tornare alle cose stesse

watson

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Ubaldo Nicola, Atlante di filosofia

Fenomenologia
Husserl

Il termine fenomenologia (letteralmente "lo studio di ciò che appare") indica la proposta metodologica avanzata da E. Husserl e da questo riassunta nel motto "tornare alle cose stesse".
 
Ecco un piccolo esperimento fenomenologico: stendetevi sul vostro divano, chiudete un occhio e disegnate quello che vedete con l'altro. Confrontate il vostro risultato con quello nella pagina a fianco, disegnato nelle stesse condizioni dal filosofo Ernst Mach (1838-1916). E' molto probabile che vi siano forti differenze: avete disegnato l'arcata sopraccigliare, la punta del naso ed i baffi (se li avete)? Probabilmente no, eppure tutti questi elementi erano di sicuro all'interno del vostro quadro visivo. Forse non avete rappresentato ciò che effettivamente vedevate ma quello che (credevate) vi si invitava a vedere.



Disegno di E. Mach in L'analisi delle sensazioni e il rapporto fra fisico e psichico (1900). "In una cornice formata dall'arcata sopraccigliare (in alto), dal naso (destra) e da un baffo (basso), appaiono una parte del mio corpo, nella misura in cui esso è visibile, e gli oggetti che lo circondano".
 

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L'insegnamento di questo esperimento è che fare un'esperienza, anche la più banale, costituisce un problema. Osservare, infatti, non è un'operazione meccanica o ingenua: non ci si trova mai di fronte ad un'evidenza fuori discussione, poiché, e questo è l'aspetto del problema che più interessa la fenomenologia, la vista e la mente sono sempre in una condizione falsa, condizionata dalle anticipazioni, dai pregiudizi, dalle convinzioni scientifiche e persino metafisiche del soggetto. La storia della scienza offre innumerevoli esempi in cui evidenze sperimentali ancor più semplici sono rimaste "non viste" per lunghissimo tempo, occultate proprio da ciò che sull'argomento già si credeva di sapere).
 
Evidentemente non basta voler vedere (o sentire, capire) per vedere veramente; fare un'esperienza vera del mondo, senza lasciarsi confondere dai propri preconcetti, costituisce una difficoltà.
 
E' proprio questo il problema della fenomenologia, che significa "studio dei fenomeni", ossia non delle cose in se stesse (argomento, questo, delle specifiche scienze), ma del come sono conosciute dalla coscienza umana. Secondo il fondatore di questo indirizzo filosofico, il tedesco Edmund Husserl (Idee per una fenomenologia pura, 1913), quest'obbiettivo è raggiungibile attraverso le pratiche mentali della epoché e della riduzione eidetica.
 

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Eclatante è il caso fenomenologico delle illusioni ottiche, tradizionalmente spiegate come errori percettivi dovuti alla cattiva qualità dell'osservazione (in netto contrasto con il carattere permanente del fenomeno).
Le due frecce sono della stessa lunghezza.
 

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Le due strisce orizzontali sono uguali, appaiono diverse solo per il contesto, poiché strette fra due diagonali che istintivamente leggiamo in prospettiva, come binari (con la conseguenza che quello in alto deve essere più lontano e forse per questo appare più lungo).
 

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Scritto da watson
Eclatante è il caso fenomenologico delle illusioni ottiche, tradizionalmente spiegate come errori percettivi dovuti alla cattiva qualità dell'osservazione (in netto contrasto con il carattere permanente del fenomeno).
Le due frecce sono della stessa lunghezza.

No.
Una e' piu' lunga dell'altra.

Enig Mistico
 
Le due rette sono parallele, anche se non appaiono affatto tali.
 

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Anche ad una prolungata osservazione la figura tende a non essere vista come un esagono regolare (come invece è). L'applicazione del metodo fenomenologico alla psicologia, della percezione, ha avuto un effetto dirompente, permettendo il nascere della Gestalt
 

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Assieme alla riduzione eidetica, l'epoché costituisce il procedimento fondamentale della fenomenologia. Epoché è il termine greco con cui gli antichi filosofi scettici chiamavano il dubbio, la sospensione di ogni giudizio che caratterizzava il loro atteggiamento: né accettare né rifiutare; né affermare né negare. In epoca contemporanea lo stesso termine è è stato ripreso da Husserl, per il quale fare epoché significa mettere tra parentesi tutto ciò che già si sa e che condiziona, con la sua sola presenza, le nostre attuali percezioni e convinzioni.
 
Si tratta, prima di tutto, di un'opera di demolizione: bisogna abbandonare, ovviamente, i propri pregiudizi ma anche le persuasioni filosofiche e religiose, persino i risultati già acquisiti dalle scienze e considerati universalmente certi, tutto ciò che in qualche modo forma una pre-comprensione del mondo va temporaneamente tralasciato.
 
L'esercizio della epoché non equivale al prendere una decisione, poiché le abitudini che sottendono alla nostra percezione con cambiano con un semplice atto di buona volontà. Indica invece un lavoro lungo e faticoso, persino spiritualmente doloroso, che il ricercatore fenomenologico deve operare su se stesso: egli deve svuotare la sua mente da tutto ciò che è fittizio, non necessario, casuale e personale, per porsi nella condizione di uno spettatore ingenuo e disinteressato. Egli sa di non trovarsi mai di fronte al fenomeno nella sua evidenza, poiché ogni soggetto conoscente parte sempre da una condizione di pre-scienza, da un particolare punto di vista più o meno consapevole. Il ricercatore deve quindi neutralizzare questa falsa condizione di partenza; deve liberarsi di una parte di se stesso e combattere una predisposizione naturale, ovvero quella massa di convinzioni (il "buon senso") di certo utili alla dimensione quotidiana della vita, ma basate su persuasioni per nulla certe (spesso del tutto sbagliate).
 
Fare epoché" significa acquisire la capacità di osservare veramente. Poche persone guardando l'immagine a fianco riescono a vedere i due mostriciattoli della stessa grandezza (come invece sono in realtà) e molti giudicano l'espressione dell'inseguitore" più aggressiva dell'inseguito (mentre sono in realtà identiche). Persino i più semplici dati sensoriali, quindi, sono influenzati dall'immaginario, dai pre-giudizi e dalla cultura
 

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Per la fenomenologia nessun oggetto può dirsi già completamente noto e nulla deve essere considerato tanto semplice da potersi dire ovvio. La storia della scienza dimostra come spesso le grandi scoperte siano state prodotte da scienziati che considerarono per la prima volta in modo nuovo esperienze tanto semplici da non aver suscitato, fino ad allora, i necessari approfondimenti.
 
Un'accurata epoché su un oggetto qualsiasi (anche una tazza di caffè) mostra ad esempio la netta differenza che vi è tra la percezione di una cosa e la sua immagine mentale (ossia la rappresentazione che ne facciamo nella coscienza). Se si chiede ad un individuo di immaginare una tazza di caffè è probabile che egli formerà nella sua psiche una confusa figura in cui l'oggetto è descritto nella sua totalità e dotato di tutte le caratteristiche, come se lo vedesse da diversi punti di vista. ma questo è chiaramente un costrutto mentale che va ben oltre la sensazione, sempre condizionata da un solo angolo di visuale.
 
Il professor Husserl mentre "fa una epoché su una tazza di caffè". E' una vignetta umoristica, ma mette in luce un aspetto peculiare della fenomenologia: il "ritorno alle cose" implica rimettere in discussione anche i dati più immediati della conoscenza, ciò che si dice il "vissuto", ossia le percezioni che accompagnano ogni atto soggettivo, anche il più semplice.
 

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Accanto alla epoché, il secondo procedimento di "igiene psichica" proposto da Husserl nell'ambito della fenomenologia, fu la riduzione eidetica. Essa si attua con il metodo della variazione, nel modo seguente: si prende un esempio del concetto che si vuole esaminare e, dopo averne specificato le caratteristiche che paiono essenziali, le si sottopone a modificazioni crescenti, fino a che il concetto in questione non ne viene snaturato. Ciò che rimane dopo quest'operazione, ossia ciò che non può essere modificato se non si vuole distruggere il significato ultimo del concetto, è detto residuo fenomenologico, e definisce la sua essenza eidetica, ossia il modo tipico ed invariante con cui una cosa od un fatto appare alla coscienza umana. In questa rappresentazione eidetica l'oggetto appare privo di tutto ciò che è occasionale, accessorio e non necessario: ogni elemento variabile o soggettivo deve essere abbandonato.
 
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