maf@lda
il bello, il buono, il giusto
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Albert e Maria, lui 30, lei 21. Li separavano nove anni di età. Tutto il resto li univa.
Nel marzo 1944 s'incontrano per la prima volta a Parigi in casa dello scrittore-etnologo Michel Leiris,
dove si recita tra amici (Sartre, de Beauvoir, Lacan, Bataille, Queneau...) Il diavolo per la coda, pièce
surrealisteggiante di Pablo Picasso. Il 6 giugno successivo - giorno dello sbarco alleato in Normandia.
I due si ritrovano a una soirée tra gente di teatro e finiscono per conoscersi meno platonicamente.
Albert è un franco-algerino un po' scapestrato in lotta con la Tbc; ha già all'attivo una mezza dozzina
di testi - tra i quali la cosiddetta Trilogia dell'assurdo (il dramma Caligola, il saggio Il mito di Sisifo,
il romanzo Lo straniero) - apprezzati, ma noti soltanto a una ristretta cerchia di connoisseur.
Anche Maria è una sradicata: spagnola, figlia dell'ex leader e ministro repubblicano Santiago Casare Quiroga,
è riparata a Parigi con famiglia mentre in patria i franchisti prendevano il sopravvento nella guerra civile.
A dispetto di un avvio difficile- non è stata ammessa all'Accademia d'arte drammatica - diverrà una "divina"
del palcoscenico e, seppur in misura minore, del cinema, diretta da Bresson, Carné, Cocteau.
In quella primavera fatale, Albert Camus e Maria Casarès sono belli e quasi famosi. Lui aitante malgrado la
malattia, impermeabili e sigaretta alla Bogart, il sorriso un filo equino alla Fernandel. Lei esile, ma ardente,
stregonesca sotto le ciglia tragiche. Due cuori nella tormenta del secolo.