Uomini di cul.tura

watson

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Tra i greci, il corteggiamento fra uomini era più importante di quello fra uomini e donne, mentre, successivamente, la cultura cristiana occidentale avrebbe bandito l’omosessualità.
 
Plutarco scrive che la Legislazione di Licurgo e il sistema educativo spartano prevedevano l’amore omoerotico, pienamente istituzionalizzato, per approfondire il rapporto educativo tra maestro e allievo. Essendo, infatti, l’amore di un adulto per un fanciullo fondato sulla trasmissione del sapere e della virtù, era viva la concezione che la potenza dell’èros emanata dall’amato colpisse e stimolasse l’amante, per sublimazione, sul piano morale.

Ad ogni modo, l’amante (colui che dava) doveva essere necessariamente un adulto, un superiore, un maestro, una persona più potente, mentre l’amato era un giovinetto o una persona inferiore che aveva esclusivamente un ruolo ricettivo. Questo tipo di relazione omoerotica tra un adulto e un giovanissimo era dunque asimmetrica e prevedeva, come termini a confronto, l’adulto – erastès (amante) e l’efebo – eròmenos (l’amato).
 
Maurice Sartre in un suo saggio intitolato “L’omosessualità nell’antica Grecia” riferisce di biografie, più o meno romanzate, di grandi politici, scultori, filosofi, scrittori del passato a cui sono regolarmente attribuite avventure omosessuali: da Solone ad Alessandro Magno, uomo incestuoso, compresi Pisistrato, Sofocle, Fidia, Socrate, Platone e tutti i re macedoni.

L’esempio più eclatante, più conosciuto e citato di rapporto omosessuale in ambiente filosofico è quello di Socrate ed Alcibiade, risalente al periodo compreso tra la fine del V e gli inizi del VI secolo. La fonte di questo racconto è, precisamente, il Simposio di Platone, che reca il tentativo, da parte del bellissimo giovane Alcibiade, di indurre il saggio, ma bruttissimo Socrate ad approfittare delle sue grazie.
 
Socrate ed Alcibiade mentre "conversano"

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ps se non li vedete,vuol dire che è intervenuta la censura
 
Sembra proprio che la coppia Socrate/Alcibiade sia stata un elemento di shock per la grecità, poiché Socrate, rispetto al giovinetto, era molto brutto e, si diceva, anche puzzolente. Non dobbiamo, però, dimenticare, che Platone, per bocca di Alcibiade, descrive Socrate come una persona ammirabile: l’esempio riportato nello scritto è quello che paragona Socrate alle statue dei Sileni, brutte all’esterno, ma piene di cose mirabili nel loro interno.

Qual era, dunque, la vera essenza dello scambio erotico tra il filosofo e il giovinetto?

Essenzialmente uno scambio più che ragionevole, visto che Alcibiade stesso racconta di essersi insinuato personalmente sotto le coperte del vecchio Socrate nel buio della notte:



la bellezza del corpo donata in cambio della bellezza interiore,

la bellezza dell’apparenza in cambio della bellezza della verità,

armi di bronzo donate in cambio di armi d’oro.


La bellezza fisica, evanescente, dunque, vale poco rispetto alla saggezza di Socrate.

Socrate stesso, nel Simposio, si trova, proprio per queste motivazioni, oggetto intermedio di gelosia tra il bellissimo Alcibiade e il narcisista Agatone, entrambi assetati della saggezza del loro maestro e disposti a donare se stessi per possederne una piccolissima parte.

socrates10.gif
 
Visto quello che poi combinò Alcibiade, non mi pare che questo sistema di trasmettere la saggezza funzionasse tanto bene.
 
.......Poi venne la rivoluzione e gli uomini combatterono per essa o contro di essa, strenuamente, fino alla morte. Quando la democrazia vinse, il fato di Socrate fu deciso: egli era il capo spirituale del partito ribelle, quantunque fosse stato personalmente pacifico; era la fonte dell'odiata filosofia aristocratica, il corruttore dei giovani, ebbri di diatribe. Come dicevano Anito e Mileto, era meglio che Socrate morisse.
Il mondo sa il resto della storia, poiché Platone la scrisse in una prosa più bella della poesia. Noi abbiamo la fortuna di poter leggere per nostro conto quella semplice e coraggiosa, se non leggendaria «apologia», o difesa, in cui il primo martire della filosofia proclamò i diritti e la necessità del libero pensiero, sostenne il valore di esso nei confronti dello Stato e non volle chieder grazia a una folla che aveva sempre disprezzato. La folla aveva pieni poteri di perdonargli; egli disdegnò di appellarsi ad essa. Fu una singolare conferma delle sue teorie il fatto che i giudici desiderassero di metterlo in libertà, mentre la folla sdegnata votò la sua morte. Non aveva egli rinnegato gli dèi? Guai a chi insegna agli uomini più di quanto essi possano imparare!

Così fu decretato ch'egli dovesse bere la cicuta. I suoi amici andarono a trovarlo in prigione e gli offrirono il mezzo di salvarsi: facilmente essi avevano corrotto tutti gli ufficiali che si interponevano tra lui e la libertà. Egli rifiutò. Aveva settant'anni (399 av. Cr.); forse pensò ch'era giunta la sua ora di morire e che mai avrebbe potuto morire si utilmente. «Fatevi coraggio -egli disse agli amici addolorati - e pensate che seppellite soltanto il mio corpo». «Appena pronunziate queste parole - dice Platone in una delle più grandi pagine della letteratura mondiale (Fedone, par. 116-118,) egli si alzò ed entrò nel bagno con Critone, che ci «ordinò di aspettare; e noi aspettammo, parlando... della immensità del nostro dolore; egli era per noi come un padre, di cui venivamo orbati, ed eravamo sul punto di passare il resto dei nostri giorni come orfani... Era prossima l'ora del tramonto, e molto tempo era già trascorso da quando egli era entrato nel bagno. Quando ne uscì, si sedette tra noi... ma non parlò molto. Subito dopo, il carceriere... entrò, si fermò accanto a lui, e gli disse : - A te, Socrate, che so essere l'uomo più nobile, più gentile e migliore di tutti coloro che mai passarono da questo luogo, non voglio imputare gli irati sentimenti di altri, che s'infuriano e mi coprono d'improperi, quando io, obbedendo alle autorità, li costringo a bere il veleno: sono anzi certo che non me ne vorrai; altri sono i colpevoli della tua morte, non io, come tu ben sai. Addio, dunque, e cerca di sopportare serenamente ciò che deve essere; tu conosci il dovere mio. - Scoppiò in lacrime, si volse ed uscì.
Socrate lo guardò e disse: - Ti ricambio l'augurio e farò quel che tu comandi. - Poi, voltandosi a noi, seguitò: Quant'è simpatico quell'uomo! Dacchè sono in prigione, è venuto a trovarmi sempre, ed ora guardate con quanta umanità e gentilezza egli soffre per me. Ma noi, Critone, dobbiamo fare ciò ch'egli dice: fammi portare la coppa, se il veleno è pronto; se non fosse pronto, prega il servo di prepararlo. - E Critone: -- Eppure il sole è ancora sulla cima dei colli, e molti han bevuto il veleno a tarda ora; e dopo che fu loro dato l'annuncio di morte, han goduto i piaceri del senso: non aver fretta, dunque, c'è tempo ancora.

Socrate replicò: - Si, Critone, e coloro che hanno fatto così, hanno avuto ragione, poichè hanno pensato di trarre vantaggio dalla dilazione; io, però, ho ragione di non fare lo stesso, poichè credo di non guadagnarci nulla bevendo il veleno un po' più tardi; prolungherei una vita che non conta più nulla per me; non potrei che ridere di me stesso. Ti prego, dunque, di fare quello che ti ho detto e di non rifiutarmi questo favore. -
A queste parole, Critone fece un segno al servo; questi uscì per qualche tempo e ritornò col carceriere, che portava la coppa di veleno. Socrate disse : - Tu, mio buon amico, che sei pratico di queste cose, mi dirai come devo fare. - L'uomo rispose: - Dopo bevuto, bisogna camminare finchè le gambe si fanno pesanti, poi coricarsi, e il veleno agirà. - Così dicendo, egli porse la coppa a Socrate, il quale la prese con la maggiore semplicità, e senza minimamente cambiar di colore o alterare i propri lineamenti, guardando il carceriere diritto negli occhi, com'era suo costume, disse : - Che cosa diresti se libassi da questa coppa a un dio qualunque? Posso farlo o no? - L'uomo rispose : - Ne prepariamo, Socrate, appena quanto crediamo necessario al suo effetto. - Ho capito - egli disse - eppure debbo pregare gli dèi che mi concedano un buon viaggio da questo all'altro mondo. Mi sia, dunque, concessa questa preghiera. - Poi, portò la coppa alle labbra e serenamente, senza esitare, bevve il veleno.

Fino allora molti di noi avevano dominato il proprio dolore, ma quando lo vedemmo bere e ci accorgemmo, poi, che aveva bevuto il veleno fino all'ultima goccia, non potemmo resistere più a lungo; io stesso piangevo a calde lacrime, mio malgrado; mi coprii la faccia e piansi per me stesso, ché certo, io non piangevo per lui, ma al pensiero della mia disgrazia, per aver perduto un simile amico. E nemmeno fui io il primo, che Critone stesso, incapace di dominarsi, si era alzato e se ne era andato. Io lo seguii. Allora Apollodoro, che aveva lagrimato fino a quel momento, scoppiò in un grido, che ci avvilì. Socrate solo mantenne la sua calma: -- Che cos'è questo grido? - egli chiese. - Mandai via le donne, perchè non disturbassero così: ho sentito dire che un uomo dovrebbe morire in pace. State, dunque, tranquilli e abbiate pazienza. - A queste parole noi ci vergognammo e cessammo di piangere; egli continuò a camminare finchè le sue gambe cominciarono a mancargli, com'egli disse; allora si coricò supino, secondo quanto gli avevano suggerito.
Colui che gli aveva pòrto il veleno gli guardava ora i piedi, ora le gambe; dopo qualche minuto, gli premette forte un piede, chiedendogli se sentisse dolore, e Socrate rispose: - No. - Poi l'altro premette la gamba, e sempre più su, facendoci sentire che era fredda e irrigidita. Socrate si toccò e disse: - Quando il veleno arriverà al cuore, sarà finita. - Egli cominciava già a sentire il gelo della morte all'inguine, quando si scoprì la faccia (che aveva coperto) e disse: e queste furono le sue ultime parole: - Critone, guarda che son debitore di un gallo ad Esculapio; ti ricorderai di pagare questo mio debito? - Il debito sarà pagato -rispose Critone; - hai altro da dirmi? - La risposta non venne; ma due minuti dopo si notò sotto il lenzuolo un lieve tremito; il servo lo scopri: aveva gli occhi fissi; Critone gli chiuse gli occhi e la bocca.
Così finì l'amico nostro, che posso proprio chiamare il più savio, giusto e buono fra quante umane creature io abbia mai conosciuto.
 
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Antonio Canova
Socrate congeda la propria famiglia

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Antonio Canova
Socrate beve la cicuta

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Antonio Canova
Critone chiude gli occhi a Socrate
 
JACQUES-LOUIS DAVID

la morte di Socrate
1787, olio su tela, cm.129x196, Metropolitan Museum of Art, New York.

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Friedrich Nietzsche nelle sue opere ha fatto costantemente riferimento a Socrate: per lui il filosofo greco rappresenta l’inizio e il fondamento della decadenza della cultura occidentale. Decadenza è, secondo Nietzsche, il ricorso costante ed esclusivo alla ragione, il rifiuto di tutto ciò che nell’uomo è istinto e vita, la fiducia nell’esistenza e nella conoscibilità di una Verità certa e immutabile e quindi nella possibilità per l’uomo di dominare la realtà attraverso la sapienza e la scienza. In questo senso Socrate sarebbe responsabile non solo di tutta la filosofia metafisica, ma anche dell’atteggiamento illuministico della scienza moderna che, per Nietzsche, ha portato al massimo degrado la civiltà occidentale. Contro i mali che affliggevano la società del suo tempo (e l’umanità) Socrate si pose come medico: ma dovette constatare che egli stesso era ammalato e che l’unico vero medico era la morte. Nietzsche fa riferimento esplicito alle ultime parole di Socrate, riportate da Platone nel Fedone.



11 Ho spiegato in che modo Socrate affascinava: sembrava un medico, un salvatore. È necessario dimostrare ancora l’errore insito nella sua fede, nella “razionalità ad ogni costo”? – È un autoinganno da parte dei filosofi e moralisti credere di essere già usciti dalla décadence solo facendo guerra contro di essa. L’uscirne fuori va oltre le loro forze: quel che scelgono come mezzo, come salvezza, è esso stesso un’altra espressione di décadence, – essi trasformano la sua espressione, ma da soli non la eliminano. Socrate fu un equivoco; tutta la morale del miglioramento, anche quella cristiana fu un equivoco ... La piú viva luce del giorno, la razionalità ad ogni costo, la vita luminosa, fredda, cauta, cosciente, senza istinto, in contrapposizione agli istinti, fu essa stessa soltanto una malattia, un’altra malattia – e non fu assolutamente un ritorno alla “virtú”, alla “salute”. alla “felicità” ... Dover combattere gli istinti – questa è la formula della décadence: sino a che la vita si innalza, felicità e istinto sono uguali.

12 – Ha forse compreso anche questo, il piú accorto tra tutti gli ingannatori di sé? Lo disse a se stesso alla fine, nella saggezza del suo coraggio di fronte alla morte? ... Socrate volle morire: – non Atene ma egli stesso si diede la coppa di veleno, egli costrinse Atene a dargli la coppa avvelenata ... “Socrate non è un medico”, disse piano tra sé e sé: “qui il medico è solo la morte ... Socrate fu soltanto per lungo tempo malato ...”.



(F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli ovvero Come fare filosofia col martello, trad. di C. Zuin, Zanichelli, Bologna, 1966, pag. 61)
 
Tra i greci, il corteggiamento fra uomini era più importante di quello fra uomini e donne, mentre, successivamente, la cultura cristiana occidentale avrebbe bandito l’omosessualità.

:yes:

Stavo cercando un mio thread e mi sono imbattuta in questo...
 
Socrate l'era un cù... ed Aristotile, ammò de pù... e Santippe la sera, la bateva i marciapé ed in meno di due ore la fasea di gran dané...
 
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