Una mia curiosità sopita mai appagata sulla formazione degli indici

P.A.T.

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Avrei una curiosità da soddisfare riguardo i criteri di formazione degli indici che riguarda il cosiddetto "dual listing", cioe' le aziende che si quotano su piu' mercati: esempi da noi sono Ferrari, Luxottica, FIAT+Peugeot=Stellantis, etc.

Quando si sente enfaticamente al TG che le borse italiane, francesi, etc., sono salite a fine anno del xx% ... si tiene conto in qualche modo del fatto che talune societa' che fanno parte del paniere di piu' indici non potrebbero - a rigore - essere conteggiate due volte, ma - eventualmente - pro rata ?

Se ipotizzassimo che stocks come Amazon e Google si quotino su tutti i mercati del mondo avremmo a fine anno che le borse del Burundi e del Mali salirebbero come Wall Street... :mmmm: :mmmm: ed e' un po' quanto accade da noi riguardo a Stellantis, che e' conteggiata negli indici sia in Francia che in Italia e che contribuisce con il suo peso non indifferente e la performance stellare a rendere positivi gli indici sia da noi sia oltralpe.
 
Prima di consultare la community, ho riscontrato che non c'e' affatto letteratura su questo fenomeno di distorsione degli indici dovuta al dual listing che da' origine ad un sicuro effetto di "Stealth Bull Market"
Infatti le societa' che effettuano delle quotazioni multiple su piu' mercati (esempio Ferrari, Luxottica) sono quasi sempre multinazionali ad elevatissimo valore aggiunto e anche per questo motivo sovraperformano, tradizionalmente, gli indici di riferimento.
 
Gli indici sono calcolati a capitalizzazione Free to Float.

Se una società è quotata su più mercati, i singoli indici peseranno solo le sue azioni liberamente scambiabili sul singolo mercato di riferimento e non la capitalizzazione complessiva.

Ad es. sul Ftsemib Ferrari pesa per 7 Mld anche se la sua capitalizzazione complessiva outstanding è di 34 Mld (il resto sta sul NYSE).
La classifica delle azioni italiane per capitalizzazione | SoldiOnline.it


A mio avviso questo è uno dei possibili limiti degli indici a capitalizzazione, che dovrebbero rappresentare dove il mercato sceglie di mettere complessivamente i soldi ma che nella realtà è esposto a vincoli.
 
Curioso, anzi curiosissimo.

Le azioni in dual listing vengono quotate con riferimento a criteri finanziari come il flottante, anziche' su altri criteri economici o produttivi (es. la zona geografica di produzione)

Nel caso di Ferrari, abbiamo un titolo che produce tutto in Italia ma concorre appena per un 1/5 alle performance dell'indice nostrano e ben 4/5 concorre alla performance dell'indice statunitense.

La costruzione di questi indici, come scrivevi, lascia spazio ad assurdita' ed incongruenze.
Esempio.
Stellantis stacca un grosso maxidividendo.
Per gli indici del mercato maggiore non gliene fa un baffo, dato che e' la capitalizzazione e' diluita.
Per gli indici del mercato minore la perdita conseguente allo stacco e' maggiore.

Un po' come avviene nel paradosso dei due ospedali di Tverski e Kahneman.
 
Gli indici nascono per "seguire dove vanno i soldi", ma solo quelli messi in azioni, non tutti i soldi.

Io non conosco l'economia, però ho capito questo: le aziende emettono azioni per farsi prestare dei soldi (che useranno per ampliare le proprie attività) in cambio di una parte degli utili e del diritto di voto (sfruttabile però solo da chi ne compra molte). Con il dual listing vengono chiesti soldi in prestito su mercati diversi.

L'inghippo è che le aziende emettono liberamente diverse percentuali di azioni, o possono benissimo non emetterne. Nei vari paesi del mondo ci sono attitudini a quotarsi (cioè a farsi prestare denaro tramite azioni) molto diverse, preferendosi magari emissioni di bond o partecipazioni statali. E anche fra i diversi settori industriali possono esserci diverse attitudini a quotare fette più o meno grandi delle società.

L'idea di utilizzare gli indici a capitalizzazione di mercato è stata criticata fin dall'inizio perché non necessariamente rappresentativa dell'intera economia. Gli investitori potrebbero voler mettere molti più soldi in alcune società o in alcuni settori, ma si trovano di fronte ad offerte limitate. In altri settori invece potrebbe esserci un eccesso di offerta.

Negli ultimi anni sono stati proposti indici che vanno a modificare le percentuali espresse dalle capitalizzazioni di mercato in base ad altri ragionamenti economici o demografici.
 
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