I cambiamenti tecnologici e sociali trasformano il volto umano. Da luogo unico e irripetibile sulla cui diversità si fonda il riconoscimento reciproco, il volto comincia a tendere verso un’uniformità priva di tempo e di passione. Le facce si moltiplicano e si modificano nei nostri avatar, negli androidi, nella chirurgia estetica, nelle tante versioni ritoccate sia fisiche che digitali. Nel frattempo l’intelligenza artificiale sviluppa tecniche sempre più raffinate per il riconoscimento facciale e le piattaforme digitali traggono letteralmente profitto dalle nostre facce e dalle loro riproduzioni. Il volto reale, il volto digitale, il volto robotico e il volto intenzionalmente trasformato sono tutti profondamente influenzati dalla pulsione a cancellare l’idea del tempo e a eliminare il ricordo della morte. Ma il rischio è rinunciare proprio a ciò che, in fondo, la vita è: lo scorrere del tempo vissuto coscientemente.
Fotoritocco massiccio sui mass media, filtri di ogni tipo sui social network, digital humans quasi identici a noi nei videogame, influencers digitali che si comportano come quelli reali, androidi dai tratti sempre più dettagliatamente antropomorfi e potenziati da un’intelligenza artificiale sempre più raffinata, assistenti virtuali e avatar che interpretano il nostro comportamento: questi fenomeni hanno portato nella nostra vita un incontro quotidiano e costante con facce artificiali. Volti molto diversi tra loro, ma accomunati da una stessa caratteristica: fermare lo scorrere del tempo.
In una trasformazione di tale portata sono molti gli elementi che entrano in gioco:
- I canoni di bellezza contemporanei, fortemente segnati dal conformismo, che spingono verso l’omologazione dei tratti. Nel presente delle relazioni digitali per immagini, deviare da questi canoni comporta l’esclusione dai trends sociali, la solitudine, l’angoscia esistenziale. Una vera violenza verso le donne, in particolare verso le ragazze “costrette” ad adeguarsi al modello imperante.
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- La rimozione del ‘vecchio’, sia come concetto che come manifestazione concreta, all’interno delle nostre società e le conseguenti manipolazioni per far apparire un eterno presente irreale.
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- La spinta, molto umana, ad andare oltre i confini, a scoprire, a sperimentare e cambiare
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- L’antico sogno di creare dei nostri simili, capaci di emularci e forse di continuarci. Dar vita ad esseri dotati di intelligenza e un giorno capaci di coscienza ed emozioni.
A queste trasformazioni, a queste facce sintetiche, concorrono i social network, la videografica, la robotica, la chirurgia, il fotoritocco, l’intelligenza artificiale, il cinema, gli effetti digitali, insomma il sistema mediatico-tecnologico nel suo complesso. Non mondi futuribili quindi, ma vita quotidiana. E’ dunque importante condividere delle domande e una discussione pubblica sull’impatto e gli effetti di questi nuovi volti:
- Quale ricaduta ha sulle nostre vite la manipolazione del volto, non parte qualsiasi del corpo ma il ‘luogo’ stesso che ci rende unici, che fa di noi delle persone?
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- La scomparsa del volto ‘vecchio’ è davvero senza conseguenze per la collettività?
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- Cosa significano le presenze artificiali per le relazioni interpersonali e per la percezione di sé?
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- Cosa comporta l’esperienza perturbante dell’Uncanny Valley che, come provato dagli studi di robotica in Giappone, produce inquietudine in chi si trova di fronte a volti molto simili agli umani, ma che umani non sono?
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- Dove finisce la ricerca, la sperimentazione, la provocazione, ed inizia la perdita delle caratteristiche che ci rendono propriamente umani?
Non è in discussione la nostra libera scelta individuale dell’uso di strumenti e dispositivi, ma il fatto che esperienze così complesse avvengano senza una diffusa consapevolezza e una riflessione sociale condivisa. Non serve emettere giudizi ma capire dove tutto ciò ci sta conducendo.