Uomo + Donna = Il + grande spettacolo dopo il big bang



Albert e Maria, lui 30, lei 21. Li separavano nove anni di età. Tutto il resto li univa.
Nel marzo 1944 s'incontrano per la prima volta a Parigi in casa dello scrittore-etnologo Michel Leiris,
dove si recita tra amici (Sartre, de Beauvoir, Lacan, Bataille, Queneau...) Il diavolo per la coda, pièce
surrealisteggiante di Pablo Picasso. Il 6 giugno successivo - giorno dello sbarco alleato in Normandia.

I due si ritrovano a una soirée tra gente di teatro e finiscono per conoscersi meno platonicamente.
Albert è un franco-algerino un po' scapestrato in lotta con la Tbc; ha già all'attivo una mezza dozzina
di testi - tra i quali la cosiddetta Trilogia dell'assurdo (il dramma Caligola, il saggio Il mito di Sisifo,
il romanzo Lo straniero) - apprezzati, ma noti soltanto a una ristretta cerchia di connoisseur.

Anche Maria è una sradicata: spagnola, figlia dell'ex leader e ministro repubblicano Santiago Casare Quiroga,
è riparata a Parigi
con famiglia mentre in patria i franchisti prendevano il sopravvento nella guerra civile.
A dispetto di un avvio difficile- non è stata ammessa all'Accademia d'arte drammatica - diverrà una "divina"
del palcoscenico e, seppur in misura minore, del cinema, diretta da Bresson, Carné, Cocteau.

In quella primavera fatale, Albert Camus e Maria Casarès sono belli e quasi famosi. Lui aitante malgrado la
malattia, impermeabili e sigaretta alla Bogart, il sorriso un filo equino alla Fernandel. Lei esile, ma ardente,
stregonesca sotto le ciglia tragiche. Due cuori nella tormenta del secolo.


E5MVqFGXwAANpCm
 
images.jpeg.jpg
Pierre Drieu La Rochelle

La frenetica ricerca delle donne e del sesso, la tendenza a farsi mantenere da loro per vivere nella pigrizia e comprare altre donne, l'osservazione analitica della società che lo circonda e dalla quale non riesce a ricavare nulla se non disgusto per la mancanza di ideali forti.

L'azione copre l'arco di un giorno e di una notte e vi è grande intensità e tensione di vita proprio perché Alain ricerca disperatamente un motivo di sopravvivenza perché liberarsi dalla dipendenza della droga appare più un pretesto che non l'obiettivo. Sa già che questo non sarà possibile, la lotta ha in sé un motivo di sconfitta e un atto di ribellione estremo. L'ultima richiesta di aiuto alla moglie separata, Dorothy, è fatta perché questa non risponda all'appello, è volutamente ambigua e anodina se paragonata alla situazione. La cena, l'ultima, in una ricca casa si trasforma nella rappresentazione del disagio sociale e morale di Alain. Esisto, sono tra di voi ma non mi vedete e non mi accettate perché sono diverso e non posso, non potrò mai essere come voi, sembra dire Alain. Così è anche la visita all'amico Dubourg, compagno di vizio ora sposato e avviato verso una tranquilla vita dedicata agli studi di egittologia, alla moglie insignificante e alle due figlie, presso il quale, che pure si interessa amorevolmente a lui, non trova alcun conforto e vede solo la mediocrità di un'esistenza ormai incentrata su inutili presunzioni come la scrittura.
(da "Fuoco fatuo")
 


Ciao :) Maf.

Visto che stai raccontando questa storia OK!, recupero un pezzetto che avevo scritto 3 anni fa

*

Rue+Vanneau.png


Albert Camus abitava in Rue Vaneau, ospite dello scrittore André Gide. Conobbe Maria nel 1944, a casa di Michel e Zette Leiris, alla rappresentazione del "Desiderio preso per la coda" di P. Picasso, di cui Camus era regista.

Maria aveva ventidue anni, un’intensa bellezza bruna, occhi verdi, fiammeggianti e vincenti, un sorriso da sballo. Diventerà anche musa di Cocteau e Bresson.


893f8015995ea9d2e4e06931d56428b2.jpg



Lui aveva trentun anni ed era già famoso, dopo l'uscita de L'Etranger, bello, inquieto, con l'eterna sigaretta tra le dita, sempre un po’ sognante.

Un'alchimia perfetta tra due complici: loro sono unici,e in una Parigi occupata c’è spazio per la loro passione.


5604.jpg


"Ci siamo conosciuti, ci siamo riconosciuti, ci siamo abbandonati uno all’altra, abbiamo cesellato un amore che incendia, di cristallo puro, ti rendi conto della nostra felicità, di ciò che ci è donato?”

(Maria Casarès ad Albert, 1950)
 
Ultima modifica:
115929835-82695908-2b80-4356-a945-db7139270ab1.jpg



Tutto era iniziato in uno di quegli scoppi di gioia di vivere con cui gli intellettuali cercavano di combattere l’angoscia dell’occupazione nazista. Venivano chiamate fiestas quelle riunioni in cui ognuno collaborava portando amici, viveri e alcol.

Maria era splendida. Aveva un vestito di Rochas a righe viola e malva e i capelli neri tirati all’indietro.

2.jpg


Era quasi l’alba quando erano usciti. Avevano bevuto più del solito. Lei si era seduta sul manubrio della bicicletta dello scrittore; dopo pochi metri, preoccupata dal suo zigzag, gli aveva chiesto se la bicicletta non avesse bevuto troppo. Lui le aveva risposto sorridendo che stava solo cercando la Senna.

albert-camus-maria-casares-6198ddbbac9c9213854659.jpg


Nell'abitazione di rue Vaneau c’era un trapezio sospeso al soffitto. Camus ne era irritato perché tutti i suoi visitatori si sentivano in dovere di mettersi alla prova. Mentre a Maria faceva pensare a loro come a due trapezisti «lassù in alto, sempre tesi, stretti l’uno all’altro, l’uno tenuto dall’altro, e sotto l’abisso».

(dal web)





Ugualmente lucidi, ugualmente sapienti, capaci di capire tutto e tutto smontare, sufficientemente forti per vivere senza illusioni e legati l’uno all’altra come i legami della terra, dell’intelligenza, del cuore e della carne, niente può, già lo so né sorprenderci né separarci” (A. Camus a Maria)
 
Ultima modifica:



Perfetto Diago, grazie! Veramente belle le foto che hai trovato:yes::)

L'infanzia del loro amour fou coincide con gli ultimi mesi dell'occupazione nazista, poi con l'euforia della Liberazione, con l'effimera stagione in cui tra attivismo politico, dancing, bicchierate fino all'alba, ci si illude di poter reinventare il mondo.
Ma c'è un intoppo. Camus è sposato e, rimasta bloccata in Algeria dalla guerra, sua moglie Francine si prepara a raggiungerlo a Parigi.
Non bastasse i coniugi faranno presto due figli, i gemelli Jean e Catherine.

eg26de4kiug.jpg


Relegata a comprimaria, l'impetuosa Maria non ci sta: molla Albert e tira dritto.
Però da qualche parte sta scritto che le rispettive strade sono destinate a ricongiungersi su un unico viale: il Boulevard Saint-Germain, dove il 6 giugno del '48 - ancora un 6 giugno - Camus e Casarès s'incrociano per caso.
Da quel momento non si lasceranno più. Ciascuno con i propri amori, flirt, viaggi, slanci, tormenti, successi, fallimenti, resteranno uniti ma liberi come animali selvaggi. "Mi sento sempre più animale e non del tutto addomesticata" scrive Maria ad Albert.
Oppure: "Eccomi finalmente animale puro".


Orph-e-Aka-Orphee-Maria-Casares-1950-Photo-Impression-8x10.jpeg_Q90.jpeg_.webp
 
"La parigina"

Non so se si può dire che le “donne di mondo” siano delle parigine, perché non sono mai a Parigi. Essere a Parigi, vuol dire essere ovunque nello stesso momento a Parigi:*nei suoi quartieri chic e nei suoi quartieri poveri, nei suoi quartieri intelligenti e nei suoi quartieri ******; vuol dire camminare in tutte le sue vie ed entrare in tutte le sue case; vuol dire conoscere delle persone di tutti gli ambienti; e vuol dire anche riconoscersi nella*banlieue, perché è fottutamente Parigi, la*banlieue.

È per questo che non amo granché le donne di mondo. Ne conosco, le mie migliori e più vecchie amiche sono delle “donne di mondo”, credo; ma sono delle donne un po’ declassate dall’amore, dalla pigrizia o da una tendenza un poco appassionata.*Per cui non sono più donne di mondo. Ma non sono delle vere parigine; hanno conservato la tara della loro origine. È per questo che le amo d’amicizia ma non d’amore.

Preferisco le straniere, oppure le vere parigine. Per quale motivo? Possono esser quasi ricche o quasi povere, sposate o non sposate, concubine o non concubine, lavorare o non lavorare.*Ma sono ben modellate sulla vita. Conoscono la metropolitana, gli autobus, tutte le ore del giorno e della notte. Sanno altrettanto bene che cosa voglia dire non far nulla o far qualcosa. Conoscono il prezzo di un’ora di pigrizia, la mattina, e della prima sigaretta, la sera. Conoscono il prezzo del denaro e che cosa siano la libertà, l’amore, un bambino…* Sanno che l’amore è un incidente che può prolungarsi.

Le parigine sanno davvero il fatto loro in amore; non c’è ombra di dubbio. Avendole tradite a più riprese con delle straniere, ora posso ben riconoscerlo. Non conosco che certe londinesi che possano sostenere il confronto. Le parigine sanno molto bene che l’amore è fatto di due cose: la sensualità e la tenerezza; e che i due ingredienti sono altrettanto indispensabili.*La dose può d’altronde variare all’infinito. E comunque non si tratta di una ricetta gastronomica. Ho avuto torto a scrivere che sanno il fatto loro. No, la cosa viene loro naturale. Hanno bisogno dell’amore sensuale e dell’amore tenero. Le une lo cercano, le altre lo attendono. Ma le une e le altre sono capaci di fiutare ed evitare le contraffazioni. A questo proposito sono identiche, siano oneste o prostitute.

Da parigini si vorrebbe esser degni delle parigine. Non sempre lo si è; lo si è a volte. C’è comunque un buon numero di uomini a Parigi che meritano d’esser l’amante o il marito di una parigina.*E forse dopotutto se le parigine sono delle buone innamorate è grazie agli uomini. Lo dico perché sono terribilmente antifemminista e un po’ misogino. D’altronde ci sono anche molti uomini che ci lasciano le penne: ci vuole molto tempo a un uomo per formare una donna, e dopo di che sarà un altro ad approfittarne Per fortuna ci sono anche quelle che sono state formate dagli altri.

Contrariamente a quel che si potrebbe credere, le parigine sono molto disinteressate. Quando pensano al denaro è per via dell’amore.*In fondo non gli chiedono che il mezzo di restare o diventare carine, niente di più. E gli uomini lo capiscono, al punto che si mettono in due o tre a dare a una i mezzi per stupirli. C’è dunque un’immensa classe media nella quale regna una sorta di comunione tra il denaro e l’amore. C’è anche un’immensa classe in cui si è più severi e non meno gentili, e nella quale l’amore regna più aspramente.*In fin dei conti sono persuaso del fatto che Parigi sia la città in cui ci sono più passioni vere, tragiche. Ma non parlo del tragico dei crimini passionali, dei colpi di revolver. Quello è il tragico carpito agli individui da una dura e abominevole passione sociale. No, parlo del tragico quotidiano.*Una donna attende, tocca, conquista un uomo; lo perde, lo riprende, lo riperde. E nel corso di qualche mese o qualche anno vengono dolcemente effusi dei tesori di sofferenza discreta.

La vera prova, nella quale si vede se una donna è una parigina della specie autentica, della specie che conosce il lavoro e la pigrizia, il formaggio, il vino rosso, il tabacco, la campagna, i quartieri anonimi, è la vecchiaia. La vera parigina sa invecchiare. Parigi è piena di vecchie autentiche che sanno guardare i giovani con una tenera dignità, e che sanno andarsene verso la morte senza rumore e senza strepiti. Vi sono delle donne che sanno rinunciare all’amore e in tal modo mostrare che ne sono state degne.*Un giorno cessano di mettersi il rossetto, cessano di aspettare, senza un lamento. Lo sanno che ci sono degli uomini che le guardano con struggente rimpianto, con muta gratitudine?

Bisognerebbe anche parlare di quella specie di parigina abbastanza nuova: la ragazza nubile. In fondo a Parigi è solo da qualche anno che ci sono ragazze nubili. Prima erano chiuse in casa. Ora escono, lavorano, pensano, si preparano di buona lena. Gli uomini di domani saranno fortunati.

Non mi soffermerò granché sulle *****, che hanno gli stessi inconvenienti delle donne di mondo.*Ci sono molte prostitute che non sono delle *****, che non pensano a “riuscire”.

Le operaie non le conosco.

Ci sono straniere che sono delle parigine.*Ci sono delle parigine che sono così appassionatamente donne da diventare per questo quasi delle straniere.*Ma sono rare e davvero pesanti da reggere.

Pierre Drieu La Rochelle

Pierre-Drieu-La-Rochelle-1893-1945-2-e1539559787876.jpg
 
"La parigina"

Non so se si può dire che le “donne di mondo” siano delle parigine, perché non sono mai a Parigi. Essere a Parigi, vuol dire essere ovunque nello stesso momento a Parigi:*nei suoi quartieri chic e nei suoi quartieri poveri, nei suoi quartieri intelligenti e nei suoi quartieri ******; vuol dire camminare in tutte le sue vie ed entrare in tutte le sue case; vuol dire conoscere delle persone di tutti gli ambienti; e vuol dire anche riconoscersi nella*banlieue, perché è fottutamente Parigi, la*banlieue.

È per questo che non amo granché le donne di mondo. Ne conosco, le mie migliori e più vecchie amiche sono delle “donne di mondo”, credo; ma sono delle donne un po’ declassate dall’amore, dalla pigrizia o da una tendenza un poco appassionata.*Per cui non sono più donne di mondo. Ma non sono delle vere parigine; hanno conservato la tara della loro origine. È per questo che le amo d’amicizia ma non d’amore.

Preferisco le straniere, oppure le vere parigine. Per quale motivo? Possono esser quasi ricche o quasi povere, sposate o non sposate, concubine o non concubine, lavorare o non lavorare.*Ma sono ben modellate sulla vita. Conoscono la metropolitana, gli autobus, tutte le ore del giorno e della notte. Sanno altrettanto bene che cosa voglia dire non far nulla o far qualcosa. Conoscono il prezzo di un’ora di pigrizia, la mattina, e della prima sigaretta, la sera. Conoscono il prezzo del denaro e che cosa siano la libertà, l’amore, un bambino…* Sanno che l’amore è un incidente che può prolungarsi.

Le parigine sanno davvero il fatto loro in amore; non c’è ombra di dubbio. Avendole tradite a più riprese con delle straniere, ora posso ben riconoscerlo. Non conosco che certe londinesi che possano sostenere il confronto. Le parigine sanno molto bene che l’amore è fatto di due cose: la sensualità e la tenerezza; e che i due ingredienti sono altrettanto indispensabili.*La dose può d’altronde variare all’infinito. E comunque non si tratta di una ricetta gastronomica. Ho avuto torto a scrivere che sanno il fatto loro. No, la cosa viene loro naturale. Hanno bisogno dell’amore sensuale e dell’amore tenero. Le une lo cercano, le altre lo attendono. Ma le une e le altre sono capaci di fiutare ed evitare le contraffazioni. A questo proposito sono identiche, siano oneste o prostitute.

Da parigini si vorrebbe esser degni delle parigine. Non sempre lo si è; lo si è a volte. C’è comunque un buon numero di uomini a Parigi che meritano d’esser l’amante o il marito di una parigina.*E forse dopotutto se le parigine sono delle buone innamorate è grazie agli uomini. Lo dico perché sono terribilmente antifemminista e un po’ misogino. D’altronde ci sono anche molti uomini che ci lasciano le penne: ci vuole molto tempo a un uomo per formare una donna, e dopo di che sarà un altro ad approfittarne Per fortuna ci sono anche quelle che sono state formate dagli altri.

Contrariamente a quel che si potrebbe credere, le parigine sono molto disinteressate. Quando pensano al denaro è per via dell’amore.*In fondo non gli chiedono che il mezzo di restare o diventare carine, niente di più. E gli uomini lo capiscono, al punto che si mettono in due o tre a dare a una i mezzi per stupirli. C’è dunque un’immensa classe media nella quale regna una sorta di comunione tra il denaro e l’amore. C’è anche un’immensa classe in cui si è più severi e non meno gentili, e nella quale l’amore regna più aspramente.*In fin dei conti sono persuaso del fatto che Parigi sia la città in cui ci sono più passioni vere, tragiche. Ma non parlo del tragico dei crimini passionali, dei colpi di revolver. Quello è il tragico carpito agli individui da una dura e abominevole passione sociale. No, parlo del tragico quotidiano.*Una donna attende, tocca, conquista un uomo; lo perde, lo riprende, lo riperde. E nel corso di qualche mese o qualche anno vengono dolcemente effusi dei tesori di sofferenza discreta.

La vera prova, nella quale si vede se una donna è una parigina della specie autentica, della specie che conosce il lavoro e la pigrizia, il formaggio, il vino rosso, il tabacco, la campagna, i quartieri anonimi, è la vecchiaia. La vera parigina sa invecchiare. Parigi è piena di vecchie autentiche che sanno guardare i giovani con una tenera dignità, e che sanno andarsene verso la morte senza rumore e senza strepiti. Vi sono delle donne che sanno rinunciare all’amore e in tal modo mostrare che ne sono state degne.*Un giorno cessano di mettersi il rossetto, cessano di aspettare, senza un lamento. Lo sanno che ci sono degli uomini che le guardano con struggente rimpianto, con muta gratitudine?

Bisognerebbe anche parlare di quella specie di parigina abbastanza nuova: la ragazza nubile. In fondo a Parigi è solo da qualche anno che ci sono ragazze nubili. Prima erano chiuse in casa. Ora escono, lavorano, pensano, si preparano di buona lena. Gli uomini di domani saranno fortunati.

Non mi soffermerò granché sulle *****, che hanno gli stessi inconvenienti delle donne di mondo.*Ci sono molte prostitute che non sono delle *****, che non pensano a “riuscire”.

Le operaie non le conosco.

Ci sono straniere che sono delle parigine.*Ci sono delle parigine che sono così appassionatamente donne da diventare per questo quasi delle straniere.*Ma sono rare e davvero pesanti da reggere.

Pierre Drieu La Rochelle

Vedi l'allegato 2818343



Ciao Wrangel, hai proposto un personaggio particolarmente affascinante!:o

Si scrive veramente con l’inchiostro o con il sangue? Che rapporto c’è tra vita e scrittura? Tra esistenza e parola?
Queste domande attraversano l’intera esistenza di Pierre Drieu La Rochelle (13 gennaio 1893 – 15 marzo 1945)
fino al suicidio, avvenuto in una casa di campagna, nei pressi di Parigi, alla fine della guerra che lui, collaborazionista,
ha interamente percorso dalla parte sbagliata e da cui trae le estreme conseguenze, senza cadere nel melodramma del pentimento.
Drieu La Rochelle era un eterno scontento attratto dalle prostitute e dalla morte, misogino, anaffettivo e antisemita
ma amava disperatamente le donne ebree . Collaborazionista e anticlericale.


h-3000-drieu-la-rochelle_pierre_correspondance-avec-colette-et-andre-jeramec_1993_edition-originale_tirage-de-tete_4_64955.jpg


“Gille non aveva mai trovato sufficienti le donne che aveva incontrato e al culmine stesso del piacere
che gli procuravano non dimenticava mai di dirsi che ne esistevano altre, invisibili, che non possedeva.
Per soddisfare il suo molle ascetismo di pigro, contava sul tempo, prolungando con indifferenza la
giovinezza. Per il momento, anche se il momento era tutta la sua bella giovinezza, aveva bisogno solo
di incidenti che gli facessero sentire a sufficienza la resistenza e insieme la soggezione delle cose”
(Pierre Drieu La Rochelle, “L’uomo pieno di donne")

38196504.jpg


“Gille fu testimone dell’irrimediabile rimpianto di quegli esseri umani che erano lì, di un rimprovero
senza possibile espiazione: ognuno, abbandonato a tutti, malediceva il mondo intero per avergli rubato,
strappato il cuore di ognuno. Nell’immensa materia informa in cui scivola la carne con tutto il suo peso,
ci sono dei frammenti d’anima come schegge che segnalano qua e là ancora un po’ di sofferenza.
Tale sofferenza fuggevole è l’ultima traccia di coscienza”


man-ray-solarizzazione-1929.jpg
 


“Intermezzo romano” è uno dei più bei libri di Pierre Drieu La Rochelle.
Scritto nel 1943 racconta il viaggio in Italia, metà anni Venti, di un francese che somiglia moltissimo all’autore.
Non per turismo ma per amore di una statuaria contessa (forse, nella realtà, Cora Caetani nata Antinori).
L’amore è, beninteso, alla maniera di un dandy apatico come Drieu:

“Mi sono annoiato con la maggior parte delle donne, tranne con quelle che ho visto giusto un’ora o due
tutte nude dentro un letto”.


Drieu si costruisce mentalmente un doppio femminile che vede, da un lato, l'Infermiera bianca, verginale,
procreatrice, materna e dall'altro l'Infermiera rossa, prostituta, infida, calcolatrice.


man_ray_le-violon-ingres-dddb316f.jpeg
 
Bonjour, Monsieur Tubicina!:)



Loulou de la Falaise.(1947-2011) Aristocratica e anarchica. Borghese e zingara. Icona di stile che restò al fianco di Saint Laurent per più di vent'anni.
La Falaise sarebbe stata battezzata non con l'acqua santa ma con Shocking, il profumo della stilista Elsa Schiaparelli , datrice di lavoro di sua madre (modella anglo-inglese)
Judith Thurman , scrivendo sulla rivista The New Yorker , ha definito La Falaise "la quintessenza della Rive Gauche haute bohémienne "

Ci vuole un po' di follia. Per vivere, per essere eleganti, per diventare una musa. Per cambiare la moda, per entrare allo Studio 54, per essere la prescelta di un genio.

58523426d3b7a5db18f35487_loulou-de-la-falaise-book-3.jpg


Ereditata la bellezza della madre (sua madre è la modella Maxime de La Falaise), Loulou fa impazzire la stampa patinata e Yves, appunto.
Lei è indiscutibile la donna più desiderata dell’epoca. Stravolgente e accattivante. Poco pudica ma mai volgare. Ama vestire in modo succinto e provocatorio. Camice lasciate sbottonate, lunghi abiti in seta portati su collant nere e velate.
Tutto e il contrario di tutto, la sua vita è un ossimoro di stile, un incidente tra epoche, culture e nevrosi che Saint Laurent, il più grande stilista del Novecento, ha trasformato in abiti ed eleganza.


ysl-loulou-de-la-falaise-photo-guy-marineau.jpeg
 


Loulou, finito il liceo, viaggia in continuazione.
A New York conosce Diana Vreeland, leggendario direttore di Vogue, che la vuole come modella.
A Londra incontra Yves Saint Laurent. È un colpo di fulmine, ma non è ancora il momento giusto.
Torna a Manhattan, balla allo Studio 54, lavora con lo stilista del momento, Halston.

rsz_loulou-de-la-falaise-racontee-par-betty-catroux.jpg


Nel 1972 incontra di nuovo Saint Laurent e questa volta non si lasciano più. Per più di vent'anni, crea gioielli per la maison. Insieme a Betty Catroux, poi, compone una trimurti di stile destinata a cambiare la moda. Betty è la notte, le droghe, la depressione, il lato oscuro del genio. Loulou il giorno, l'atelier, i bozzetti, le creazioni meravigliose, i colori, l'entusiasmo.
Le due accompagnano Yves ovunque: a Parigi, a Marrakesch, a New York, dappertutto.

Loulou si sposa a soli 21 anni con Desmond FitzGerald , 29 ° cavaliere di Glin.


6th-october-1966-desmond-fitzgerald-the-29th-knight-of-glin-alongside-picture-id3356097
 


Loilou divorzia da Desmond FitzGerald dopo un anno: una condizione che altre donne troverebbero disdicevole, ma non certo lei.

Nel '77 Loulou, divorziata dal primo marito, si risposa con Thaddeus Klossowski,scrittore francese figlio del pittore Balthus ovviamente
un abito di Yves Saint Laurent di ispirazione marocchina.


8074f5ab745d378fe329b8d934d997e0.jpg


792883777884616ece89c1bea39de887.jpg
 



Il matrimonio di Loulou con l Thaddeus Klossowski è un po' folle, si tratta di una relazione senza convenzioni, come la moda di Saint Laurent.
Avevano una relazione da anni, mentre Loulou ne aveva chissà quante altre, declinava proposte di matrimonio d’un Rotschild e, nella ricostruzione di quell’amante per dimenticare il quale comprò l’ascia, «Quando l’ho conosciuta non è solo che fosse circondata da omosessuali: è che gli omosessuali erano gli unici con cui andava a letto». Diane Von Fürstenberg dice che quello dell’ascia era il suo grande amore e che «tutti dicono che quello con Thadée era un matrimonio combinato, ma questo non toglie che sia stato un grande successo»

L’unica figlia di Lolou de la Falaise, avuta dal secondo marito, è Anna Klossowski.
Ognuno è libero, l'amore è totale, le convenzioni sono cuciture sbagliate. Meglio un taglio di forbici al pregiudizio e alla tradizione.
Per ogni cosa, si ricomincia sempre da capo.
Come nel 2002, quando il maestro lascia la moda e Loulou decide di mettersi in proprio, creando una linea a suo nome.
Nell'ultimo decennio diventa consulente di Oscar de la Renta.



Ma la sua ultima, toccante apparizione è in "L'amor fou", il docu-film sulla vendita della collezione d'arte di Saint Laurent e Pierre Bergé.
In una scena, Loulou ricorda "la bellezza dei bozzetti creati in una notte di follia e di disperazione. Migliaia di figurini così favolosi da costringerti alle lacrime". La musa, infatti, è il bicchiere mezzo pieno del genio. L'esempio vivente di stile e di glamour che serve a ogni creatore per dar corpo ai suoi sogni di moda.


LmpwZWc.jpeg


Shot%2Bin%2Ba%2Bsubway%2Bstation%2Bby%2BPeter%2BLindbergh.Credit...Peter%2BLindbergh.jpg


89bf78321edd8463b1f50ff8ecaa6516.jpg
 


Un sodalizio durato per tutta la vita quello tra Marco Pannella e Mirella Parachini.

«Avevo diciannove anni quando incontrai per la prima volta Marco. Lui ne aveva venticinque più di me ma era davvero immenso.
Marco è sempre stato un uomo entusiasta della vita, la amava e la affrontava con perenne felicità anche nei suoi momenti più difficili,
più faticosi».

Il loro è stato un grande amore durato, anche se naturalmente trasformato nel tempo, fino all'ultimo giorno della vita di Marco, quel 19 maggio di quasi sei anni fa in cui salutò questo mondo che gli aveva donato tanta felicità.
Nel congedarsi dal Dalai Lama, in uno dei loro ultimi incontri, Marco disse «a subito, non a presto».

«È un'espressione tipica pannelliana ed è la traduzione dal francese à tout suite.
In realtà sta a significare che le persone che si amano e che sono entrate in empatia non si lasciano mai».


marco-pannella-moglie01.jpg
 


"Ci siamo incontrati negli anni settanta all'interno del partito Radicale al quale mi ero avvicinata da giovane studentessa di medicina. Marco, in quegli anni, faceva il corrispondente a Parigi per Il Giorno ed io ero mossa, come molti del resto in quel periodo, da una spinta antimilitarista, pacifista e gandhiana...gandhiana per una vocazione familiare. Mia nonna materna, che era era belga, non finì le elementari ma divenuta vegetariana approfondì da subito la dottrina indiana. Sempre per vocazione familiare mio fratello portò in casa la sua battaglia per l'obiezione di coscienza allora portata avanti da Pietro Pinna del movimento non violento di Perugia. Insomma sin da ragazza passavamo ore ed ore a confrontarci sui temi della non violenza e, seguendo mio fratello, entrai nella sede del Partito radicale
Durante il Giubileo del 1972 decidemmo di manifestare a San Pietro a favore degli obiettori di coscienza incarcerati vestiti da galeotti e spinti da una forte idealità di libertà".


Mirella Parachini è rimasta legata al leader Radicale Marco Pannella per quarant' anni. Con Marco nacque subito una profonda intesa fatta di battaglie condivise, di visioni e di amore.


MP00007176.jpg
 
Ultima modifica:


Marco andò in Spagna, con lo sciopero della sete, per fare rilasciare Pepe Beunza, obiettore di coscienza, finito in carcere oppure quando facevamo le marce antimilitariste da Trieste ad Aviano accompagnati dagli spettacoli di Dario Fo...Durante una di queste manifestazioni feci conoscenza di un amico fraterno di Marco, Jean-Yves Radenac con cui iniziai a parlare in modo personale e confidenziale . Da quel momento iniziò la mia storia d'amore con Pannella.

Pannella-027.jpg


Sono sempre stata considerata la "compagna storica di Marco" che tutto faceva con me ma senza esibirmi. Ricordo un momento molto bello dove andammo insieme. Era la premiazione nel 1995 del premio Strega che fu dato a Maria Teresa Di Lascia, militante radicale, per il suo romanzo Passaggio in ombra pubblicato da Feltrinelli postumo. Quella fu una delle rare occasioni che vide me e Marco insieme in un evento pubblico e non politico.


DxYtmglXQAEf4vA.jpg
 


"Il rapporto fra me e Marco si è sempre fondato sulla verità e sincerità. Con gli anni si è trasformato mantenendo sempre un filo rosso di profondità che ci unisce anche adesso che fisicamente non c'è più. Inizialmente per me era una vera e propria vertigine.
Marco è sempre stato una personalità di grande fascinazione: alto, imponente e con un eloquio straordinario. Io ero insieme e ascoltavo discorsi con persone come Sartre, Sciascia e Simone de Beauvoir; era come se vivessi in un meraviglioso incantesimo...
gli scioperi della fame e della sete. Ho davvero temuto che potesse accadere qualcosa di brutto e facevo fatica a tenere botta con tranquillità.
Gli ultimi giorni di vita vicino a Pannella? Di dolore perché lui soffriva molto, ma anche di grande gioia perché quando si riprendeva aveva degli slanci straordinari...
Il mio rapporto con Marco è così profondo che godo per ciò che ho avuto non per ciò che mi manca adesso".


marco-pannella-moglie02.jpg


124935-sd.jpg
 


Sessantasei anni insieme, sono così tanti che debordano dall'immaginazione, quando si pensa di trascorrerli tutti con la stessa persona.
Kirk Douglas e Anne Buydens sono stati tra i pochi in grado di poter raccontare un'esperienza del genere.
Non certo gli unici, ma se le altre coppie a effetto long marriage, di solito, si sono unite in matrimonio molto giovani,
l'attore mitologico più amato della storia del cinema e sua moglie sono andati all'altare quando erano già adulti fatti e finiti,
con un matrimonio a testa dietro le spalle, e se hanno trascorso insieme così tante primavere è anche perché, cosa altrettanto
eccezionale, hanno superato entrambi i cento anni.


1559141412101.jpg--.jpg
 
Indietro