Suicidio assistito, veneta malata di cancro in Svizzera con Cappato: «Davanti a me l’inferno»
“Ho detto a mio marito e alla mia famiglia: ormai sono a un bivio. Posso prendere una strada un po’ più lunga che mi porta all’inferno e un’altra più breve che mi porta in Svizzera». Adelina, nome di fantasia, è una pensionata veneta di 69 anni, malata terminale di tumore ai polmoni, con metastasi. Destinata a morte certa e dolorosa. Negli ultimi mesi le sue sofferenze sono aumentate al punto che la donna ha deciso per il suicidio assistito. Così ha telefonato al numero dell’associazione Luca Coscioni e ha ottenuto aiuto da Marco Cappato, il tesoriere dell’associazione che ha già accompagnato altri malati terminali in Svizzera, tra loro dj Fabo, per questo è stato anche processato ma assolto. Cappato si trova ora di nuovo in Svizzera insieme alla donna, per dare seguito alla sua volontà.
Per Marco Cappato si tratta di una nuova disobbedienza civile, che rischia di costargli una denuncia e una condanna fino a 15 anni. Infatti, la persona accompagnata al suicidio all’estero non è «tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale», quindi non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo per l’accesso al suicidio assistito in Italia. «Sono in Svizzera dove ho accompagnato una signora veneta gravemente malata — ha spiegato Cappato —. È stato un viaggio lungo, durato otto ore. Ma solo qui può ottenere quello che deve essere un suo diritto. Sarà libera di scegliere fino alla fine. Questo accade perché in Italia la Corte Costituzionale esclude che possano essere aiutate a morire persone che non sono tenute in vita da macchinari o trattamenti salvavita».
Sarebbe un argomento da campagna elettorale.