beh...che dire ?!
Io che sono rentier non ho votato Meloni...ma a questo punto...vista l'insistenza a furor di popolo...un ringraziamento a tutti quelli che l'hanno votata.
Meloni fa un altro favore a ricchi e rentier. E sbaglia per 3 motivi (di L. Bianco)
In manovra la norma che permette di far pagare di meno tasse sui guadagni di borsa: dal 26 al 14%. Alla faccia dei lavoratori dipendenti che pagano sempre le stesse aliquote. Tabellini (Bocconi): “La Melonomics è un problema per l’equità fiscale, le casse dello Stato e penalizza la modernizzazione dell’Italia”
09 Dicembre 2022 alle 19:55
Nella manovra Giorgia Meloni aggiunge sempre più premi per ricchi, rentier e autonomi a discapito di dipendenti e pensionati. Prima la flat tax per le partite Iva. Poi la rottamazione delle cartelle esattoriali di basso taglio. Infine la criptosanatoria e ora - ultima novità - lo sconto fiscale per i guadagni in Borsa. Le tasse, in quest’ultimo caso, verranno tagliate dal 26 al 14%, sostanzialmente quasi la metà. Una operazione vantaggiosa per gli investitori rentier, un po’ meno per le casse dello Stato, che sacrificano le entrate nel medio-lungo periodo a fronte di incassi immediati. Insomma, prevale la filosofia dei pochi, maledetti e subito. Sono infatti tre i motivi per cui la Melonomics, secondo l’ex rettore dell’Università Bocconi Guido Tabellini, sta andando nella direzione sbagliata: l’iniquità fiscale, perché avvantaggia solo alcune categorie mentre ne penalizza altre (i lavoratori dipendenti in primis); la miopia sui conti, perché fa sconti fiscali per incassare oggi ma riduce l’entrate dello Stato in termini assoluti sul lungo periodo; l’inefficienza per il sistema paese, “perché non puoi modernizzare l’Italia sussidiando fiscalmente le categorie meno dinamiche, cioè le partite Iva”.
Ma come funziona l’operazione che il governo ha deciso di piazzare in manovra, articoli 26 e 27 del disegno di legge, per fare cassa anche sulle rendite degli azionisti? Lo abbiamo chiesto al commercialista Carlo Alberto Micheli: “Se un risparmiatore investe 100 euro su azioni o Etf e vede aumentare il valore del titolo a 1000, sui 900 di plusvalenza dovrà pagare il 26% di tasse allo Stato, quando venderà. Il problema – per le casse dello Stato – è che spesso chi detiene questi titoli è un holder di lungo periodo. Li compra ora e li rivende tra 10-15 anni, tenendoli da parte”. Questo significa che le tasse saranno pagatee tra 10-15 anni e fino ad allora il fisco non vedrà un solo quattrino. Ma questo governo ha fretta di battere cassa e vuole raccogliere gettito anche dagli holder di lungo periodo.
“Il governo gli da la possibilità di rivalutare gli investimenti azionari fatti”. Prima si poteva fare sulle quote di società, sugli immobili, sulle non quotate o sui terreni edificabili. Ora, se la misura andrà in porto con l’approvazione della legge di bilancio, ci saranno tasse ridotte sia sulle plusvalenze azionarie che su quelle criptovalutarie, come abbiamo spiegato qui. Certo, il contribuente avrà comunque, come sempre, l’obbligo di presentare tutti gli elementi precisi. Quando ha comprato un titolo e a quanto. “In questo caso però lo Stato non ti obbliga a rivendere l’azione per avere l’agevolazione. No, il 14% si applica sulla rivalutazione. Se nel 2010 hai comprato il titolo a 100 e ora lo stesso è a 1000, puoi pagare il 14% sui 900 di plusvalenza. Poi quel titolo puoi anche rivenderlo più avanti, tra qualche anno, come era nei tuoi piani originali – spiega Micheli – e il 26% dovrai pagarlo solo sull’ulteriore plusvalenza fatta dopo la rivalutazione”.
E lo Stato cosa ci guadagna? “Entrano più soldi, qui e ora. Perché tantissimi risparmiatori avrebbero venduto e pagato le tasse chissà quando. In questo modo lo Stato fa cassa prima”. E non stiamo parlando di qualche spicciolo. L’impatto della misura può essere massiccio. Secondo l’Istat, in Italia ben 700 miliardi di euro sono investiti in fondi comuni. E 1.200 miliardi in polizze assicurative. Cioè esattamente lì dove la norma andrebbe a intervenire. Ovviamente questo non significa che tutti vorranno partecipare alla rivalutazione, anzi: “Spesso il risparmiatore mette i soldi su questi strumenti proprio per pagare tasse molto più in là. E quindi a loro va bene pagare comunque il 26% tra 10-15 anni”. Comunque, per chi pagherà il 14% già dal 2023, sarà una mossa doppiamente vantaggiosa per il governo: a livello economico ma anche elettorale: “Quelli sono soldi del ceto medio, dei risparmiatori, piccoli e grandi che siano”. Milioni di persone. Quindi di elettori. “Il vantaggio, ai loro occhi, c’è eccome: pagare il 14% significa pagare una tassazione che è un quarto di quella che si paga sui redditi da lavoro dipendente o autonomo”.
Un chiaro problema di equità fiscale, e non è la prima volta se pensiamo alla Melonomics, la politica economica e soprattutto fiscale di un governo che, in poco meno di due mesi in carica, procede spedito verso il taglio delle tasse per le partite Iva con la flat tax, una criptosanatoria e una tregua fiscale, con il cestinamento delle cartelle fino a 1000 euro: “Non c’è solo un problema di equità di trattamento tra redditi da capitale e redditi da lavoro dipendente” afferma ad HuffPost Guido Tabellini, economista ed ex rettore dell’Università Bocconi di Milano: “Le scelte dell’esecutivo in ambito fiscale sono decisamente miopi dato che, con la scusa di voler far cassa prima, privi lo Stato di entrate in termini assoluti più alte sul medio e lungo periodo”. Cioè la logica spiegata dal commercialista Micheli: sulle plusvalenze fino a oggi paghi il 14% e su quelle future torni al 26%. Ma intanto hai risparmiato dodici punti percentuali. Soldi che restano nelle tasche dell’investitore, ma non vanno in quelle dello Stato. “Su flat tax, cartelle esattoriali e rivalutazioni sulle plusvalenze si è detto molto dell’iniquità, ma il problema sta anche nell’efficienza di questo genere di provvedimenti” continua il prof. Tabellini: “L’esigenza del nostro paese è quella di modernizzare la propria economia, non c’è dubbio. Per farlo, però, la strada del sostegno fiscale alle partite Iva e autonomi non è quella giusta. Per innovare bisogna puntare su settori più dinamici e grandi imprese. I provvedimenti del governo Meloni, invece, penalizzano la modernizzazione italiana”.