Un libro che nessuno di voi può permettersi di non avere letto

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San Siro

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E' un libro che spiega finalmente:

1) cos'è la moneta

2) perché c'è la crisi

3) come fare per uscirne.

Mica male, no?

Purtroppo non ho tempo per farne una recensione approfondita.

Spiegherò molto in sintesi di cosa si tratta.

Innanzitutto il libro in questione si intitola "FINE DELLA FINANZA. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne".

Lo hanno scritto due storici dell'economia che insegnano alla Bocconi, Massimo Amato e Luca Fantacci.

E da storici di livello ci spiegano come la forma che la moneta ha assunto oggi, e che per noi è quella naturale perché è l'unica che abbiamo conosciuto, comporta grossi problemi.

Ma in passato non sempre è stato così. Infatti nella seconda parte, gli autori spiegano i vari sistemi monetari che si sono succeduti dal passato ad oggi per concludere che l'attuale sistema imposto di fatto dai paesi anglosassoni, prima l'Inghilterra e poi gli stati Uniti, non è affatto il frutto di una logica, o naturale evoluzione, ma risponde alla necessità geopolitiche delle potenze allora egemoni.

Ogni finanza, concludono gli autori, è per definizione finanza di guerra.

Nella seconda parte Fantacci fa una storia dei sistemi monetari a ritroso, da oggi fino al medio evo, passando, fra gli altri, per l'Unione Europea dei Pagamenti, Bretton Woods (come è stata e come avrebbe potuto essere), il Gold Standard nelle sue diverse declinazioni (un capitolo poco conosciuto), l'inizio del fiat money in Inghilterra alla fine del XVII secolo, fino all'esperienza della moneta internazionale della fiere dei cambi (1579).

Al cuore della riflessione di Amato e Fantacci c'è il concetto di liquidità, ovvero la necessità di mantenere i titoli perfettamente scambiabili in ogni momento, il cui rovescio della medaglia è la separazione fra creditori e debitori, ovvero la strutturale deresponsabilizzazione degli attori economici nel loro insieme.

Le conseguenze di questo divorzio sono enormi, e alla luce di questa lettura le crisi economiche dovute alla dissipazione del credito non assumono più un carattere contingente ma strutturale.

Occorre quindi ripensare, a cominciare dalle esperienze passate, il concetto stesso di moneta; Fantacci e Amato ci aiutano a scoprire come nell'idea di moneta si sovrappongono più funzioni, e che non sempre tali funzioni possono essere svolte in modo sinergicamente efficiente, specialmente nella sistematizzazione che la moneta ha assunto ai giorni nostri.

In sostanza, la moneta, una determinata architettura monetaria, può svolgere il ruolo di promotore degli scambi e di strumento flessibile, per portare all'equilibrio i rapporti fra debitori e creditori, senza privilegiare una delle due parti contro l'altra.

O può restare confinata nella sua funzione ibrida, cioè favorire gli scambi e nel contempo fungere da riserva di valore. In questo caso, quando tutto va bene i due aspetti sono sintonici: c'è crescita economica e credito in abbondanza, ma quando il meccanismo si inceppa è la depressione, come è stato nel '29 e oggi.

Mi fermo qui. Vi dico solo che la seconda parte - quella più squisitamente storica - è assolutamente da non perdere, anche se non vi trovate d'accordo con le tesi degli autori, sviluppate più compiutamente nella prima e nella terza parte.

Ma sarà difficile che non vi troviate d'accordo con Amatoe Fantacci. Il loro libro non è altro che il tentativo, a mio avviso riuscito, di far ripoggiare l'economia sulle proprie basi. Mentre negli ultimi l'oscena deriva neoclassica ha messo al primo posto la rendita a scapito di tutto ciò che è realmente produttivo.
 
E' un libro che spiega finalmente:

1) cos'è la moneta

2) perché c'è la crisi

3) come fare per uscirne.

Mica male, no?

Purtroppo non ho tempo per farne una recensione approfondita.

Spiegherò molto in sintesi di cosa si tratta.

Innanzitutto il libro in questione si intitola "FINE DELLA FINANZA. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne".

Lo hanno scritto due storici dell'economia che insegnano alla Bocconi, Massimo Amato e Luca Fantacci.

E da storici di livello ci spiegano come la forma che la moneta ha assunto oggi, e che per noi è quella naturale perché è l'unica che abbiamo conosciuto, comporta grossi problemi.

Ma in passato non sempre è stato così. Infatti nella seconda parte, gli autori spiegano i vari sistemi monetari che si sono succeduti dal passato ad oggi per concludere che l'attuale sistema imposto di fatto dai paesi anglosassoni, prima l'Inghilterra e poi gli stati Uniti, non è affatto il frutto di una logica, o naturale evoluzione, ma risponde alla necessità geopolitiche delle potenze allora egemoni.

Ogni finanza, concludono gli autori, è per definizione finanza di guerra.

Nella seconda parte Fantacci fa una storia dei sistemi monetari a ritroso, da oggi fino al medio evo, passando, fra gli altri, per l'Unione Europea dei Pagamenti, Bretton Woods (come è stata e come avrebbe potuto essere), il Gold Standard nelle sue diverse declinazioni (un capitolo poco conosciuto), l'inizio del fiat money in Inghilterra alla fine del XVII secolo, fino all'esperienza della moneta internazionale della fiere dei cambi (1579).

Al cuore della riflessione di Amato e Fantacci c'è il concetto di liquidità, ovvero la necessità di mantenere i titoli perfettamente scambiabili in ogni momento, il cui rovescio della medaglia è la separazione fra creditori e debitori, ovvero la strutturale deresponsabilizzazione degli attori economici nel loro insieme.

Le conseguenze di questo divorzio sono enormi, e alla luce di questa lettura le crisi economiche dovute alla dissipazione del credito non assumono più un carattere contingente ma strutturale.

Occorre quindi ripensare, a cominciare dalle esperienze passate, il concetto stesso di moneta; Fantacci e Amato ci aiutano a scoprire come nell'idea di moneta si sovrappongono più funzioni, e che non sempre tali funzioni possono essere svolte in modo sinergicamente efficiente, specialmente nella sistematizzazione che la moneta ha assunto ai giorni nostri.

In sostanza, la moneta, una determinata architettura monetaria, può svolgere il ruolo di promotore degli scambi e di strumento flessibile, per portare all'equilibrio i rapporti fra debitori e creditori, senza privilegiare una delle due parti contro l'altra.

O può restare confinata nella sua funzione ibrida, cioè favorire gli scambi e nel contempo fungere da riserva di valore. In questo caso, quando tutto va bene i due aspetti sono sintonici: c'è crescita economica e credito in abbondanza, ma quando il meccanismo si inceppa è la depressione, come è stato nel '29 e oggi.

Mi fermo qui. Vi dico solo che la seconda parte - quella più squisitamente storica - è assolutamente da non perdere, anche se non vi trovate d'accordo con le tesi degli autori, sviluppate più compiutamente nella prima e nella terza parte.

Ma sarà difficile che non vi troviate d'accordo con Amatoe Fantacci. Il loro libro non è altro che il tentativo, a mio avviso riuscito, di far ripoggiare l'economia sulle proprie basi. Mentre negli ultimi l'oscena deriva neoclassica ha messo al primo posto la rendita a scapito di tutto ciò che è realmente produttivo.

eh si la politica monetaria...
c'è una bella discussione in corso tra potere della politica che viene ritenuto responsabile della politica economica e le banche centrali che sono di fatto indipendenti e non rispondono a livello democratico mentre fanno scelte arbitrarie che influiscono nella vita pubblica.

in italia è un discorso che viene un pò tralasciato dal dibattito pubblico da bravi provincialotti quali siamo


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Robert Pringle’s Viewpoint: Rebalancing the fraught relationship between governments and central banks

The growing politicisation of central banking involves central bankers needing to make difficult judgement calls on the areas that lie outside of their competence

As has frequently been noted, not least by Central Banking, central banks have come out of the global financial crisis with enhanced powers and added responsibilities. Governments look to them not only as the main instruments for keeping economies from slipping back into recession but also for two other crucial tasks: to re-float the financial system - at least in those countries where it has been on crutches - and to take the lead in ensuring the system does not crash again. What are the implications of this new phase in central banks' historically fraught relationship with governments?

The policies required of central bankers to combat the crisis - and, especially in emerging markets, react to large cross-border capital flows and other challenges raised by ultra-low rates in key currencies - have already involved central bankers making difficult judgements. In addition to the usual challenges of balancing economic risks - such as inflation on the one hand and avoidable unemployment on the other - they have also had to make decisions about what may be termed ‘constitutional' issues. For example, about what they can do, as unelected officials, on their own initiative without the endorsement of government compared with decisions that require approval from the legislature or executive branch.

Politicisation and domination
Quantitative easing (QE) and credit easing policies have more overt distributional effects than those that naturally result from monetary policy actions in ‘normal' times. Decisions about what kind of assets a central bank should purchase have clear fiscal and distributional implications, which is why some central bankers insist that such decisions should be made by elected governments. Others see a clear trend towards politicisation, if not political domination.

New complications arise from macro-prudential policy. Although institutional arrangements vary widely by jurisdiction, everywhere the central banks (or agencies in which they have a major role to play) are being equipped with an array of tools such as loan-to-value ratios, counter-cyclical capital ratios, sectoral capital requirements, time-varying reserve ratios, caps on leverage and the like. Central bankers are well aware that use of such tools can have a major impact on individual citizens and therefore require a high level of public acceptability and accountability. At the same time, in some jurisdictions, the central bank also has to conduct, or have major responsibility for, micro-supervision of individual financial firms as well. In the European Union (EU), responsibility for banking supervision is being transferred from the national authorities to the European Central Bank. In the UK, a far-reaching restructuring of the Bank of England came into force in April.

Are there risks to democracy? I stand to be corrected, but I am not aware of a case where a central bank has deliberately attempted to usurp the prerogatives of elected governments. It is true that some have wielded wide discretionary powers by default. For decades, before the introduction of the euro, the Bank of Italy was the dominant influence on economic and monetary policies in Italy - it was often said to ‘run Italy'. This was because Italian politics were chaotic, to say the least, and the country had long periods without an effective government. The central bank was among the few trusted institutions able to give consistency as well as credibility to policy. In many other countries, especially in emerging markets, finance ministry officials have routinely jumped ship to the central bank.

A stable relationship?
Yet now central bankers are being thrust into roles in which many feel uncomfortable - roles that potentially give them quasi-executive powers that go beyond their natural remit or mandates. At a time of continued economic malaise, is the balance of power between legislatures, central banks and the executive arm of governments likely to prove stable? ‘Probably not', is the safe answer. In which case, how will the tensions be resolved?

This question was raised by John Gieve in a May 29 lecture at University College London, where he is a visiting professor. With experience on both sides, as a former deputy governor of the Bank of England and a former senior official in the UK Treasury, his views merit attention.

Before the crisis, said Gieve, there was a clear allocation of responsibilities between central banks (stabilisation), structural issues and fiscal matters (finance ministries) and financial market oversight (various regulatory and financial conduct bodies). Everybody accepted that monetary policy should be kept as far away from politics as possible. This propelled professional economists into key policy-making positions for the first time.

Then along came the financial and economic crash - which was not a ‘Black Swan' event, but an event generated by the dynamics of the system. Yet the policy response has been to ‘double up'. Reforms have essentially consisted of ‘more of everything'. Yet this did not take account of the most obvious fact about the pre-crisis regime: its spectacular failure.

Single-minded pursuit of the inflation objective has not brought stability. Central bankers are not convincing when they say that monetary policy had nothing to do with the collapse (and some have started to change their tune on this - see Robert Pringle's Viewpoint: Watch what central bankers do, not what they say). Governments encourage central banks to ignore inflation targets when it suits them. Yet there has been no serious rethinking of monetary policy frameworks.

Meanwhile, the exercise of macro-prudential policy tools (for example, raising capital ratios) has been pro-cyclical as well as restricting lending and demand. There have been two feet on the brakes - fiscal and regulatory policies - and one foot on the monetary policy accelerator. Does this add up to a coherent strategy? ;) strategia coerente?

Accountability gap
Also, a gap has opened up between power and accountability. Central banks have the power, while governments are being held accountable - almost all the governments in power when the crisis broke (Germany's coalition under chancellor Angela Merkel so far being one of the exceptions) have been booted out of office, yet central banks have sailed through the crisis. This is not a sustainable position.

Predictably, governments are becoming more assertive (call it ‘interference' if you like). UK Chancellor of the Exchequer George Osborne has taken to writing letters to the Bank of England that are typical of the new tone that finance ministers are adopting towards their central bankers - much more intrusive and assertive than they were pre-crisis.

Governments and legislatures could well mount a fundamental assault on central bank independence. For example, Gieve asked, what would happen if a central bank were to say ‘We have done enough to promote recovery and we have reached our limit - now it is over to you'? Or, the central bank governor might tell his government to use fiscal policy instead of looking for more quantitative easing. Or, a new government such as that of prime minister Shinzo Abe in Japan could install his own team at the central bank with instructions to embark on an entirely new strategy.

I agree that the present imbalance of power does not look stable. But in my view this is because governments have loaded too much on to the central banks. I do not think they should conduct micro supervision as well as macro, for example.

The easy way out is to call for the accountability of central banks to be enhanced. That is needed but not enough. Their mandates should be confined to the pursuit of objective and clearly defined goals where their special expertise is of the essence. As Jens Weidmann, president of the Deutsche Bundesbank, puts it in the May 2013 edition of Central Banking: "The eurosystem - like other central banks round the world - has taken considerable risks, and it has stretched its mandate..."


Author: Robert Pringle

Source: Central Banking | 18 Jun 2013

Categories: Governance, Monetary Policy, Financial Stability

Topics: John Gieve, Jens Weidmann, European Central Bank, Bank of England, Deutsche Bundesbank, Independence
robert-pringle

Robert Pringle
 
Interessante.
Domanda: il libro richiede già una discreta conoscenza della finanza o si rivolge anche a neofiti?
 
E' un libro che spiega finalmente:

1) cos'è la moneta

2) perché c'è la crisi

3) come fare per uscirne.

Mica male, no?

Purtroppo non ho tempo per farne una recensione approfondita.

Spiegherò molto in sintesi di cosa si tratta.

Innanzitutto il libro in questione si intitola "FINE DELLA FINANZA. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne".

Lo hanno scritto due storici dell'economia che insegnano alla Bocconi, Massimo Amato e Luca Fantacci.

E da storici di livello ci spiegano come la forma che la moneta ha assunto oggi, e che per noi è quella naturale perché è l'unica che abbiamo conosciuto, comporta grossi problemi.

Ma in passato non sempre è stato così. Infatti nella seconda parte, gli autori spiegano i vari sistemi monetari che si sono succeduti dal passato ad oggi per concludere che l'attuale sistema imposto di fatto dai paesi anglosassoni, prima l'Inghilterra e poi gli stati Uniti, non è affatto il frutto di una logica, o naturale evoluzione, ma risponde alla necessità geopolitiche delle potenze allora egemoni.

Ogni finanza, concludono gli autori, è per definizione finanza di guerra.

Nella seconda parte Fantacci fa una storia dei sistemi monetari a ritroso, da oggi fino al medio evo, passando, fra gli altri, per l'Unione Europea dei Pagamenti, Bretton Woods (come è stata e come avrebbe potuto essere), il Gold Standard nelle sue diverse declinazioni (un capitolo poco conosciuto), l'inizio del fiat money in Inghilterra alla fine del XVII secolo, fino all'esperienza della moneta internazionale della fiere dei cambi (1579).

Al cuore della riflessione di Amato e Fantacci c'è il concetto di liquidità, ovvero la necessità di mantenere i titoli perfettamente scambiabili in ogni momento, il cui rovescio della medaglia è la separazione fra creditori e debitori, ovvero la strutturale deresponsabilizzazione degli attori economici nel loro insieme.

Le conseguenze di questo divorzio sono enormi, e alla luce di questa lettura le crisi economiche dovute alla dissipazione del credito non assumono più un carattere contingente ma strutturale.

Occorre quindi ripensare, a cominciare dalle esperienze passate, il concetto stesso di moneta; Fantacci e Amato ci aiutano a scoprire come nell'idea di moneta si sovrappongono più funzioni, e che non sempre tali funzioni possono essere svolte in modo sinergicamente efficiente, specialmente nella sistematizzazione che la moneta ha assunto ai giorni nostri.

In sostanza, la moneta, una determinata architettura monetaria, può svolgere il ruolo di promotore degli scambi e di strumento flessibile, per portare all'equilibrio i rapporti fra debitori e creditori, senza privilegiare una delle due parti contro l'altra.

O può restare confinata nella sua funzione ibrida, cioè favorire gli scambi e nel contempo fungere da riserva di valore. In questo caso, quando tutto va bene i due aspetti sono sintonici: c'è crescita economica e credito in abbondanza, ma quando il meccanismo si inceppa è la depressione, come è stato nel '29 e oggi.

Mi fermo qui. Vi dico solo che la seconda parte - quella più squisitamente storica - è assolutamente da non perdere, anche se non vi trovate d'accordo con le tesi degli autori, sviluppate più compiutamente nella prima e nella terza parte.

Ma sarà difficile che non vi troviate d'accordo con Amatoe Fantacci. Il loro libro non è altro che il tentativo, a mio avviso riuscito, di far ripoggiare l'economia sulle proprie basi. Mentre negli ultimi l'oscena deriva neoclassica ha messo al primo posto la rendita a scapito di tutto ciò che è realmente produttivo.

Grazie del consiglio. OK!
 
Interessante.
Domanda: il libro richiede già una discreta conoscenza della finanza o si rivolge anche a neofiti?

Scusa il ritardo con cui rispondo, ma sono stato sottosopra per diverse settimane.

Direi che sia un libro accessibile a tutti.

L'unica precondizione è una certa disponibilità alla riflessione.

Comunque, alla fine della fiera, noi siamo vissuti in un mondo in cui il rapporto fra debitore e creditore era molto stretto.

E' solo con le riforme degli ultimi trent'anni che si è cominciato a dipingere le banche commerciali come una gang di criminali corrotti mentre il Mercato è stato presentato come il perfetto, onniscente allocatore del Risparmio.

Con i risultati che abbiamo sotto gli occhi.
 
peccato che sia del 2009, nel mondo moderno 4 anni sono un abisso......
 
peccato che sia del 2009, nel mondo moderno 4 anni sono un abisso......

Un buon libro può durare secoli, altro che anni...

Comunque, se vogliamo concentrarci sugli aspetti predittivi, il libro ha preconizzato perfettamente quello che sarebbe capitato in seguito.

Dal punto di vista degli autori, questa non è una crisi che si può risolvere col trucchetto della liquidità, ma un problema sistemico.

E lo dimostrano con un'analisi dei sistemi monetari del passato, dove le analogie coi problemi attuali sono quanto mai inquietanti.
 
Un buon libro può durare secoli, altro che anni...

Comunque, se vogliamo concentrarci sugli aspetti predittivi, il libro ha preconizzato perfettamente quello che sarebbe capitato in seguito.

Dal punto di vista degli autori, questa non è una crisi che si può risolvere col trucchetto della liquidità, ma un problema sistemico.

E lo dimostrano con un'analisi dei sistemi monetari del passato, dove le analogie coi problemi attuali sono quanto mai inquietanti.

non c'è dubbio si tratti di un problema sistemico.....hai ragione.....in questo.
 
e se ce lo dicono due della Bocconi deve essere senz'altro vero
 
Mi permetto di consigliare FIGLI DI TROIKA, di bruno amoroso...

una lettura molto illustrativa delle dinamiche della crisi attuale.....che nasce alla fine degli anni 60...
 
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