Ho visto un bel documentario sugli anelli di Saturno. Il documentario finisce con la consueta, inutile, domanda: dove e quando l’uomo incontrerà la prossima forma di vita (intelligente ?) ?
Bah.
Già pretendere di aver la fortuna di trovare una forma di vita che sia intelligente limita molto la probabilità stessa di trovarla, considerato che escludere le forme deficienti è una selezione che porterebbe ad escludere la vita stessa di chi si è posto il dubbio.
Mi chiedo perché cerchiamo forme di vita – intelligenti o deficienti che siano – proprio dove abbiamo la presunzione e l'incoerente speranza, di non trovarle. Sembrerebbe una ricerca inutile. Cerchiamo nelle rocce lunari, negli atomi di ghiaccio attorno a Saturno, nelle particelle degli asteroidi, poi cercheremo fuori dal sistema solare, magari su Alpha Centauri e, perché no, su Aldebaran.
Prima di sperare di trovare qualcosa che, nell’accezione comune, sia riconducibile ad una forma di vita, credo che dovremmo ripensare al contenuto stesso del termine “vita”.
Se la vita è movimento in un certo ambiente, perché non possiamo considerare vita anche il movimento di un elettrone attorno al suo nucleo ? Che differenza c’è con un uomo che cammina attorno ad un laghetto ?
Perché ci sia vita l’entità deve potersi riprodurre, spontaneamente o in via indotta, dicono.
Bene, e cosa c’è allora di più vitale di qualcosa che è immortale, proprio come un atomo e le sue metamorfosi, destinato com’è, ad adattarsi a tutto, lungo l’infinito asse dei tempi ?
Forse cerchiamo solo l’unica forma di vita che piace a noi. Ed è per questo che, facilmente, non la troveremo mai.