Unicredit: solo news n. 4

Ecco le banche europee con i rendimenti più alti nel primo trimestre. Brilla Unicredit​

di Luca Gualtieri

Per S&P Global Market Intelligence le crisi Svb e Credit Suisse non hanno penalizzato gli intermediari italiani e spagnoli. Molto bene Unicredit e Bper​



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Se nel decennio scorso le banche del Sud Europa sono state spesso avare di soddisfazioni per gli investitori, nel primo trimestre del 2023 questi intermediari hanno realizzato alcuni dei total return più interessanti non solo nel Vecchio Continente, ma anche a livello globale. E questo nonostante le forti turbolenze che hanno penalizzato il settore, a partire dal crack dell’americana Svb e dal collasso del Credit

L’analisi di S&P



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Lo attesta un’analisi che S&P Global Market Intelligence ha dedicato al rendimento delle azioni degli istituti di credito europei. Per l’agenzia di rating americana a brillare sono state soprattutto le banche del Sud Europa, con l’italiana Unicredit tra le prime posizioni. Il total return più elevato è stato registrato dalla cipriota Tcs Group e dalla greca Piraeus Financial Holdings. Questo secondo l’istituto nel 2012 aveva preso parte alla ristrutturazione del sistema bancario ellenico mentre, nel primo trimestre di quest’anno, ha remunerato i propri azionisti con un rendimento di quasi il 39%.

Le banche con i rendimenti più alti

Bene sono andati anche altri istituti greci come National Bank of Greece e Eurobank Ergasias Services and Holdings, che hanno registrato un total return rispettivamente del 18% e del 14%. Molto soddisfatti devono essere anche i soci della portoghese Banco Comercial o Millennium BCP, che si sono visti riconoscere un rendimento di oltre il 33%, mentre il migliore istituto italiano secondo S&P è stata Unicredit con il 29,5%. Le spagnole Banco Santander e Bbva e l'altra italiana Bper Banca hanno registrato percentuali comprese tra il 13,7% e il 20%.

Le maglie nere

Nella sua analisi S&P ricorda anche quali sono stati gli istituti europei più penalizzati dal mercato nei primi tre mesi dell’anno. In maglia nera troviamo Credit Suisse, che ha registrato un rendimento negativo del 72%, mentre il total return di Deutsche Bank è stato del -14,5%. Anche la spagnola Bankinter, la francese Société Générale e la britannica Barclays sono andate male.

MF - Numero 073 pag. 8 del 14/04/2023
 
Per Unicredit è il momento ideale per fare m&a. La preda può essere Banco Bpm?
Per Unicredit è il momento ideale per fare m&a. La preda può essere Banco Bpm?


Per Unicredit è il momento ideale per fare m&a. La preda può essere Banco Bpm?​

di Manuel Follis e Luca Gualtieri (MF)

I concambi oggi favoriscono un blitz su Banco Bpm che il ceo Orcel aveva messo nel mirino già nel 2022. Ma per ora non c’è nessun progetto sul tavolo​


Negli ultimi 12 mesi il titolo Unicredit ha raddoppiato il proprio valore, lasciandosi alle spalle i ribassi della pandemia e della guerra russo-ucraina e riportandosi ai massimi del 2016.

Il rally del titolo Unicredit

Anche se il periodo è stato generoso per tutte le banche, la carta dell’istituto guidato da Andrea Orcel si è apprezzata molto di più rispetto a quella dei concorrenti (l’indice settoriale è salito solo del 42,62%) e oggi sembra pronta per supportare un’operazione straordinaria. Anche per la ritrovata forza reddituale e patrimoniale del gruppo che ha chiuso il 2022 con un utile netto di 5,2 miliardi (+47,7%) e un Cet1 al 16%.

Il tentativo del 2022

Per tutte queste ragioni le suggestioni si sono infittite nella city milanese e quella che trova maggior credito fra analisti e banchieri d’affari punta a un ritorno di Unicreditsul dossier Banco Bpm. Il progetto di un blitz sul gruppo guidato da Giuseppe Castagna è da tempo al vaglio di Orcel e già nel febbraio del 2022 stava per concretizzarsi attraverso un’offerta pubblica di acquisto. Una fuga di notizia e, soprattutto, l’invasione dell’Ucraina mandarono a monte quel primo tentativo senza però che il dossier uscisse dal radar di Unicredit. Oggi del resto i tempi per un secondo tentativo sembrano propizi, anche se fonti vicine al vertice di piazza di Gae Aulenti smentiscono che ci siano progetti concreti sul tavolo.

I concambi favorevoli


Il mercato comunque si concentra soprattutto sui concambi. Se nel febbraio del 2022 un’azione Unicredit valeva 4,2 azioni Banco Bpm, oggi il rapporto è di uno a 5,1 e risulta quindi più favorevole per un’operazione carta contro carta simile a quella concepita da Intesa Sanpaolo per espugnare Ubi Banca. Se nel febbraio del 2022 un’azione Unicredit valeva 4,2 azioni Banco Bpm, oggi il rapporto è di uno a 5,1 e risulta quindi più favorevole per un’operazione carta contro carta simile a quella concepita da Intesa Sanpaolo per espugnare Ubi Banca.

Il nuovo polo del credito

La mera convenienza finanziaria non è l’unico elemento che, secondo gli analisti, potrebbe giocare a favore del deal. Un blitz avrebbe infatti solidi razionali in quanto rafforzerebbe la presenza di Unicredit in una regione nevralgica come la Lombardia, raddoppiando la rete di sportelli e tallonando così la rivale Intesa Sanpaolo. Un’idea in linea con quel rilancio delle attività italiane che gli azionisti storici di piazza Gae Aulenti hanno affidato come obiettivo principale a Orcel al momento della nomina. Sia le fondazioni (Crt e soprattutto Cariverona) che la famiglia Del Vecchio hanno finora apprezzato i risultati portati dall’amministratore delegato e potrebbero dare pieno appoggio a un’operazione straordinaria che valorizzi ulteriormente l’italianità del gruppo.

Le scelte dei soci


Anche alcuni azionisti di Banco Bpm guardano con favore all’ipotesi. Tra questi c’è ancora una volta la Crt, fulcro del nocciolo di fondazioni e casse previdenziali che nell’ultimo anno ha stabilizzato la governance dell’istituto. Qualcuno fa peraltro notare che se Fabrizio Palenzona arrivasse alla presidenza dell’ente torinese, l’ex vice presidente di Unicredit potrebbe giocare un ruolo rilevante nella partita. Ma anche il fondo Leone & Partners (4,7%) ha sempre guardato di buon occhio un’eventuale integrazione tra piazza Meda e Unicredit. Occorre poi considerare il rapporto di stima che lega Orcel e il presidente del Banco Massimo Tononi, che il cda ha confermato nel suo ruolo per un nuovo mandato.

Terzo polo sì o no?

Il ceo Giuseppe Castagna non ha mai fatto mistero di avere altri progetti per piazza Meda. L’obiettivo del banchiere che ha traghettato l’istituto attraverso snodi delicati come la trasformazione in società per azioni, la fusione con il Banco Popolare e il percorso di pulizia e di rilancio commerciale è costruire attorno all’istituto il terzo polo del credito nazionale. Per conseguire questo scopo il target più propizio sarebbe il Montepaschi su cui Castagna non ha mai fatto chiusure.

Il premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sembrano determinati a rispettare la tabella di marcia della privatizzazione concordata con la Commissione Europea. Proprio nelle scorse settimane hanno ripreso circolare indiscrezioni su un coinvolgimento (sinora smentito) di piazza Meda nella privatizzazione del gruppo senese, un match che potrebbe funzionare in termini di reti commerciali e sinergie. Sul Monte peraltro il Banco potrebbe non muovere da solo, ma in tandem con un altro soggetto disponibile a intervenire su porzioni specifiche della rete commerciale. I nomi che si fanno sono quelli di Intesa Sanpaolo e di Bper.

Un blitz di Unicredit scompaginerebbe in profondità questi progetti, ridisegnando in profondità la geografia e gli equilibri di potere nel credito italiano. La nuova entità (di cui Castagna potrebbe diventare direttore generale e plenipotenziario per l’Italia) sarebbe infatti un player in grado di competere alla pari con Intesa Sanpaolo, sia in termini finanziari che per peso istituzionale, e distaccherebbe di misura il terzo polo incardinato a quel punto esclusivamente sulla Bper. Resterebbe aperto il problema Montepaschi.

Il futuro di Montepaschi

Un intervento di Unicredit sul Banco toglierebbe dalla circolazione due potenziali compratori della banca senese guidata da Luigi Lovaglio, rendendo così molto complesso l’iter di privatizzazione. Senza considerare il nodo del Credit Agricole. Dopo l’acquisto del 9% del capitale del Banco, il gruppo francese ha stretto ulteriormente l’alleanza industriale con piazza Meda attraverso un’importante partnership sulla bancassurance e potrebbe essere restio a mollare la presa .

Per oggi comunque non ci sono ancora proposte formali sul tavolo. Chi sostiene che in realtà si tratti soltanto di voci, per quanto insistenti, si appella al fatto che (a dispetto di quanto accaduto con altre operazioni in passato) nessuno da Banca d'Italia abbia convocato o nemmeno avvisato i vertici di Banco Bpm, come di norma vorrebbe l'etichetta.

Le altre opzioni per Orcel

Va anche detto che al vaglio del vertice di Unicredit potrebbero anche esserci altre operazioni straordinarie oltre a un blitz sul Banco. Negli ultimi anni il gruppo ha per esempio valutato in diverse occasioni una crescita per linee esterne in Nord Europa. L'ex ceo, Jean Pierre Mustier, aveva a lungo studiato un'integrazione con la francese Société Générale e, in seconda battuta, una fusione con Commerzbank. Questo secondo target è stato esaminato anche da Orcel che avrebbe aperto il dossier all’inizio del 2022 senza mai accantonarlo definitivamente. Nel radar ci sarebbero anche asset in settori di nicchia come i pagamenti che il vertice di Unicredit vuole valorizzare, anche attraverso operazioni straordinarie sia nel mercato italiano che all’estero.

Milano Finanza - Numero 074 pag. 17 del 15/04/2023
 
Unicredit-Banco Bpm, in borsa si riaccende la speculazione sul risiko bancario
Unicredit-Banco Bpm, in borsa si riaccende la speculazione sul risiko bancario


Unicredit-Banco Bpm, in borsa si riaccende la speculazione sul risiko bancario​

di Luca Gualtieri (MF)

Lunedì 17 il titolo Banco Bpm sale del 2,5%. Analisti e banchieri d’affari speculano su un possibile ritorno di Unicredit sul dossier. Il ruolo dei concambi e le smentite dal vertice di piazza Gae Aulenti​


Piazza Affari specula su un’accelerazione del consolidamento bancari in tempi brevi. Lunedì 17 in borsa il titolo Banco Bpm sale del 2,5% alla luce delle insistenti indiscrezioni raccolte da MF-Milano Finanza circa un possibile ritorno di Unicredit sul dossier.


Il momento ideale per un’aggregazione

Anche se per il momento fonti vicine al vertice di Unicredit smentiscono l’esistenza di progetti concreti, per analisti e banchieri d’affari il momento appare propizio per un’operazione straordinaria. Nell’ultimo anno l’azione Unicredit ha raddoppiato il proprio valore, lasciandosi alle spalle i ribassi della pandemia e della guerra russo-ucraina e riportandosi ai massimi del 2016. Se nel febbraio del 2022 un’azione Unicredit valeva 4,2 azioni Banco Bpm, oggi il rapporto è di uno a 5,1 e risulta quindi più favorevole per un’operazione carta contro carta simile a quella concepita da Intesa Sanpaolo per espugnare Ubi Banca.

Vantaggi e svantaggi di un deal


Un eventuale blitz di Unicredit sul Banco (già tentato senza successo nel febbraio 2022) rafforzerebbe la presenza di Unicredit in una regione nevralgica come la Lombardia, ma lascerebbe aperte alcune incognite. A partire dalla privatizzazione di Mps. Un’operazione sull’asse Gae Aulenti-piazza Meda toglierebbe infatti dalla circolazione due potenziali compratori della banca senese guidata da Luigi Lovaglio, rendendo così molto complesso l’iter di privatizzazione.

Il ruolo dei soci storici

A favore di un deal potrebbe invece il peso di alcuni soci storici di Unicredit e del Banco. In piazza Gae Aulenti sia le fondazioni (Crt e soprattutto Cariverona) che la famiglia Del Vecchio hanno finora apprezzato i risultati portati dall’amministratore delegato e potrebbero dare pieno appoggio a un’operazione straordinaria che valorizzi ulteriormente l’italianità del gruppo.

Anche alcuni azionisti di Banco Bpm guardano con favore all’ipotesi. Tra questi c’è ancora una volta la Crt, fulcro del nocciolo di fondazioni e casse previdenziali che nell’ultimo anno ha stabilizzato la governance dell’istituto. Ma anche il fondo Leone & Partners (4,7%) ha sempre guardato di buon occhio un’eventuale integrazione tra piazza Meda e Unicredit. Occorre poi considerare il rapporto di stima che lega Orcel e il presidente del Banco Massimo Tononi, che il cda ha confermato nel suo ruolo per un nuovo mandato. Secondo il mercato, insomma, i giochi potrebbero riaprirsi

Orario di pubblicazione: 17/04/2023 10:19
Ultimo aggiornamento: 17/04/2023 11:50
 

Intesa, Unicredit, Mediobanca, Bper, utile al raddoppio. Le attese sui conti del primo trimestre 2023 delle banche​

di Elena Dal Maso (MF)

Sono partite le trimestrali Usa delle grandi banche, a inizio maggio è il turno degli istituti italiani che beneficeranno di margini di interesse robusti grazie all’aumento dei tassi. Nel frattempo, una certa cautela nella remunerazione alla clientela (deposit beta) è vista in maniera positiva dagli analisti di Kbw anche perché la liquidità in conto corrente ha iniziato a calare​


Sono partite le trimestrali delle banche americane, con maggio iniziano quelle dei grandi gruppi italiani, il 2 è la volta di Unicredit, il 5 di Intesa Sanpaolo, il 9 di Bper e l’11 maggio di Mediobanca. Il 2023 è stato un anno per ora buono per il settore finanziario, che incide molto nell’indice Ftse Mib, l’indice è salito da inizio anno del 17,7%.

Utile al raddoppio

Gli analisti di Kbw hanno fatto il punto della situazione sulle attese delle banche italiane in attesa delle trimestrali, da cui si attendono nel complesso da Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mediobanca e Bper 3,323 miliardi di utile rispetto a 1,583 miliardi del 2022.

Gli specialisti ritengono che «la prossima stagione dei conti continuerà a concentrarsi sul margine di interesse (NII) che sale grazie all’aumento dei tassi con un parallelo aumento dei costi dei servizi per la clientela privata e corporate. «Gli incrementi dei tassi sono il catalizzatore per molte banche, permettono di alzare la redditività (Rote) allineandola con il costo del capitale proprio (CoE) rendendo i titoli più interessanti per un più ampio numero di investitori». Le best picks di Kbw sono Unicredit e Bper grazie proprio al margine di interesse.

Infatti, secondo Kbw, il Net interest income dovrebbe crescere su base trimestrale per la maggior parte delle banche, con un'ulteriore aumento anche nei prossimi mesi dal momento che i bilanci richiedono del tempo prima di iniziare a sentire gli effetti dell’incremento del costo del denaro. «Il reddito da commissioni», con Bot e Btp che fanno la concorrenza ai fondi comuni, sottolineano poi gli esperti, «potrebbe risultare debole, ma è solo un rischio per poche banche».

La recessione, per ora, non dovrebbe vedersi in bilancio

Gli analisti prevedono che gli «indicatori della qualità degli attivi rimarranno positivi nonostante le continue preoccupazioni del mercato per il rischio di recessione». I Cet 1 ratio, gli indici di solidità patrimoniale, dovrebbero essere «sostanzialmente stabili nel primo trimestre 2023 rispetto a quello precedente».

Il tasso sui depositi della Bce è attualmente al 3,0% e dovrebbe aumentare ulteriormente, ma in media «risultava essere solo dell'1,4% nel quarto trimestre 2022 e del 2,4% nel primo trimestre 2023». E in questo senso i beta sui depositi nel primo trimestre (il beta sul deposito è la parte di una variazione dei tassi che viene trasferita ai conti correnti, per esempio se la Bce alza il costo del denaro dello 0,5% e le banche aumentano la remunerazione dello 0,25%, il beta o differenza è dello 0,25%) «dovrebbero essere ben al di sotto dei livelli previsti dai manager delle banche per l'intero anno», scrivono gli esperti. Questo significa che le banche sono attente alla sostenibilità dei bilanci e remunerano la clientela in maniera cauta.

La raccolta in conto corrente è negativa

Infatti, prosegue l’analisi, «l'unico potenziale motivo di preoccupazione al momento riguarda la crescita dei depositi che sta rallentando ed è già diventata negativa in Italia (-1% anno su anno a febbraio a causa dell’inflazione e dei tassi in aumento), un punto che per ora non desta preoccupazione in Kbw dal momento che «anche la crescita dei prestiti è contenuta… (questo significa fra l’altro meno potenziali crediti in sofferenza, ndr) e le banche hanno solide posizioni di liquidità».

Kbw preferisce, fra le large cap del Sud Europa, Unicredit e il Santander e fra le mid cap Bper e in linea generale l'Italia rispetto alla Spagna «principalmente perché pensiamo che le banche italiane siano state caute con la loro guidance sui beta dei depositi».

Intesa, Unicredit, Mediobanca, Bper, attese per il primo trimestre

Kbw si attende quindi 3,3 miliardi di utile dalle quattro banche italiane nel primo trimestre, nello specifico:
  • Intesa Sanpaolo, 1,481 miliardi (utile gennaio-marzo 2023); 1,009 miliardi (utile 2022 primo trimestre), rating ouperform, target price 2,39 euro:
  • Unicredit, 1,390 miliardi (utile gennaio-marzo 2023); 0,274 miliardi (utile 2022 primo trimestre), rating outperform, target price 18,82 euro;
  • Mediobanca Securities 0,214 miliardi (utile gennaio-marzo 2023); 0,19 miliardi (utile 2022 primo trimestre), rating underperform, target price 9,42 euro;
  • Bper Banca 0,238 miliardi (utile gennaio-marzo 2023); 0,110 miliardi (utile 2022 primo trimestre), rating underperform, target price 9,40 euro;
Orario di pubblicazione: 17/04/2023 08:42
Ultimo aggiornamento: 17/04/2023 14:44
 
https://www.milanofinanza.it/news/u...a-i-calcoli-degli-analisti-202304181313571001
Unicredit-Banco Bpm, premio del 25% o del 40% in caso di M&A? I calcoli degli analisti mentre Goldman Sachs sale oltre il 5%
Andrea Orcel, Unicredit
MERCATI AZIONARILeggi dopo

Unicredit-Banco Bpm, premio del 25% o del 40% in caso di M&A? I calcoli degli analisti mentre Goldman Sachs sale oltre il 5%​

di Elena Dal Maso (MF)

Ad un anno di distanza dalle ultime indiscrezioni, MF-Milano Finanza torna a parlare di possibile M&A con Banco Bpm che darebbe vita alla seconda banca in Italia col 21% dei prestiti. Ma come potrebbe avvenire l’operazione? Quali sinergie di costo e di ricavi e con quale aumento dell’utile per azione? La parola agli analisti mentre i titoli corrono​


Dopo la corsa del 45% da inizio anno di Unicredit, tornano le indiscrezioni su un possibile M&A su Banco Bpm, come ha scritto MF-Milano Finanza. Martedì 18 aprile la banca guidata dal ceo Andrea Orcel sale del 2,5% a 19,5 euro per 37,8 miliardi di capitalizzazione, quella guidata dall’ad Giuseppe Castagna guadagna a sua volta l’1,7% a 4,01 euro per 6 miliardi di valore di mercato dopo essere salita del 16,3% nel 2023. Intanto il Ftse Mib è positivo per lo 0,9%.

Nel frattempo è emerso da un documento di Consob sulle partecipazioni rilevanti pubblicato lunedì che Goldman Sachs è salita al 5,23% di Unicredit.

M&A sensato, ma anche il buyback, che è privo di rischi

Secondo gli analisti di Berenberg, un possibile takeover di Unicredit su Banco Bpmappare «sensato da un punto di vista strategico e finanziario». Gli esperti sottolineano però che a loro avviso Unicredit «perseguirà questa strada solo se non modificherà i piani di distribuzione del capitale».

A questo si aggiunga che, secondo Berenberg, il solo buyback atteso nel 2023 (la Bce ha dato il via libera per un’operazione di riacquisto di azioni da 3,343 miliardi) può «accrescere l’utile per azione in maniera simile a un potenziale accordo con Banco Bpm, ma l’operazione non avrebbe alcun rischio di esecuzione».

L'ultima volta che sono emerse notizie simili è stato nel febbraio 2022, ma i dati finanziari dell'accordo sembrano ora meno allettanti, spiegano gli analisti che un anno fa avevano stimato dall’M&A un aumento dell'utile per azione del 10%.

Unicredit diventerebbe la seconda banca italiana


Resta il fatto che una mossa di questo tipo avrebbe senso strategico dal momento che Unicredit diventerebbe la seconda banca più grande in Italia ridurrendo notevolmente il divario rispetto a Intesa. Un possibile M&A aumenterebbe la quota di mercato italiano di Unicredit nei prestiti dal 13% al 21% e nei depositi dal 12% al 18%. Il business combinato aumenterebbe anche i ricavi generati in Italia da Unicredit dal 44% del gruppo al 55%.

Oggi Intesa Sanpaolo detiene il 27% del mercato dei prestiti in Italia, Unicredit il 13% e Banco Bpm l’8%, Bper il 7%, Mps il 6% e il Credem il 3%. In caso di M&A la nuova realtà Unicredit- Banco Bpm avrebbe il 21%.

Come potrebbe avvenire l’operazione? Secondo Berenberg sarebbe un deal «interamente azionario molto probabilmente perché un'operazione solo in contanti sarebbe troppo costosa dal punto di vista del capitale».

Premio del 25% o del 40%? Le due ipotesi

Ipotizzando un premio del 25% rispetto al prezzo dell'azione di Banco Bpm prima dell’uscita dell’indiscrezione (chiusura del 14 febbraio) si arriverebbe ad un rapporto di cambio di 0,247 azioni Unicredit per ogni azione Banco Bpmche valuterebbe quest’ultima 4,78 euro per azione ovvero 7,2 volte il rapporto prezzo/utile atteso al 2024 dal consenso.

Questo valore corrisponde in realtà ad uno sconto del 10% rispetto al rapporto p/e degli ultimi cinque anni. Se l'offerta valutasse Banco Bpm in linea con questa media, più alta, l'offerta comporterebbe un premio del 40% rispetto al prezzo inalterato dell'azione. Il rapporto di cambio implica, calcola Berenberg, che Unicreditdeterrebbe l'82% del nuovo gruppo che si verrebbe a creare e Banco Bpm il 18%.

L’operazione potrebbe aumentare l’utile per azione (eps) del 6-7% per Unicredit, questo significa, scrivono gli analisti, che la banca milanese dovrebbe estrarre sinergie pari al 30% della base di costo di Banco Bpm e il 2% di di sinergie sui ricavi (sulla base del consensus 2024).

Berenberg calcola che ogni 5% di sinergie di costi aggiuntivi aumenterebbel'accrescimento dell'eps di circa l’1,5%. L'operazione sarebbe inoltre diluitiva del 4% circa sul fronte del Tangible book value di Unicredit «a causa degli aggiustamenti al fair value negativi e delle passività potenziali che dovrebbero emergere. Tuttavia, potrebbe emergere un Roic (Return on invested capital, ndr) di circa il 15-17% (mid-teens)».

Dal solo buyback un aumento dell’eps dell’8%

Un accordo di questo tipo «non dovrebbe far deragliare il piano di distribuzione del capitale, un elemento fondamentale per gli investitori di Unicredit, che si aspettano come da piano industriale oltre 16 miliardi di euro di remunerazione della banca» fra dividendo e buyback.

Secondo Berenberg, l'operazione potrebbe però ridurre il coefficiente di solidità patrimoniale, il Cet 1 di Unicredit di 100 punti base portandolo dal 14,9% al 13,9% per gli oneri di ristrutturazione, gli accantonamenti integrativi e gli adeguamenti al fair value (gli analisti non considerano eventuali costi di scioglimento della partnership).

Il piano di buyback, conclude Berenberg, resta comunque «un'alternativa più interessante, per il momento». Gli analisti si aspettano un riacquisto di circa 3 miliardi di euro nel 2023 e «questo da solo può fornire un incremento dell'utile per azione dell'8%, senza il rischio di esecuzione di un accordo», concludono gli esperti.

Orario di pubblicazione: 18/04/2023 11:28
Ultimo aggiornamento: 18/04/2023 13:27
 

Unicredit: Palenzona, operazione con Banco Bpm ha valenza strategica (Rep)​

ROMA (MF-DJ)--"Vent'anni fa l'allora ad di Unicredit, Alessandro Profumo, mi mando' dal presidente di Bpm Bassi, per proporgli un'Opa amichevole in contanti, al doppio dei prezzi di Borsa di allora. L'idea di Profumo era di rafforzare Unicredit in Lombardia, dove c'era un deficit per la banca rispetto ad altre aree in Italia. A distanza di vent'anni mi risulta che quel deficit ci sia ancora, e che quindi resti la valenza strategica dell'operazione". Lo ha detto a Repubblica il neo presidente di Fondazione Crt, Fabrizio Palenzona, parlando di una possibile aggregazione tra Unicredit e Banco Bpm. Crt e' azionista di entrambe le banche. Palenzona ha poi precisato che "conosco bene sia Andrea Orcel che Giuseppe Castagna, che sono due manager bravissimi e tocca a loro decidere le strategie di Unicredit e Bpm, non certo all'azionista". vs fine MF-DJ NEWS

19/04/2023 09:02
 
Unicredit, ecco le previsioni del consenso sugli utili e i ricavi del primo trimestre. Il 3 maggio i dati
ANDREA ORCEL AD UNICREDIT
CORPORATE ITALIALeggi dopo

Unicredit, ecco le previsioni del consenso sugli utili e i ricavi del primo trimestre. Il 3 maggio i dati​

di Paola Valentini (MF)

La banca pubblicherà la trimestrale il 3 maggio dopo il cda del giorno precedente. Dall’analisi del consenso raccolto dal gruppo sugli analisti che coprono il titolo emerge che l’86% ha un giudizio buy​


Mentre in Borsa si riaccende la speculazione sul risiko bancario con il mercato che specula su una possibile operazione Unicredit- Banco Bpm, c’è attesa per i risultati del primo trimestre 2023 dell’istituto di Piazza Gae Aulenti che saranno esaminati dal cda del 2 maggio (con comunicazione dei dati al mercato il 3 maggio). In vista della trimestrale il gruppo ha pubblicato le stime degli analisti che coprono il titolo. Per il primo trimestre di quest'anno, il consenso stima per la banca guidata dal ceo Andrea Orcel un utile netto medio di 1,308 miliardi di euro rispetto agli 1,162 miliardi del bilancio dello stesso periodo 2022 (247 milioni inclusa la Russia). I ricavi totali sono visti a 5,292 miliardi, in aumento dai 4,787 miliardi del primo trimestre 2022 (5,017 miliardi inclusa la Russia) ed è previsto un utile operativo lordo di 2,894 miliardi (2,501 miliardi nel primo trimestre 2022, 2,676 miliardi inclusa la Russia). Un ulteriore miglioramento legato alla ripresa dei tassi di interesse e alla pulizia dell’attivo di bilancio dopo la crisi russa.

Nessun giudizio di vendita sul titolo

Le stime emergono dal consenso elaborato sui giudizi di 24 analisti che seguono il titolo Unicredit raccolti dalla banca. Un periodo, quello tra gennaio e marzo, che ha risentito dell'aumento dei tassi ed è stato favorito dal recupero dei mercati. Il target price medio espresso dal consenso è di 23,01 euro. Di questi 24 broker, 21 hanno fornito il rating con l’86% che ha un giudizio Comprare (o equivalente), il 14% ha un Tenere e nessuna raccomandazione di Vendita.

Dividendo 2023 atteso in crescita

La previsione media di utile per azione 2023 è di 2,77 euro e nel 2024 di 3,18 euro. Mentre per quanto riguarda il dividendo, il panel indica un importo medio di 1,06 euro per il 2023 e 1,22 euro nel 2024. A valere sul bilancio 2022 la banca pagherà una cedola unitaria di 0,9872 euro (sarà staccata il 24 aprile).

Tornando agli altri dati di bilancio, i costi operativi del primo trimestre sono attesi in media pari a -2,398 miliardi, in aumento rispetto ai -2,287 miliardi dello stesso periodo 2022 (-2,341 miliardi con la Russia), mentre l'utile operativo netto è visto a 2,527 miliardi, rispetto ai 2,448 miliardi del primo trimestre 2022 (1,392 miliardi con la Russia) dopo rettifiche nette su crediti di -367 milioni dai -52 milioni dello stesso trimestre 2022 (-1,284 miliardi con la Russia). Il risultato prima delle imposte è stimato a 1,813 miliardi dai 1,207 miliardi del primo trimestre 2022 (603 milioni inclusa la Russia). Al momento il titolo Unicredit segna a Piazza Affari un rialzo dello 0,41% a 19,49 euro, più del Ftse Mib che cede lo 0,07% a 27.876 punti.

Orario di pubblicazione: 19/04/2023 08:57
Ultimo aggiornamento: 19/04/2023 09:40
 

Unicredit: Orcel (ad), temevamo contagio da banche Usa per mancata fiducia del mercato​

MILANO (MF-DJ)--"Abbiamo capito rapidamente che eravamo in una posizione solida, quello che temevamo era invece il contagio diffuso dalla mancanza di fiducia da parte del mercato". Lo ha detto Andrea Orcel, amministratore delegato del gruppo Unicredit commentando le recenti difficolta' del settore bancario in un'intervista a Bloomberg Tv a Wicklow, in Irlanda. "Tutte le volte che la fiducia (del mercato, ndr.) viene messa in discussione ti preoccupi, perche' in fondo le banche si fondano proprio su questo". Nei giorni piu' caldi della recente crisi bancaria che ha visto il fallimento di alcuni istituti regionali negli Stati Uniti e un matrimonio d'urgenza tra Credit Suisse e Ubs, Orcel si chiedeva se il mercato stesse davvero capendo le cause dietro a tali difficolta'. "La reazione del mercato sembrava rispondere a uno scenario simile a quello del 2008, con tutte le banche colpite dagli stessi problemi". Ma per il banchiere la situazione delle scorse settimane era ben diversa: "Negli Stati Uniti, i fattori che hanno scatenato la crisi, come la mancanza di liquidita' e il rialzo dei tassi, non si applicavano agli istituti europei". Cio' che invece poteva ripercuotersi anche nel Vecchio Continente era l'effetto a cascata sulla fiducia dei clienti e del mercato nel settore. bem (fine) MF-DJ NEWS

19/04/2023 11:59

Unicredit: Orcel (ad), serve applicazione coerente di norme in settore bancario​

MILANO (MF-DJ)-- "Quando vedi shock come questi, da banchiere ti chiedi se non ti stai perdendo qualcosa". Lo ha detto Andrea Orcel, amministratore delegato del gruppo Unicredit commentando le recenti difficolta' del settore bancario in un'intervista a Bloomberg Tv a Wicklow, in Irlanda. "Riguardi a tutto quello che hai fatto e ti chiedi, poteva forse capitare anche a me? Credo che, in fondo, quelli (il fallimento di alcune banche regionali negli Stati Uniti, ndr.) erano casi isolati, per la maggior parte idiosincratici, che sottolineano la necessita' di un applicazione coerente delle norme alle banche di tutte le dimensioni e a tutti gli intermediari finanziari". Per il banchiere pero' fermarsi alle norme non e' sufficiente: "bisogna guardare anche i principi su cui si fondano queste regole e vedere se le istituzioni sono gestite nel modo appropriato. Questa e' la vera domanda". Dopo quello che e' successo negli Stati Uniti, Orcel ricorda che qualcuno vorrebbe "regole nuove e piu' stringenti, quando invece le banche, soprattutto quelle europee, che sono state sottoposte alle regole esistenti non hanno avuto problemi perche' queste regole hanno funzionato". bem (fine) MF-DJ NEWS

19/04/2023 12:31

Unicredit: Orcel, incentivi per cross-boarder m&a sono limitati​

MILANO (MF-DJ)--"Si parla spesso di unione bancaria europea, dei mercati dei capitali e cross-border m&a, ma la vera domanda e': che cosa vuole essere l'Unione Europea?". Lo ha detto Andrea Orcel, amministratore delegato del gruppo Unicredit, in un'intervista a Bloomberg Tv a Wicklow, in Irlanda. Come Unione, "o proseguiamo sulla strada della convergenza e diventiamo un terzo blocco economico forte come gli Stati Uniti e la Cina, alternativa di cui il mondo potrebbe beneficiare, o continuiamo ad agire in maniera frammentata, dicendo che le differenze tra i Paesi sono troppe". E allora "come potremmo parlare di unione bancaria?", ha chiesto il manager in maniera retorica. Per essere al pari del blocco Nord americano e quello asiatico, il Vecchio continente "deve fare molto di piu'". Per Orcel la sua banca puo' essere considerata una micro rappresentazione della situazione dell'Unione. "Come Unicredit, vogliamo essere la banca per l'Europa", ha aggiunto citando il mission statement dell'istituto. "Ma Unicredit non puo' diventare una banca paneuropea se l'Unione e' frammentata. Al momento gli incentivi per fare m&a sono limitati ai Paesi in cui si e' gia' presenti a livello locale", 13 nel caso di Orcel. "Senza liberi flussi di liquidita', capitali e persone, oltre a regole comuni, le sinergie e gli incentivi di superare un confine sono limitati". bem (fine) MF-DJ NEWS

19/04/2023 12:47
 
Banco Bpm, Caltagirone entra nel capitale e Credit Agricole sfiora il 10%. Si rafforzano i rumors sul risiko con Unicredit - MilanoFinanza News

Stralcio:

Le speculazioni su un’operazione Unicredit- Bpm. Dossier sul tavolo delle banche d’affari


A spingere il titolo al rialzo sono state le speculazioni su un blitz di Unicredit che si sono particolarmente infittite nell’ultima settimana anche grazie alla nomina di Fabrizio Palenzona alla presidenza della Crt. Secondo fonti finanziarie il dossier starebbe anche circolando in diverse banche d’affari, fra cui si fa anche il nome di Mediobanca.


La fondazione torinese è infatti azionista di riferimento sia di Unicredit (1,65%) sia di Bpm (1,8%) e potrebbe fare da apripista per un’eventuale aggregazione tra i due gruppi, a questo punto contando sulla sponda di Caltagirone. Il nocciolo italiano quindi sarebbe in grado di contrastare anche una possibile offensiva francese in funzione anti Orcel.
 
Ecco perché Banco Bpm è sempre più cara per Unicredit


Ecco perché Banco Bpm è sempre più cara per Unicredit​

di Luca Gualtieri

Il mercato punta su un matrimonio Unicredit-Bpm, ma giorno dopo giorno l’operazione è sempre più cara per Orcel che deve tenere conto anche di eventuali contromosse francesi. Gli effetti sul settore​


Nella settimana dal 14 al 21 aprile il titolo Banco Bpm ha guadagnato il 15%. A spingere le azioni del gruppo guidato da Giuseppe Castagna sono state le speculazioni su un’imminente operazione straordinaria con Unicredit (salito solo del 3,7%).
Leggi anche: Banco Bpm, Caltagirone entra nel capitale e Credit Agricole sfiora il 10%. Si rafforzano i rumors sul risiko con Unicredit

Il nodo dei prezzi

Il deal però appare sempre più in salita proprio alla luce della reazione del mercato: se venerdì 14 un’azione Unicredit valeva oltre 5 azioni Bpm, venerdì 21 il rapporto si era ridotto a un’azione Unicredit per 4,2 azioni Bpm, proprio il concambio che i due titoli esprimevano nel febbraio 2022 quando il blitz di piazza Gae Aulenti fallì sia per una fuga di notizie (orchestrata, si mormora, dal Tesoro), sia per l’inizio delle ostilità di Ucraina. Ogni giorno che passa insomma, un matrimonio con il Banco è sempre più caro per Unicredit.

Il consenso sul deal

Eppure attorno all’ipotesi il consenso cresce. Venerdì 21 MF-Milano Finanza ha rivelato che Francesco Gaetano Caltagirone si è opportunisticamente posizionato all’1,1% del Banco proprio in vista di quelle operazioni straordinarie che nei prossimi mesi potrebbero infiammare il titolo. Non solo. Nella sua prima intervista da presidente della Crt Fabrizio Palenzona (azionista all’1,65% di Unicredit e all’1,8% di Banco Bpm) ha difeso la valenza strategica di un’eventuale fusione tra le due banche. I tempi sono quindi maturi perché nasca un nuovo polo nel credito?

Le promesse di Orcel

Al suo arrivo in Unicredit, il ceo Andrea Orcel aveva fatto una promessa agli azionisti: rilanciare le attività italiane del gruppo dopo l’appannamento che si era registrato con la gestione di Jean Pierre Mustier. Alla promessa hanno creduto soprattutto i soci storici: le fondazioni Crt e Cariverona da un lato e la famiglia Del Vecchio dall’altro, che hanno svolto un ruolo chiave nella nomina di Orcel. Per onorare gli impegni presi il banchiere ha iniziato a lavorare a un’operazione straordinaria. La mediazione del presidente Pier Carlo Padoan non è però bastata a mandare in buca l’acquisizione Montepaschi, non gradita peraltro a diversi azionisti che avrebbero preferito un deal meno impegnativo con una banca del Nord. Unicredit ha così aperto il dossier Bpm, che non è più stato accantonato nonostante il flop del febbraio 2022 e un abortito tentativo di riavvicinamento nel novembre scorso.

Oggi il momento può ancora essere propizio. In primo luogo, nonostante il recente rally del titolo Banco, i concambi restano convenienti per Unicredit. In secondo luogo il cambio di governo ha permesso a Orcel di ricucire parzialmente lo strappo che si era aperto con il Tesoro dopo il no a Mps. La banca è riuscita infatti a ricreare un network che arriva fino alla presidenza del consiglio e che potrebbe propiziare un’operazione straordinaria. In terzo luogo i brillanti risultati economici e la crescita del dividendo hanno creato consenso tra gli azionisti, dalle fondazioni alla famiglia Del Vecchio fino ad Allianz (3,6%) che, in forza del rapporto di fiducia ricostruito negli ultimi due anni, appare predisposta ad appoggiare eventuali operazioni straordinarie, come anche il fondatore di Parvus Edoardo Mercadante (5,2%).

Le perplessità

Non tutti i soci però sono allineati. Cariverona per esempio rimane molto cauta. L’ente guidato da Alessandro Mazzucco non ha mai nascosto la diversità di vedute con la Crt di Torino. Già lo scorso anno per esempio aveva rispedito al mittente la proposta della Crt di Giovanni Quaglia di creare un patto parasociale sulle partecipazioni. Anche al vertice di Unicredit si confrontano punti di vista differenti. Se una parte del board potrebbe appoggiare un matrimonio con Banco Bpm, il presidente Padoan e il vice presidente Lamberto Andreotti avrebbero avanzato qualche perplessità.

Il dibattito in Bpm

Anche nel campo opposto il dibattito è vivace. Crt potrebbe fare da catalizzatore all’interno del nuovo nocciolo italiano di Banco Bpm. Nel dicembre del 2020 la fondazione torinese era stata tra i promotori dell’accordo parasociale che si è progressivamente allargato fino a comprendere Cr Lucca, Cr Trento e Rovereto, Cr Alessandria, Cassa forense, Inarcassa e l’Enpam. Questo gruppo potrebbe coalizzarsi a favore di un’operazione con Unicredit, ma rimane l’incognita francese.

Le mosse dell’Agricole

Il Credit Agricole ha portato la propria quota al 9,9%, una mossa che qualcuno ha letto come un avviso ai naviganti: Parigi intende mantenere una prelazione sui futuri assetti di controllo di piazza Meda. Da un’operazione con Unicredit del resto la banque verte avrebbe poco da guadagnare e molto da perdere. Tra i due gruppi c’è una forte alleanza industriale che passa attraverso il credito consumo (Agos Ducato) e le polizze ( Banco Bpm Assicurazioni e Vera Assicurazioni) e che rischia di interrompersi in caso di cambio di controllo.

Una situazione ancor più grave visto che potrebbe fare il paio con il divorzio tra la controllata Amundi e Unicredit nelle attività del wealth management. Per difendere il proprio business italiano Agricole potrebbe allora mettere in campo una contro offensiva sul Banco, ingaggiando con piazza Gae Aulenti una sfida all’ultimo rilancio. La mossa rischia però di scontrarsi con l’ostilità della politica e del governo, che per proteggere l’istituto italiano da mire straniere innescherebbe senza dubbio lo scudo del golden power.

Anche al vertice di piazza Meda non sembra esserci pieno allineamento. Se i rapporti di stima che intercorrono tra il presidente Massimo Tononi e Orcel potrebbero favorire un deal, il ceo Giuseppe Castagna non perde occasione per difendere l’autonomia piazza Meda. Come potrebbe rispondere il banchiere a un eventuale attacco? Nelle banche d’affari si specula su un’operazione difensiva. Già l’annuncio di un possibile deal da 400-500 milioni nella monetica ha dato smalto al titolo nei giorni scorsi, ma per tutelare l’indipendenza servirebbe una mossa più ambiziosa: o un’offerta su una banca di medie dimensioni (è circolato il nome della Popolare di Sondrio) o l’intervento nella privatizzazione del Montepaschi in tandem con un altro soggetto, forse Intesa Sanpaolo.

Le scelte di Intesa

Non vi è dubbio che le mire espansionistiche di Unicredit impensieriscano il vertice della Ca’ de Sass che, dopo il blitz su Ubi del 2020, ha preferito una crescita per linee interne. Basti pensare che, con un’opa sul Banco, Orcel raddoppierebbe il numero di sportelli in una regione nevralgica come la Lombardia, tallonando molto da vicino la rivale. Quale potrebbe essere la risposta di Intesa? Uno scenario su cui il mercato è tornato a speculare punta al più ambìto asset finanziario italiano, le Generali.

Dopo il flop del 2017 un’aggregazione coronata da successo rappresenterebbe non solo una rivincita personale per il ceo Carlo Messina ma, secondo diversi osservatori, anche il miglior modo per garantire l’italianità e la stabilità della compagnia triestina dopo le fibrillazioni degli ultimi anni. Non solo. Un’operazione di questo respiro rappresenterebbe una vera e propria Yalta bancaria, certificando una spartizione delle sfere di influenza ed evitando pericolose concentrazioni di potere. Per arrivare a questo però occorre che qualcuno faccia la prima mossa nello scacchiere del risiko. Gli occhi restano puntati su Orcel e le aspettative del mercato sono molto alte. Con ogni probabilità questa volta il Ronaldo dei banchieri (entrato nell’ultimo anno di mandato) non potrà permettersi di deluderle.

Milano Finanza - Numero 079 pag. 18 del 22/04/2023
 

Azioni, chi tra le banche italiane mostrerà i conti più solidi nel primo trimestre 2023 secondo Barclays​

di Francesca Gerosa

A livello di settore nei primi tre mesi dell’anno (nessun beneficio del Tltro e due giorni in meno) Barclays si attende una buona dinamica del margine di interesse, nonostante alcuni deflussi di depositi, per lo più legati all'eccesso di liquidità investita in Btp. Probabile una revisione al rialzo della guidance 2023. In attesa (parte Unicredit il 3 maggio), ecco quali banche italiane sovrappesare in portafoglio​



Azioni, chi tra le banche italiane mostrerà i conti più solidi nel primo trimestre 2023 secondo Barclays - MilanoFinanza News

Gli stralci:

Bene il margine di interesse, non le commissioni


Il primo trimestre non rifletterà più il beneficio del Tltro e ha due giorni in meno trimestre su trimestre; se rettificato per questi due fattori, il margine di interesse dovrebbe risultare in aumento del 12% trimestre su trimestre in media a parità di condizioni, grazie all’andamento dell'Euribor (+86bps trimestre su trimestre): Intesa Sanpaolo +2% trimestre su trimestre a 3,128 miliardi (+60% anno su anno), Unicredit -7% trimestre su trimestre a 3,185 miliardi (+27% anno su anno), Mps-2% a 490 milioni (+52% anno su anno), Banco Bpm +1% a 730 milioni (+43% anno su anno), Bper +22% a 688 milioni (+83% anno su anno), Mediobanca +1% a 451 451 milioni (terzo trimestre fiscale 2021/2023, +21% anno su anno) e Credem +3% a 229 milioni (+78% anno su anno).

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L’utile di Unicredit è visto balzare del 256% anno su anno


Quanto all'utile netto nel caso di Intesa Sanpaolo Barclays si attende nel primo trimestre 2023 un utile netto adjusted in aumento del 39% trimestre su trimestre e del 46% anno su anno a 1,501 miliardi, nel caso di Unicredit un calo del 53% trimestre su trimestre ma un balzo del 256% anno su anno a 1,318. Per quanto riguarda Mps si aspetta un utile netto adjusted a 211 milioni (+3% trimestre su trimestre e +85% anno su anno), l’utile netto adjusted di Banco Bpm è visto a 203 dai 286 milioni del quarto trimestre 2022, quello di Bper Banca a 245 milioni dalla perdita di 17 milioni del quarto trimestre 2022, quello di Mediobanca a 265 milioni (-19% trimestre su trimestre e +9% anno su anno) e quello del Credem a 112 milioni (+18% trimestre su trimestre e +45% anno su anno).

Quale banca è meglio posizionata nel primo trimestre?

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Barclays che ha un rating overweight anche su Intesa Sanpaolo (target price a 3 euro) e su Unicredit (target price a 24 euro).
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Intesa Sanpaolo e i fondi internazionali bocciano lo stipendio del ceo di Unicredit Andrea Orcel

CORPORATE NEWSLeggi dopo

Intesa Sanpaolo e i fondi internazionali bocciano lo stipendio del ceo di Unicredit Andrea Orcel​

di Andrea Deugeni e Luca Gualtieri

Fideuram tra i soci che in assemblea hanno votato contro la politica di remunerazione, approvata al 69%. No anche da Goldman, Lazard, Zurich, Bbva, Ubs e Invesco. Astenuti Cassamarca, Allianz e Generali Italia. Come per l’assise di Mediobanca, Luca Del Vecchio si smarca da Delfin presentandosi in assemblea con le sue azioni​


Lo scorso 31 marzo l’assemblea di Unicredit ha dato luce verde al nuovo stipendio del ceo Andrea Orcel, che quest’anno potrà arrivare fino a 9,75 milioni. Una nutrita compagine di investitori ha però bocciato la politica di remunerazione del gruppo, come attesta il verbale dell’assise depositato ieri.

L’elenco di contrari e astenuti riempie una quarantina di pagine, a dimostrazione dell’elevato livello di partecipazione all’assemblea e della diffusione del titolo Unicredit in pressoché tutte le piazze finanziarie del mondo.

Fideuram e gli altri


Pochi i nomi italiani. Tra questi spicca Fideuram, la divisione di private banking di Intesa Sanpaolo, che ha bocciato la relazione di remunerazione di gruppo con un pacchetto di circa 2,5 milioni di azioni attraverso i veicoli Comparto piano azioni Italia, Comparto piano bilanciato Italia 50 e Comparto piano bilanciato Italia 30. Tra i contrari spiccano anche Lazard (2,34 milioni di azioni), i fondi di Goldman Sachs (2 milioni di azioni), Invesco (5 milioni), Bbva (2,8 milioni), Santander (circa 202 mila azioni), Nordea (1,5 milioni), Ubs Lux Fund (1,9 milioni) e Zurich Life Assurance (1,7 milioni).

Gli altri contrari e gli astenuti

La bocciatura è arrivata anche dai fondi pensione dei dipendenti pubblici e degli insegnanti della California, dal Washington State Investment Board, dal City of New York Group Trust e dalla Caisse de dépôt et placement du Québec. Sulla politica di remunerazione si sono invece astenuti tra gli altri la Fondazione Cassamarca (2 milioni di azioni), Generali Italia (1,3 milioni) e diversi fondi di Allianz, storico socio e alleato industriale di Unicredit sul fronte della bancassurance.

Le mosse della famiglia Del Vecchio


Dopo il blitz di ottobre nell’assemblea di Mediobanca, Luca Del Vecchio, il quintogenito del patron di Essilux, ha fatto capolino anche in Unicredit, di cui Delfin è azionista storico all’1,9%. Il giovane si è presentato infatti all’assise depositando il pacchetto di titoli di sua proprietà, 5.300 azioni che ai corsi di ieri vale quasi 100mila euro. Ma a differenza di quanto accaduto in Piazzetta Cuccia, dove aveva votato in maniera dissonante rispetto alla holding lussemburghese di famiglia presieduta da Francesco Milleri, Del Vecchio jr ha votato a favore a tutti i punti all’ordine del giorno, come Delfin dov’è in corso un confronto non privo di tensioni sull’eredità di Leonardo Del Vecchio. Ancora una volta la scelta del giovane erede è stato interpretato come un segnale della volontà di avere un ruolo non marginale nelle scelte della galassia Delfin.

Nonostante l’indicazione contraria dei proxy advisor, in assemblea il 69% del capitale ha appoggiato la nuova politica di remunerazione del gruppo Unicredit. Maggioranza bulgara invece per i conti 2022 che l’assise ha approvato con il 98,7% delle preferenze.

MF - Numero 080 pag. 11 del 25/04/2023
 
Unicredit acquista 10,2 milioni di azioni proprie tra il 17 e il 21 aprile 2023. Sospetto l'attivismo di Goldman Sachs sul capitale - MilanoFinanza News


Lo stralcio:

Sospetto l'attivismo di Goldman Sachs sul capitale di Unicredit



Mentre il 24 aprile dagli aggiornamenti della Consob sulle partecipazioni rilevanti è emerso che lo scorso 18 aprile Goldman Sachs, che da settimane è protagonista indiretto di un saliscendi nell'azionariato di piazza Gae Aulenti, aveva una quota potenziale indiretta della banca tramite strumenti finanziari pari al 7,62%, di cui il 2,69% come diritti di voto riferibili ad azioni. La partecipazione potenziale nel suo complesso aveva toccato l'8,2% il 14 aprile. In particolare, secondo il sito Consob, la banca americana ha una partecipazione potenziale dello 0,19% in azioni oggetto di contratti di prestito titoli senza data di scadenza e con possibilità di restituzione in qualsiasi momento. Il resto sono posizioni lunghe: l'1,11% è legato a opzioni e obbligazioni convertibili e il 3,62% ad altri future, opzioni, warrant e swap. Secondo alcune fonti si tratterebbe di una posizione costruita per altri come banca depositaria in un momento che vede il ritorno di voci di fusione tra Unicredit e Banco Bpm. E non è l’unico movimento nell’azionariato di Unicredit. La Fondazione Cariverona avrebbe limato la sua storica partecipazione a una quota vicina all'1% nell'ambito della propria strategia di aumentare la diversificazione dei propri investimenti patrimoniali.
 

UNICREDIT, LA STRATEGIA DI ORCEL HA DATO I SUOI FRUTTI​

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(Teleborsa) - La strategia del Ceo di Unicredit Andrea Orcel di trasformare la banca in una "macchina da profitto" ha già dato i suoi frutti ed il valore del titolo è più che raddoppiato nell'ultimo anno, mentre l'esercizio 2022 ha registrato il più alto utile annuale da oltre un decennio. E' quanto scrive il Wall Street Journal in un articolo dedicato al rilancio della banca di Piazza Gae Aulenti.

"Il rilancio è stato guidato da Andrea Orcel, ex capo dell'investment banking di Ubs Group AG, che ha assunto la carica di amministratore delegato nell'aprile 2021", ricorda il quotidiano finanziario statunitense, spiegando che il manager "ha ereditato un istituto ancora in fase di ristrutturazione" che "si stava ancora liberando di un pesante carico di crediti inesigibili risalenti alla crisi del debito sovrano del continente nel 2011".

"Il nuovo Ad si è mosso immediatamente per rendere la banca più agile e focalizzata sulla crescita", sottolinea il Wsj, riconoscendo che "il mandato di Orcel ha coinciso anche con la fine dei tassi di interesse negativi in Europa, che per anni hanno mantenuto bassi i profitti delle banche". "UniCredit è molto legata ai tassi d'interesse - si ricorda - dato che guadagna soprattutto grazie alla raccolta di depositi e all'erogazione di prestiti".

"Nell'ambito di una strategia denominata UniCredit Unlocked, Orcel ha fissato obiettivi di profitto più elevati e, di conseguenza, maggiori retribuzioni per gli azionisti. Si tratta di una rarità in Europa, dove la Banca Centrale Europea pone spesso dei limiti a quanto gli istituti di credito possono remunerare gli investitori, data la loro redditività relativamente bassa".

"La strategia di Orcel presenta delle sfide. È probabile che il portafoglio prestiti della banca si deteriori a causa della difficoltà dei mutuatari a rimborsare i prestiti con l'aumento dei tassi, anche se il danno sarà probabilmente moderato", afferma il Wsj, citando l'opinione di Maria Jose Mori, analista di Moody's Investors Service.

"UniCredit è migliorata, ma rimane un lavoro in corso. Il titolo della banca viene ora scambiato a circa 0,7 volte il valore contabile, il che significa che il mercato lo valuta ancora sostanzialmente inferiore al valore delle sue attività dopo aver sottratto le passività. Rapporti così bassi possono segnalare preoccupazioni circa la redditività o la solidità patrimoniale di una banca", conbclude il quotidiano statunitense, citando un commento di Cole Smead, CEO di Smead Capital Management, che afferma "non mi sorprenderebbe se entro l'anno prossimo UniCredit venisse scambiata al valore contabile".

(TELEBORSA) 26-04-2023 17:09
 
Unicredit richiama il bond At1 6,625% in anticipo dopo il caso Credit Suisse. Non conta di emetterne altri
Andrea Orcel, Unicredit

Unicredit richiama il bond At1 6,625% in anticipo dopo il caso Credit Suisse. Non conta di emetterne altri​

di Elena Dal Maso

Unicredit ha deciso di esercitare anticipatamente l'opzione di richiamo (call) del suo bond perpetuo di tipo At1 da 1,25 miliardi di euro il 3 giugno. Il via libera della Bce​


Unicredit, guidata dall’amministratore delegato Andrea Orcel, ha deciso di esercitare anticipatamente l'opzione di richiamo (call) del suo bond subordinato di tipo At1 da 1,25 miliardi di euro il 3 giugno. Il gruppo con sede a Milano ha appena ricevuto l’autorizzazione della Banca Centrale Europea.

Il titolo apre bene a Piazza Affari, sale dello 0,6% a 18,10 euro mentre il Ftse Mib viaggia sotto la parità.

Il titolo è stato emesso il 22 maggio 2017. Lo ha reso noto la banca giovedì 26 aprile in una nota. La decisione arriva dopo la cancellazione a sorpresa dei bond At1 da parte del governo svizzero nel salvataggio di Credit Suisse che ha creato scompiglio nel mercato mondiale di questi strumenti.


Il rimborso anticipato dell’obbligazione avverrà alla pari insieme agli interessi maturati e non corrisposti. Unicredit, spiega la banca, «ha elevati livelli patrimoniali e una generazione organica di capitale da leader nel settore», con un cuscinetto di liquidità sull’indice di solidità patrimoniale Cet1 Fully Loaded a fine 2022, di 554 punti base.

Inoltre la banca ha già approvato dalla Bce il piano di riacquisto di azioni proprie per 3,34 miliardi. Pertanto, « Unicredit ha un bisogno limitato di funding» ai fini Tlac/Mrel per la parte rimanente dell’anno e «nessuna necessità di emettere strumenti At1 nel prossimo futuro. Il funding di UniCredit è ben diversificato sia per fonti di finanziamento che per aree geografiche», sottolinea il gruppo.

Articolo in aggiornamento
Orario di pubblicazione: 27/04/2023 08:31
Ultimo aggiornamento: 27/04/2023 09:01
 
Il report di MF sulla trimestrale:

Unicredit superstar, utile record di 2,1 miliardi, ora più soldi agli azionisti. L’ad Orcel: meglio buyback che M&A per ora. Gli analisti
Unicredit superstar, utile record di 2,1 miliardi, ora più soldi agli azionisti. L’ad Orcel: meglio buyback che M&A per ora. Gli analisti
Andrea Orcel, ad Unicredit
ESG - CERTIFICATILeggi dopo

Unicredit superstar, utile record di 2,1 miliardi, ora più soldi agli azionisti. L’ad Orcel: meglio buyback che M&A per ora. Gli analisti​

di Elena Dal Maso

Titolo in corsa dopo i conti. La banca ha registrato un utile quasi decuplicato rispetto ad un anno fa quando aveva dovuto svalutare la partecipata in Russia grazie a maggiori ricavi e al crollo dei crediti deteriorati. Battute le attese degli analisti, Cet 1 ratio solidissimo al 16,05%​


Unicredit superstar. Il gruppo milanese, guidato dall’ad Andrea Orcel, ha chiuso il primo trimestre 2023 battendo il consenso degli analisti interpellati dalla stessa banca su tutta la linea e ha alzato la guidance.
Il titolo, mercoledì 3 maggio, balza del 5,6% a 18,616 euro per azione a Piazza Affari mentre il Ftse Mib sale dello 0,7%.

La banca ha chiuso il periodo con ricavi per 5,930 miliardi di euro, in rialzo del 18,3% anno su anno, oltre le attese del consenso per 5,292 miliardi, i costi operativi per 2,327 miliardi sono in calo dello 0,6% sul 2022 (2,398 miliardi attesi), i crediti deteriorati per 12,602 miliardi risultano in decisa contrazione (-29,2%), mentre l’utile netto per 2,062 miliardi è quasi decuplicato rispetto ai 274 milioni di un anno fa quando il gruppo aveva dovuto svalutare la partecipata in Russia e si confronta con aspettative degli analisti per 1,308 miliardi.

Sul fronte della solidità patrimoniale, il Cet 1 ratio al 16,05% è del 2,1% superiore a quello del 2022, le attese erano per il 15,25%.

Il rapporto costi/ricavi al 39,2% è in calo del 7% anno su anno e il costo del rischio di soli 8 punti base è in flessione di 108 punti nei dodici mesi.

Alzata la guidance

Il gruppo ha alzato quindi la guidance 2023: utile netto di oltre 6,5 miliardi e distribuzione maggiore o uguale a 5,75 miliardi di euro (da 5,25 miliardi precedenti), «che fissa una nuova base di riferimento per il 2023 e oltre», scrive Unicredit. La banca ha migliorato anche la guidance sui margini (NII) di oltre 12,6 miliardi.

L’ad Orcel: meglio buyback dell’M&A per ora

Il ceo Orcel ha spiegato che «l'utile netto record del primo trimestre, pari a 2,1 miliardi, è stato ottenuto grazie a una crescita a doppia cifra dei ricavi netti, sostenuta da un margine di interesse estremamente forte e da un'ulteriore riduzione dei costi, checha generato una leva operativa positiva. Abbiamo continuato a generare organicamente un'elevata quantità di capitale che ci ha permesso di essere tra i leader del settore con un Cet 1 ratio del 16,05%, già considerando l’intera distribuzione relativa al 2022 di 5,25 miliardi e il dividendo per cassa accantonato nel primo trimestre pari a 0,7 miliardi».

Quanto al capitolo sulle operazioni straordinarie, l’ad Orcel, in conference call post conti ha detto che, «considerate le performance che abbiamo ottenuto e quelle attese, vediamo molto più valore nel ricomprare le nostre azioni a questo livello rispetto a qualunque operazione di M&A».

Le acquisizioni, ha aggiunto Orcel, devono essere considerate «uno strumento» per generare valore, «la banca userà lo strumento che conviene di più. Se non troviamo dei target in grado di assicurare queste condizioni continueremo a comprare le nostre azioni».

«In questo momento», ha aggiunto l’ad, «c’è una serie di opportunità e un certo numero di target sono spinti dalla speculazione e non hanno alcun senso», precisando che se le condizioni dovessero cambiare in futuro, la banca potrà esaminare le opzioni, «ma al momento la situazione è questa».

Gli analisti

Gli analisti di Kbw hanno confermato il rating outperform e il target price di 25,7 euro dopo i conti spiegando che l’utile «è molto forte e i conti hanno battuto le attese su tutta la linea, trainati da migliori margini (NII), commissioni e costo del rischio».

Anche il coefficiente Cet 1 ha battuto le attese ad un livello «molto forte del 16,05%. La qualità degli asset continua ad essere sotto controllo. Guidance migliorata per il 2023, più alta del consenso». Il titolo Unicredit ha sovraperformato l'indice Eurostoxx Banks (SX7E) di circa il 3% nell’ultimo mese, «ma riteniamo che questi risultati dovrebbero essere ben accolti».

La nuova guidance 2023 dalla banca risulta quindi migliore del consenso degli analisti. I ricavi per oltre 20,3 miliardi sono superiori rispetto ai 18,8 miliardi attesi, il margine di intermediazione (NII) per oltre 12,6 miliardi si confronta con i 12,0 miliardi del consenso, le spese (opex) sotto i 9,6 miliardi risultano a loro volta inferiori a 9,7 miliardi delle aspettative, mentre l’utile netto per oltre 6,5 miliardi è di quasi un miliardo sopra il consenso (5,6 miliardi).

Gli asset ponderati per il rischio (Rwa) sotto i 300 miliardi sono sotto i 311 miliardi del consenso. La guidance include la Russia e fa riferimento al consenso di Visible Alpha.

Equita conferma il rating buy e il target price di 24 euro su Unicredit. Gli analisti della Sim milanese parlano di «risultati del primo trimestre 2023 ampiamente superiori alle attese». Sul fronte del capitale, il Cet1 è risultato in ulteriore incremento ad un «eccellente 16,05% rispetto al 14,9% pro forma del quarto trimestre del 2022».

Anche Equita si sofferma sulla nuova guidance rivista al rialzo per il 2023: il margine di interesse (NII) per oltre 12,6 miliardi (dal precedente oltre 11,3 miliardi) si confronta con la stima degli analisti di 11,7 miliardi; i ricavi netti per oltre 20,3 miliardi (dai precedenti oltre 18,5 miliardi) sono oltre le attese di 18,8 miliardi; migliori anche i costi totali sotto i 9,6 miliardi (precedenti oltre 9,7 miliardi) su stime per 9,7 miliardi; costo del rischio confermato a 30-35 punti base rispetto a 32 punti attesi, l’utile netto (ante bond At1, cashes e costi di ristrutturazione) per oltre 6,5 miliardi va oltre le attese di 5,6 miliardi.

Il nuovo obiettivo di distribuzione sul 2023 di almeno 5,75 miliardi equivale al 17% della capitalizzazione di mercato di Unicredit, nota Equita.

Citi (rating buy, target price 24 euro) scrive che Unicredit è «uno dei titoli bancari migliori in Europa da inizio anno, prevediamo che questa sovraperformance continui grazie ai continui miglioramenti del consenso, all'aumento del rendimento del capitale e alla valutazione ancora contenuta».

Orario di pubblicazione: 03/05/2023 07:24
Ultimo aggiornamento: 03/05/2023 09:25
 

Unicredit: Orcel (ad), al momento piu' valore in buyback che in M&A​

MILANO (MF-NW)--"Considerate le performance che abbiamo ottenuto e quelle attese vediamo molto piu' valore nel ricomprare le nostre azioni a questo livello rispetto a qualunque operazione di M&A". Lo ha affermato l'ad di Unicredit, Andrea Orcel, nel corso di una conference call spiegando che le acquisizioni devono essere considerate "uno strumento" per generare valore e che "la banca usera' lo strumento che conviene di piu'. Se non troviamo" dei target in grado di assicurare queste condizioni "continueremo a comprare le nostre azioni". "In questo momento", ha aggiunto, "ci sono una serie di opportunita' e un certo numero di target sono spinti dalla speculazione e non hanno alcun senso", precisando che se le condizioni dovessero cambiare in futuro la banca potra' esaminare le opzioni, "ma al momento la situazione e' questa". (fine) MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

03/05/2023 08:43

Unicredit: Orcel (ad), dati dimostrano come crescita sia di qualita'​

MILANO (MF-NW)--"Dati del 1* trimestre dimostrano la forza e la resilienza di Unicredit". Lo ha affermato l'ad Andrea Orcel nel corso di una conference call con la stampa di commento alla trimestrale sottolineando che i dati "dimostrano come il piano di Unicredit stia funzionando e che la crescita sia una crescita di qualita'. I costi", ha poi aggiunto, "sono scesi dell'1% nonostante un'inflazione che nel nostro perimetro e' del 10%. La banca sta continuando a investire. Il nostro costo del rischio continua a essere strutturalmente inferiore al passato". Parlando del buon andamento del titolo, Orcel ha spiegato che questo va letto attraverso il "progresso fatto su tutti gli aspetti della nostra performance, dal 2021 al 2022 e ora al primo trimestre e alla guidance sul 2023". Dare tutti i meriti dell'ascesa del titolo ai buyback "e' un modo semplicistico di vedere la questione. Penso che questo sia quello che gli azionisti guardano, tutte queste cose generano interesse nelle nostre azioni" e consentono a loro volta di "aumentare la distribuzione sia come dividendo sia come buyback". (fine) MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

03/05/2023 09:01

Unicredit: Orcel (ad), accumuliamo capitale in eccesso​

MILANO (MF-NW)--"Non stiamo distribuendo il capitale in eccesso ai soci, anzi lo stiamo accumulando perche' siamo prudenti". Lo ha affermato Andrea Orcel, ad di Unicredit, nel corso di una conference call. "Unicredit decidera' entro la fine del Piano dove destinare il capitale in eccesso". glm (fine) MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

03/05/2023 09:12
 
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