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2 - SE L'ENEL INSISTERÀ SU SUEZ, TOTAL POTREBBE LANCIARSI ALLA CONQUISTA DELL'ENI
Il risiko energetico è forse più grande e politicamente più importante di quello bancario. E tra i due non mancano gli elementi di congiunzione. Dalle 10 di oggi è in corso il Consiglio di amministrazione di Enel che deve dare semaforo verde al "ragioniere" Fulvio Conti per l'Opa da 50 miliardi che il manager vorrebbe lanciare su Suez. A leggere i giornali sembra che le banche di tutto il mondo stiano facendo la fila per un finanziamento-ponte che consentirebbe a Enel di offrire agli azionisti francesi un premio superiore al 10% sulle quotazioni di Suez. Le banche grondano di liquidità e hanno solo da guadagnare nella nuova avventura che gli analisti più attenti considerano preoccupante per i dividendi di Enel nei prossimi anni e per l'indebitamento che arriverebbe addosso all'azienda elettrica italiana.
La partita è delicatissima e potrebbe avere un effetto che finora non è stato attentamente calcolato. Se è vero infatti che i francesi potrebbero abbassare la guardia riconquistando una verginità di immagine di fronte ai mercati internazionali e a Bruxelles, è altrettanto vero che sullo sfondo potrebbe stagliarsi un'operazione alternativa di valore superiore e politicamente imbarazzante per il governo italiano.
A Parigi corre voce infatti che il Gruppo petrolifero Total potrebbe lanciarsi alla conquista dell'Eni, una public company guidata da Thierry Desmarest, un manager che è stato definito "un vecchio marpione del petrolio".
Total capitalizza in Borsa 130 miliardi di euro, ha un margine operativo di 29,5 su ricavi per 143, e debiti per 12,3 miliardi. Da parte sua l'Eni - che ha come azionista al 30% lo Stato - al listino vale 93 miliardi di euro, ha un margine operativo lordo di 22,6 miliardi su 74 di ricavi ed è esposto per 10,5 miliardi. La compagnia francese del petrolio è diventata grande soprattutto dopo aver acquisito l'ex-compagnia pubblica Elf soffiandola a suo tempo proprio all'Eni; è la quarta holding petrolifera al mondo e produce idrocarburi in quantità superiore del 50% a quella dell'Eni.
Lanciando Total verso l'Eni la Francia metterebbe le mani su risorse energetiche di gran lunga superiori a quelle che stanno al centro del progetto di scalata dell'Enel su Suez. Ma la convenienza per Total è economica anche perchè in questo momento l'Eni non è valorizzata al massimo e proprio in questi ultimi giorni ha perso capitalizzazione dopo che il Gruppo ha annunciato come obiettivi del Piano 2006-2009 ciò che Vittorio Mincato aveva già previsto per le sue strategie 2005-2008 (2 milioni di barili al giorno di produzione). Questo annuncio ha avuto effetti negativi tanto è vero che giovedì scorso il titolo Eni ha lasciato sul campo quasi il 3% e la sua capitalizzazione è scesa da 95 miliardi a 93.
Lo scenario si presenta perciò preoccupante e per certi versi paradossale. Se l'Enel infatti insisterà su Suez lasciando perdere Gaz de France (l'altra società energetica che il governo francese vorrebbe fondere) il rischio è che a Parigi possano aggiudicarsi una partita e un bottino incomparabilmente più ricchi. A questo punto il Tesoro italiano se volesse difendere l'Eni dovrebbe fondere la società fondata da Enrico Mattei con l'Enel del ragionier Conti, dovrebbe cioè condurre in porto una manovra finanziariamente impegnativa e per nulla soddisfacente sotto il profilo economico. Su questa manovra è già calato il verdetto di Tonino Catricalà che l'ha definita mostruosa, e l'Antitrust di Bruxelles scenderebbe in campo con tutta la sua forza. Gli stessi Paoletto Scaroni e Fulvio Conti non hanno nessuna voglia di sposarsi in un matrimonio "energetico" che porterebbe vantaggi soltanto ai francesi. Meditate gente, meditate.
Il risiko energetico è forse più grande e politicamente più importante di quello bancario. E tra i due non mancano gli elementi di congiunzione. Dalle 10 di oggi è in corso il Consiglio di amministrazione di Enel che deve dare semaforo verde al "ragioniere" Fulvio Conti per l'Opa da 50 miliardi che il manager vorrebbe lanciare su Suez. A leggere i giornali sembra che le banche di tutto il mondo stiano facendo la fila per un finanziamento-ponte che consentirebbe a Enel di offrire agli azionisti francesi un premio superiore al 10% sulle quotazioni di Suez. Le banche grondano di liquidità e hanno solo da guadagnare nella nuova avventura che gli analisti più attenti considerano preoccupante per i dividendi di Enel nei prossimi anni e per l'indebitamento che arriverebbe addosso all'azienda elettrica italiana.
La partita è delicatissima e potrebbe avere un effetto che finora non è stato attentamente calcolato. Se è vero infatti che i francesi potrebbero abbassare la guardia riconquistando una verginità di immagine di fronte ai mercati internazionali e a Bruxelles, è altrettanto vero che sullo sfondo potrebbe stagliarsi un'operazione alternativa di valore superiore e politicamente imbarazzante per il governo italiano.
A Parigi corre voce infatti che il Gruppo petrolifero Total potrebbe lanciarsi alla conquista dell'Eni, una public company guidata da Thierry Desmarest, un manager che è stato definito "un vecchio marpione del petrolio".
Total capitalizza in Borsa 130 miliardi di euro, ha un margine operativo di 29,5 su ricavi per 143, e debiti per 12,3 miliardi. Da parte sua l'Eni - che ha come azionista al 30% lo Stato - al listino vale 93 miliardi di euro, ha un margine operativo lordo di 22,6 miliardi su 74 di ricavi ed è esposto per 10,5 miliardi. La compagnia francese del petrolio è diventata grande soprattutto dopo aver acquisito l'ex-compagnia pubblica Elf soffiandola a suo tempo proprio all'Eni; è la quarta holding petrolifera al mondo e produce idrocarburi in quantità superiore del 50% a quella dell'Eni.
Lanciando Total verso l'Eni la Francia metterebbe le mani su risorse energetiche di gran lunga superiori a quelle che stanno al centro del progetto di scalata dell'Enel su Suez. Ma la convenienza per Total è economica anche perchè in questo momento l'Eni non è valorizzata al massimo e proprio in questi ultimi giorni ha perso capitalizzazione dopo che il Gruppo ha annunciato come obiettivi del Piano 2006-2009 ciò che Vittorio Mincato aveva già previsto per le sue strategie 2005-2008 (2 milioni di barili al giorno di produzione). Questo annuncio ha avuto effetti negativi tanto è vero che giovedì scorso il titolo Eni ha lasciato sul campo quasi il 3% e la sua capitalizzazione è scesa da 95 miliardi a 93.
Lo scenario si presenta perciò preoccupante e per certi versi paradossale. Se l'Enel infatti insisterà su Suez lasciando perdere Gaz de France (l'altra società energetica che il governo francese vorrebbe fondere) il rischio è che a Parigi possano aggiudicarsi una partita e un bottino incomparabilmente più ricchi. A questo punto il Tesoro italiano se volesse difendere l'Eni dovrebbe fondere la società fondata da Enrico Mattei con l'Enel del ragionier Conti, dovrebbe cioè condurre in porto una manovra finanziariamente impegnativa e per nulla soddisfacente sotto il profilo economico. Su questa manovra è già calato il verdetto di Tonino Catricalà che l'ha definita mostruosa, e l'Antitrust di Bruxelles scenderebbe in campo con tutta la sua forza. Gli stessi Paoletto Scaroni e Fulvio Conti non hanno nessuna voglia di sposarsi in un matrimonio "energetico" che porterebbe vantaggi soltanto ai francesi. Meditate gente, meditate.