... A proposito di Fininvest,Publitalia e Programma Italia (oggi Bca Mediolanum)...

ghekko1966

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...Benché Publitalia si riveli subito uno strumento fondamentale in termini di fatturato, i costi del network berlusconiano sono elevatissimi, tantopiù che - si è visto - lo spregiudicato neoeditore, ex palazzinaro di lusso, nella sua guerra alla Rai e nelle sue mire egemonico-monopolistiche non bada a spese. Nell'ottobre 1981, un flash d'agenzia informa: "Silvio Berlusconi ha perduto secchi quest’anno 60 miliardi, bruciati dalle sue megalomani imprese televisive". inoltre permane la crisi del mercato immobiliare, e un elevato costo del denaro porta a tassi bancari che superano il 20 per cento proprio mentre Berlusconi è ancora impegnato con le sue operazioni Milano 3, "ll Girasole" e Costa Turchese. Si dà il caso, perdipiù, che nel maggio 1981 scoppi lo scandalo P2, e che negli elenchi degli affiliati, oltre al nome di Berlusconi vi siano tra gli altri anche i nomi di numerosi banchieri, scoperchiata la Loggia massonica segreta, e sniascheratì i banchieri piduisti, per Berlusconi si impone l'esigenza di trovare anche nuove fonti di finanziamento.
I primissimi anni Ottanta vedono salire alla ribalta una schiera di spregiudicati finanzieri rampanti, armati dei loro truffaldini "titoli atipici": Vincenzo Cultrera (Istituto fiduciario lombardo), Orazio Bagnasco (Europrogramme) Luciano Sgarlata (Compagnia europea immobiliare), prendono a saccheggiare il mercato del risparmio con piratesche offerte di cosiddetti "titoli atipici", che alcuni anni dopo lasceranno sul lastrico decine di migliaia di improvvidi risparmiatori anche grazie alla totale mancanza di regolamentazione legislativa. E Berlusconi, che oltre a cercare denaro ha un debole per i settori privi di regolamentazione legislativa, nei primi mesi del 1982 compie il suo trionfale ingresso nel settore del cosiddetto "risparmio alternativo".
Il "finanziere" Berlusconi propone due prodotti atipici: certificati di investimento finanziario, e certificati immobiliari. Entrambe le operazioni hanno la forma di associazioni in partecipazione: l'investitore si associa a un'iniziativa economica, e quindi ne condivide guadagni e rischi in proporzione all'importo sottoscritto; se l'affare va male, può rimetterci fino all'intera somma versata.
I certificati immobiliari, emessi per 10 miliardi e 900 milioni di lire, riguardano il Centro commerciale di Milano 3. Non è dato sapere quanto ciò corrisponda al reale valore dell'immobile, poiché la stima è effettuata dalle stesse società berlusconiane interessate all'operazione. Quando il Centro commerciale verrà venduto ("presumibilmente tra 5 anni" assicurano all'epoca i venditori dei certificati), Berlusconi tratterrà il 14 per cento di utile netto sulla differenza tra i 10,9 miliardi e il prezzo di realizzo. Con la stasi del mercato e i prezzi calanti, la differenza potrebbe anche risultare negativa, nel qual caso i detentori di certificati non percepirebbero utili e anzi perderebbero parte di quanto hanno investito (ma il rischio verrà scongiurato, e tutti gli impegni verranno onorati).
I certificati finanziari, emessi per 30 miliardi di lire, costituiscono un prestito alla Saci, la società costruttrice del "Girasole" a Lacchiarella. L'operazione dura due anni durante i quali ai sottoscrittori vengono corrisposti gli interessi attivi pagati dalla Saci, dedotto l'1,5 per cento che trattiene Berlusconi. Al termine dei due anni, le somme sottoscritte vengono rimborsate con l'aggiunta di un terzo della variazione dell'indice del costo di costruzione dei fabbricati residenziali. A conti fatti, coloro che hanno acquistato i certificati realizzano meno del tasso d'inflazione - se così non fosse, quale vantaggio avrebbe Berlusconi nell'imbastire un'operazione di finanziamento onerosa come e più del normale credito bancario?
L'ingresso nel campo degli "atipici" avviene attraverso la holding di settore Fininvest Italia (un miliardo di capitale) cui fanno capo l'Assofin (dello zio di Berlusconi, Luigi Foscale), l'istifi, e la Fininvest fiduciaria; del collocamento dei certificati si occupa la società Programma Italia: tutte società del gruppo Fininvest, ciascuna delle quali preposta a rastrellare denaro per spese di amministrazione e commissioni, mentre l'acquirente dei certificati finanziari paga il 2 per cento per spese di collocamento, che salgono al 6 per cento per i certificati immobiliari.
Oltre a queste due operazioni, il gruppo berlusconiano inaugura anche la gestione fiduciaria dei patrimoni: investe e disinveste per conto di clienti terzi, riscuotendo una provvigione. Se ne occupa la Fininvest fiduciaria spa, costituita il 21 dicembre l98l dalla trasformazione della Fiduciaria S. Antonio (una società a responsabilità limitata che aveva 22 milioni di capitale e non avcva mai svolto alcuna attività); con la trastoimazione, il capitale sociale viene portato a 200 milioni di lire Nel suo primo anno di attività il 1982, la Fininvest fiduciaria compie operazioni di gestione pattirnoniale per 25 miliardi, e acquista 60 miliardi di titoli per conto di Programma Italia. L'utile circa i 76 milioni. viene impiegato nell’acquisto di due appartamenti e un box per 360 milioni per la differenza la società contrae un debito verso Programma Italia Nello stesso bilancio del 1982, vi è un'esposizione verso le banche di 33 miliardi di lire. Si tratta di un modus operandi esemplare della pratica berlusconiana: presa una 'scatola vuota", la trastorma in spa col minimo di capitale consentito (200 milioni), la pone al servizio del gruppo, e anche di clienti terzi, con un organico ridottissimo (tra impiegati e dirigenti. a fine '82); l'utile viene impiegato per rilevare qualcuno dei tanti appartamenti che Berlusconi non riesce a smaltire. Ma in questa incestuosa (girandola societana. quanto è davvero il denaro effettivo). I bilanci non dicono se e quanto la Fininvest fiduciaria abbia guadagnato con clienti estranei al gruppo: si parla genericamente di "terzi" comprendendovi anche le altre società di Berlusconi, e dunque tutto potrebbe anche essere un semplice giro contabile all'interno del gruppo; ma ciò sembra essere sufficiente soprattutto allo scopo di poter ottenere fidi bancari.

L'iniziativa "atipica" dell'improvvisato finanziere Berlusconi alla ricerca di "denaro fresco" comincia con l'offerta di sottoscrizione -condotta "porta a porta" - di quote della società Rete l0 srl. "Che sia un tentativo per rastrellare denaro "fresco crediamo che non ci voglia molto a capirlo. Ma che possa anche esscrc un modo per tentare di uscire da una situazione finanziaria che fonti americane davano già "pesante" mesi or sono, non e ipotesi da scartare a priori"
L'operazione è così congegnata. Dopo avcr acquistato la rete televisiva Italia 1 dall'editore Edilio Rusconi per circa 30 miliardi di lire, Berlusconi fonda Rete 10 in società con Indro Montanelli (direttore del "Giornale nuovo" di cui l’editore piduista è proprietario al 37,5 per cento); dopodiche il disinvolto neo-finanziere stabilisce che con l'acquisizione di Italia 1 la società Rete 10 vale 100 miliardi, e dunque "mette in vcndit i porta a porta" queste poche cose per la modica cifra di 100 miliai di, cioè tre volte tanto la cifra spesa per comprare l'intero pacchetto da Rusconi" 6 Nel prospetto dell'operazione che il 27 aprile l983 Berlusconi invia alla Consob (la Commissione nazionale per le società e la Borsa) si afferma soltanto che Rete 10 offrirà in sottoscrizione quote per 48 miliardi e 900 milioni di lire - senza indicare né quale sia il patrimonio netto della società, nè quali siano i suoi programmi d'investimento; le "garanzie" foinite li sottoscrittori consistono nel ricordare che per le Tv di Berlusconi lavorano Lory Del Santo e Edwige Fenech... "Altra grossa gàrànzià di serietà", è scritto in un opuscolo illustrativo, "è data dalla prcsidcnza di Rete 10 affidata a Indro Montane Ili, il quale è stimato di tutti gli italiani".
Nei circoli finanziari l'operazione berlusconiana suscita ilarità: gli operatori dì Borsa dicono trattarsi dell operazione più sganghe-rata e assurda mai vista. Ma intanto 300 venditori, pomposamente definiti "consulenti finanziari", bussano alle porte del ceto medio-alto e piazzano quote di Rete 10 srì a partire da un minimo di 10 milioni di lire. Secondo '~Ia Repubblica" del 21 giugno 1983, sembra che i piazzisti berlusconiani arrivino a proporre "l'affare" perfino alle mondane di Pordenone, sollecitandole a investire i loro risparmi in Reie 10...
La rete di vendita fa capo a Programma Italia srl, società nata il 4 febbraio 1982, e formata da Fininvest Italia e dalla Sipa (Società investimenti e partecipazioni azionarie spa), le quali vi conferiscono rispettivamente 19 e 1 milione di lire (in seguito, il capitale sociale verrà portato a 200 milioni); Berlusconi vi assocerà al 50 per cento Ennio Doris (già capo dei venditori della Cofina), il quale si porterà appresso i propri collaboratori un ulteriore gruppo di collocatori di titoli arriverà al seguito di Mano Campisi (ex Unifiduciaria).
Lo spericolato collocamento ha successo, nonostante taluni aspetti rimangano irrisolti, a cominciare dai certificati rappresentativi delle quote sottoscritte' i venditori li chiamano "certificati azionari", ma si tratta di un titolo fantasioso e sconosciuto al Codice civile. Un ulteriore aspetto sconcertante è il fatto che Rete 10 sia una "srl" e non una "spa"; una circolare interna suggerisce ai venditori di fornire all'occorrenza la seguente spiegazione: non c'è tempo per aspettare che il Comitato interministeriale per il credito si riunisca per deliberarne l'approvazione; in realtà, come "srl", Rete 10 evita qualsiasi controllo ministeriale .
Il collocamento delle quote di Rete 10 avviene tra molte polemiche. Berlusconi annuncia querele a carico di "Panorama" e "la Repubblica", mentre "Il Giornale nuovo" provvede solerte alla difesa d'ufficio: "La Fininvest decise di associare all'impresa risparmiatori privati per 48 miliardi e nel giro di pochi mesi raccolse la cifra Dei restanti 52 miliardi di capitale, 48 fanno capo alla Finìnvest e 4 al nostro giornale. [...] Il mercato aveva offerto alla Fininvest l'opportunità di acquistare da Rusconi le attività televisive. L'operazione, nel complesso, è costata alla Fininvest circa 80 miliardi (ai 30 pagati a Rusconi si aggiungono gli impegni per l'acquisto di programmi e attrezzature che Italia I aveva già assunto e che la nuova gestione doveva rispettare)".
Al di là degli artifici contabili, un dato è certo: i sottoscrittori pagano a Programma Italia la provvigione per il collocamento delle quote; poi pagano (s'intende, indirettamente) a Publitalia spa (controllata interamente dalla Fininvest) le provvigioni sugli introiti pubblicitari di Italia 1; quindi pagano a Video Time (altra società di Berlusconi) i diritti sui programmi e infine pagano a Elettronica industriale spa (società nella quale Berlusconi è al 50 per cento con Adriano Galliani) la manutenzione dei ripetitori di Rete 10-Italia 1...

Nel novembre 1982, Programma Italia ritira precipitosamente I certificati immobiliari emessi sullo stabile di via Vittor Pisani 19, a Milano, di proprietà della Bica. L'operazione era cominciata il l° luglio con l'emissione di certificati immobiliari per 22 miliardi di lire, pari - secondo Berlusconi - al 25 per cento del valore dello stabile (mentre si è visto come per l'intero complesso dei terreni e degli immobili della Bica fossero stati pagati in tutto 61 miliardi); a novembre, quando già erano stati collocati certificati per 2 miliardi di lire (ma un'altra fonte sostiene fossero 5), Programma Italia li ritira pagando in più 192 mila lire per ogni milione nominale rimborsato: 19,2 per cento di interessi in pochi mesi! Tanta precipitosa "generosità" appare inspiegabile, e fioriscono le più strane congetture. La verità è semplice: lo stabile era gravato da innumerevoli ipoteche, perfino di secondo e terzo grado a favore dell'Istituto Italiano di Credito Fondiario di Roma: tra il 27 novembre 1981 e il 6 settembre 1982, gli immobili della Bica erano stati ipotecati per 60 4 miliardi di lire al tasso d'interesse del 22,5 per cento annuo a scadenza 13-15 anni. (Il 7 giugno 1985 si aggiungeranno altre ipoteche per 10,8 miliardi.).
Questo significativo "incidente", che avrebbe potuto avere gravi conseguenze, frena le operazioni in titoli atipici di Berlusconi. Del resto, il ministero del Tesoro sta predispondendo nuove norme sugli "atipici" (la ritenuta d'imposta sarà portata al 25 per cento, e saranno introdotte misure più severe), norme che quando confluiranno in un decreto legge qualcuno interpreterà come un "alt" a Berlusconi.

Il gruppo Berlusconi si espande allora nel campo della normale intermediazione finanziaria. Nel 1983 offre in sottoscrizione diverse tranches di obbligazioni a 5 anni in favore della Sies (editoria), di Reteitalia (sfruttamento diritti televisivi), della Cantieri riuniti milanesi (edilizia) e della Italcantieri (costruzione e realizzazione dei progetti edilizi Fininvest). Nonostante gli ingenti introiti pubblicitari che Berlusconi sostiene di ricavare dalle sue televisioni, il gruppo è costretto a cercare denaro con le obbligazioni, in particolare per Milano 3: infatti, la costruzione della "città satellite" è in grave ritardo rispetto al previsto, e procede a rilento - è stata edificata appena al 30 per cento, e il completamento èrinviato a dopo il 1988.
Ma anche nel settore televisivo si registrano difficoltà. Che bisogno avrebbe Reteitalia di rastrellare qualche miliardo con le obbligazioni, se davvero disponesse degli utili che denuncia? Il fatto è che tali utili derivano esclusivamente o quasi dal noleggio di programmi e dalla cessione di diritti a società del gruppo, e spostare il denaro da una tasca all'altra della medesima giacca non lo fa certo aumentare... Del resto sul gruppo gravano le perdite di Telemilano (926 milioni nel 1978, e quasi altrettanti nel 1979) e quelle di Reteitalia (che le fonti di Berlusconi affermano essere «contenute nel 1980 e premessa per il raggiungimento del pareggio nel 1981»).
Il collocamento delle citate obbligazioni rende a Programma Italia il 3,5 per cento di commissione. La società, alla fine del 1983, annovera circa 390 venditori a percentuale (ma sostiene di averne oltre 600), e vende ormai 28 diversi prodotti finanziari - dalle polizze assicurative alla multiproprietà; chiude il 1983 con 60 miliardi in gestione fiduciaria, 9,5 miliardi di obbligazioni, 2,5 miliardi di assicurazioni, e 100 miliardi di certificati immobiliari e finanziari. Nonostante tutto, gli "atipici" sono ancora prevalenti. Nel 1984, la Fininvest emette un prestito obbligazionario di 50 miliardi dì lire a 5 anni, e la Video Time finanziaria ne colloca un altro per 49 miliardi. Il gruppo contrae anche un debito all'estero, verso la Barclays Bank, per 10 miliardi di lire a 18 mesi. Infine, il gruppo vara nel 1985 due fondi di investimento mobiliare denominati Risparmio Italia, uno bilanciato e l'altro obbligazionario.
Con questo supermercato dei titoli, Berlusconi crea un polmone finanziario che gli consente di avere liquidità. Ma ciò non è sufficiente a coprire le necessità del gruppo, e le società berlusconiane sono costrette a indebitarsi pesantemente. Ad esempio, la Cantieri riuniti milanesi nel solo 1982 concede ipoteche per 92 miliardi di mutui, mentre alla Saci non bastano i miliardi raccolti con i certificati collocati da Programma Italia, e si indebita sia con le banche sia con le altre società del gruppo.
Le informazioni che nei primi anni Ottanta si evincono dai bilanci delle decine di società berlusconiane controllate e collegate, tra Milano e Roma, sono scarse e lacunose. Le varie società risultano essere al tempo stesso debitrici e creditrici l'una dell'altra, a più giri. In questo balletto di miliardi è pressoché impossibile stabilire quanto denaro vi sia realmente...
 
Re: ... A proposito di Fininvest,Publitalia e Programma Italia (oggi Bca Mediolanum)...

Scritto da ghekko1966
...Benché Publitalia si riveli subito uno strumento fondamentale

E quindi ?


:p :p :p
 
Re: Re: ... A proposito di Fininvest,Publitalia e Programma Italia (oggi Bca Mediolanum)...

Scritto da jambo1
Scritto da ghekko1966
...Benché Publitalia si riveli subito uno strumento fondamentale

E quindi ?


:p :p :p

morale:
chi non risica non rosica!!
 
Re: Re: Re: ... A proposito di Fininvest,Publitalia e Programma Italia (oggi Bca Mediolanum)...

Scritto da acida
morale:
chi non risica non rosica!!

A me non sembra in questa ottica.
Mi sembra molto ben schierato ma dai tempi di " venditori di aria fritta " è passata molta acqua sotto i ponti evidentemente non per tutti.

Che tristezza.

:p :p :p
 
Re: Re: Re: Re: ... A proposito di Fininvest,Publitalia e Programma Italia (oggi Bca Mediolanum)...

Scritto da jambo1
....
Mi sembra molto ben schierato ma dai tempi di " venditori di aria fritta " è passata molta acqua sotto i ponti evidentemente non per tutti....

Una prima risposta te la offre Alan Friedman:

"I promotori finanziari, come tutte le categorie
di persone che per lavoro hanno a che fare con i
soldi dei risparmiatori, non stanno vivendo un
periodo di grande popolarità.
E' vero che l'80% degli investimenti degli italiani
passa dagli sportelli bancari (i maggiori accusati
per i disastri degli ultimi anni), ma l'esercito
dei promotori finanziari raccoglie comunque milioni
di clienti, e al sistema bancario è legato a
filo doppio.
Se ne parlo oggi è perchè negli ultimi tempi il
mondo delle reti di vendita è oggetto di un
dibattito che agli occhi di un risparmiatore può
sembrare surreale: è giusto pagare al promotore
qualcosa in più perchè, oltre a venderci i
prodotti della banca o della SGR che lo paga,
ci dia un servizio di consulenza?
La domanda è surreale perchè, a rigor di logica,
il servizio dovrebbe essere garantito anche adesso.
Se infatti stiamo alle dichiarazioni dei gestori,
scopriamo che i costi (spesso molto alti) del
risparmio gestito italiano servono per il 90% a
remunerare non il lavoro di chi materialmente
sceglie di investire i soldi dei clienti, ma
della struttura che vende i prodotti.
Dire che i promotori, come la legge consente loro,
potrebbero aggiungere (con un costo extra per il
cliente) anche un servizio di consulenza indipendente
dall'attività di vendita significa in qualche
modo ammettere che oggi il conflitto di interessi
o l'incapacità non lo consentono.
Non voglio fare di tutta l'erba un fascio. Come in
tutte le categorie di lavoratori ci sono promotori
bravi e promotori incompetenti, e credo che non
sia difficile capire la differenza. Ma trovo un po'
imbarazzante l'ammissione che per far diventare
consulenti i promotori bisogna 'formarli'. Un
cliente (e ce ne sono tanti) che ha pagato
commissioni salate per investire i suoi soldi
potrebbe non prenderla troppo bene.
Insomma: in questa fase di tutto si può discutere
tranne che di immaginare un costo ulteriore a
carico dei risparmiatori.
Se il promotore deve avere due giacche, non mi
sembra giusto immaginare che sia il risparmiatore
a doverle pagare entrambe.
ALAN FRIEDMAN".

La seconda risposta è contenuta in un passaggio della relazione che il Presidente della Consob, prof. Spaventa, ha presentato oggi a Milano e che avrò cura di riportarla appena disponibile.

Saluti.
 
Re: Re: Re: Re: Re: ... A proposito di Fininvest,Publitalia e Programma Italia (oggi Bca Mediolanum)

Scritto da ghekko1966
Scritto da jambo1
....
Mi sembra molto ben schierato ma dai tempi di " venditori di aria fritta " è passata molta acqua sotto i ponti evidentemente non per tutti....

Una prima risposta te la offre Alan Friedman:


Assomiglia molto ad un articolo apparso sul mensile investire dal titolo " Promotori in cortocircuito" scritto dal segretario generale di Federpromm.
Ebbi modo di scambiare con questo rispettoso signore delle mail dalle arrivammo ad una conclusione univoca e cioè che ad essere in cortocircuito erano e sono le Banche e le Sim e i Pf sono spesso chiamati a difendere i loro clienti da prodotti con medie esotiche, doppie commissioni di gestione o balzelli nascosti agli occhi dei risparmiatori.
Per quanto concerne il fatto di essere pagati da Banche e Sim credo che il Sig. Friedman non conosca l'attività di Pf perchè l'unica persona che paga è sempre e solo il cliente.
Pertanto in un mercato come il nostro l'unico vero ago della bilancia è e rimane il Pf con il suo comportamento e nessun altro come ben sà anche Victor Uckmar che in una intervista edita su "M" allegato a MF del 18/01/2003 disse " Lui mi sottopone tutte le carte, ma io gli ordini glieli firmo in bianco".
Secondo me un eccesso di fiducia ma certo a commetterlo non è un risparmiatore sprovveduto.

Felice di leggerla.

Saluti




:p :p :p
 
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