Terapie anticovid

ma questo lo avevano ipotizzato già ad inizio pandemia i cinesi.
Io che sono zero ero tutto contento...
ma poi è stato smentito pure questo.
L’ho messo perchè oggi hanno ritirato la terapia del plasma iperimmune che in giro lper il mondo ha salvato moltissime persone e,come quello del video è uno studio abbandonato malgrado le evidenze lasciassero intendere poteziale
 
ma questo lo avevano ipotizzato già ad inizio pandemia i cinesi.
Io che sono zero ero tutto contento...
ma poi è stato smentito pure questo.

vitamina C ,D e Lattoferrina sono state accantonate
Fauci in tempi non sospetti non ne parlava affatto in modo negativo della C e D
 
vitamina C ,D e Lattoferrina sono state accantonate
Fauci in tempi non sospetti non ne parlava affatto in modo negativo della C e D

22 marzo su Facebook è stata pubblicata l’immagine di un documento datato 18 marzo 2020 e stilato dall’«Infermeria Presidiaria del Primo reggimento carabinieri paracadutisti “Tuscania”».

Nel documento, che è autentico ma è stato successivamente ritirato, vengono elencate alcune misure di prevenzione e contenimento del Covid-19, la malattia provocata dall'infezione del nuovo coronavirus Sars-CoV-2. Alcune di queste indicazioni sono però prive di validità scientifica, come spiegato da diversi esperti. Andiamo con ordine.

Nel documento viene raccomandato di non usare «farmaci antifiammatori a base di ibuprofene alla comparsa dei minimi sintomi iniziali di malattia» perché «è dimostrato che l’ibuprofene aumenta l’espressione del recettore da cui il virus penetra nelle cellule». Come abbiamo ricostruito in un precedente articolo, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha precisato che «attualmente non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da Covid-19. L’Ema sta monitorando attentamente la situazione e valuterà tutte le nuove informazioni che saranno disponibili su questo problema nel contesto della pandemia».

In un’altra raccomandazione presente nel documento si legge poi che «è consigliabile l’assunzione giornaliera di vitamina C» perché stimolerebbe «l’attivazione dell’immunità naturale». Anche in questo caso, come spiegato in un nostro precedente articolo, si tratta di un’informazione priva di fondamento. Andrea Gori – direttore Malattie infettive presso il Policlinico di Milano – ha precisato ad Adnkronos che, proprio in riferimento alla vitamina C, «in questo momento non esiste una profilassi efficace per il coronavirus».

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Il 5 agosto, unico relatore sui contenuti medici è stato il dottor Alberto Donzelli, coordinatore del Comitato scientifico della fondazione Allineare Sanità e salute. Come indica il nome stesso, la fondazione si propone di riallineare e far convergere finalità e interessi di coloro che operano in Sanità con il raggiungimento della salute, cosa facile a dirsi, ma che implica un capovolgimento completo dell’attuale modello sanitario che basa remunerazione degli attori e finanziamenti delle loro organizzazioni sulla malattia e non sulla salute.

Gli attuali sistemi sanitari infatti in quasi tutti i paesi occidentali – compreso il nostro – sono fondati sulla remunerazione delle prestazioni fornite e “premiano” di fatto la malattia perché, tanto più numerosi e complessi saranno gli interventi diagnostici e terapeutici forniti (e ampio il differenziale tra tariffe e costi di produzione), tanto più elevato sarà il ricavo e guadagno finale che ne deriva. Ciò porta a gravi distorsioni dell’intero sistema, che vede non conveniente il raggiungimento e il mantenimento della salute e che punta piuttosto all’incremento delle prestazioni erogate, a partire da quelle più remunerative. Anche per il trattamento della Covid questo è il modello che abbiamo visto essere puntualmente riproposto, ad esempio con l’abbandono del plasma iperimmune a vantaggio dei ben più costosi anticorpi monoclonali.

Fortunatamente, in aggiunta a quanto già illustrato in aprile, esistono farmaci efficaci e di basso costo per il trattamento precoce della Covid e questi sono stati l’oggetto della conferenza stampa del 5 agosto. Il primo farmaco che dovrebbe entrare nel trattamento precoce del Covid-19 è l’ivermectina che rientra fra i farmaci essenziali dell’Oms: è a basso costo, fu scoperto nel 1975 e valse il Nobel agli scopritori, si assume per bocca, è ampiamente usato in veterinaria e utilizzato nell’uomo come antielmintico e per infestazioni da pidocchi, scabbia eccetera. Contro la Covid è impiegato con successo in Sud America, India e alcuni paesi africani e un aggiornamento in tempo reale del suo utilizzo nella Covid è qui disponibile.

A oggi sono stati pubblicati complessivamente 60 studi – di cui 30 randomizzati e controllati – che hanno testato ivermectina su oltre 20mila partecipanti affetti da Covid 19 dimostrando una riduzione della mortalità mediamente del 64% per un uso precoce e del 96% in profilassi; anche altri parametri quali ospedalizzazione e perdita di infettività sono nettamente migliorati e il trattamento è ben tollerato (e lo è stato anche a dosi più alte di quelle normalmente usate).

Un altro farmaco di basso costo e che pure rientra fra i farmaci essenziali riconosciuti dall’Oms è lo iodopovidone, noto con il nome commerciale di Betadin e usato da 150 anni come antisettico. In uno studio randomizzato e controllato condotto in Bangladesh 303 pazienti con Covid-19 in fase iniziale hanno eseguito sciacqui/gargarismi, gocce nasali e oculari con 1% di iodopovidone ogni quattro ore per quattro settimane e altri 303 trattamento identico ma con sola acqua tiepida, in entrambi i casi in aggiunta alle terapie standard. Nel gruppo trattato con Betadine i vantaggi sono stati molto significativi: nella settima giornata solo il 2.6% dei pazienti rispetto al 70% dei controlli era positivo al virus, il supporto con Ossigeno si è reso necessario nel 3.3% versus il 21% e addirittura la mortalità è risultata dello 0,7% nel gruppo Betadin, versus il sei percento nel gruppo di controllo. Anche da altri studi randomizzati e controllati che avevano come obiettivo la negativizzazione virale o miglioramenti clinici sono emersi risultati parimenti confortanti, anche in termini di mortalità.

Anche l’indometacina, un anti-infiammatorio di comune impiego, è stato utilizzato in confronto con paracetamolo su 210 pazienti Covid, i pazienti hanno ricevuto tutti lo stesso trattamento (ivermectina, doxicliclina, vit C…) con l’unica differenza che metà sono stati randomizzati a indometacina e gli altri a paracetamolo. I vantaggi nel gruppo che ha ricevuto indometacina sono stati importanti sia sulla riduzione dei giorni di febbre, tosse e dolori muscolari, ma soprattutto sulla funzionalità respiratoria perché mentre nessun paziente trattato con indometacina ha avuto bisogno di ossigeno, ben 20 di quelli trattati con paracetamolo l’hanno dovuto ricevere.

Mi auguro che le istituzioni preposte rapidamente recepiscano queste conoscenze e aggiornino linee guida e indicazioni operative, anche perché trovo davvero sconcertante che queste tematiche, che dovrebbero essere patrimonio comune di tutte le forze politiche, siano di fatto ignorate dai rappresentanti della “sinistra” e del Movimento 5 Stelle, e siano viceversa appannaggio pressoché esclusivo della “destra”, visto che anche la conferenza stampa del 5 agosto era stata indetta da Lega e Forza Italia. Se davvero la salute e l’utilizzo appropriato delle risorse stanno a cuore a chi ci governa, schieramenti e logiche “ideologiche” dovrebbero tramontare una volta per tutte.
 
Coronavirus, “ossigeno ozono terapia funziona, usarla in tutti gli ospedali”
Covid-19, Terapie / 15/06/2020
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“Oggi oltre 100 pazienti, che sono stati sottoposti all’ossigeno ozono terapia insieme ad altre terapie farmacologiche, sono stati monitorati e tutte le cartelle arrivate dai vari ospedali hanno coinciso nell’indicare il miglioramento nel trattamento della patologia. Per questo chiediamo al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al ministro della Salute, Roberto Speranza, di introdurre il protocollo di questa terapia in tutti gli ospedali italiani”. E’ l’appello lanciato da Mariano Franzini, presidente internazionale della Società scientifica di ossigeno ozono terapia (Sioot) nel suo intervento in audizione alla Commissione Affari sociali della Camera sulla sperimentazione in atto per il trattamento dei pazienti affetti da Covid-19 con il plasma e sulle altre ricerche in corso.

“L’ozono è un antivirale, un antibatterico e ha un effetto antinfiammatorio. Abbiamo 15 ospedali in Italia che hanno usato l’ossigeno ozono terapia nelle varie fasi del Covid-19. Si tratta di un prelievo che viene arricchito di ossigeno ‘buono’ e immediatamente dato al paziente”, ha precisato Franzini.

Fonte: Adnkronos.com
 
22 marzo su Facebook è stata pubblicata l’immagine di un documento datato 18 marzo 2020 e stilato dall’«Infermeria Presidiaria del Primo reggimento carabinieri paracadutisti “Tuscania”».

Nel documento, che è autentico ma è stato successivamente ritirato, vengono elencate alcune misure di prevenzione e contenimento del Covid-19, la malattia provocata dall'infezione del nuovo coronavirus Sars-CoV-2. Alcune di queste indicazioni sono però prive di validità scientifica, come spiegato da diversi esperti. Andiamo con ordine.

Nel documento viene raccomandato di non usare «farmaci antifiammatori a base di ibuprofene alla comparsa dei minimi sintomi iniziali di malattia» perché «è dimostrato che l’ibuprofene aumenta l’espressione del recettore da cui il virus penetra nelle cellule». Come abbiamo ricostruito in un precedente articolo, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha precisato che «attualmente non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da Covid-19. L’Ema sta monitorando attentamente la situazione e valuterà tutte le nuove informazioni che saranno disponibili su questo problema nel contesto della pandemia».

In un’altra raccomandazione presente nel documento si legge poi che «è consigliabile l’assunzione giornaliera di vitamina C» perché stimolerebbe «l’attivazione dell’immunità naturale». Anche in questo caso, come spiegato in un nostro precedente articolo, si tratta di un’informazione priva di fondamento. Andrea Gori – direttore Malattie infettive presso il Policlinico di Milano – ha precisato ad Adnkronos che, proprio in riferimento alla vitamina C, «in questo momento non esiste una profilassi efficace per il coronavirus».

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io per principio ho sempre un approccio cauto verso tutto
detto questo vitamina c e vitamina d a certi dosaggi e per certi periodi non fanno male a nessuno
tanto vale fare dei cicli di integrazione soprattutto prima della stagione fredda
 
Il 5 agosto, unico relatore sui contenuti medici è stato il dottor Alberto Donzelli, coordinatore del Comitato scientifico della fondazione Allineare Sanità e salute. Come indica il nome stesso, la fondazione si propone di riallineare e far convergere finalità e interessi di coloro che operano in Sanità con il raggiungimento della salute, cosa facile a dirsi, ma che implica un capovolgimento completo dell’attuale modello sanitario che basa remunerazione degli attori e finanziamenti delle loro organizzazioni sulla malattia e non sulla salute.

Gli attuali sistemi sanitari infatti in quasi tutti i paesi occidentali – compreso il nostro – sono fondati sulla remunerazione delle prestazioni fornite e “premiano” di fatto la malattia perché, tanto più numerosi e complessi saranno gli interventi diagnostici e terapeutici forniti (e ampio il differenziale tra tariffe e costi di produzione), tanto più elevato sarà il ricavo e guadagno finale che ne deriva. Ciò porta a gravi distorsioni dell’intero sistema, che vede non conveniente il raggiungimento e il mantenimento della salute e che punta piuttosto all’incremento delle prestazioni erogate, a partire da quelle più remunerative. Anche per il trattamento della Covid questo è il modello che abbiamo visto essere puntualmente riproposto, ad esempio con l’abbandono del plasma iperimmune a vantaggio dei ben più costosi anticorpi monoclonali.

Fortunatamente, in aggiunta a quanto già illustrato in aprile, esistono farmaci efficaci e di basso costo per il trattamento precoce della Covid e questi sono stati l’oggetto della conferenza stampa del 5 agosto. Il primo farmaco che dovrebbe entrare nel trattamento precoce del Covid-19 è l’ivermectina che rientra fra i farmaci essenziali dell’Oms: è a basso costo, fu scoperto nel 1975 e valse il Nobel agli scopritori, si assume per bocca, è ampiamente usato in veterinaria e utilizzato nell’uomo come antielmintico e per infestazioni da pidocchi, scabbia eccetera. Contro la Covid è impiegato con successo in Sud America, India e alcuni paesi africani e un aggiornamento in tempo reale del suo utilizzo nella Covid è qui disponibile.

A oggi sono stati pubblicati complessivamente 60 studi – di cui 30 randomizzati e controllati – che hanno testato ivermectina su oltre 20mila partecipanti affetti da Covid 19 dimostrando una riduzione della mortalità mediamente del 64% per un uso precoce e del 96% in profilassi; anche altri parametri quali ospedalizzazione e perdita di infettività sono nettamente migliorati e il trattamento è ben tollerato (e lo è stato anche a dosi più alte di quelle normalmente usate).

Un altro farmaco di basso costo e che pure rientra fra i farmaci essenziali riconosciuti dall’Oms è lo iodopovidone, noto con il nome commerciale di Betadin e usato da 150 anni come antisettico. In uno studio randomizzato e controllato condotto in Bangladesh 303 pazienti con Covid-19 in fase iniziale hanno eseguito sciacqui/gargarismi, gocce nasali e oculari con 1% di iodopovidone ogni quattro ore per quattro settimane e altri 303 trattamento identico ma con sola acqua tiepida, in entrambi i casi in aggiunta alle terapie standard. Nel gruppo trattato con Betadine i vantaggi sono stati molto significativi: nella settima giornata solo il 2.6% dei pazienti rispetto al 70% dei controlli era positivo al virus, il supporto con Ossigeno si è reso necessario nel 3.3% versus il 21% e addirittura la mortalità è risultata dello 0,7% nel gruppo Betadin, versus il sei percento nel gruppo di controllo. Anche da altri studi randomizzati e controllati che avevano come obiettivo la negativizzazione virale o miglioramenti clinici sono emersi risultati parimenti confortanti, anche in termini di mortalità.

Anche l’indometacina, un anti-infiammatorio di comune impiego, è stato utilizzato in confronto con paracetamolo su 210 pazienti Covid, i pazienti hanno ricevuto tutti lo stesso trattamento (ivermectina, doxicliclina, vit C…) con l’unica differenza che metà sono stati randomizzati a indometacina e gli altri a paracetamolo. I vantaggi nel gruppo che ha ricevuto indometacina sono stati importanti sia sulla riduzione dei giorni di febbre, tosse e dolori muscolari, ma soprattutto sulla funzionalità respiratoria perché mentre nessun paziente trattato con indometacina ha avuto bisogno di ossigeno, ben 20 di quelli trattati con paracetamolo l’hanno dovuto ricevere.

Mi auguro che le istituzioni preposte rapidamente recepiscano queste conoscenze e aggiornino linee guida e indicazioni operative, anche perché trovo davvero sconcertante che queste tematiche, che dovrebbero essere patrimonio comune di tutte le forze politiche, siano di fatto ignorate dai rappresentanti della “sinistra” e del Movimento 5 Stelle, e siano viceversa appannaggio pressoché esclusivo della “destra”, visto che anche la conferenza stampa del 5 agosto era stata indetta da Lega e Forza Italia. Se davvero la salute e l’utilizzo appropriato delle risorse stanno a cuore a chi ci governa, schieramenti e logiche “ideologiche” dovrebbero tramontare una volta per tutte.

al bisogno ho sempre utilizzato Betadine collutorio anche dopo estrazioni o mal di gola e devo confermare la bontà del prodotto
peraltro da bugiardino è un collutorio a largo spettro sia verso gram più che meno ma anche virus e funghi
 
I rimedi dei nonni e dei loro nonni

Nell’800 la malaria imperversava nel sud europa in particolare in Italia dando vita ad una moda di bevande medicamentose, che ebbe la sua maggiore diffusione nella prima metà del 900.Una di queste la cosiddetta acquattò nica, nata dalla capacità di intrappolare bolle di anidride carbonica in una soluzione di acqua e Gin, alla quale venne aggiunto del chinino, Che dava un sapore leggermente amarognolo, e permetteva di somministrare dosi di chinino minime Senza andare a incidere sulla funzionalità renale.
E dal 1920/30 si creò un fiorente mercato di nuove bevande, Le ricette perlopiù sviluppate da farmacisti partivano da bevande già prodotte come il chinotto, dalle consolidate proprietà sulla circolazione, Che con l’aggiunta del chinino rafforzava le difese contro la malaria. L’elenco delle bevande successo sarebbe lunghissimo, dal barolo chinato alla china Martini alla ferro china BISLeri e tantissime altre, quasi ogni farmacia a quel tempo era in grado di produrre digestivi o aperitivi a base di chinino.
 
Covid: Ema valuta uso RoActemra come terapia per adulti ricoverati

MILANO (MF-DJ)--L'Ema ha avviato la valutazione del medicinale antinfiammatorio RoActemra (tocilizumab) come cura per i pazienti adulti ricoverati per il Covid-19 in gravi condizioni che stanno già ricevendo una terapia con corticosteroidi e hanno bisogno di ossigeno o ventilazione meccanica.

Il RoActemra. si legge in una nota. è considerato una potenziale terapia per il Covid-19 a causa della sua capacità di bloccare l'azione dell'interleuchina-6. una sostanza prodotta dal sistema immunitario in risposta all'infiammazione. che svolge un ruolo importante nel Covid-19.

Il Comitato per i medicinali umani (Chmp) dell'Ema effettuerà una valutazione accelerata dei dati presentati nella domanda. compresi i risultati di quattro ampi studi randomizzati in pazienti ospedalizzati gravi affetti dal Covid-19. per decidere se l'estensione dell'uso del farmaco debba essere autorizzata. Il parere del Chmp. insieme a eventuali richieste di ulteriori studi e monitoraggio della sicurezza aggiuntivo. sarà quindi trasmesso alla Commissione europea. che emetterà una decisione finale giuridicamente vincolante applicabile in tutti gli Stati membri dell'Ue.

L'Ema comunicherà l'esito della sua valutazione. prevista entro la metà di ottobre. a meno che non siano necessarie informazioni supplementari.

Il RoActemra è stato autorizzato per la prima volta nell'Ue nel 2009.

cos

(END) Dow Jones Newswires

August 16. 2021 08:13 ET (12:13 GMT)
 
Modifiche Registro - anticorpi monoclonali COVID-19

notizia |
Agenzia Italiana del Farmaco


Si informano gli utenti dei Registri Farmaci sottoposti a Monitoraggio che, a seguito della pubblicazione della Determinazione AIFA n.911 nella GU n.187 del 06.08.2021, a partire dal 07/08/2021 è possibile utilizzare anche l’anticorpo monoclonale sotrovimab, per la seguente indicazione terapeutica:

“Trattamento della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) lieve o moderata, negli adulti e adolescenti di età pari o superiore a 12 anni non ospedalizzati per COVID-19, che non necessitano di ossigenoterapia supplementare per COVID-19 e che sono ad alto rischio di progressione a COVID-19 severa”.
 
L'Opinione delle Liberta

CURARE IL COVID CON L’ADENOSINA, INTERVISTA AL PROFESSOR PIERPAOLO CORREALE
di Vanessa Seffer11 gennaio 2021

Curare il Covid con l’adenosina, intervista al professor Pierpaolo Correale
Sin dai primi mesi della pandemia, quando i pazienti morivano come mosche e si riusciva a farci ben poco, il professor Pierpaolo Correale, direttore dell’Unità operativa complessa di Oncologia del Grande ospedale metropolitano (GOM) di Reggio Calabria, studiava un sistema per sconfiggere anche i casi più gravi di polmonite da Covid basandosi su studi compiuti negli anni in cui aveva lavorato negli Usa e ripensando ad una molecola che produce il nostro stesso organismo, l’adenosina. Con il supporto del collega, il professor Sebastiano Macheda, direttore della Terapia intensiva ed Anestesia dello stesso ospedale, hanno messo a punto lo strumento necessario per somministrare l’adenosina ai pazienti anche gravissimi. Una sorta di aerosol più efficace, perché il farmaco arrivi direttamente ai polmoni.



Come è arrivato a pensare all’adenosina?

Facciamo una premessa. Dal 1993 al 1998 ho vissuto negli Stati Uniti inviato dall’Università di Napoli. Il primo anno lavoravo al National Institute of allergy and infectious diseases (Niaid) con il professor Michail Sitkovsky, uno dei più grandi esperti al mondo di infiammazioni e di recettori come la adenosina nel processo di infiammazione. Studiavamo le cellule che quando muoiono liberano ATP e questo uccide le cellule vicine. Nel frattempo, sono diventato oncologo, ma sono sempre rimasto un immunologo. Quando c’è un danno di qualunque tipo, infettivologico, batterico, chimico, fisico, le cellule muoiono. All’interno delle cellule c’è l’ATP che è fondamentalmente fonte di energia. Quando le cellule muoiono, c’è una liberazione massiva di questo ATP che va nelle cellule vicine e innesta immediatamente l’infiammazione. Siccome ATP è una molecola molto pericolosa dev’essere immediatamente degradata e quindi ci sono degli enzimi che sono sulle cellule infiammatorie che degradano l’ATP e le trasforma in adenosina. Questa adenosina fa esattamente l’opposto, è un meccanismo fisiologico, spegne l’infiammazione subito. Da un messaggio di riparazione. Comincia a riparare il tessuto, si forma la fibrina, la struttura. Poi c’è un altro passaggio, un messaggio di “non ripetizione”, stimola cioè il sistema immunitario a reagire.

Quindi quest’azione “riparatoria” dell'adenosina si può utilizzare anche per altre patologie? Per quali pazienti?

Avviene naturalmente, è il motivo per cui si chiude una ferita e perché comincia questo processo di adenosina, ma in mezzo ci sono ovviamente altri mediatori, io ho semplificato. Ma l’ATP comincia e l'adenosina finisce. Questo è il meccanismo.

Che cosa accade nei polmoni?

Nel polmone questa cosa non succede, perché se c’è una liberazione massiva di ATP, il più potente inibitore, quello che impedisce la formazione di adenosina, la degradazione dell’ATP, è l’ossigeno. Nel polmone c’è fisiologicamente l’ossigeno. Figuriamoci se noi glielo diamo dall’esterno. Non solo non si forma adenosina, quindi non si ferma l’infiammazione ma aumenta la produzione di ATP, quindi c’è un’onda citotossica che si manifesta attraverso la cascata citochimica, la liberazione massiva. Ora a prescindere da qualunque sia la causa della polmonite legata a Covid, perché ci sono varie ipotesi, la cosa più probabile è che sia post ischemica, le cellule polmonari muoiono perché non arriva l’ossigeno, per l’ischemia. Immediatamente liberano ATP e comincia il processo infiammatorio. Succede che se il processo infiammatorio è massivo si innesca la cascata citotossica, infatti qualcuno prova a fermarla con il Tocilizumab, con il cortisone, tutti metodi che conosciamo che non sempre ce la fanno. Quindi noi abbiamo pensato che, visto che l’adenosina non si forma naturalmente, proviamo a darla noi dall’esterno.

Come?

Con il dottor Sebastiano Macheda, primario della Rianimazione, abbiamo pensato che, sebbene l’adenosina abbia altre utilizzazioni mediche in forma endovenosa, noi non possiamo darla così perché agisce sul battito cardiaco, sulla pressione, quindi possiamo darla con l’aerosol per farla rimanere solo sul polmone. Così il dottor Macheda ha ideato questa tecnica per cui l’adenosina viene introdotta in un aerogen, una specie di aerosol, che nebulizza l’adenosina e permette la somministrazione solo per via endobronchiale. Ci siamo trovati in un momento di emergenza assoluta, i pazienti morivano, non solo da noi ma ovunque, era davvero sconfortante e drammatico. Così abbiamo chiesto l’autorizzazione per agire off-label. Così abbiamo testato subito questo sistema sui primi quattro pazienti che erano in rianimazione in quel momento.

Chi vi ha autorizzato?

Off-label autorizza il Comitato etico e l’Azienda per ogni singolo paziente, con il consenso informato. Si viene autorizzati ad utilizzare il farmaco fuori dalle indicazioni straordinarie.

Cosa è successo a questi pazienti?

Immediatamente nei primi giorni tre dei quattro pazienti sono stati estubati e addirittura uno dei quattro lo abbiamo trovato che mangiava un croissant a letto. Immaginiamo che era prossimo alla morte. Così abbiamo riportato la stessa tecnica ai pazienti già gravi che si sapeva sarebbero andati in rianimazione a livello di malattie infettive. Su questi dieci pazienti tutti, in 48 ore, avevano risolto il problema respiratorio e, dopo una settimana, la polmonite era completamente risolta.

Voi medici, lei e il dottor Macheda, dinanzi a questa situazione come avete reagito, come vi siete sentiti?

Eravamo scioccati. Tutto è accaduto in aprile, ad una velocità incredibile. Quasi noi stessi non ci credevamo. Vedere i pazienti che stavano per morire e poi dopo una settimana vederli cambiare completamente faccia, andarsene a casa, senza nemmeno capire loro stessi che cosa gli era successo. È stato forte.

Che differenza di tempo c’è fra la cura con l’adenosina e la cura adottata attualmente secondo le linee guida per il Covid durante il ricovero in ospedale?

Gli altri farmaci delle linee guida sono l’eparina e il cortisone. Il cortisone se funziona ci mette 7/10 giorni, si inizia a dare segni di miglioramento, ma bisogna aspettare prima che si fermi l’infiammazione, poi che si ripari il tessuto, perché si deve scambiare l’ossigeno. Il tempo di ricovero e guarigione rimane di 30/40 giorni. Il paziente che va con polmonite virale in ospedale sta ricoverato a lungo. Mentre il paziente curato con adenosina entro 48 ore era fuori dall’ossigeno, misurando gli indici di saturazione, entro una settimana erano completamente negativi al virus e fuori dall’ospedale.

Cosa è successo dopo?

Ho contattato subito il mio mentore negli Usa, il professor Sitkovsky, che a sua volta si è rivolto ai colleghi della Miami University. Hanno allestito una task force e insieme abbiamo preparato un protocollo parallelo identico da presentare alla Food and drug administration (Fda), l’equivalente americana della nostra Aifa (Agenzia italiana del farmaco), per fare una sperimentazione parallela che si chiama “Artic”, dopo questa sperimentazione si sarebbe allargata a tutto il mondo. Bisognava evidenziare i risultati clinici della sperimentazione per dimostrare che ciò che avevamo fatto fosse riproducibile altrove.

I vostri colleghi alla Fda americana e voi vi siete presentati all’Aifa.

Era già maggio/giugno. Siamo andati in Aifa, ci hanno chiesto delle informazioni aggiuntive e noi le abbiamo prodotte. Loro ci hanno detto che in Calabria però non avevamo più pazienti, non c’era più epidemia e quindi su chi avremmo continuato a fare lo studio? Così abbiamo rallentato. Ma noi abbiamo continuato a studiare, abbiamo rinforzato il gruppo, ci siamo tenuti in contatto con gli americani. Da loro la situazione è stata molto diversa, hanno dovuto combattere anche loro con l’Fda. Abbiamo anche scoperto che l’adenosina in altri campi era stata testata per via aerosol e quasi tutti gli studi erano stati fatti dall’Università di Miami. Per cui loro hanno avuto accesso a quei dati e grazie a questo hanno trattato dei pazienti ed hanno ottenuto gli stessi nostri risultati.

Però poi l’epidemia è ripartita, si chiama “seconda ondata”.

Infatti, quando è ripartita l’epidemia siamo stati aggrediti in maniera molto più rapida con una confusione estrema nel trattamento. Chi faceva antibiotici, chi l’eparina e chi no, chi cortisonici di tutti i tipi, che poi la terapia non è il cortisone ma desametasone, solo un tipo particolare di cortisonico ad uso antinfiammatorio.

Lei è d’accordo che si utilizzino gli antibiotici nella cura, all’inizio, per il Covid?

Non hanno alcun senso gli antibiotici. La scelta dell’antibiotico è solo se c’è una sovrainfezione, ma quello è un giudizio del medico, ma non agisce per nulla sul virus. Anzi si crea solo farmacoresistenza e basta.

La risposta dell’Aifa infine non è stata favorevole nonostante tutti i vostri sforzi.

Abbiamo terminato il protocollo e fatto tutto quello che ci chiedeva Aifa. Siamo riusciti ad aggiungere circa cinquanta articoli clinici, dimostrando lo studio della tossicità e la totale innocuità della adenosina, perché è stata testata su pazienti cardiopatici, su bambini, su volontari sani. Effetti collaterali nessuno perché non viene assorbita, svolge la sua azione solo nei polmoni. Ma il 24 dicembre mattina anche durante le vacanze di Natale, dopo aver lavorato giorno e notte, con un team di quindici persone, compreso virologi e farmacologi, perché è una cosa molto complessa, abbiamo ricevuto la risposta: “In considerazione di un rapporto rischio/beneficio non definibile poiché mancano studi precedenti; si ritiene che a fronte dell’attuale disponibilità di alcune opzioni terapeutiche di provata efficacia lo studio proposto non possa essere autorizzato”.

Neanche la più piccola controindicazione con l’adenosina?

Nei casi che abbiamo trovato noi per una osservazione in Fase 1, quattordici casi non sono pochi per valutare la tossicità, posso dire che questa è zero. Ci sono effetti collaterali solo nei pazienti che hanno asma allergico, ma c’è una broncocostrizione che dura esattamente 20 secondi, appena si toglie il farmaco tutto torna normale, per il resto non ci sono controindicazioni.

Ci si potrebbe curare anche a casa o bisognerebbe ricoverarsi necessariamente in ospedale con la terapia da adenosina?

Prima la sperimentazione, poi probabilmente ci si potrà curare anche a casa. Quando saremo sicuri su grandi numeri che non c’è tossicità e che un sistema aerosol alternativo all’aerogen funziona, si potrà fare. Uno dei pazienti americani si è curato a casa.

Stiamo per vivere la “terza ondata” dell’epidemia, rischiamo che i vaccini numericamente non siano sufficienti e quindi sarebbe bene sapere se una terapia con l’adenosina potrebbe essere una cura alternativa al vaccino.

Adenosina e vaccino agiscono in due momenti molto diversi. L’adenosina è un’arma di sicurezza nei pazienti che nonostante tutto hanno preso il virus e in maniera grave. Il vaccino serve per impedire l’attecchimento della malattia e la diffusione del virus. Sono due obiettivi diversi che non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro e non si danno fastidio tra loro.
@vanessaseffer
 
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