Vendesi penisola vista mare

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Hera, i manager costano quanto gli investimenti nella rete idrica - Il Fatto Quotidiano

Hera, i manager costano quanto gli investimenti nella rete idrica
Nel 2011 ammonta a 19 milioni di euro la voce degli stipendi per cda e dirigenti rispetto ai 21 messi per il servizio base offerto dal colosso di acqua e gas. Senza contare i costi dirigenziali della galassia di partecipate e controllate e, come segnalato dalla Cgil, "i numerosi benefit come auto, carta di credito, spese di rappresentanza, vitto e alloggio"

I manager di Hera costano 19 milioni di euro l’anno, solo due milioni in meno rispetto agli investimenti fatti in tutto il 2011 sulla rete idrica. A fare i conti è la Filctem-Cgil che denuncia anche la corsa alle nuove nomine dirigenziali, addirittura sette il giorno dopo l’approvazione del piano che porterà alla fusione tra il colosso emiliano-romagnolo che si occupa di rifiuti, acqua e energia e la veneta Acegas-Aps.

Con le nuove nomine i dirigenti di Hera arrivano a 132, troppo secondo il sindacato che segnala come il rapporto tra dirigenti e lavoratori nel settore privato sia dello 0,9%, mentre in Hera è più del doppio, raggiungendo il 2%. Non una buona prestazione per un’azienda che tutti, politici ma sopratutto top manager, considerano privata a tutti gli effetti. In primo luogo giuridicamente, trattandosi di una società per azioni, ma anche quando arriva il momento di discutere le faraoniche retribuzioni di direttore generale e presidente. Retribuzioni che non si possono abbassare, ha spiegato tempo fa la vicesindaco di Bologna, Silvia Giannini, perché determinerebbero quella che gli economisti chiamano “selezione avversa”: i migliori se ne vanno attratti dalla più generosa concorrenza lasciando a Hera solo i dirigenti peggiori. Per il momento il presidente Tomaso Tommasi di Vignano intasca 350mila euro l’anno, più 117 di bonus e altri incentivi, 6mila di benefici non monetari e altri 2mila di “altri compensi”. In totale 475mila euro. Maurizio Chiarini, amministratore delegato del gruppo, nel 2011 ha sorpassato invece i 500mila euro.

Al di là della discussione restano i dati portati dalla Cgil: i dirigenti Hera costano in media 9500 euro al mese. In tutto oltre 16milioni l’anno. Se a questa cifra si aggiungono i due milioni e mezzo di costo del consiglio di amministrazione si arriva a 19 milioni di euro. Solo due in meno rispetto ai 21 investiti sulla rete idrica nell’ultimo anno. “Di coneguenza – spiega il sindacato – il management incide sul costo del personale per circa l’8,8% del totale (in altre parole i 125 Dirigenti costano come 803 Operai o Impiegati neo assunti rif. CCNL Federgasacqua)”. Senza contare i costi dei cda della galassia di partecipate e controllate che orbitano attorno a Hera. Non solo.“Non sono stati presi in considerazioni – scrive il sindacato – i benefit erogati, quali auto (BMW, Audi, Mercedes) con carta carburante e copertura Kasko, carte di credito per spese di rappresentanza, vitto e alloggio”. Purtroppo qui diventa impossibile fare i conti, perché sul rapporto di centinaia di pagine che ogni anno Hera presenta a azionisti e pubblico questi benefit non vengono esplicitati.
 
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5 milioni di euro per tradurre il talmud
 

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scende in campo Cordero con Italia Futura. Quando si dice cominciare bene:D

però è stato condannato solo a un anno quindi può candidarsi:o

Abusi edilizi a Capri, un anno di condanna per Montezemolo - Corriere.it

MILANO - Luca Cordero di Montezemolo è stato condannato a un anno di reclusione per abusi edilizi commessi a Capri. La sentenza, emessa dal giudice monocratico della sezione staccata di Capri del tribunale di Napoli, Alessandra Cataldi, al termine di una camera di consiglio durata circa un'ora, è stata sospesa.


ABUSI EDILILZI - Il presidente della Ferrari era imputato per reati ambientali e per falso ideologico (da quest'ultima accusa è stato assolto) relativamente ad alcuni lavori effettuati senza autorizzazione o in difformità rispetto ai titoli autorizzativi nella residenza di Anacapri, Villa Caprile.

«SENTENZA ECCESSIVA» - Per l'avvocato Alfonso Furgiuele, difensore di Montezemolo, la sentenza «è eccessiva». «Siamo dispiaciuti - aggiunge - all'epoca dei lavori, Montezemolo era assorbito da numerosi impegni e non aveva il tempo di seguirli personalmente né di occuparsi delle pratiche amministrative». Incombenze, spiega il legale, «affidate a persone sicuramente qualificate». Montezemolo, prosegue l'avvocato, «ha proprietà in ogni parte del mondo e mi sembra impensabile che potesse seguire lui tutte le pratiche amministrative. Rispetto alle violazioni urbanistiche contestate, vorrei segnalare che l'unica vera violazione urbanistica è stata demolita prima ancora del processo. L'altra violazione riguarda invece fatti formali». Per due contestazioni, le più gravi, quelle per i delitti di falso, puntualizza, «entrambi gli imputati sono stati assolti per non aver commesso il fatto. In altri casi per simili temi mi risulta che le sentenze siano state un pochino diverse, forse trattantosi di Montezemolo la giustizia assume anche connotazioni esemplari. Sicuramente faremo appello. Montezemolo è stato assolto dall'accusa di falso, che è quella più grave, ma ritengo che debba essere assolto anche dell'accusa di violazioni urbanistiche».
 
...a proposito di lobby.:cool:


LOBBISMO €UROPEO
Postato il Mercoledì, 02 gennaio @ 07:10:00 CST di davide

DI KTHRCDS
orizzonte48.blogspot.it

Il presidente del Consiglio europeo è Van Rompuy, un democristiano fiammingo belga, eletto non dagli europei – che in maggioranza non sanno nemmeno chi sia -, ma dagli amici suoi.:(:cool:

Van Rompuy non conta nulla e non c'entra nulla con la commissione, ma mi piace ricordarlo nel suo ruolo di ragazzo immagine dell'Ue: recentemente è stato nominato “Mister Euro”.

Il presidente della Commissione europea è Barroso, che da giovane era un leader della sezione giovanile del movimento clandestino maoista MRPP. Diventato adulto, Barroso si è prontamente riciclato nel Partito Social Democratico Portoghese, area centrodestra.



Uno degli otto vicepresidente della Commissione europea, nonché responsabile per l'Industria e l'Imprenditoria, è Antonio Tajani, ex monarchico, fondatore di Forza Italia e fedelissimo di Berlusconi. Una delle figure più incolori nel panorama politico italiano ricopre incarichi di primo piano in un'istituzione importante come la Commissione europea, titolare di un pressoché totale monopolio del potere di iniziativa legislativa.

Potrei andare avanti a lungo, ma era solo per dire che chi pensa che i politici europei siano più affidabili di quelli italiani non è ben informato.

Gli altri esponenti della Commissione per il periodo 2010-2014, quelli che la tv mostra ogni giorno mentre si incontrano spensierati e sorridenti nel corso dei loro inutili summit, mentre mezza Europa sprofonda dolorosamente in una crisi senza apparenti vie d'uscita, sono questi:

Catherine Ashton, Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza;
Viviane Reding, Lussemburgo, Giustizia, diritti fondamentali e cittadinanza; Joaquín Almunia, Spagna, Concorrenza;
Siim Kallas, Estonia, Trasporti; Neelie Kroes, Paesi Bassi, Agenda digitale; Maroš Šefčovič, Slovacchia, Relazioni interistituzionali e amministrazione; Janez Potočnik, Slovenia, Ambiente; Olli Rehn, Affari economici e monetari; Andris Piebalgs, Lettonia, Sviluppo; Michel Barnier, Francia, Mercato interno e servizi; Androulla Vassiliou, Cipro, Istruzione, cultura, multilinguismo e gioventù; Algirdas Šemeta, Lituania, Fiscalità e unione doganale, audit e lotta antifrode; Karel De Gucht, Belgio, Commercio; Máire Geoghegan-Quinn, Irlanda, Ricerca, innovazione e scienza; Janusz Lewandowski, Polonia, Programmazione finanziaria e bilancio; Maria Damanaki, Grecia, Affari marittimi e pesca; Kristalina Georgieva, Bulgaria, Cooperazione internazionale, aiuti umanitari e risposta alle crisi; Günther Oettinger, Germania, Energia; Johannes Hahn, Austria, Politica regionale; Connie Hedegaard, Danimarca, Azione per il clima; Štefan Füle, Repubblica ceca, Allargamento e politica di vicinato; László Andor, Ungheria, Occupazione, affari sociali e integrazione; Cecilia Malmström, Affari interni; Dacian Cioloş, Romania, Agricoltura e sviluppo rurale; Tonio Borg, Malta, Salute e politica dei consumatori.

Nessuno li conosce, nessuno li ha mai eletti, e fra di loro, oltre al già citato Tajani, ci sono altre figure singolari. Il finlandese Olli Rehn, ad esempio, è membro del Partito Europeo dei Liberali, Democratici e Riformatori. Rehn, che si è fatto un'idea della cultura italiana leggendo Guareschi - e se ne vanta pure -, ha studiato negli Usa, al Macalaster di Saint Paul in Minnesota; che è strettamente collegato con la Merril Lynch, ossia una delle grandi banche fallite e salvate dallo Stato. I docenti del Macalaster sono presi dalla Merril e gli studenti vanno in Merril a fare gli stage. E purtroppo alcuni finiscono alla Commissione europea.

Attorno a loro si muovono i lobbisti.

Nell’Ue i lobbisti (1) , o “consulenti in affari pubblici”, come preferiscono essere definiti, «sono accusati di fare la legislazione europea al posto della stessa Commissione, o di "comprare" i responsabili delle decisioni stesse, sono ora circa 15mila a Bruxelles, generando un fatturato stimabile tra i 60 e i 90 milioni di euro all’anno. Dispersi nei loro 2mila e seicento uffici nella capitale dell’Unione Europea, questi gruppi di pressione hanno un profilo finanziario più eterogeneo di quello dei funzionari europei».

Ovviamente, i lobbisti, promuovono gli intessi delle corporation che rappresentano.
Ad esempio, uno dei casi più recenti, rivelato dal settimanale Der Spiegel (2) riguarda le pressioni esercitate dalla lobby del tabacco sulla Commissione europea. «Alcuni documenti a uso interno a cui Der Spiegel ha avuto accesso rivelano l’opposizione di molti collaboratori del presidente della Commissione a un giro di vite nella regolamentazione dell’uso del tabacco».
In sostanza è accaduto che la decisione di rendere più severa la regolamentazione europea sul tabacco abbia incontrato forti ostacoli ai vertici della commissione stessa, a partire da Catherine Day, segretaria generale della commissione europea, che “si è adoperata di persona a rallentare più volte l’iter in corso”. Ciò ha portato alle dimissioni del commissario alla salute John Dalli, e ha alimentato i dubbi sul ruolo del presidente Barroso e sull'Olaf (Ufficio per la lotta antifrodi) nella vicenda.
Non si tratta di un'eccezione ma della della regola (3) dal momento che la sola «industria del tabacco ha a disposizione a Bruxelles un esercito di circa 100 lobbisti, che lavorano con un budget annuale superiore ai € 5 mln. Almeno secondo i dati ufficiali.
Questi numeri sono però sicuramente parziali perché la Commissione europea non obbliga i lobbisti che hanno rapporti con l’istituzione a registrarsi. [...]
Non a caso il 62% degli incontri con lobbisti, tenuti dal vice-presidente della Commissione responsabile per gli Affari economici e monetari, Olli Rehn, sono avvenuti con persone non presenti nel Registro».

Anche in questo caso scopriamo che i tedeschi (4) non sono così virtuosi come vogliono fa credere. Ad esempio, «la tedesca Reemtsma, branca della Imperial Tobacco, uno dei maggiori produttori europei, non si è mai registrata, eppure l’anno scorso, secondo il rapporto del Ceo, ha assunto una lobbista proprio per influenzare la Tobacco Products Directive (Tpd)».

La commissione europea è sostanzialmente un comitato d'affari ai massimi livelli: “Il popolo ha il voto, gli industriali le lobby. Gruppi di pressione che indottrinano gli eletti e influenzano la Commissione europea...”.
Inizia così un articolo del giornalista francese François Ruffin (5) apparso su Le Monde Diplomatique del giugno 2010, che riprende le dichiarazioni del presidente della Commissione europea Jacques Delors nel 1993: "i dirigenti dell'Ert (European Round Table of Industrialists) sono stati all'avanguardia nel sostenere la mia idea".

L'idea di Delors, “padre nobile” di questa Ue che sta dimostrando tutti i suoi difetti e svantaggi, mentre ancora attendiamo di individuarne i benefici, non era altro che quella di affidare ad un pool di “capitani di industria” le sorti dello sviluppo economico europeo, scavalcando i Parlamenti nazionali, e senza curarsi troppo delle conseguenze che avrebbe avuto su centinaia di milioni di europei.

Circa 20 anni dopo, mentre da ormai 5 anni la crisi che si è abbattuta sull'EZ continua a mietere vittime e non accenna a risolversi, Jacques Delors (6), in un'intervista al Daily Telegraph del dicembre 2011 ripresa dal Sole24Ore, spiega serafico che «“L'euro è partito male sin dall'inizio” anche per colpa di leader che “hanno fallito”. “Tutti devono farsi un esame di coscienza” perché “i ministri delle Finanze non hanno voluto vedere quello che avrebbe potuto far sorgere dei problemi”. Il colpevole? “La combinazione fra l'ostinazione tedesca sull'idea del controllo monetario e l'assenza di una visione chiara da parte di tutti gli altri Paesi”».

Visto come sono andate le cose, uno dei primi a dover fare un esame di coscienza sarebbe Delors, ma questo è un altro paio di maniche; e comunque non staremo a sottilizzare, visto che la preoccupazione maggiore dei nostri giorni è quella di evitare che il crollo imminente del “sogno” europeo ci travolga tutti, ponendo le premesse per un futuro di incertezze, rancori e voglia di rivalsa su scala continentale.

Nel frattempo occorre rilevare che in Europa i paesi che adottano leggi e regolamenti per disciplinare l'attività di lobbisti sono più l'eccezione che la regola (7) . «Il più recente rapporto OCSE Lobbyists, Governments And Public Trust: Building A Legislative Framework For Enhancing Transparency And Accountability In Lobbying (2008) rileva che solo 5 Paesi membri della UE hanno adottato un regolamento. [Ne consegue che] le lobby restano attori che agiscono sotto il “velo impenetrabile che avvolge la fase di composizione di interessi contrapposti durante i processi decisionali pubblici”».

Con l'avvento della crisi economica il velo si è fatto meno impenetrabile, lasciando intravedere con sempre maggior chiarezza i reali interessi che costituiscono la vera ragion d'essere della Commissione europea, a partire da quelli delle lobby bancarie, che hanno imposto dolorosi piani di salvataggio (della finanza privata) facendoli gravare sui bilanci pubblici, e quindi sull'intera collettività.
E siccome in Italia si tende a volte ad esagerare, si è fatto di più che adeguarsi al volere delle varie lobby europee, si è messo direttamente al governo uno dei loro maggiori esponenti: Mario Monti.
Il quale, come si può vedere vedere qui (8)
dal dicembre 2005 è stato consigliere internazionale di GS, e membro del Advisory Research Council del Goldman Sachs Global Markets Institute.

Per dieci anni Monti ha rivestito la carica di membro della Commissione europea, responsabile per il mercato interno, servizi finanziari e tributi dal 1995 al 1999, e poi alla concorrenza dal 1999 al 2004. Inoltre è membro del Senior European Advisory Consiglio di Moody's, del Consiglio di Amministrazione della Institute forInternational Economics di Washington, DC, del Comitato direttivo delle riunioni del Bilderberg, della Commissione Trilaterale e del Comitato Esecutivo di Aspen Institute Italia.

Nel 2005 è stato co-fondatore e, fino al 2008, Presidente del Bruegel (9) , un think-tank europeo di economia internazionale, guarda caso con sede a Bruxelles, «il cui gruppo di comando è composto da esponenti di spicco di 28 multinazionali e 16 Stati (per l'Italia oggi vi siede Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro). I loro nomi? Microsoft, Google, Goldman Sachs, Samsung, il gruppo bancario italiano Unicredit, il colosso energetico Gdf, la Borsa di New York (Nyse). Molti coincidono con le poltrone di Bilderberg».

Monti è anche un estimatore di von Hayek, tanto che nel 2005 fu insignito del Premio internazionale assegnato dalla Hayek Foundation per essersi distinto nel promuovere il libero mercato. Può essere utile ricordare che negli anni 80 Friedrich von Hayek era divenuto un “modello” per Margaret Thatcher, con la quale condivideva l'apprezzamento per Pinochet, perché secondo lui il liberalismo non è in contraddizione con l’autocrazia, e quindi considerava liberale anche una dittatura.

Ora, secondo von Hayek il modello di stato sociale si riduce alla necessità di “fornire agli indigenti e agli affamati qualche forma di aiuto, ma solo nell’interesse di coloro che devono essere protetti da eventuali atti di disperazione da parte dei bisognosi”.

Il che spiega meglio di tanti dibattiti in tv quali sono le finalità della famigerata “Agenda Monti”, e perché nella Ue fanno il tifo per il nostro supermario. E spiega anche perché martedì scorso, facendo riferimento alle prossime elezioni politiche in Italia, l'inopinatamente commissario europeo agli Affari economici Olli Rehn ha dichiarato che “ci sono impegni da rispettare a prescindere da chi le vincerà”

kthrcds
Fonte: Orizzonte48
Link: Orizzonte48: LOBBISMO €UROPEO
28.12.2012

NOTE
 
"La follia dell'austerità europea": il nobel Krugman spara a zero nel suo editoriale - International Business Times

NEW YORK - Il premio Nobel per l'economia Paul Krugman fa tabula rasa sull'approccio austero usato in Europa per combattere la Crisi. Sulle pagine del New York Times, Krugman ha pubblicato il suo editoriale intitolato: "La follia dell'austerità europea".

Al centro della critica è ovviamente l'atteggiamento, condiviso da politici e tecnici in Europa, che mira ai tagli della spesa pubblica e alle maggiori imposizioni fiscali. I mercati, nel recente passato, hanno apprezzato tali manovre nell'ottica di una maggiore stabilità e sostenibilità dell'economia dei Paesi ma, dal lato del popolo, certi livelli di austerity non sono più ammortizzabili. Krugman insiste sul fatto che il vero problema non sia il debito in se per sé ma, piuttosto, il quadro economico di fondo: assenza di crescita consolidata (cronica) e disoccupazione prossima alla doppia cifra.

Krugman afferma nel suo editoriale: "Molti pensano che i cittadini spagnoli e greci stiano semplicemente rimandando l'inevitabile, protestando contro sacrifici che, di fatto, devono essere fatti. La verità è, invece, che chi protesta ha ragione. Una maggiore austerità non servirà a nulla; i veri irrazionali, in questo contesto, sono i c.d. "seri" politici e funzionari che chiedono altri sacrifici.".

La Spagna - "Consideriamo il caso della Spagna. Qual è il vero problema economico della Spagna? Fondamentalmente la Spagna stà soffrendo la conseguenza di un'enorme bolla immobiliare che ha, al contempo, causato un boom economico e un periodo di inflazione che ha reso l'industria spagnola meno competitiva sul suolo europeo. Quando la bolla è scoppiata, alla Spagna è rimasto il difficile compito di riacquisire competitività, un doloroso processo che avrebbe preso anni. A meno che la Spagna non lasci l'euro, uno step che nessuno si augura, sarà condannata ad anni di alto tasso di disoccupazione.

Krugman sostiene che le politiche di austerity complichino ulteriormente la già difficile situazione economica. Secondo il premio Nobel l'economia spagnola non è entrata in sofferenza a causa di un atteggiamento deficit-spending del Governo. I timori che esistono riguardo la tenuta dell'economia non andranno via, secondo Krugman, tagliando pochi punti dal deficit. Aggiunge, poi, che secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale, i tagli alle spese fatti in economie recessive potrebbero ridurre la fiducia degli investitori poiché aumenterebbero l'andamento (e la percezione) del declino economico.

Il fascino dell'austerity e la favola della Germania - Secondo Krugman molti in Europa, così come in America, sono rimasti vittime del fascino dei piani di austerity: sono convinti che un taglio alle spese, e non una riduzione del numero di disoccupati, possa risolvere il problema più grosso dell'economia. "Al di là di questo, una parte significativa dell'opinione pubblica europea che conta - in primis in Germania - è profondamente legata ad una distorta visione della situazione. Chiedete ai funzionari tedeschi e loro vi risponderanno che la crisi dell'euro è una storia di moralità, un racconto in cui Stati che hanno vissuto al di sopra delle poprie possibilità sono ora costretti a fare i conti con la realtà. Non pensano affatto che questa è solo una parte della storia; non pensano al fatto che le banche tedesche hanno giocato un importante ruolo nella crescita della bolla immobiliare spangola. Il peccato e le sue conseguenze, questa è la loro storia e si stanno attaccando a questa visione. La cosa peggiore è che molti elettori tedeschi credono a questa storia, in gran parte perché è ciò che i politici hanno raccontato loro."
 
questo lo avete di lato, però forse vi è sfuggito:D

http://intermarketandmore.finanza.com/la-casta-politica-e-larte-di-essere-sereni-52002.html

La casta politica e l’arte di essere “sereni”

SONO SERENO

A un noto ministro del precedente governo, tale Scajola, che aveva comprato un modesto appartamento di oltre 200mq, con vista sul Colosseo, fu chiesto di dimostrare dove aveva preso i soldi per l’acquisto dell’immobile. Non sapendo rispondere immediatamente, si trincerò dietro la abusata frase: non c’è nulla di irregolare, tranquilli, “sono sereno”. Venne fuori che circa la metà del pagamento era stato effettuato da un imprenditore, un po’ intrigante con i corridoi dello Stato e del Vaticano. Dopo qualche mese, con serenità, pur continuando a dichiarare che lui….. era all’oscuro di tutto…. Il ministro dette le dimissioni. Attualmente continua a muoversi con estrema disinvoltura nelle aule del parlamento, anzi è ancora candidato per le prossime elezioni. Credo che sia sotto indagine, ma non ci sono più notizie di cosa stia facendo la magistratura, forse aspettano che arrivi la prescrizione.

Un noto politico milanese, tale Penati, amico e diretto collaboratore del segretario del Pd , Bersani, è accusato di intrallazzi poco edificanti ma molto fruttiferi nella gestione dello sviluppo immobiliare di alcune importanti aree dell’hinterland milanese. Prima reazione: “sono sereno”, dimostrerò che è tutto in regola. Anche di questo caso non se ne sente più parlare.
Un esponente della Margherita romana ha soffiato qualcosa come 2/3 milioni di euro sotto il naso di Rutelli e dei responsabili del partito, comprando anche case e ville. Questa volta è stato Rutelli a dire “sono sereno”,non ne sapevo nulla, la mia mancanza è stata quella di non aver controllato i bilanci, non avverrà più.

Contemporaneamente o quasi ,un certo “batman” (Fiorito, che forse, data la mole, è un batmanone) si intrallazzava a spendere e spandere i soldi della giunta regionale laziale (pdl); anche lui “enormemente sereno” spiegherà che è tutto regolare. Intanto data l’ingombrante mole e la mancanza di spazi delle carceri italiane, è stato trasferito agli arresti domiciliari. Naturalmente la “capa” responsabile della regione non era responsabilizzata a controllare, “ è serena” e si ripresenterà alle prossime elezioni.

A proposito di giunte regionali, la “serenità” pervade i corridoi del Pirellone a Milano, così come, quasi simultaneamente, altrettanto serenamente Bossi e famiglia hanno dovuto rendere conto di alcune spese talmente extra che gli sono costate la presidenza della Lega.

Molto più “sereno” Vendola della Sel di fronte allo scandalo della sanità locale: lui capo responsabile, ha fatto dimettere tutta la giunta, escluso lui, naturalmente. Probabilmente esistono diverse interpretazioni di responsabilità e quella che avevo io e che mi sono portato dietro in quaranta anni di lavoro non è più attuale.

L’Idv si è sfatta perché i componenti non sapevano più se il loro compito era quello di portare avanti dei valori etici o iniziative immobiliari. Comunque anche Di Pietro è “sereno”.

Sono alcuni più o meno recenti esempi, ma sulla casta sono stati scritti libri sulle nefandezze che la contraddistinguono, non ultimo quello di non sapersi ridurre i benefici economici, mentre il popolo è chiamato a fare enormi sacrifici. Sinceramente, se fossi un politico, con quel che mi rimane di etica professionale, mi VERGOGNEREI di appartenere a tale casta e darei le dimissioni. Abbiamo votato una classe politica fondamentalmente “ladra” alla quale non abbiamo dato la delega di appropriarsi dei nostri soldi; ma sono altrettanto complici quei politici, che pur non rubando in maniera eclatante, non intervengono per cambiare lo stato di privilegi che si sono auto legiferati a proprio tornaconto.
Purtroppo andiamo ancora una volta alle elezioni con la vecchia legge elettorale e senza aver ridotto il numero dei parlamentari (altro merito del professor Monti). Sempre rimanendo sul governo Monti, non so se è noto a tutti che fra primo ministro, ministri, vice-ministri, assistenti e consulenti vari i costi extra per il bilancio statale superano abbondantemente i 2 Miliardi di euro.

Ma Monti è arciconvinto di aver fatto un buon lavoro, e, in vacanza nella “serenissima” e costosissima Venezia, ha continuato anche oggi, molto “serenamente” come è nel suo stile, ad auto elogiarsi per i risultati raggiunti. Elenchiamoli: è aumentata la disoccupazione, è aumentata la cassa integrazione, sempre più aziende traslocano le attività in altri paesi, altre chiudono definitivamente i battenti, i consumi si sono ridotti e continuano a diminuire, diminuisce il Pil e aumenta il debito, anche il turismo, nostra importante risorsa, sta soffrendo, oltre alle tasse statali le regioni e i comuni stanno imperversando con ogni tipo di balzello, e tutto questo per mantenere una macchina statale inefficiente e una classe di affamati politici, la maggioranza dei quali dovrebbe essere in galera mentre invece si ripresentano come candidati alle prossime elezioni. C’è da meravigliarsi come le agenzie di rating non siano di nuovo intervenute a declassare il rating (potenza delle relazioni personali???).

L’Inps “è sereno” perché nel 2012 sono diminuite le richieste di pensionamento (legge del precedente governo), ha i conti in ordine e lo saranno ancora di più perché la Fornero ha innalzato ulteriormente l’età pensionabile, di modo che diminuiranno le domande di pensionamento, senza trascurare che parecchi futuri pensionabili li perderemo ….per strada.

Possiamo prevedere per il 2013 ulteriori chiusure di aziende e un mancato rinnovo contrattuale per circa 50/60 mila precari con conseguente aumento del numero dei disoccupati e degli esodati .Grazie alla Fornero, lo Stato potrà risparmiare, perchè è stato ridotto il periodo di contribuzione ai disoccupati. Non potendo svalutare la moneta, è stato deciso di infierire sul già bistrattato welfare, svalutando il costo del lavoro. Lo avevamo previsto, lo avevamo scritto!!!! E non dimentichiamoci di chiedere a D’Alema, Prodi e al Pd se hanno fatto bene a favorire l’immigrazione degli extra comunitari che stanno accettando lavori a basse retribuzioni che finiranno per condizionare anche le retribuzioni dei lavoratori italiani.

E naturalmente fioccano gli elogi dei burocrati europei (anche questi stipendiati da noi cittadini) e arriva anche la benedizione del Vaticano. Per non parlare delle Tv di stato (con qualche piccola riserva per Rai 3) e di Sky e della 7 che stanno già appoggiando Monti nella campagna elettorale.

Anche lui, per i risultati sopra descritti, è ”sereno”, perché a criticarlo sono rimasti gli sbandati di Berlusconi, l’ultimo fortilizio lombardo-veneto della Lega, e, a sinistra, qualche sparuto gruppo della Cgil e della Fiom e il variopinto esprimersi di Vendola ,aree di sinistra che, dopo aver tirato il sasso nascondono la mano, perché fra le alternative post-elettorali qualcuno già intravede una simbiosi Monti-Pd. E’ “sereno” perché, anche se non sarà a capo del nuovo governo, ha elevate probabilità di essere il successore di Napolitano.

Ma “non sono sereno” io, come decine di milioni di cittadini italiani, tartassati di tasse fino all’inverosimile. Non so fino a che punto le azioni del governo Monti siano rispondenti alla carta costituzionale ( bistrattata a tal punto che è diventata elastica in funzione delle esigenze del momento o dei singoli, al punto che, se leggete attentamente, viene irrisa pubblicamente dai comici attraverso la Tv di stato). Far precipitare il paese in una situazione comatosa per ricercare l’elogio delle sanguisughe europee è, non solo discutibile, ma condannabile né più né meno come sono condannabili i ladri e i politici sopra menzionati.

Autoincensarsi per l’attuale avanzo primario positivo è fregare la gente, perché tale avanzo primario è marcio, non è sostenuto da una sana tassazione sulla produzione del paese che, anzi, continuerà a diminuire, ma da una enorme e insana tassazione sui cittadini che, comunque, non è stata ancora sufficiente a coprire gli oneri per interessi sul debito, che, di conseguenza, continua ad aumentare. Continuare con questo andazzo ( e l’agenda Monti sembra confermarlo) e la fine sicura di quello che rimane dell’azienda Italia, a tutto vantaggio dell’economia tedesca.

La Germania chiude l’anno con una bilancia commerciale da record, ha una disoccupazione che sfiora il 4% ed è prevista in diminuzione, la Merkel non ha mai avuto un consenso cosi alto, il Dax è salito del 29% in un anno, le società quotate hanno distribuito 30 miliardi di dividendi, è opinione generale che l’euro ormai sia salvo (naturalmente Italia, Spagna etc hanno dato un grosso contributo finanziando, per la loro consistente parte, i vari default di Grecia, etc ,il tutto a favore delle banche tedesche, francesi e inglesi) e, prevalendo gli egoismi nazionalisti, non trapela alcuna intenzione dei cittadini tedeschi ad aiutare i paesi in difficoltà.
Per un anno siamo stati nelle mani di un convinto europeista (tralasciando le ipotesi non confermate che lo danno legato a congregazioni massoniche internazionali), che ha capito poco (o fa finta di non capire) di cosa ha significato per l’Italia entrare nell’euro.

Tornerò ad essere “sereno” quando la maggior parte del popolo dirà basta a questi continui abusi della politica e si potrà avere un governo che si preoccupi seriamente della res publica e di dare una nuova impronta allo sviluppo del lavoro. Personalmente, di una cosa sono certo: la ripresa dell’Italia non passa attraverso Monti.
 
Il segretario di Napolitano: “Lo stipendio? Aumento inevitabile”:D

Il segretario di Napolitano:

ROMA – Il presidente della Repubblica non si è aumentato lo stipendio, anzi. L’assegno è “congelato” da un paio d’anni e tale rimarrà fino alla fine del mandato. Piuttosto, non è possibile mettere a regime un taglio allo stipendio presidenziale perchè Napolitano non può decidere per il suo successore, visto che il settennato scade questa primavera. E quindi, se il prossimo presidente non dovesse mantenere il risparmio di Napolitano, il suo stipendio è destinato ad aumentare rispetto ad oggi.

E’ la precisazione, in sintesi, della lettera inviata dal segretario generale della presidenza della Repubblica Donato Marra a Franco Bechis di Libero. Bechis nei giorni scorsi ha dedicato due articoli alla vicenda dello stipendio di Napolitano. Il 30 novembre uno a titolo: “Napolitano si alza lo stipendio”, e il giorno successivo: “I risparmi? Nel 2011 un caffè. Ma per il 2013 l’aumento c’è”.

Marra sottolinea che l’assegno del presidente è rimasto congelato al livello del 2010 per i due anni successivi, ovvero 239.182 euro.:o
 
Il segretario di Napolitano: “Lo stipendio? Aumento inevitabile”:D

Il segretario di Napolitano:

ROMA – Il presidente della Repubblica non si è aumentato lo stipendio, anzi. L’assegno è “congelato” da un paio d’anni e tale rimarrà fino alla fine del mandato. Piuttosto, non è possibile mettere a regime un taglio allo stipendio presidenziale perchè Napolitano non può decidere per il suo successore, visto che il settennato scade questa primavera. E quindi, se il prossimo presidente non dovesse mantenere il risparmio di Napolitano, il suo stipendio è destinato ad aumentare rispetto ad oggi.

E’ la precisazione, in sintesi, della lettera inviata dal segretario generale della presidenza della Repubblica Donato Marra a Franco Bechis di Libero. Bechis nei giorni scorsi ha dedicato due articoli alla vicenda dello stipendio di Napolitano. Il 30 novembre uno a titolo: “Napolitano si alza lo stipendio”, e il giorno successivo: “I risparmi? Nel 2011 un caffè. Ma per il 2013 l’aumento c’è”.

Marra sottolinea che l’assegno del presidente è rimasto congelato al livello del 2010 per i due anni successivi, ovvero 239.182 euro.:o


Ciao red, ma hai notato che mentre persino le vendite auto sono ai minimi storici, lo spread scende ugualmente?...mica stanno intervenendo le aristocrazie capitalistiche finanziarie, per farci capire ....chi ci comanda?:cool::wall:



DI EUGENIO ORSO
Pauper class II

Forse c’è qualcuno che trova alquanto strana la discesa dello spread del btp con il bund, fino a 284 punti, centrando l’obiettivo dichiarato da Monti, proprio nel momento in cui Mario Monti scende nell’arena elettorale, “salendo” in politica per lordarsi le mani. Gli onnipossenti mercati finanziari hanno cessato il fuoco contro l’Italia? I fantomatici investitori (ma non troppo fantomatici …) che hanno imposto tredici mesi di direttorio Monti-Napolitano – il primo dimesso e il secondo in scadenza – hanno deciso improvvisamente di lasciar in pace questo disgraziato paese? Possiamo dubitarne, perché i globalisti non mollano facilmente la presa. Anzi, avvicinandosi le elezioni politiche anticipate, la loro presa dovrà essere ancor più stretta, per pilotarle a dovere nel senso voluto. E il senso voluto è nient'altro che la continuazione della famigerata e socialmente sanguinosa “agenda Monti”, aggregatore di cartelli elettorali centristi, sedicenti moderati, e perciò al servizio del peggior neoliberismo economico.

Mentre migliora lo spread, che fino a qualche tempo fa sembrava una malattia incurabile che avrebbe ucciso il paese, crollano le vendite di automobili, in Italia e in Europa, riportando la situazione italiana, se è vero ciò che si dice, al lontano 1979. Particolarmente in ambasce la fiat marchionnista e montiana del dopo-Melfi, che sconta un calo delle immatricolazioni in Italia, nel 2012, di quasi il 20%, con una punta negativa del 20,2% nel solo mese di dicembre. Questi sono i concreti, tangibili effetti del marchionnismo e del montismo, che nel settore auto nostrano agiscono congiuntamente.

La demotorizzazione del paese è dunque un obiettivo (prudentemente non dichiarato) sia della fiat “americana” di Marchionne, che concentra i suoi principali interessi oltreoceano, sia dell’austero Quisling in loden con la voce monocorde, riunitisi a Melfi in pieno sboom come Totò e Peppino, prima divisi e poi uniti a Berlino, negli anni remoti del boom economico?

Ragionando un po’ sulla situazione, e sulla palese contraddizione del calo dello spread fino e oltre l’obiettivo indicato da Monti che si accompagna al crollo delle immatricolazioni delle auto nuove, è fin troppo facile concludere che lo spread è manovrato dai “soliti ignoti” in posizione dominante sui mercati, i quali lo stanno usando per supportare il centro filomontiano – e le linee programmatiche dell’”agenda Monti” – in piena campagna elettorale. Come dire: “Avete visto? Le politiche governative montiane, applicate per tredici, lunghi mesi di crisi, a suon di sacrifici e voti di fiducia in parlamento, stanno producendo finalmente effetti positivi. E allora è necessario che vi sia continuità programmatica, nei prossimi esecutivi, altrimenti il temutissimo spread riprende a salire. E chi, meglio di Monti che ha salvato l’Italia dallo spread, centrando l’obiettivo dichiarato sotto i 300 punti di differenziale, può garantire questa continuità e continuare con le riforme, sempre più strutturali e liberalizzanti?” Del resto è la stessa cosa che Napolitano va dicendo da qualche tempo, in odor di elezioni, come “consiglio paterno” e come monito concreto.

Il gioco è chiaro. I Mercati & Investitori, cioè le Aristocrazie finanziarie neocapitalistiche che ci controllano dall’alto, irrompono a modo loro nella campagna elettorale italiana, subito dopo l’”endorsement” a favore di Monti delle alte gerarchie vaticane. Questo appoggio, misurato dalla discesa dello spread, è più importante di quello della chiesa, degli alti prelati e del santo padre, per come si configura e funziona il neocapitalismo. Così, lo spread entra in campagna elettorale, questa volta non tanto quale strumento di ricatto, e di minaccia, ma per indurre quei poveri ********* di elettori a votare più convinti e numerosi – oltre il misero 12% attribuito dai sondaggisti – per le liste dell’”agenda Monti”. Si potrebbe ironizzare sulla situazione (per quanto ci sia ben poco da ridere) dicendo che lo spread in salita corrisponde a un bombardamento in piena regola, come quello areo della nato il Libia, e quindi rappresenta il bastone, mentre lo spread in discesa di questi giorni corrisponde alla lusinga, e quindi rappresenta la carota. Una carota, in funzione elettorale, agitata dalle Aristocrazie finanziarie per indurre a votare numerosi il centro filomontiano, i suoi partitelli, le sue liste, listine e listoni. Siate pur certi di una cosa: se la lusinga dello spread in discesa non funzionerà, e Monti con tanto di agenda sarà messo da parte, lo spread ricomincerà a salire, toccando nuovi record negativi, e il bombardamento speculativo riprenderà più furioso e distruttivo che prima.

Lo spread in discesa che irrompe in piena campagna elettorale non è una buona cosa, tutt’altro, ma ci dimostra che il differenziale del btp decennale con il bund tedesco è un gigantesco imbroglio, un’arma di pressione e di ricatto, o una lusinga per orientare il consenso, a seconda delle circostanze. Per una volta ha avuto ragione il tanto vituperato Berlusconi, di ritorno dal limbo, quando ha denunciato pubblicamente l’imbroglio dello spread e ha consigliato di lasciarlo perdere.

Così è, se vi pare, e anche se non vi pare.
 
Ciao red, ma hai notato che mentre persino le vendite auto sono ai minimi storici, lo spread scende ugualmente?...mica stanno intervenendo le aristocrazie capitalistiche finanziarie, per farci capire ....chi ci comanda?:cool::wall:

monti non c'entra con il calo dello spread, draghi ha fatto tutto il lavoro:D

Barack Obama, Mario Draghi e Mario Monti: tre modi diversi di essere Massoni, fra errori, illusioni, promesse, inganni e triplogiochismo sullo scacchiere euro-atlantico
 
90 miliardi di euro: è il debito dello Stato nei confronti delle piccole e medie imprese italiane – da Notapolitica.it | :: SimoneCasadei > business financial advisor

90 miliardi di euro: è il debito dello Stato nei confronti delle piccole e medie imprese italiane

90 miliardi di euro: è il debito dello Stato nei confronti delle piccole e medie imprese italiane che hanno lavorato per Pubblica amministrazione, e che non sono mai state pagate. La cifra è quella stimata dal gruppo bi-partisan di deputati che giovedì scorso ha recapitato una lettera-appello a Palazzo Chigi, chiedendo a Monti di rimediare al più presto. In testa il democratico Antonio Misiani e il radicale Marco Beltrandi, che ha deciso di iniziare lo sciopero della fame contro l’inadempienza di Stato che già ha generato lo stato di crisi per centinaia di aziende, la perdita di migliaia di posti di lavoro, e spinto addirittura alcuni piccoli imprenditori al suicidio. La questione è spinosa: da un lato i 90 miliardi di debito dello Stato verso i privati, dall’altro i vincoli comunitari sul bilancio. Beltrandi però è secco: «Lo Stato ha 90 miliardi che non gli appartengono: sono di dipendenti, di professionisti, di piccoli e medi imprenditori. Se non c’è altro modo per pagarli, dovrà sforare». Spiega: «Dobbiamo vedere le cose dal punto di vista dei diritti e della crescita economica, perché senza crescita i conti pubblici sbandano comunque. Come cresce il Pil se le Pmi devono chiudere perché non ricevono i soldi dalla Pubblica Amministrazione?».

Durante il question time di ieri alla Camera il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, ha illustrato il piano del governo per rimediare a ritardi. Con il recente decreto liberalizzazioni, ha detto Passera, sono stati liberati 5 miliardi di euro. Un palliativo. Qualche novità importante però c’è: in attuazione della direttiva UE sui tempi di pagamento, verrà fissato per il futuro il termine massimo di 60 giorni per i pagamenti tra privati. «Un passo avanti clamoroso rispetto all’immobilismo assoluto dei precedenti governi – commenta l’onorevole Beltrandi – ma non basta, perché il recepimento è solo parziale: rimane il problema della PA rispetto ai privati. Per questo proseguirò con lo sciopero della fame: c’è ancora molta strada da fare». Anche perché, prosegue, il rischio è che si venga a creare un paradosso: «I privati devono pagare i privati in massimo 60 giorni, poi magari si devono far pagare dalla PA in anni».

Ancora più cupo lo scenario disegnato ieri in aula dalla deputata Pd, Paola De Micheli: «Senza il pagamento della pubblica amministrazione alle imprese, mettiamo queste ultime in una crisi di liquidità permanente, che oltre a mettere in crisi la gestione ordinaria impedisce investimenti». Ma non solo. «Il pagamento – sostiene De Micheli – porterebbe anche una forte riduzione del debito bancario: non dimentichiamo che questi 90 miliardi sono tutti anticipati presso le banche, con un costo molto elevato per le imprese, per le banche stesse e, di fatto, con un effetto peggiorativo di credit crunch sulle imprese stesse». C’è però un altro dato a preoccupare la deputata democratica, un dato che finora nessuno sembra ancora aver considerato: «Oggi questi 90 miliardi di debito non esistono in contabilità. Vengono definiti “debiti commerciali”. Il rischio – spiega – è che vengano messi di imperio dall’Unione europea dentro al bilancio pubblico».

Intanto, come se già non bastasse lo stato di crisi, le aziende in credito verso lo Stato devono pagare le tasse su redditi che non hanno mai riscosso. «I privati devono pagare l’Iva su fatture che non sono mai state liquidate – rincara l’on. Beltrandi – Anche su questo fronte abbiamo proposto emendamenti per la cosiddetta “Iva per cassa”, da pagare solo quando si riscuote la fattura, ma non sono mai stati approvati». Oltre il danno, la beffa: lo Stato insolvente, che non paga nemmeno per ciò che acquista, esige dai suoi creditori la gabella sui redditi che non ha generato.
 
Giorgio Napolitano tallonato da un Giornalista tedesco sullo scandalo dei rimborsi spese di viaggio.:D

 
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