Suicidio - Allegria!

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nickilista

Siento el Sur...
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Durante l'adolescenza, ci "pensavo". Ho messo le virgolette, perché se dico che ci pensavo, intendo dire che pensavo anche di vedere ciò che sarebbe successo dopo la mia morte, quindi non posso dire di averci pensato in maniera definitiva, ma solo in maniera "sospensiva".
In ogni caso, se è vero che ciò che caratterizza l'uomo rispetto agli altri esseri viventi (mo' viene qualcuno e mi dice che il micro organismo Y può fare altrettanto; rispondo in maniera preventiva: sarà, ma a differenza degli uomini non ha né linguaggio né storia, cioè il modo di conservare una parvenza di memoria) è "questa raccapricciante facoltà", io credo che assecondare questa inclinazione contro natura è la più grande infamia che si possa fare a se stessi e agli altri. Credo cioè che chiudere nel definitivo la propria vita, non essere aperti all'incidente della vita, è sinonimo di ottusità, di insoddisfazione elevata a potenza (che andrà contro chi rimane in vita, come un fardello insopportabile).

Non voglio sembrare tetro, anzi, mi sembra che l'argomento abbia in sé molta vitalità. Dico sul serio.
 
non pensi però che potrebbe anche essere visto paradossalmente come l'unico atto attivo di una vita.In definitiva la scelta di essere al mondo la subiamo
 
Scritto da watson
non pensi però che potrebbe anche essere visto paradossalmente come l'unico atto attivo di una vita.In definitiva la scelta di essere al mondo la subiamo
In linea di massima, essere al mondo è il frutto dell'amore dei genitori (uno Spirito che attraversa l'esistenza).
Perché questo dono dei genitori deve essere ripagato con la denuncia di una colpa irrimediabile?
 
io la vedo diversamente.
Spesso penso alla violenza che c'è nell'espressione di una vita.
Violenza dovuta al fatto che il meccanismo stesso della vita implica che la sopravvivenza di un essere comporti necessariamente la morte di altri.Allora uno potrebbe vedere il suicidio come l'unico modo per sottrarsi a questa legge naturale.
 
Scritto da watson
...
Allora uno potrebbe vedere il suicidio come l'unico modo per sottrarsi a questa legge naturale.

Assecondando (anticipando) la natura.
In un certo senso, sarei d'accordo, solo che tu applichi lo "schema" biologista a tutto spiano.
La vita, però, non è solo la "lotta per l'esistenza", è anche riconoscere che "c'è del buono" nell'esistenza stessa.
Sperare, mangiare, bere, la diversità da se stessi, insomma vivere, non è solo lotta, ma anche "discorso". Perché, invece, assecondare un cristallizzazione di una parte di sé?
 
Scritto da nickilista
In un certo senso, sarei d'accordo, solo che tu applichi lo "schema" biologista a tutto spiano.



deformazione professionale.
Andando agli estremi,c'è pure una teoria,quella del gene egoista,in base alla quale "noi" saremmo solo contenitori che ospitano un certa miscela di geni,garantendone la sopravvivenza attraverso la riproduzione.

Però mi capita spesso di pensare al suicidio come l'unico atto attivo,l'unica scelta;anche se poi,continuando con la visione "biologista", dalla mia morte nascerebbe altra vita.Però io,in quanto soggetto,avrei fatto una scelta attiva:quella di sottrarmi volontariamente alla legge di natura.

Comunque condivido in parte quanto dici (se solo lo capissi).
Azzo vuol dire:"insomma vivere, non sono solo lotta, ma anche "discorso"".Penso di averlo capito ma se potessi essere più chiaro.Sento che il nocciolo del discorso è lì.
 
Anch'io penso che in alcuni casi, estremi, il suicidio possa essere l'unico modo per essere attivi, l'unico atto di vita

Non penso solo alla condizione di certi malati privi di autonomia e/o qualunque forma di benessere psico-fisico (si và forse sull'eutanasia, che è altro..), ma a situazioni in cui non sia concretamente possibile vivere con dignità, anche una situazione di disagio e sofferenza: ci sono limiti oltre i quali la vita diventa un disvalore.

Il suicidio come rinuncia o come debolezza nell'affrontare dolori e difficoltà, è invece il peggiore dei "peccati", un'idiozia disumana
 
Discorso: diciamo che si può intendere (ed è per via esclusiva) come la capacità di trasformare "intelletualmete" le semplici "tensioni" della vita, che sarebbero dirette solo alla "riproduzione" e non alla capacità di stare con altri. Perché dire che "io" ho solo la capacità di distruggere, "assimilandole", le cose, e non invece quella di determinarne altre, con altre strutture, con altre capacità di apprendimento?
Non è "vita" anche questa?

(Mo' arriva il solito "teorico" del sospetto e dice che sono "funzioni" e "finzioni" che la "vera vita" si crea da sé, per andare avanti. Invece no!)
 
Vado ad un caso cui mi capita spesso di pensare.

Io vivo nella parte fortunata del mondo.Ma non posso non pensare che mentre noi stiamo qui a filosofeggiare ci sono migliaia di persone che in questo attimo stanno morendo di fame.Molto probabilmente con ciò che io consumo in un giorno se ne salverebbe qualcuna (e a me non costerebbe molto privarmi di parte di quanto mangio).Bene,io vedo in questo una terribile ingiustizia.E mi rendo conto che questa ingiustizia non "dipende" da me ma fa parte di una legge che regola da sempre la natura ed il mondo.Posso pensare al suicidio come l'unica maniera che ho per sottrarmi a questo meccanismo che ritengo insopportabile?
In pratica il discorso sarebbe:"Bene,mi avete messo al mondo,ho visto come va il mondo,grazie ma non mi piace,decido di andarmene"
 
Scritto da watson
...
Posso pensare al suicidio come l'unica maniera che ho per sottrarmi a questo meccanismo che ritengo insopportabile?
No, perché "le leggi che regolano il mondo" sono opera dell'uomo, non retromondi attivi in maniera inesplicita.
Poi, credimi, se tu ti suicidassi, sarebbe come dare l'assenso a questo tipo di corso del mondo. A meno che tu non speri nelle conseguenze dell'esemplarità del tuo gesto. Ma qui saremmo di fronte alla contraddizione di cui si diceva.
 
Comunque, in una: a me piace vivere, sia quel che sia.
 
Scritto da nickilista
No, perché "le leggi che regolano il mondo" sono opera dell'uomo.

qui la pensiamo diversamente.
Per me l'uomo è un animale e subisce le leggi della natura (così come lo fanno altri animali) magari illudendosi di potersi svincolare da esse.Però mi rendo conto che potrebbe essere una visione riduzionista.
 
Scritto da watson
.Posso pensare al suicidio come l'unica maniera che ho per sottrarmi a questo meccanismo che ritengo insopportabile?

Non sarebbe un atto di vita, ma di rifiuto della vita, che contiene in sè quelle ingiustizie o assurdità: vorrebbe dire non accettare la vita perchè è dura e ingiusta, secondo me una vigliaccata, bisogna saper accettare e reggere anche la sofferenza degli altri
 
Scritto da Sex
vigliaccata, bisogna saper accettare e reggere anche la sofferenza degli altri

scusa ma non penso ci voglia molto a reggere la sofferenza altrui.
 
Sex pone il problema della rinuncia alla vita dei malati, che però poi passa sotto silenzio.
Secondo me, questo è un problema, perché non si sa quale sia perfettamente il corso (decorso) della malattia. Bisogna fidarsi delle statistiche proposte dalla scienza (in linea di massima, conformi al "vero"; quale verità rimane da discutere. In ogni caso, possiamo dire: la verità della non rispondenza degli apparecchi che misurano la vita).

Ora non ho tempo, magari dopo parliamo di questo rompicapo. Tanto non se ne esce.
 
Scritto da watson
scusa ma non penso ci voglia molto a reggere la sofferenza altrui.

sbagli
 
La vita è estremamente semplice nelle sue complessità. Il pensiero del suicidio emerge nel corso dell'esistenza umana in momenti diversi. E' come qundo ti arriva una mazzata da pagare e ti chiedi come diavolo farai a trovare i soldi. Fai i sacrifici e raggranelli la cifra, ti vendi qualcosa ,chiedi un prestito. Naturalmente per coloro che non sono abituati a contrarre i debiti la cosa può sembrare impossibile. Superata la difficoltà iniziale si riesce a far fronte all'impegno finanziario. Altrimenti ci si punta la pistola alla tempia e ci si spara un colpo. Ma si tratta sempre di scelte comportamentali e caratteriali, non riconducibili a cause esterne bensì alla sfera personale.
 
Scritto da MissKim
Negli ultimi anni mi è accaduto spesso di pensare al suicidio come risultato di una stanchezza insopportabile, il raggiungimento del riposo.

Capita, secondo me, quando si cammina con una croce troppo pesante sulle spalle: nei momenti di calo fisico o mentale, viene voglia di fermarsi, anzichè buttare via la croce, o tagliarne un pezzo.

Ci sono croci che bisogna portare per forza, altre no: so che sono ovvietà, ma è meglio ricordarselo tutti, ogni tanto
 
Scritto da Sex
Capita, secondo me, quando si cammina con una croce troppo pesante sulle spalle: nei momenti di calo fisico o mentale, viene voglia di fermarsi, anzichè buttare via la croce, o tagliarne un pezzo.

Ci sono croci che bisogna portare per forza, altre no: so che sono ovvietà, ma è meglio ricordarselo tutti, ogni tanto

Bella la metafora della croce. A volte mi stupisco che un edonista materialista e nudista come te abbia di queste uscite.
 
Di passaggio

Mi ha impressionato la risposta di Kim (che comunque non condivido), perché ha operato un salto notevole rispetto a quello che dicevamo.
Ha parlato di stanchezza e di riposo. Mi ha impressionato.
A dopo.
 
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