67%
-obbligazioni 23%
-liquidità 10%

Se il P/E dovesse scendere fino a 5, il portafoglio sarebbe questo:

-azioni 100%
-obbligazioni 0%
-liquidità 0%

Viceversa se il P/E dovesse salire fino a 35 le percentuali sarebbero queste:

-azioni 0%
-obbligazioni 70 %
-liquidità 30%

In pratica il senso di tutto ciò è questo: con l'avvicinarsi di una bolla o comunque di una sopravvalutazione, vendo le azioni rischiando di meno.
In caso di forte sottovalutazione invece conviene comprare, tanto il rischio è basso.
L'orizzonte temporale è... per sempre.

Rimane solo un dubbio su QUANDO ribilanciare il portafoglio. Ho pensato ad un ribilanciamento ogni sei mesi, o comunque quando il P/E abbia delle variazioni di +/- 5.

Voi che ne dite di questo sistema?
 
Ciao,
dopo aver letto il libro di shiller sull'eufuria irrazionale e quello di siegel sui rendimenti azionari nel lungo periodo, ho adottato una "politica di portafoglio a lungo termine che si basa appunto sul famoso rapporto P/E di shiller.
Ho diviso il portafoglio in:

-azioni (USA)
-obbligazioni e titoli di stato
-liquidità

In pratica il bilanciamento di questi componenti è dato esclusivamente dal numero del P/E. La percentuale di azioni in portafoglio varierà dallo 0% in momenti di estrema sopravvalutazione al 100% in periodi di forte sconto.
Mi son fatto un semplicissimo grafico tracciando una linea fra P/E minimo accettabile ed il P/E max accettabile (scelte del tutto arbitrarie), da 5 a 35. Considero che nei prossimi decenni il P/E con molta probabilità rimarrà in questo range. Potrei sbagliarmi, ma storicamente la situazione più o meno è questa.
Ad esempio, in questo momento il P/E shiller è circa 21, il mio portafoglio è costituito circa così:

-azioni 47%
-obbligazioni 37%
-liquidità 16%

se, ad esempio il P/E aumenterà fino a 30 in quel momento il portafoglio sarà così:

-azioni 17%
-obbligazioni 58%
-liquidità 25%

Con P/E di 15 la situazione sarebbe questa:

-azioni 67%
-obbligazioni 23%
-liquidità 10%

Se il P/E dovesse scendere fino a 5, il portafoglio sarebbe questo:

-azioni 100%
-obbligazioni 0%
-liquidità 0%

Viceversa se il P/E dovesse salire fino a 35 le percentuali sarebbero queste:

-azioni 0%
-obbligazioni 70 %
-liquidità 30%

In pratica il senso di tutto ciò è questo: con l'avvicinarsi di una bolla o comunque di una sopravvalutazione, vendo le azioni rischiando di meno.
In caso di forte sottovalutazione invece conviene comprare, tanto il rischio è basso.
L'orizzonte temporale è... per sempre.

Rimane solo un dubbio su QUANDO ribilanciare il portafoglio. Ho pensato ad un ribilanciamento ogni sei mesi, o comunque quando il P/E abbia delle variazioni di +/- 5.

Voi che ne dite di questo sistema?

A mio avvso, il sistema è potenzialmente interessante per la sua estrema semplicità a livello di asset allocation ("lazy portfolio"), ma non ho ben capito la razio di quelle quote per strumento così precise: è discrezionale o quantitativa ?

Tanto per capirci:

1) come leghi la percentuale azionaria (solo USA ?) al P/E di Shiller ?

2) viceversa, a cosa è correlata la percentuale obbligazionaria ?
 
E' veramente semplicissimo in effetti, faccio prima ad allegare un'immagine:
Basta mettere il righello orizzontalmente sul valore del P/E attuale, e nel punto in cui incontra le varie linee si ha la percentuale (approssimativa) da tenere in portafoglio.
Il range del P/E 5-35 è arbitrario; forse è troppo ampio, ma mi permette di arrivare a scelte "drastiche", tipo 0% in azioni o anche il 100%.
Anche il rapporto fra obbligazioni e liquidità è arbitrario; nel caso di 0% azioni tutto il capitale è da dividere fra le restanti due, ed ho stabilito (per ora) che dovrà essere del 70% per le obbligazioni ed il 30% liquidi.
Questo perchè in caso di esplosione di bolla bisogna avere sempre dei liquidi pronti per cominciare a rientrare nel mercato azionario. Non sempre è conveniente vendere obbligazioni per recuperare soldi.

Ho deciso di investire principalmente in USA perchè è più facile da gestire anche online (uso Directa), inoltre ci sono stock screeners e soprattutto azioni per tutti i gusti.
Per il rischio cambio non mi pongo il problema, essendo una strategia a tempo... indeterminato. Ci saranno periodi di cambio favorevole ed altri di cambio sfavorevole.

Ciao, aspetto critiche e consigli OK!
 

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@ Oh-yes : la tua proposta non è sbagliata ma ha alcune problematicità :

1) Shiller basa la sua analisi sull'sp-500, mentre se non ho capito male tu parli di singole azioni. Per poter fare un confronto e comunque per ridurre il rischio specifico dovresti tenere in portafoglio un numero molto grande di azioni, e aggregare i dati in un singolo portafoglio .A questo punto ti conviene acquistare un etf legato all'sp-500.

2) Shiller basa la sua analisi sulla media decennale degli utili. Di nuovo , se operi su singole azioni il tempo che perderesti per acquisire i dati e fare tutti i calcoli sarebbe rilevante. Di nuovo , meglio un etf .

3) I costi: fare switch tra ,diciamo ,50 azioni diverse magari più volte all'anno alla fine comporterebbe una riduzione rilevante del rendimento.

4) Operare in USA vuol dire esporsi al rischio cambio. Tù dici che non ti interessa perchè hai un ottica di lungo periodo, ma chi ti assicura che proprio nel lungo periodo il dollaro non si svaluterà. Se sai cos'è il Quantitative Easing forse non saresti così tranquillo.

5) Operare negli USA vuol dire essere tassati due volte , negli USA e in Italia. Alla fine non sarebbe poco.

6) Shiller trova come valore minimo del p/u dell' sp-500 sulla media degli utili decennali 5 , e come massimo osservato il 43 del 2000, ma il valore di equilibrio storico è 14,5 . Il valore inferiore non è stato più raggiunto dal 1982, nemmeno l'anno scorso.

Tutto questo per dire che la strategia migliore probabilmente è un lento accumulo negli anni con investimento quando il p/u decennale è sotto 14 e nessun disinvestimento o switch.

Spero di essere stato utile.
 
Ciao, aspetto critiche e consigli OK!

L'idea di diversificare mi sembra giusta, solo che il discorso a livello teorico sulle assets classes comporta che tu fai una performance uguale o superiore all'indice. Perchè se magari prendi un periodo come adesso in cui secondo il tuo sistema saresti esposto, e poi prendi i titoli sbagliati rischi di cattivi performance anche in anni "buoni".

Presupponendo invece che fai come l'indice o più dell'indice la cosa potrebbe avere senso ma attenzione, mai applicare un sistema del genere in maniera troppo rigida. Ora ti faccio un esempio che non devi prendere come critica ma semplicemente un'osservazione "What If".

Il succo del tuo sistema sta nel far crescere l'esposizione all'azionario quando il P/E è basso e farla diminuire quando è alto.
Ma cosi facendo potresti malinterpretare il ciclo economico. Ammettiamo che stiamo in un periodo buono, non di bolla speculativa, ma verso la fine del ciclo economico. Sei poco esposto quindi. Il mercato comincia a prevedere una recessione, cosa succede? Il P/E si abbassa notevolmente. Tu entri. Nel frattempo la recessione arriva e le azioni continuano a scendere e prendi il ribasso. Arrivata la recessione molte aziende staranno in perdita. Che succede? Il P/E si alza alle stelle. Ma tu non puoi comprare, perchè il P/E è troppo basso. Perdi una buona occasione d'acquisto, poi il P/E si abbassa perchè si alzano gli utili. Tu rientri e magari ti becchi un anno in cui l'indice è piatto più o meno come quest'anno. :wall:

Quindi devi stare attento alla ciclicità del P/E, punto da me subito sottolineato all'inizio del thread. :yes:
 
Caspita ragazzi, le risposte che mi avete dato sono proprio al livello che mi aspettavo! Grazie!
Adesso ci dovrò pensare su, ed esaminare tutti i punti che mi avete evidenziato, per vedere come comportarsi e tentare di salvare qualcosina della mia "strategia".
Quindi ci dormo su e domani vi rispondo,
Grazie ancora!OK!
 
Bella questa invenzione del righello come disciplina quantitativa che bypassa le emozioni del momento: continua su questa strada, ma considera che l'inclinazione delle rette che determinano le quote di allocazione dei tre strumenti dovrebbero essere determinate con parametri più oggettivi.

Sono d'accordo con tutto ciò che ti ha detto Max ed aggiungo che anche la quota obbligazionaria dovrebbe essere determinata da un valido indicatore macroeconomico, quale ad esempio l'inflazione attesa.
 
Aggiornamento di ottobre sullo Spoore:

P/E trailing = 16,60
P/E 10 = 21,62
P/BV = 1,84
Divid. yield = 1.86
Total Market Cap/GDP = 85%
Tobin Q = 1,04
 
Ammettiamo che stiamo in un periodo buono, non di bolla speculativa, ma verso la fine del ciclo economico. Sei poco esposto quindi. Il mercato comincia a prevedere una recessione, cosa succede? Il P/E si abbassa notevolmente. Tu entri. Nel frattempo la recessione arriva e le azioni continuano a scendere e prendi il ribasso. Arrivata la recessione molte aziende staranno in perdita. Che succede? Il P/E si alza alle stelle. Ma tu non puoi comprare, perchè il P/E è troppo basso. Perdi una buona occasione d'acquisto, poi il P/E si abbassa perchè si alzano gli utili. Tu rientri e magari ti becchi un anno in cui l'indice è piatto più o meno come quest'anno. :wall:

Quindi devi stare attento alla ciclicità del P/E, punto da me subito sottolineato all'inizio del thread. :yes:

Sono completamente daccordo con queste considerazioni. Aggiungo però un parere personale: se trasformiamo questo metodo in un qualcosa di più dinamico potremmo attuire il probelma da te sottolineato.

Se ad esempio il mercato prevede recessione, il P/E si abbassa ed io dovrei entrare con il 90%. A questo punto mi pongo come obiettivo quello di arrivare al 90% entro 3 anni, quindi con incrementi semestrali.
Ovviamente se dopo 6 mesi il P/E rimane uguale continuo con gli incrementi previsti, altrimenti mi adeguo alla nuova situazione sempre spalmando l'ingresso/uscita su un periodo di 3/5 anni.

In altre parole se il P/E è a 7 perchè il mercato prevede una recessione, io inizio ad incrementare. Se l'anno successivo la recessione sarà reale (e il P/E si alza) io non mi ritroverò con il 90% in azioni, ma solo con una parte. Valuto il nuovo P/E e mi rifaccio un piano di medio termine.....

Perlomeno io opero in questo modo. :bow:
 
Le volatilità degli utili di brevissimo periodo è di fatto assente nel P/E 10 che al denominatore (earnings) vuole la media reale (deflazionata) degli ultimi 10 anni.
 
Dove vanno le Borse ... ?

Volete provare a capire come andranno le Borse? Ecco l'indice delle sorprese

di Vito Lops

IlSole24Ore - 15.11.2010. Le Borse andranno giù o su? A settembre, Wall Street, ha registrato la migliore performance dal 1934. Il recupero, che ha coinvolto anche i mercati europei (con il listino tedesco fra i più reattivi) è proseguito anche a ottobre. A novembre, invece, alcune trimestrali poco incoraggianti (in particolare nel settore del credito) e, soprattutto, i rinnovati timori sulla sostenibilità dei debiti dei paesi periferici dell'Eurozona (Irlanda in prima fila) stanno adombrando le performance degli indici azionari.


Wall Street compresa, smentendo, almeno fino al momento, la "regola del mid-term", in base alla quale dopo le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti - le ultime si sono concluse il 2 novembre con la parziale vittoria dei repubblicani - la Borsa americana marcia al rialzo nei tre mesi successivi. Almeno così è stato negli ultimi 70 anni.

Il tutto, in un quadro in cui c'è abbondanza di liquidità sui mercati finanziari (complice anche l'ultima manovra espansiva della Fed) e dove è ancor più complesso leggere la bussola delle Borse.

Premesso che è tecnicamente impossibile interpretare (e saper anticipare) con precisione l'andamento futuro dei mercati azionari, va detto che ci sono alcuni indicatori che possono dare una mano a individuare (nell'affastellamento di numeri che ogni giorno vengono diffusi) la direzione degli investitori. Indicatori un po' nascosti che, però, sono potenzialmente alla portata di tutti.

Tra questi c'è il Citigroup surprise index. Di cosa si tratta? È un indice che misura se i dati macroeconomici battono o no le aspettative di analisti ed economisti. Se le battono la sorpresa è positiva. In caso contrario nel pacco nessun regalo. Non è un indice di poco conto, tanto che molti gestori lo valutano con molta attenzione, fra gli altri, per operare sui mercati. «L'indice delle sorprese di Citigroup è un parametro che permette di misurare il sentiment del mercato sull'andamento macroeconomico - spiega Massimo De Palma, responsabile asset management di Swiss & Global Asset Management Sgr -. Di conseguenza, può essere considerato come un indicatore anticipatore che i gestori possono utilizzare nell'ambito delle loro scelte operative. Se l'indice sale indica che i macroeconomisti erano più pessimisti nelle attese rispetto ai dati reali, al contrario quando esso scende indica un maggior ottimismo degli stessi sulle condizioni reali dell'economia».

Osservando l'andamento di questi indici (c'è sia la versione americana che quella europea) si scopre che raramente sbagliano. I mercati, come detto, sono saliti a settembre e ottobre. Dopo aver toccato un picco al ribasso, il Citigroup index surprise Usa è ripartito ad agosto, anticipando la tendenza. I dati macro (migliori delle attese) hanno quindi favorito il recupero successivo delle Borse. L'indice conferma la sua attendibilità, anche se lo si guarda a ritroso. Dal settembre 2008 - quando Lehman Brothers ha dichiarato bancarotta scatenando la fase più violenta della crisi subprime iniziata un anno prima - l'indice è sprofondato per tre mesi. Poi. è ripartito. E come è andata Wall Street nel 2009? Bene: il Dow Jones ha guadagnato il 18,82%, o il 22,68% in versione total return/dividendi reinvestiti, l'Sp&500 il 23,45% o il 26,48% in veste total return.

«Le nostre scelte d'investimento sono ovviamente guidate dai dati macroeconomici assoluti, e utilizziamo l'indice delle sorprese per rafforzare le nostre decisioni e per individuare eventuali anomalie del mercato - continua De Palma -. La nostra decisione di sovrappesare in questo momento Europa e paesi emergenti è dettata da indicazioni macroeconomiche. Inoltre la nostra decisione di assumere una posizione di overweight (sovrappesare, ndr) sui mercati azionari è confortata dai segnali positivi che arrivano da questo indicatore. Infatti l'indice Usa è recentemente tornato in territorio positivo, ciò sta ad indicare che il pessimismo degli analisti era eccessivo, provocato probabilmente dalla paura di una nuova recessione».

L'indice delle sorprese non è, però, l'unico parametro "alternativo" da osservare per provare a cogliere i guizzi delle Borse. Un altro indicatore utilizzato dagli investitori professionali è il Westpak risk aversion (consulta il grafico). Misura il livello di avversione al rischio degli investitori. Più è alto, maggiore è la probabilità che i mercati scendano proprio in ragione del fatto che gli investitori sono meno propensi a rischiare in Borsa preferendo investimenti più sicuri. E a proposito di "appetito per il rischio", anche in questo caso c'è un indice apposito, elaborato dalla svizzera Credit Suisse (il Credit Suisse risk appetite, consulta il grafico): viaggia in modo direttamente proporzionale all'andamento dei mercati azionari. Certamente più noto è il Vix, che misura la volatilità del mercati (consulta il grafico). Più è alto, più i mercati vanno giù (a beneficio degli speculatori). A fine 2008, all'apice della crisi finanziaria, ha superato quota 80. Poi è sceso. Nel 2010, dopo essere risalito sfiorando 50 a maggio è ricaduto sotto quota 12. E la bassa volatilità, in linea teorica, non è un cattivo segnale per le Borse.

:cool:
 
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