Un rapporto montiano

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Una lettura maliziosa potrebbe interpretare il Rapporto Censis come un bilancio più chiaro che scuro del governo Monti. La crisi è durissima, ma, sostiene Giuseppe De Rita, ora dobbiamo metterci tutti insieme per uscirne, evitando di disperdere «nelle venature conflittuali delle prossime vicende elettorali» il lavoro fatto.
Questa volta, la sintesi, la parola-chiave del Rapporto è resistenza, declinata attraverso il triplice snodo delle tre "r": rinuncia, rinvio, risparmio. Provati dalla crisi, ripiegati su noi stessi, segnati appunto dalla rinuncia, dal rinvio e dal risparmio, siamo il paese dei sopravvissuti, ma anche, come direbbe Monti, quelli che intravedono la luce in fondo al tunnel. Perché se la reazione più diffusa degli italiani è di paura e di fuga, tuttavia nel sottofondo della dinamica sociale, dice il Rapporto, ha cominciato a vedersi una «complessa maturazione del corpo sociale». Noi profani parleremmo di resistenza, ma il professor De Rita, citando Jacques Derrida, preferisce focalizzare sul termine di "restanza" (difendere quel che resta di un passato che ha funzionato).
L'effetto della crisi avrebbe innescato un processo individuale di valorizzazione della differenza rispetto all'omologazione (inventarsi una revisione dei consumi: fare di necessità virtù), coltivando un collettivo, positivo ripensamento dei modelli sociali. L'attenzione ai bisogni ecologici, la crescita dell'economia in cooperativa sono tendenze abbozzate, ma interessanti proprio perché maturate dentro una crisi che ha scosso il sistema.
Naturalmente restano tutte le criticità, semmai acuite, dell'agenda politica: lo scollamento tra istituzioni e società, l'aumento della forbice tra i molto ricchi e gli impoveriti, la supplenza della famiglia per fronteggiare la distruzione del welfare, solo per citare le crepe più vistose.
In realtà di "r" ce ne sarebbe anche una quarta, la rabbia, sottolineata nel Rapporto perché citata dal 52 per cento di italiani che rispondono alla domanda sulla reazione alla crisi politica. Sarà lei, la rabbia, che già ha gonfiato il consenso grillino a essere cavalcata dal populista concorrente di Arcore. E siccome affrontiamo una campagna elettorale legata a filo doppio con la crisi italiana ed europea, e fortissime saranno le spinte nazionaliste e antieuropeiste, capiremo nei prossimi due mesi che fine farà questa rabbia, se si trasformerà in indignazione ancor di più di quel che i movimenti hanno sedimentato.
Verificheremo se il distacco tra il rigorismo comandato dai poteri di Bruxelles e Francoforte e la paura di milioni di persone lasciate da sole, potrà essere colmato da una proposta alternativa delle sinistre che chiedono il governo del paese. Per cambiarlo.

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