Intanto ti faccio notare che la propaganda delle Procure ha funzionato alla grande, visto che anche tu continui a parlare di questo fantomatico "libro nero" quando si tratta di appunti di Cherubini (ripeto Cherubini) e non di Paratici.
Appunti ai quali viene data una valenza confessoria mai ammessa da Cherubini.
Non capisco perché non si possa fare qualcosa di simile anche per la giustizia sportiva.
Perché la giustizia sportiva può adottare norme anti - costituzionali?
È quello che io spero per la sentenza della Corte di Appello Federale anche se stai parlando di un ambito diverso.
Questa è una annotazione interessante, da un punto di vista di cultura generale.
Ho imparato una cosa nuova.
È una tua legittima opinione che spero il Collegio di Garanzia non condividerà.
Ripeto, prima dell'uscita del dispositivo, io personalmente non avevo propria mai affrontato l'argomento, quindi neppure conoscevo le posizioni della Procura Federale e, siccome si tratta di un argomento tecnico, per cultura al limite attendevo gli esiti ed avrei esaminato.
Dopo l'uscita del dispositivo, ho semplicemente azzardato l'ipotesi, per me più plausibile, che la Juve fosse stata condannata per l'art. 4 c.g.s., non il 31 come quasi tutti stavano dicendo; anche qui, nessuna adesione alle tesi della Procura di per sé.
Una volta lette le motivazioni, ho ovviamente, a quel punto, preso posizione, ma su dati di fatto e contezza della situazione.
Detto poi che si può e si deve contestare qualunque sentenza di qualunque grado, perché il diritto è evoluzione.
A prescindere ciò dall'osservanza delle sentenze.
La costituzione comprende il principio di legalità, all'art. 25, ma verte in tema di diritti inalienabili ed assoluti dell'individuo: la sua libertà ed il giusto processo, ossia il fondamento dello stato di diritto: il c.d.
habeas corpus.
Sicuramente l'art. 4 c.g.s. non passerebbe il vaglio di costituzionalità qualora fosse una norma penale prescrittiva e sanzionatrice; infatti, descrive dei principi, ai quali il comportamento dello sportivo deve attenersi, ha quindi un fondamento anche etico, che ne caratterizza l'esclusività e discende dalla libera scelta dello sportivo.
Alla norma penale siamo tutti soggetti, a quelle sportive lo siamo perché aderiamo spontaneamente e, in ogni caso, non implica il diritto di libertà.
Quindi, in diritto sportivo, esiste una norma di chiusura come l'art. 4, che copre tutti quei comportamenti non esplicitamente tipizzati come illeciti, ma che, ad un vaglio del giudice, ledano quei principi cardine dell'agire dello sportivo.
E' chiaro che, traslando una norma simile in ambito ordinario, avremmo il libero arbitrio del potere costituito verso l'individuo, secondo i dettami di una sorta di stato etico - teocratico.
Ciò implicherebbe la lesione di tutte le libertà costituzionalmente ed anche convenzionalmente garantite: innanzitutto la libertà religiosa, ad esempio lo vediamo in Iran, dove appunto esiste una polizia morale, a salvaguardia di alcuni valori.
L'aspetto è molto interessante ed io non sono stato esauriente, ci sarebbe tantissimo da scrivere.
Altrettanto interessante la questione della quantità di pena, che sarà l'aspetto che più m'incuriosirà ad andare a vedere, come ragionamento, all'uscita, dell'eventuale, sentenza del Collegio di Garanzia.
Se il Collegio non può entrare nel merito della discrezionalità del giudice che ha inflitto la sanzione, bensì solo controllare il procedimento logico giuridico che ha portato a decidere la determinazione in termini quantitativi della stessa, io vizi in tal senso non ne vedo, sinceramente, né carenze argomentative.
Ciò non toglie che potrei sbagliarmi, oppure il Collegio strappare un po' le maglie del suo ambito; sarebbe un pericoloso precedente, che toglierebbe le certezze procedurali, ma non ne sarei del tutto stupito.