Originalmente inviato da ginogost
Per quel che conta, vorrei osservare che, mentre in De Kooning ciò che importa è, alla fine, il gesto, la percezione fisica che passa entro la nostra stessa muscolatura, Scialoja ha altre caratteristiche. In lui mi sembra conti il disporsi delle forme e dei colori, le une e gli uni sulle altre/altri. Cioè una percezione più in profondità della visione, dunque più statica e più tradizionale. Di solito negli autori italiani questo aspetto viene determinato da una profonda cultura estetica, che tuttavia può frenare lo slancio verso il nuovo (non faccio qui questioni di giudizio di valore). In questo senso Afro è l'esempio più caratteristico e forse di maggiore qualità.
Né mi sembra assurdo paragonare questa differenza di atteggiamento a quella che si riscontra nei film (anche televisivi) prodotti nei due paesi, sempre molto pratici, professionali e portati più all'azione che alla riflessione gli americani, con risultati di qualità artigianale ottima, ma raramente profondi; tesi invece a tutti i costi ad un risultato estetico gli italiani, il che, il più delle volte, li porta a risultati imbarazzanti, con film statici che si guardano l'ombelico, affossati da sceneggiature pessime e recitazioni ridicole.
Forse il paragone più appropriato con De Kooning (di origine olandese) è da fare con Afro che lo sopravanza di molte spanne. Scialoja si è sempre mosso nell'informale.
Concordo assolutamente con te sulle cinematografie americana ed italiane (e/o francese). Loro sono molto più orientati alla azione e noi alla analisi. Un paragone si potrebbe fare tra Antonioni e i registi amiericani della sua generazione (Kazan, Wyler, ecc.). Qui però andiamo OT e mi fermo.