Stanno rotolando verso brutti lidi....Sto pensando a Nicola ed altri e tantissimi tedeschi con i cartacei.
Argentina: il crollo del peso non si ferma, chiede aiuto al Fmi
Argentina: il crollo del peso non si ferma, chiede aiuto al Fmi
MILANO - In Argentina, hanno provato a fare da soli. Governo e Banca centrale hanno avvertito il mercato di essere pronti ad alzare tutti i muri possibili per fermare la perdita di valore del peso. Ma nonostante gli sforzi fatti, si sono dovuti arrendere e sono stati costretti a chiedere aiuto. Finanziario, ovviamente: dalla Casa Rosada, il presidente Mauricio Macri ha chiamato in causa il Fondo monetario internazionale, con il quale sono partite subito le trattative per un prestito di 30 miliardi di dollari. La presidentessa dell'Fmi,
Christine Lagarde ha detto che il tutto potrebbe chiudersi "molto rapidamente". Giusto per spiegare come le cose siano messe male nel paese sudamericano.
Del resto, non c'erano altre soluzioni. Dopo gli oltre 5 miliardi spesi e prelevati dalle riserve nazionali e il costo del denaro portato al
40 per cento Mihhh, le autorità argentine hanno dovuto chiedere aiuto alla comunità internazionale. Tutto perché la speculazione contro il peso non accenna a fermarsi: da lunedì, il peso ha perso un altro 5 per cento sul dollaro, con un calo che supera il 20 per cento da inizio anno. Con l'inflazione che galoppa e il ceto medio dei salariati che comincia a soffrire per il costo della vita salito del 30 per cento dal gennaio scorso, a nulla sono serviti gli avvertimenti lanciati venerdi scorso dal presidente
Macri: "Dimostreremo la nostra potenza di fuoco".
Che puia....
Polveri bagnate verrebbe da dire, visto che alla riapertura dei mercati, già lunedì il calo della moneta locale è apparsa subito inarrestabile. Ci sono motivazioni politiche e tecniche per capire come mai la speculazione abbia gioco facile. Innanzi tutto, il mercato dei cambi in Argentina è molto "sottile". Non vale più di 100 milioni di dollari, il che significa che basta veramente poco per provocare scostamenti anche importanti. Poi, c'è la spiegazione politica:
i mercati non credono più alle promesse di Macri: per quanto di estrazione liberale e nonostante le prime riforme economiche varate, la recente introduzione di una tassa del 5 per cento sulle rendite finanziarie ha provocato un'ondata di reazioni negative. Infine, non aiuta la siccità che sta colpendo le coltivazioni di mais e soia: assieme alla carne bovina sono i principali prodotti legati all'export. Di conseguenza, sta soffrendo anche la bilancia dei pagamenti con un minor afflusso di valuta pregiata nel paese. A tutto questo, fanno osservare gli esperti di Sudamerica, bisogna aggiungere
la tradizionale sfiducia degli argentini nei confronti del loro paese: alla prima difficoltà economica, cambiano i risparmi in pesos in dollari e li mettono, letteralmente, sotto il materasso. Non fidandosi nemmeno delle banche.
Non si può dar loro torto: quanto sta accadendo appare come un film già visto e che
riporta la memoria alla crisi del debito pubblico e ai tango bond, quando i buoni del tesoro di Buenos Aires divennero carta straccia per migliaia di risparmiatori in tutti il mondo. L'attuale rischia di essere l'ennesima crisi che sta attraversando un paese che -
negli anni Cinquanta - era tra i più ricchi del mondo e meta di immigrazione degli stati più poveri dell'Europa appena uscita dalla guerra. La linea di credito per la quale è stata aperta la trattativa con il Fmi sarà di tipo flessibile: verrà usata nel momento in cui se ne vedrà la necessità (come hanno fatto in questi ultimi anni anche Colonbia e Messico). Tutto dipenderà, ovviamente, da come si muoveranno i mercati nei prossimi giorni: i dollari in arrivo da Washington sono altre munizioni contro la speculazione. Bisognerà vedere se il muro questa volta funzionerà.