Asger Jorn

Stefano Perrini

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Ciao a tutti. Ho avuto modo di visitare la retrospettiva che l’IVAM di Valencia dedica fino al 18 giugno al grande artista danese Asger Jorn (qui il link).
Nato nel 1914, Jorn è stato senza dubbio il più grande pittore danese della sua generazione e, insieme ai molto più giovani Per Kirkeby (classe 1938) e Olafur Eliasson (classe 1967), tra i maggiori artisti danesi di tutto il XX secolo.

Penso che l’artista meriti una discussione dedicata, ma non c’è bisogno che riporti qui dati biografici o esposizioni, visto che sono informazioni facilmente reperibili. Dato che non tutti sono abbonati ad artprice, ricordo, invece, che il record dell’artista sul mercato secondario resiste da oltre vent’anni, quando nel 2002 da Christie’s un quadro due metri per tre ha superato i due milioni di euro. Dietro quel risultato, tutte le altre opere si sono attestate ben al di sotto del milione. Il risultato recente più eclatante è stato a dicembre, quando un’opera 100x80 cm ha avvicinato i 300k euro. Passano comunque ancora in asta diversi pezzi unici a prezzi umani.

Secondo Artfacts, Jorn è presente in ben 51 collezioni museali in tutto il mondo, compresi MoMA e Solomon Guggenheim di New York (per dare un riferimento di un artista della stessa generazione, che non vuole ovviamente essere un confronto, Burri è presente in 27 collezioni, comprese le due citate).

Nel seguito vi propongo alcune opere presenti nella mostra valenciana. È solo una piccola parte, anche perché trovano spazio nell’esposizione molte grafiche, disegni, pubblicazioni, perfino un cartone animato, nonché il documentario su Jorn realizzato nel 1977 da Per Kirkeby.
 
Animali animati, 1944-‘46
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Christian Christensen, 1933
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Congregazione, 1943
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Il divoratore di fiori, 1939
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La collina, 1939
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Paesaggio a Finkidong, 1945
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Senza titolo, 1946
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Tolitikuja, 1945
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L’arca di Noè, 1944
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Senza titolo, 1940
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Senza titolo, 1945
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Djerba, 1947
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Sogno d’una notte di mezza estate, 1953
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Gruppo di opere 1952-‘53
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Gruppo di opere 1951-‘63
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Folla folle, 1960
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L’abominevole uomo delle nevi, 1959
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Comunità di gioia, 1960
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L’usignolo mostruoso/amoroso, 1960
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Attenzione, pericolo, 1967
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Il mio castello in Spagna, 1954
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I pensieri sono liberi, 1972
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Appassionata, 1962
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Un Gruppo Cobra, 1964
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La doppia faccia, 1960
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La situazione di una figura centrale, 1966-‘68
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La schiuma di una nuova onda, 1963-‘70
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Sono sicuro che nel forum ci siano estimatori e collezionisti di Jorn e spero che abbiano voglia di arricchire questa discussione con i loro contributi. Io mi fermo. Buona notte a tutti.
 
Ecco: dopo diversi anni di silenzio, di cui probabilmente nessuno ha patito, il richiamo a Asger Jorn mi fa tornare la voglia di condividere qualche riflessione. Tra gli artisti del secondo dopoguerra è tra quelli che più mi ha stimolato, non tanto e non solo per le sue opere ma piuttosto per il senso generale della visione dell'arte e della società nel suo insieme. Dopo le prime esperienze con il gruppo Co.Br.A., presto abbandonato, e con il M.I.B.I., ha poi dato un contributo decisivo all'Internazionale Situazionista, tanto da essere definito da Debord "l'eretico permanente di un movimento che non può ammettere ortodossia". Penso che una discussione sulla sua figura possa apportare molti spunti interessanti, non tanto per le sue performances economiche (anche se penso che abbia ancora un ampio margine di valutazione e dedicando tempo ed energie si possono ancora reperire opere importanti e di buon livello a costi accessibili) ma appunto per le sue posizioni critiche e per le riflessioni sviluppate nel tempo. Mi permetto di suggerire a chi fosse interessato di prestare molta attenzione al lavoro di interpreti, recensori e compendiatori di varia matrice: Jorn, Debord e in genere tutta l'esperienza sviluppata dai movimenti a cui hanno contribuito sono molto spesso citati a sproposito, travisati, a volte addirittura del tutto incompresi se non manipolati. Spesso in passato personalità di secondo e terzo piano, che si sono trovate quasi per caso a partecipare a qualche riunione o a essere coinvolti in qualche iniziativa, e che si sono subito distaccati o sono stati allontanati, quando hanno colto nell'aria una rinnovata attenzione per l'argomento si sono indaffarati non poco a dire la loro, quasi che fosse una sorta di testimonianza diretta o "interpretazione autentica", e finendo con l'avallare clamorose cantonate o grossolane sviste interpretative. Anche se non è semplicissimo, suggerisco di partire dai loro stessi scritti (se ne trovano di assai interessanti nei vari numeri della rivista "Internazionale Situazionista" e in alcune pubblicazioni uscite in Francia e in Italia, come ad esempio La comunità prodiga, pubblicata nel 2000 dalla editrice Zona, che raccoglie la traduzione di vari testi di Jorn e due scritti di Debord su di lui). Un altro suggerimento per chi fosse interessato è di andare a visitare la casa che Jorn ha realizzato sulle colline di Albissola e in cui ha abitato per lungo tempo. Purtroppo ultimamente mi pare di capire che la promozione di iniziative interessanti e raccolta di opere e materiali sono decisamente rallentate, ma lo spazio e la sua trasformazione secondo le idee e le visioni dell'artista danese sono già di per sé una testimonianza importante.
 
Ecco: dopo diversi anni di silenzio, di cui probabilmente nessuno ha patito, il richiamo a Asger Jorn mi fa tornare la voglia di condividere qualche riflessione. Tra gli artisti del secondo dopoguerra è tra quelli che più mi ha stimolato, non tanto e non solo per le sue opere ma piuttosto per il senso generale della visione dell'arte e della società nel suo insieme. Dopo le prime esperienze con il gruppo Co.Br.A., presto abbandonato, e con il M.I.B.I., ha poi dato un contributo decisivo all'Internazionale Situazionista, tanto da essere definito da Debord "l'eretico permanente di un movimento che non può ammettere ortodossia". Penso che una discussione sulla sua figura possa apportare molti spunti interessanti, non tanto per le sue performances economiche (anche se penso che abbia ancora un ampio margine di valutazione e dedicando tempo ed energie si possono ancora reperire opere importanti e di buon livello a costi accessibili) ma appunto per le sue posizioni critiche e per le riflessioni sviluppate nel tempo. Mi permetto di suggerire a chi fosse interessato di prestare molta attenzione al lavoro di interpreti, recensori e compendiatori di varia matrice: Jorn, Debord e in genere tutta l'esperienza sviluppata dai movimenti a cui hanno contribuito sono molto spesso citati a sproposito, travisati, a volte addirittura del tutto incompresi se non manipolati. Spesso in passato personalità di secondo e terzo piano, che si sono trovate quasi per caso a partecipare a qualche riunione o a essere coinvolti in qualche iniziativa, e che si sono subito distaccati o sono stati allontanati, quando hanno colto nell'aria una rinnovata attenzione per l'argomento si sono indaffarati non poco a dire la loro, quasi che fosse una sorta di testimonianza diretta o "interpretazione autentica", e finendo con l'avallare clamorose cantonate o grossolane sviste interpretative. Anche se non è semplicissimo, suggerisco di partire dai loro stessi scritti (se ne trovano di assai interessanti nei vari numeri della rivista "Internazionale Situazionista" e in alcune pubblicazioni uscite in Francia e in Italia, come ad esempio La comunità prodiga, pubblicata nel 2000 dalla editrice Zona, che raccoglie la traduzione di vari testi di Jorn e due scritti di Debord su di lui). Un altro suggerimento per chi fosse interessato è di andare a visitare la casa che Jorn ha realizzato sulle colline di Albissola e in cui ha abitato per lungo tempo. Purtroppo ultimamente mi pare di capire che la promozione di iniziative interessanti e raccolta di opere e materiali sono decisamente rallentate, ma lo spazio e la sua trasformazione secondo le idee e le visioni dell'artista danese sono già di per sé una testimonianza importante.
Ti ringrazio per il bellissimo intervento. Riguardo agli ottimi suggerimenti: ho visto che purtroppo su amazon il libro non è disponibile (per via della mia residenza, io non ho molti altri modi per procurarmi i libri, lo cercherò appena potrò visitare fisicamente qualche libreria); è da diverso tempo che mi piacerebbe visitare la casa di Jorn ad Albissola e la voglia è accresciuta vedendo come quel luogo sia protagonista di gran parte del documentario realizzato da Per Kirkeby.

Grazie ancora, Cravan; mi sembra che tu abbia tanto da dire e spero che continuerai a voler condividere qualcosa.
 
Ho visitato due anni orsono il museo a lui dedicato in Danimarca. Un piccolo ma moderno museo con tante belle opere.
 
L’intervento di Cravan e la bella foto postata da mmt mi hanno fatto venire voglia di proseguire la discussione con alcuni approfondimenti. Non ho letto le fonti dirette, ma mi baso su libri di storia dell’arte, principalmente “Art since 1900” di Hal Foster, Rosalind Krauss, Yve-Alain Bois, Benjamin Buchloh, David Joselit e “Naissance de l’art contemporain” di Béatrice Joyeux-Prunel. Invito chi, come Cravan, ha letto le fonti primarie ad integrare e, eventualmente, correggere. Grazie!

La nascita di un gruppo surrealista danese viene datata al 1935, ad opera dei pittori Vilhelm Bjerke Petersen e Wilhelm Freddie, all’interno della rivista Linien ("La linea"), che, con una prospettiva più ampia, era stata fondata l’anno prima da Petersen con gli artisti Ejler Bille e Richard Mortensen. Nel 1935 a Copenhagen viene organizzata una mostra internazionale, Cubismo-Surrealismo, che crea una connessione tra gli artisti danesi e alcuni dei più importanti nomi dell’avanguardia europea. Colpito in particolare da Kandinsky, Jorn si reca a Parigi con l’intenzione di diventare un suo allievo, ma finisce col frequentare la scuola di Fernand Léger, per poi lavorare con Le Corbusier, e infine tornare in Danimarca nell’estate del 1937. Fin da subito, Jorn si batte per liberare il surrealismo danese dall’impronta parigina, verso un’astrazione sperimentale, più materiale e meno introversa rispetto a quanto scoperto con l’automatismo. L’attività prosegue anche in tempo di guerra e durante l’occupazione nazista, quando Jorn fonda il gruppo Helhesten (leggendario cavallo a tre zampe della dea degli inferi che gira per cimiteri, secondo il folklore nordico) insieme a, tra gli altri, Ejler Bille, Henry Heerup, Egill Jacobsen, Carl-Henning Pedersen e all’architetto Robert Dahlmann Olsen. La rivista omonima viene pubblicata per dodici numeri, tra il 1941 e il 1944. Tra le istanze del gruppo sono presenti la fascinazione per l’arte tribale, per i disegni infantili e per la produzione artistica dei malati di mente (che i nazisti avevano pochi anni prima marchiato come “arte degenerata”), che sono, tutto sommato, elementi in comune anche con altre avanguardie europee. L’elemento più originale e distintivo è l’interesse per il folklore e le tradizioni nordiche, per i monumenti vichinghi e gli affreschi medievali, fino alla storia dei Vandali. È un primitivismo diverso da quello, appunto, parigino, “alla Dubuffet”, dove il primitivo è qualcosa di estraneo alla storia e allo sviluppo culturale, mentre qui è un recupero di radici collettive comuni. In un numero della rivista uscito nel 1941, Jorn proclama “il valore artistico della banalità”: “Vorrei cercare di sfruttare quelle cose da poco che nutrono l’arte”.

In una “prossima puntata” il cammino verso CoBrA.
 
2. Verso CoBrA: la crisi del Surrealismo

La storica dell'arte Béatrice Joyeux-Prunel dedica un intero, lungo capitolo del suo libro a ciò che chiama: “Ritorno, crisi e morte del surrealismo internazionale”. È difficile sintetizzare una serie di eventi molto complessi, oltretutto rischiando di seguire uno dei mille rivoli e finire OT (qui si vorrebbe parlare di Jorn). Provo a riassumere per sommi capi la situazione.
All’uscita dalla guerra, il Surrealismo è in uno stato pietoso. Nel 1945 è uscito, poi tradotto in molte lingue, “Storia del surrealismo”, scritto da Maurice Nadeau, un libro che pone nel passato, come qualcosa di storicizzato e superato, il movimento. Il padre del Surrealismo, Breton, è rimasto cinque anni lontano dalla Francia, nel momento più difficile per il paese, e l’opinione pubblica non dimentica facilmente; in più, le posizioni trotskiste da lui assunte nel frattempo sono largamente minoritarie a Parigi. È isolato, perché anche molte altre fra le migliori teste del movimento sono in esilio (Ernst, Matta, Tanguy e Masson però decidono, a differenza di Breton, di rimanere negli Stati Uniti) e nello spazio lasciato vuoto si è inserita una nuova generazione di artisti e intellettuali che è rimasta in Europa a resistere durante l’Occupazione. Personalità come Noël Arnaud, Jean-François Chabrun e Christian Dotremont anagraficamente potrebbero essere tutti figli di Breton. La prima mostra surrealista dopo la guerra viene organizzata da Magritte a Bruxelles nel dicembre del 1945 e i surrealisti belgi aderiscono al comunismo.
Al suo ritorno in Francia, Breton sente l’esigenza di farsi sentire: in un discorso pubblico del 1946, prende le distanze tanto dall’esistenzialismo quanto dal comunismo, cercando di dimostrare che l’adesione incondizionata di Magritte a questa ideologia non è conveniente.

Al grido di: “Un nuovo mito!”, nel 1947 Breton organizza a Parigi con Duchamp la mostra “Il Surrealismo nel 1947”: 200 lavori di oltre 100 artisti da 25 paesi che dovrebbero rappresentare il grande ritorno dei surrealisti, e magari nascondere il fatto che l’età media dei partecipanti è molto alta e che quel tipo di arte sta già entrando nelle collezioni del Museo Nazionale d’Arte Moderna, al Palais de Tokyo. Salto alcuni passaggi, ma dopo questa mostra internazionale gli attacchi a Breton si moltiplicano: è accusato di voler fondare una religione e gli vengono addebitate pratiche settarie e il suo gusto per l’occulto. E qua posso finalmente reintrodurre Jorn, estremamente deluso dalla mostra del ’47. L’artista danese partecipa ad una vera e propria secessione internazionale: si vuole, infatti, un internazionalismo vero e non quello snob di Parigi palesato nella mostra. Jorn si scaglia contro il surrealismo parigino, richiedendo di “rivedere tutte le fondamenta autentiche e di scoprire nuovi metodi di lavoro”, in ciò sottintendendo l’insufficienza dell’automatismo. Viene organizzata una Conferenza internazionale del surrealismo rivoluzionario, dal 29 al 31 ottobre del 1947 a Bruxelles. Tra gli altri, vi partecipano Jorn come rappresentante del gruppo danese e artisti del gruppo ceco Ra (Zdeněk Lorenc e Josef Istler). Viene creato un Bureau International du surréalisme révolutionnaire e pubblicata una rivista, Le Surréalisme révolutionnaire. La rivista prende posizione contro Breton, contro l’astrazione e contro il realismo socialista. Si afferma, su proposta di Jorn, l’esigenza di portare la “sperimentazione” in arte. Questo gruppo surrealista rivoluzionario dura poco e si scioglie nel 1948, ma rimane un’occasione d’incontro per dei gruppi che si erano rifiutati di venire marginalizzati sulla scena dell’avanguardia europea e corrisponde inoltre, secondo Joyeux-Prunel, al parricidio rituale di Breton.
 
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3. CoBrA

CoBrA nasce in questo clima, cercando di conciliare due tensioni apparentemente opposte, ma evidenti anche in Jorn, costituite da una propensione internazionale, ma anche da un forte legame con la terra d’origine. Nel novembre del 1948, sfiniti per “la teoria sterile e dogmatica” e i dissidi emersi durante la Conferenza internazionale del Centro di documentazione sull’arte d’avanguardia a Parigi, Jorn, che rappresenta il gruppo danese, i rappresentanti del gruppo belga (Christian Dotremont e Joseph Noiret) e quelli del gruppo olandese (Karel Appel, Corneille e Constant) pongono le basi per la formazione di un nuovo gruppo, che presto assumerà il nome CoBrA. Com’è noto, si tratta di un acrostico, formato dalle iniziali delle tre capitali: Copenaghen, Bruxelles, Amsterdam. L’evidenza data alle tre capitali vuole contrapporsi all’idea di un’unica capitale europea dell’avanguardia, Parigi.

Bisogna fare un piccolo salto indietro per ricordare come una quarantina di firmatari appartenenti ai surrealisti rivoluzionari, il primo luglio del 1947, avesse lanciato un manifesto, dal titolo “La cause est entendue” (si può tradurre in vari modi in italiano, ma in genere questo scritto viene tradotto con: “La causa è stabilita”), un attacco a Breton, all’inaugurazione della sua mostra internazionale. Riporto, perché mi sembra significativo del clima, ciò che aveva scritto, per lettera, Jacques Kober, uno dei firmatari:

“Il surrealismo per il pubblico è troppo spesso una certa maniera di allestire le vetrine (per esempio Hermès) o di presentare della pubblicità (…), tutto l’alone di scandalo che per esempio un Dalì mette al servizio di sarte o moda femminile”.

Il testo-manifesto di CoBrA, firmato l’8 novembre 1948, riprende il titolo con cui i surrealisti rivoluzionari avevano “rotto” con Breton, ma il verbo viene coniugato al passato: “La cause était entendue”. Il Surrealismo viene spinto indietro, ulteriormente, nel passato. Il gruppo rifiuta il surrealismo, il realismo socialista e l’astrazione, richiamandosi a un ritorno profondo al reale, attraverso la violenza pittorica e poetica. È un indirizzo che Gillo Dorles definisce “espessionista”, collegato con i grandi maestri dell’espressionismo nordico (Nolde, Peckstein, Munch e Ensor).
Il manifesto è redatto da Jorn e Dotremont, gli autentici teorici del gruppo. Dotremont è una figura molto interessante e fondamentale, su cui i libri di storia dell’arte si dilungano; mi sembra che in Italia non goda della giusta considerazione, ma finiremmo OT. Jorn è anche il più anziano ed esperto, visto che gli altri membri hanno tutti fra i 26 e i 28 anni. Sono giovani uomini che hanno visto le atrocità della guerra, che li ha anche privati della possibilità di studi regolari e di viaggiare liberamente. Molti di loro, compreso Jorn che soffre di tubercolosi, hanno anche condizioni precarie di salute. In questa prospettiva va letta la grande voglia di sviluppare un’arte sperimentale, internazionale, libera ed emancipata. Il gruppo lavora in maniera collettiva e collaborativa, senza “specializzazioni”, come la distinzione tra scrittore e pittore.
C’è anche un’opposizione alle forme moderniste di tipo funzionalista e razionalista; Jorn reagisce dunque all’apprendistato dei suoi primi anni parigini, presso Léger e poi LeCorbusier. Nel primo numero della rivista Cobra del marzo 1949, parla di un progetto etico oltre che estetico: “Per mezzo della spontaneità irrazionale, ci avviciniamo alla sorgente della vita”.

Insieme ai fondatori di CoBrA, partecipano alle mostre del gruppo molti artisti europei di varia provenienza, riconducibili alle due generazioni diverse. Da un lato, quelli della generazione di Jorn che erano passati da un’esperienza surrealista o d’astrazione lirica: il belga Raoul Ubac, il tedesco Karl Otto Götz, gli svedesi Max Walter Swanberg e Carl-Otto Hultén; i danesi Henry Heerup, Carl-Henning Pedersen, Egil Jacobsen e Erik Thommesen (scultore), che appartenevano proprio al gruppo surrealista di Jorn; l’islandese Svavar Gudnason, che aveva fatto la scuola da Léger negli stessi anni di Jorn; lo svizzero d’origine romena Zoltán Kemeny, gli scozzesi William Gear e Stephen Gilbert; il francese Jean-Michel Atlan, che Jorn aveva conosciuto a Parigi nel 1946.

Dall’altro lato, la generazione più giovane, quella di Dotremont: Anders Osterlin, Reinhoud, Jean Raine, Pierre Alechinsky, Serge Vandercam, Jacques Doucet, Georges Collignon e il “nostro” Enrico Baj.

Cerco di riportare tutti questi nomi, con l’idea che chi è interessato a questa fase dell’arte di Jorn possa trovare spunti apprezzabili anche in artisti affini.

Ben presto, come scrive, Joyeux-Prunel, CoBrA diventa “un trampolino professionale” (e quindi è sentito solo come una tappa di passaggio) per le occasioni che offre agli artisti di esporre e di ricevere importanti incarichi, soprattutto nell’Europa del Nord. Il gruppo si dissolve già nel 1951, anche a causa di questa sua rapida istituzionalizzazione (ma anche per motivi personali: nel 1949 la moglie di Constant, Matie van Domselaar, lo aveva lasciato per trasferirsi con i tre figli avuti da lui da Jorn, con il quale aveva iniziato una relazione).
 
4. Molti movimenti: IL, MIBI, IS

Nel periodo storico di cui ci stiamo occupando si formano e si sciolgono con una certa rapidità diversi gruppi e movimenti artistici. Non è facile ricostruire tutte le dinamiche, anche perché spesso, a così tanti anni di distanza, noi cogliamo molto meglio gli aspetti simili che accomunano certe ricerche artistiche, piuttosto che le differenze, che all’epoca sembravano divisioni insormontabili e che oggi fatichiamo a distinguere. Ad ogni modo, tutti i gruppi di cui parliamo qui sono accomunati da tre questioni: in primo luogo, il superamento del Surrealismo, oramai visto come la conservazione; in secondo luogo, i rapporti con il Partito Comunista, alla luce delle informazioni che cominciano a filtrare sugli orrori dello stalinismo e della sua propensione reazionaria verso il Realismo Socialista; in terzo luogo, il diffondersi della società dei consumi.

Il primo gruppo rilevante per questa parte della discussione nasce nel novembre del 1952 (durerà 5 anni) e si chiama Internazionale Lettrista (nel seguito, IL). Viene fondato dal giovane Guy Debord (classe 1931), come frutto di una scissione dal gruppo storico del Lettrismo. Senza fare tutta la storia, se no non finiamo più, il gruppo originario era stato fondato nel 1946 dal romeno Isidore Isou ed era una specie di riedizione, aggiornata al dopoguerra, del gruppo Dada. Debord pubblica una rivista dell’IL, che chiama Potlatch (il nome individua un insieme di cerimonie che avevano luogo presso alcune popolazioni della costa nord-occidentale americana). In essa vengono teorizzati gli elementi che caratterizzano l’IL: no al surrealismo di Breton; no alla divisione fra astrazione e figurazione; no alla distinzione tra astrazione geometrica e informale; no alle frontiere tra realtà e immaginazione, e così via. La rivista viene inviata a tutti i maggiori intellettuali. Jorn, che riceve i numeri della rivista, è particolarmente colpito dalla posizione contro il diritto d’autore e la negazione del carattere individuale d’una creazione. Nel 1955, Jorn scrive alla rivista:

“È la prima volta che vedo spiegate (…) in maniera netta le condizioni e le prospettive essenziali della nostra epoca nel dominio delle arti e sono perfettamente d’accordo con voi, e questo fa piacere di poterlo finalmente dire, dopo aver cercato in tutti i paesi dalla fine della guerra: io sono pienamente d’accordo”.

Jorn ha appena fondato un altro movimento, chiamato Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (nel seguito, MIBI), nel novembre 1954. In realtà, la teorizzazione è precedente e risale all’anno prima, quando Jorn, forse sulla base degli esordi con Léger e Le Corbusier, viene contattato da Max Bill, che è stato uno studente della Bauhaus ed è incaricato di fondare presso la Hochschule für Gestaltung di Ulma una scuola in continuità con la Bauhaus. Jorn gli replica: “Gli artisti sperimentali devono utilizzare i mezzi industriali, ma per assoggettarli ai propri fini non utilitaristici”.
Da qui l’idea di contrapporre una scuola internazionale “nel campo dell’immagine e della fantasia”.
L’attività del MIBI procede con la prima mostra ufficiale, ad Albissola, nell’estate del 1954 e con alcuni incontri internazionali l’estate successiva. Nel settembre del 1955, Jorn dà vita, insieme al grande Pinot Gallizio, al Laboratorio sperimentale. Sono anni di intensa sperimentazione su nuovi materiali per la pittura e sulla ceramica.

L’incontro con Jorn, intanto, ha permesso a Debord di allargare i propri orizzonti. Jorn ha molti contatti e promuove Potlatch all’estero. Una prova generale per unire gli sforzi avviene con la Prima esposizione di psicogeografia, prevista per tutto il mese di febbraio del 1957 presso la galleria Taptoë di Bruxelles. È prevista anche la partecipazione di Yves Klein e del britannico Ralph Rumney. La prova non riesce benissimo: Jorn manca un appuntamento con Debord e nascono delle incomprensioni. Finalmente, siamo a luglio dello stesso anno, a Cosio d’Arroscia si riuniscono rappresentanti dell’IL, del MIBI e del cosiddetto London Psychogeographical Institute, che è in pratica costituito dal solo Ralph Rumney. Nell’occasione viene deciso (ma secondo alcuni imposto da Debord e Jorn) di sciogliersi e dare vita ad un nuovo, unico movimento: l’Internazionale Situazionista (nel seguito, IS), definito nel libro “Art Since 1900” come “il più politicamente impegnato di tutti i movimenti del dopoguerra”. Ha subìto uno scisma nel 1962 e si è sciolto definitivamente nel 1972.

Non mi avventuro nel proseguire a raccontare l’esperienza all’interno dell’IS: come ben detto da Cravan, si trova già un po’ di tutto ed è meglio rivolgersi alle fonti primarie. Magari, in futuro, potremo riportare qualche passaggio degli scritti di Jorn e commentare direttamente quelli.
 
Il Centre Pompidou in questo momento dedica una notevole sala agli artisti del gruppo CoBrA. Dei 10 lavori di Jorn che sono nella collezione del museo, viene esposta nella sede di Parigi questa tela del 1967:

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Scheda
 
Segnalo qui un bellissimo catalogo per gli amanti del gruppo CoBrA, relativo all’asta da Bruun Rasmussen a Copenaghen il prossimo 5 dicembre. Ci sono una trentina di lavori di Jorn, di vario tipo ed epoca.

CoBrA
 
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