ceck78
Omnis homo mendax
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Lunedì scorso la Banca d'Italia e le altre istituzioni che controllano chi custodisce i nostri risparmi (banche, compagnie di assicurazione e ogni tipo di fondi di investimento) hanno emanato una circolare in cui si invita a non dare eccessivo peso ai giudizi delle agenzie di rating.
D'ora in poi questi gestori dovranno valutare la rischiosità di un'azione o di un'obbligazione ragionando con la propria testa, senza fidarsi troppo dei bollini blu (AAA) e senza preoccuparsi eccessivamente di quelli rossi (BB o inferiori).
Finora questi bollini determinavano se una compagnia di assicurazione potesse detenere determinati titoli nelle proprie riserve, o quanto capitale una banca dovesse mettere da parte per far fronte a eventuali perdite su un titolo che possedeva. Se un'azienda, o uno Stato, riceveva un bollino rosso, alcuni gestori, ad esempio le assicurazioni, erano obbligati a venderne i titoli, aggravando una situazione già precaria.
Dopo il declassamento da parte di Standard & Poor's due settimane fa, il rating dei nostri Btp (lo spiegava mercoledì su queste colonne Ferruccio de Bortoli) è solo due gradini sopra il livello corrispondente al bollino rosso. Altri due passi indietro avrebbero significato, in assenza di questa circolare, vendite automatiche di quantità ingenti di titoli. Con l'effetto di far salire i rendimenti dei Btp e aggravare il costo, già ingente, del debito pubblico.
Che le agenzie di rating abbiano perduto molta della loro credibilità è un fatto da almeno un decennio. Nel 2002 mantennero la tripla A ai titoli di Enron fino a un giorno prima che l'azienda fallisse per bancarotta fraudolenta. Fino al 2006 davano la tripla A a tutte le obbligazioni emesse a fronte dei mutui immobiliari americani, senza rendersi conto che si era formata una straordinaria bolla nei prezzi delle case. Quindi ben venga l'invito ai gestori a ragionare con la propria testa assumendosi le proprie responsabilità (questo almeno giustificherà i loro stipendi spesso stravaganti).
E tuttavia fuori dall'Italia, fra quegli investitori che detengono circa un terzo del nostro debito, questa circolare, se non accompagnata da altre decisioni, potrebbe essere controproducente.
Innanzitutto in molti Paesi, ad esempio in Asia e negli Stati Uniti, alcuni investitori non possono detenere titoli con bollino rosso e quindi dopo un nostro ulteriore declassamento sarebbero obbligati a vendere.
Ma anche chi ragiona con la propria testa, ma è lontano dall'Italia, ad esempio il fondo sovrano di Singapore, uno dei più grandi investitori al mondo, continua nonostante tutto a dar peso ai giudizi delle agenzie. Che penserà quel gestore di un Paese che «attesa la particolare situazione di incertezza sui mercati finanziari» (come recita la circolare) interviene sulle eventuali conseguenze di un declassamento, ma sembra far poco per ribaltare le ragioni che potrebbero giustificarlo?
Un'ammissione che siamo consapevoli dei rischi, ma incapaci di attenuarli.
Il governo continua a dar l'impressione di non cogliere la gravità della situazione.
Il Paese ha bisogno di una scossa che ridia fiducia e faccia ripartire l'economia. Non i pochi miliardi di cui si discute ormai da due mesi, ma 50.
Di tanto bisogna ridurre le spese per consentire di portare le tasse sul lavoro al livello tedesco.
E poi un'accelerazione nel pagamento dei 100 miliardi di debiti dello Stato alle imprese. Almeno 50 subito, non i 5 che sono stati pagati finora o i 20 che il governo ha promesso per Natale.
Francesco Giavazzi
La circolare degli equivoci
50 mld ...non so se ridere o piangere pensando che non riescono a reperirne 5/6
D'ora in poi questi gestori dovranno valutare la rischiosità di un'azione o di un'obbligazione ragionando con la propria testa, senza fidarsi troppo dei bollini blu (AAA) e senza preoccuparsi eccessivamente di quelli rossi (BB o inferiori).
Finora questi bollini determinavano se una compagnia di assicurazione potesse detenere determinati titoli nelle proprie riserve, o quanto capitale una banca dovesse mettere da parte per far fronte a eventuali perdite su un titolo che possedeva. Se un'azienda, o uno Stato, riceveva un bollino rosso, alcuni gestori, ad esempio le assicurazioni, erano obbligati a venderne i titoli, aggravando una situazione già precaria.
Dopo il declassamento da parte di Standard & Poor's due settimane fa, il rating dei nostri Btp (lo spiegava mercoledì su queste colonne Ferruccio de Bortoli) è solo due gradini sopra il livello corrispondente al bollino rosso. Altri due passi indietro avrebbero significato, in assenza di questa circolare, vendite automatiche di quantità ingenti di titoli. Con l'effetto di far salire i rendimenti dei Btp e aggravare il costo, già ingente, del debito pubblico.
Che le agenzie di rating abbiano perduto molta della loro credibilità è un fatto da almeno un decennio. Nel 2002 mantennero la tripla A ai titoli di Enron fino a un giorno prima che l'azienda fallisse per bancarotta fraudolenta. Fino al 2006 davano la tripla A a tutte le obbligazioni emesse a fronte dei mutui immobiliari americani, senza rendersi conto che si era formata una straordinaria bolla nei prezzi delle case. Quindi ben venga l'invito ai gestori a ragionare con la propria testa assumendosi le proprie responsabilità (questo almeno giustificherà i loro stipendi spesso stravaganti).
E tuttavia fuori dall'Italia, fra quegli investitori che detengono circa un terzo del nostro debito, questa circolare, se non accompagnata da altre decisioni, potrebbe essere controproducente.
Innanzitutto in molti Paesi, ad esempio in Asia e negli Stati Uniti, alcuni investitori non possono detenere titoli con bollino rosso e quindi dopo un nostro ulteriore declassamento sarebbero obbligati a vendere.
Ma anche chi ragiona con la propria testa, ma è lontano dall'Italia, ad esempio il fondo sovrano di Singapore, uno dei più grandi investitori al mondo, continua nonostante tutto a dar peso ai giudizi delle agenzie. Che penserà quel gestore di un Paese che «attesa la particolare situazione di incertezza sui mercati finanziari» (come recita la circolare) interviene sulle eventuali conseguenze di un declassamento, ma sembra far poco per ribaltare le ragioni che potrebbero giustificarlo?
Un'ammissione che siamo consapevoli dei rischi, ma incapaci di attenuarli.
Il governo continua a dar l'impressione di non cogliere la gravità della situazione.
Il Paese ha bisogno di una scossa che ridia fiducia e faccia ripartire l'economia. Non i pochi miliardi di cui si discute ormai da due mesi, ma 50.
Di tanto bisogna ridurre le spese per consentire di portare le tasse sul lavoro al livello tedesco.
E poi un'accelerazione nel pagamento dei 100 miliardi di debiti dello Stato alle imprese. Almeno 50 subito, non i 5 che sono stati pagati finora o i 20 che il governo ha promesso per Natale.
Francesco Giavazzi
La circolare degli equivoci