Azioni di risparmio Carige

BANCA CARIGE NON PERDE IL PELO E NEMMENO IL VIZIO

Come continuare a bruciare cassa.......anche questo Cda come gli altri precedenti non lesina consulenze milionarie

Avanti un'altro consulente per la business combination che nessuno vuole!

Sarrebbe interessante conoscere l'offerta di Credem ......

"Il Consiglio di Amministrazione di Banca Carige nella seduta
odierna ha conferito l’incarico a Boston Consulting Group per supportare la Banca
nell’esplorazione delle ulteriori possibilità di sviluppo del core business, utili anche ai fini
della business combination."
 
Il dossier Banca Carige non è attraente

"Il dossier Banca Carige non è attraente" dice Giuseppe Castagna A.d. di Banca BPM "Purtroppo le dimensioni di Banca Carige non ci consentirebbero un operazione di trasformazione della banca. Servirebbe troppo tempo per crescere, poi in Liguria siamo la seconda banca e in queste trattative noi siamo anche azionisti del Fitd quindi diventa ancora più complicato. Banca Carige non ci attira"
 
BANCA CARIGE - Ennesima trimestrale orripilante

Gestione che si conferma pessima anche questo terzo trimestre

BANCA CARIGE - Perdita dei 9 Mesi a €76,6 MILIONI che si confronta con gli utili in crescita, in alcuni casi stratosferici, realizzati da tutte le altre Banche quotate.
 
Gestione che si conferma pessima anche questo terzo trimestre

BANCA CARIGE - Perdita dei 9 Mesi a €76,6 MILIONI che si confronta con gli utili in crescita, in alcuni casi stratosferici, realizzati da tutte le altre Banche quotate.

C è interesse da parte del cda di dimostrare una situazione pessima.
C è una causa da 500 milioni in corso ed è interesse di carige dimostrare che non vi sia valore.
Vedi anche il non mettere a bilancio le dta, manovre consentire che permettono entro certi limiti di camuffare i dati

...poi però il cda fa dichiarazioni eclatanti di crescita in tutti i settori molto più dei competitors
 
Amarcord a proposito di deleghe non mostrate - Carlo Fabris contro Rinascente

La mancata esibizione delle deleghe invalida le delibere assembleari


Cassazione civile, sez. I, 20 giugno 2000, n. 8370 - Pres. Sgroi - Rel. Marziale (Diritti del socio - Ispezione dei libri sociali - Libro delle adunanze e deliberazioni assembleari - Estensione alle deleghe di voto - Sussiste).



"Il diritto di ispezione del libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, riconosciuto ai soci dall'art. 2422, primo comma, c.c. si estende anche alle deleghe rilasciate per l'esercizio del diritto di voto in assemblea, oltre che all'elenco degli intervenuti, trattandosi di documenti che la società è tenuta a conservare ex art. 2372 c.c. e a nulla rilevando che ad essi la norma, nella sua formulazione testuale, non faccia specifico riferimento".




Svolgimento del processo



1. Con atto notificato il 27 aprile 1993, il signor ******* conveniva in giudizio ****** s.p.a. innanzi al tribunale di Milano, esponendo:

- che nel corso dell’assemblea della società convenuta, svoltasi il 7 maggio 1992, alla quale aveva partecipato in qualità di socio, aveva chiesto inutilmente di poter esaminare le deleghe rilanciate dai soci non intervenuti personalmente alla riunione assembleare;

- che la richiesta era stata respinta sul rilievo che il potere di verificare la legittimazione dei partecipanti era demandato in via esclusiva al presidente dell’assemblea;

- che due successive richieste, rivolte per iscritto alla società il 23 e il 27 luglio 1992, al fine di ottenere la possibilità di esaminare tali documenti erano rimaste senza effetto;

- che tali rifiuti erano illegittimi, posto che il diritto di ispezionare il libro delle delibere assembleari, sancito dall'art. 2422, n. 3, c.c., si estende agli allegati e ad ogni altro documento integrativo dei verbali delle riunioni assembleari e, quindi, anche alle eventuali deleghe rilasciate in favore dei partecipanti all'assemblea.

Tanto premesso, l’attore chiedeva che la società fosse condannata a consegnargli la documentazione richiesta presso la sede sociale, onde consentirgli la verifica della regolarità delle deleghe rilasciate nell'ultimo quinquennio.

La domanda era accolta dal tribunale, con sentenza del 30 giugno 1994, nella quale si affermava:

- che il diritto dei soci a controllare la legittimità delle deleghe trovava un preciso riscontro negli artt. 2421 e 2422 c.c. e un'indiretta conferma nell'obbligo, posto a carico della società, di conservare tali documenti (art. 2372, primo comma, c.c.);

- che l'interesse del socio di procedere a tale riscontro deriva dal fatto che i vizi della delega si riflettono sulla validità del voto espresso dal rappresentante e sulla validità della deliberazione adottata dall'assemblea;

- che tale interesse andava riconosciuto (non solo rispetto alle delibera già adottate, ma) anche a quelle in corso di svolgimento.



1.2. La sentenza era però riformata dalla Corte territoriale che, accogliendo l’appello proposto dalla Società:

- dichiarava ultra petita, e come tale illegittimo, il riconoscimento, ai singoli soci, del diritto di verificare la regolarità delle deleghe anche rispetto alle assemblee in corso;

- negava che il diritto di ispezione del libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee (art. 2422, primo comma, c.c., in relazione all'art. 2421 c.c. dello stesso codice) si estenda, nelle società per azioni, alle “deleghe”, osservando che in tali società l'interesse degli azionisti è tutelato in modo indiretto, mediante l'attribuzione del potere di denunzia ad un organo (il collegio sindacale), che ha accesso a tutta la documentazione sociale ed è preposto al controllo di legittimità dell’attività della società.



1.3. Il ricorrente chiede la cassazione di tale sentenza con tre motivi di ricorso. La **** s.p.a. resiste e propone, a sua volta, ricorso incidentale condizionato, al cui accoglimento il ricorrente si oppone con controricorso notificato ai sensi dell'art. 371, quarto comma, c.p.c.

Motivi della decisione

(omissis)



4. Con i primi due motivi del ricorso principale, che possono essere esaminati congiuntamente, il ricorrente - denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 2422 c.c., nonché vizio di motivazione - censura la sentenza impugnata per aver escluso che il diritto di ispezione contemplato dal citato art. 2422 possa essere esercitato anche in relazione alle deleghe rilasciate ai sensi dell'art. 2372 c.c. per l'esercizio del voto in assemblea.



4.1 - La censura è fondata.

Deve infatti escludersi - rettificando l'opinione espressa in altra occasione (Cass. 30 ottobre 1970, n. 2263; 20 giugno 1997, n. 5542) - che il verbale rilevi quale mero strumento di documentazione “storica” dell'attività dell'organo assembleare, in conformità degli accertamenti e delle attestazioni compiuti dalla persona incaricata di presiedere la riunione assembleare.

Se così fosse, riuscirebbe difficile comprendere perché la verbalizzazione sia affidata ad un soggetto diverso dal presidente dell'assemblea e perché, rispetto alle delibere più significative, tale compito sia assegnato al notaio (art. 2375 c.c.), autorizzato a dare pubblica fede agli atti da lui redatti (art. 2699 c.c.) e per definizione neutrale rispetto agli interessi dei soggetti nei confronti dei quali svolge la sua attività di pubblico documentatore.

Tali prescrizioni stanno invece ad indicare: da un lato, che la documentazione delle attività assembleari deve essere compiuta in piena autonomia dal verbalizzante, che non può quindi limitarsi a prendere atto degli accertamenti compiuti dal presidente; dall'altro, che la verbalizzazione è richiesta proprio al fine di consentire il successivo controllo della validità delle delibere, nell'interesse di quanti non abbiano concorso, con il proprio voto, alla loro approvazione.



4.2. Se questa è la ragion d'essere della verbalizzazione richiesta dall'art. 2375 c.c., appare evidente che il verbale prescritto da tale disposizione trova la sua necessaria integrazione nella documentazione relativa all'intervento dei soci che hanno partecipato, in proprio o per delega, alla riunione assembleare.

L'elenco nominativo dei partecipanti ne rappresenta quindi un elemento essenziale, trattandosi del documento che contiene gli estremi necessari per l'individuazione di coloro che hanno preso parte ai lavori dell'assemblea e che, appunto per questo, costituisce «fonte primaria di prova della composizione dell'assemblea»… (Cass. 5542/97, cit.) e della formazione delle sue maggioranze (Cass. 19 ottobre 1998, n. 10329). Solo identificando nominativamente i singoli votanti è, infatti, possibile rilevare se i voti, favorevoli o contrari, sono stati (o meno) validamente espressi ed è possibile individuare i soci legittimati ad impugnare la delibera adottata, perché assenti o dissenzienti.

Ciò spiega perché la Consob fin dal 1981 abbia prescritto che dal verbale delle deliberazioni assembleari delle società sottoposte alla sua vigilanza (o da un suo allegato) deve risultare l'elenco nominativo dei soci partecipanti, in proprio o per delega, con l'indicazione del numero delle rispettive azioni e degli astenuti, come pure di quelli che hanno espresso voto contrario alla deliberazione (Delib. n. 2348 del 12 marzo 1981; v. ora art. 85, reg. Consob n. 11971 del 14 maggio 1999, in relazione all'Allegato 3E dello stesso regolamento); in linea con una tendenza, rilevabile anche a livello comunitario (proposta modificata di quinta direttiva Cee sulla struttura delle società per azioni, art. 41.3, a, in Guce, C 240 del 9 settembre 1983), che ha reso sempre più incisiva la tutela del diritto dell'azionista all'informazione, moltiplicando le ipotesi in cui le società, anche non quotate, sono tenute a depositare presso la sede sociale specifici documenti informativi (artt. 2427-2428 c.c.; 2441, sesto comma; 2501bis-sexies; 2504 octies e novies c.c.; artt. 72 e 73, reg. Consob 11971/99, cit.), fino a riconoscere, in favore di ogni socio, il diritto non solo di consultare, ma anche di ottenere copia, a proprie spese, «di tutti gli atti depositati presso la sede sociale per assemblee già convocate» (art. 130, D.Lgs 24 febbraio 1998, n. 58).



4.2.2. Se la partecipazione dei soci è stata indiretta, la verifica della validità delle deliberazioni assembleari non può tuttavia prescindere dall'esame delle deleghe rilasciate per l'esercizio del diritto di voto, poiché l'elenco degli intervenuti rappresenta, a tale riguardo, una fonte di prova incompleta, essendo privo di indicazioni circa i contenuti e le modalità di rilascio della procura.

L'esercizio del diritto di voto a mezzo rappresentante è consentito dall'art. 2372 c.c. entro limiti assai ristretti, a tutela del corretto funzionamento dell'organo assembleare e, quindi, di interessi che trascendono la persona del rappresentato; limiti, la cui violazione determina l'invalidità della deliberazione adottata con il voto determinante del rappresentante: quali siano i mezzi per far valere tale vizio, se cioè essi comportino mera annullabilità, ovvero nullità od inesistenza della delibera presa senza la maggioranza prescritta è questione che non deve essere risolta in questa sede, essendo devoluta al giudice di rinvio, come - per evitare ripetizioni - sarà chiarito in sede di esame del secondo motivo del ricorso incidentale.

Non vale richiamarsi, in contrario, ai principi in tema di rappresentanza negoziale, trattandosi di principi elaborati in funzione della tutela degli interessi del rappresentato e che non possono quindi venire in considerazione quando, come nel caso di specie, il conferimento del potere rappresentativo è vincolato al rispetto di esigenze di generale rilevanza.

4.3. Il diritto di ispezione del libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, riconosciuto ai soci dall'art. 2422, primo comma, c.c., si estende quindi certamente anche a tali documenti, a nulla rilevando che ad essi la norma, nella sua formulazione testuale, non faccia specifico riferimento.

Trattasi, infatti, di documenti che la società è tenuta a conservare (art. 2372, primo comma, c.c.). E tale obbligo trova la sua ragion d'essere proprio nell'esigenza di consentire la successiva verifica dell'osservanza delle norme che disciplinano la rappresentanza azionaria a tutela di interessi che, come si è appena osservato, sono posti a tutela di interessi che trascendono la persona del rappresentato (retro, 4.2.2).

Del resto, la tesi della società resistente, secondo cui il diritto di ispezione potrebbe essere esercitato solo in relazione ai verbali delle riunioni assembleari, si risolve in una limitazione del diritto alla tutela giurisdizionale dei soci (rendendo oltremodo arduo, per essi, rilevare e far valere eventuali vizi delle deliberazioni adottate), che appare priva di giustificazione, dal momento che non è ipotizzabile alcun legittimo interesse della società ad impedire che i soci acquisiscano informazioni sullo svolgimento delle attività dell'assemblea, specie quando tale ricerca è finalizzata all'accertamento di eventuali distorsioni nel funzionamento di detto organo.

Non vale osservare che i soci hanno pur sempre la possibilità di ottenere l'esibizione di tali documenti in giudizio, a norma degli artt. 210 ss. c.p.c., in quanto tale istituto non può essere utilizzato per acquisire elementi di conoscenza sui fatti di causa, ma solo per acquisire la prova di circostanze di fatto già individuate e dedotte in giudizio (Cass. 4 luglio 1962, n. 1690; 30 ottobre 1970, n. 2263; 14 settembre 1995 n. 9715).

Né conta rilevare che nelle società in cui è operante un organo, come il collegio sindacale, incaricato di vigilare sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo (art. 2403 c.c.) l'interesse all'informazione dei singoli soci è soddisfatto, in linea di massima in via indiretta, per il tramite degli accertamenti compiuti dall'organo di controllo: l'espressa attribuzione, ad ogni socio, del diritto di esaminare il libro delle adunanze e delle deliberazioni assembleari sta, infatti, ad indicare che il legislatore ha inteso offrire a tali soggetti, anche nelle società dotate di collegio sindacale, la possibilità di acquisire direttamente le informazioni sul funzionamento dell'assemblea.

Ancor meno producente è, poi, il riferimento a ragioni di speditezza e di funzionalità che imporrebbero di affidare al presidente ogni potere di verifica della legittimazione degli intervenuti, in quanto tali esigenze, se possono apparire ragionevoli durante lo svolgimento dell'assemblea, non sono più ipotizzabili a lavori assembleari terminati e non possono essere quindi addotte per respingere la pretesa del socio di verificare la regolarità delle deleghe di voto rilasciate in relazione ad un'assemblea già conclusa.



5. Il terzo motivo - con il quale il ricorrente, denunziando violazione degli artt. 283, e 329 c.p.c., si duole della sospensione della esecutività della sentenza di primo grado - è palesemente inammissibile.

La statuizione censurata non è, infatti, contenuta nella sentenza impugnata, ma in un provvedimento autonomo, adottato dal presidente della Corte d'appello ai sensi dell'art. 351, terzo comma, c.p.c. e, come tale, non impugnabile mediante ricorso per cassazione.



6. L'accoglimento, nei sensi precisati, del ricorso principale, rende necessario l'esame di quello incidentale, proposto in via condizionata dalla società resistente.



6.1. Con il primo motivo, la società **** - ponendo in evidenza che il ricorrente, dopo aver chiesto nel primo grado di giudizio il riconoscimento del proprio diritto all'esame delle deleghe «relative all'ultimo quinquennio», aveva lasciato cadere, nella successiva fase, tale riferimento temporale - censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato d'ufficio inammissibile, ai sensi dell'art. 345, comma primo, c.p.c., la domanda cosi modificata.

Il motivo è inammissibile, perché basato su un'interpretazione della sentenza che non corrisponde al suo effettivo contenuto, e cioè quello secondo cui, da un lato, il ricorrente avrebbe ampliato la domanda in appello, in violazione dell'art. 345 c.p.c. e, dall'altro, la Corte d'appello non avrebbe dichiarato inammissibile tale ampliamento. In realtà (come risulta anche dalla prima parte del motivo e dal controricorso del ricorrente) non vi è stato ampliamento della domanda ed il giudice d'appello ha chiaramente detto che la domanda riguardava - così in primo grado come in appello - «la richiesta di visionare le deleghe relative alle assemblee della società per azioni **** nel quinquennio antecedente».

Pertanto non vi è alcuna pronuncia, neppure implicita, che consenta un ricorso della parte vittoriosa nel merito su un punto di rito rilevabile d'ufficio.

6.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, la sentenza impugnata viene censurata per non aver rilevato che, comunque, nel caso concreto nessun diritto d'ispezione poteva essere riconosciuto in favore del ricorrente, essendo egli decaduto dal diritto di impugnare le deliberazioni già adottate per l'inutile decorso del termine stabilito dall'art. 2377, secondo comma, c.c.

Anche tale motivo è inammissibile.

6.2.1. Nell'appello de ***** s.p.a. si faceva valere anche la censura secondo cui «il diritto vantato della controparte era inesistente e la pronuncia attinente alle assemblee trascorse era contraddittoria e comunque inutile, dato che per tutte tali assemblee il ricorrente era decaduto dall'impugnazione delle relative deliberazioni».

Come è evidente, l'appellante proponeva due distinte eccezioni, una attinente all'inesistenza in assoluto del diritto, ed una attinente all'inutilità – comunque - della pronuncia che invece l'aveva riconosciuto. Tale seconda eccezione (di carattere evidentemente subordinato) non atteneva all'interesse ad agire, che è stato oggetto di una separata pronuncia espressa (p. 8-9 della sentenza), non impugnata in questa sede. Non si tratta, pertanto, di un punto rilevabile d'ufficio a cui sia applicabile la giurisprudenza relativa all'ammissibilità di un ricorso incidentale attinente a questioni rilevabili d'ufficio e non esaminate (Cass. 28 marzo 1998, n. 3290; 29 maggio 1998, n 5306, fra le altre conformi). Si tratta, invece, della contestazione di un asserito elemento costitutivo della domanda, fondata sull'assunto che il diritto di esame delle deleghe non aveva - comunque - carattere autonomo, perché all'esito del suo esercizio gli eventuali vizi delle deleghe non avrebbero consentito l'impugnazione di cui all'art. 2371, essendo trascorso il termine ivi previsto.

Il ricorrente controbatteva, osservando che il vizio eventualmente rincontrato avrebbe reso inesistente la delibera dell'assemblea nella quale era stato dato il voto, in base alle deleghe (p. 4 del ricorso principale), tanto più con riferimento al socio di maggioranza (p. 7-8 dello stesso ricorso), con conseguente irrilevanza del termine di decadenza.



6.2.2. Su tali punti non vi è stata alcuna decisione del giudice del merito, il quale – avendo ritenuto l'inesistenza in assoluto del diritto - li ha evidentemente ritenuti assorbiti. Pertanto essi non possono formare oggetto di ricorso incidentale, neppure condizionato, ad istanza della parte vittoriosa nel merito (che non può chiedere la cassazione di una sentenza che le è stata favorevole nel merito), restandone, devoluto l'esame al giudice di rinvio (Cass. 29 luglio 1994, n. 7141; 9 settembre 1999, n. 8924; 23 novembre 1998, n. 11851 ed altre), il quale dovrà decidere anche se il diritto qui da questa Corte affermato abbia carattere autonomo e non sia soggetto a decadenza ma solo al termine di prescrizione di anni cinque ex art. 2949, primo comma c.c.; ovvero sia necessariamente strumentale all'utile e possibile esercizio di altra iniziative, sia giudiziali ex artt. 2377-2379 c.c., che non contenziose ex artt. 2408-2409 c.c. (v. anche Cass. 17 aprile 1972 n. 1214), salva l'ipotesi che tenda ad acquisire la conoscenza di un vizio determinante l'inesistenza delle delibere assembleari.



7. In relazione all'accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso principale la sentenza impugnata deve essere cassata, con conseguente rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, che si atterrà al seguente principio di diritto: «Il diritto di ispezione dei libri sociali, previsto dall'art. 2422 c.c., si estende anche alle deleghe rilasciate per l'esercizio del diritto di voto a norma dell'art. 2372 c.c.».

Il giudice di rinvio provvederà, inoltre, alla liquidazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte di cassazione, riuniti i ricorsi, così provvede:

- accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale;

- dichiara inammissibile il terzo motivo dello stesso ricorso e il ricorso incidentale;

- in relazione ai motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese ad altra sezione della Corte d'appello di Milano.
 
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La mancata esibizione delle deleghe invalida le delibere assembleari .......

La mancata esibizione delle deleghe invalida le delibere assembleari .............ma non basterà perchè la sentenza a Genova è già stata scritta ancora prima di iniziare il dibattimento. E non sarà sufficiente nemmeno l'appello. La battaglia si vincerà in Cassazione a Roma .
 
La mancata esibizione delle deleghe invalida le delibere assembleari .............ma non basterà perchè la sentenza a Genova è già stata scritta ancora prima di iniziare il dibattimento. E non sarà sufficiente nemmeno l'appello. La battaglia si vincerà in Cassazione a Roma .

Comunque è un aspetto marginale. La contestazione principale è il mancato rispetto dell art 2441, sia come vizio motivazionale ma più rilevante il non rispetto dei parametri di legge del valore delle azioni in caso di esclusione del diritto d opzione
 
Banca Carige in casa (purtroppo) vince sempre.........

Banca Carige in casa (purtroppo) vince sempre
Bene ha fatto Franco Corti a insistere sull'argomento delle deleghe e male hanno fatto Malacalza e gli altri che non hanno colto e sviluppato tale discrasia.
Il Tribunale di Genova respingerà tutti i ricorsi contro Banca Carige, solo la Cassazione potrà censurare tali conclusioni.
Sono pessimista sull'esito della sentenza perchè il Tribunale di Genova, pur respingendo le eccezioni preliminari di Banca Carige in merito alla legittimità del Rappresentante comune degli azionisti di risparmio ad impugnare qualsiasi delibera assembleare della Banca, nella causa di impugnazione del raggruppamento si è già pronunciato negativamente in merito alla sua domanda di accertamento del danno subito dalla categoria.
I giudici hanno ritenuto, errando, che la domanda di accertamento del danno equivalesse alla domanda di risarcimento e che pertanto non vi fosse l'interesse ad agire del Rappresentante comune. Nel merito hanno addirittura escluso il danno negando di fatto l'evidenza.
Nel merito il danno della categoria si è invece palesato con l'esclusione dalle negoziazioni delle sole azioni di risparmio.
La sentenza di quella causa non mi ha sorpreso affatto, era comunque scontata date le premesse e dato che Banca Carige giocava in casa.
Probabilmente anche in appello le conclusioni del (medesimo) Tribunale saranno confermate.

Banca Carige in casa (purtroppo) vince sempre.........ma gli azionisti di risparmio sono pazienti.
 
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Banca Carige in casa (purtroppo) vince sempre
Bene ha fatto Franco Corti a insistere sull'argomento delle deleghe e male hanno fatto Malacalza e gli altri che non hanno colto e sviluppato tale discrasia.
Il Tribunale di Genova respingerà tutti i ricorsi contro Banca Carige, solo la Cassazione potrà censurare tali conclusioni.
Sono pessimista sull'esito della sentenza perchè il Tribunale di Genova, pur respingendo le eccezioni preliminari di Banca Carige in merito alla legittimità del Rappresentante comune degli azionisti di risparmio ad impugnare qualsiasi delibera assembleare della Banca, nella causa di impugnazione del raggruppamento si è già pronunciato negativamente in merito alla sua domanda di accertamento del danno subito dalla categoria.
I giudici hanno ritenuto, errando, che la domanda di accertamento del danno equivalesse alla domanda di risarcimento e che pertanto non vi fosse l'interesse ad agire del Rappresentante comune. Nel merito hanno addirittura escluso il danno negando di fatto l'evidenza.
Nel merito il danno della categoria si è invece palesato con l'esclusione dalle negoziazioni delle sole azioni di risparmio.
La sentenza di quella causa non mi ha sorpreso affatto, era comunque scontata date le premesse e dato che Banca Carige giocava in casa.
Probabilmente anche in appello le conclusioni del (medesimo) Tribunale saranno confermate.

Banca Carige in casa (purtroppo) vince sempre.........ma gli azionisti di risparmio sono pazienti.

Certo, ma non mi pare che il tribunale abbia voluto analizzare le deleghe, altrimenti avrebbe chiesto la.documentazione e ritardato la sentenza....che invece è in analisi senza questi dati.

Mi rimane difficile pensare che carige vinca perché gioca in casa: una sentenza nn rispettosa è passibile di ricorso...che nn abbiano rispettato il comma 5 e 6 dell art 2441 mi pare evidente: il pn netto è stato arbitrariamente posto come negativo...seppure i documenti ufficiali della banca ne identificassero il valore in almeno 1.3 miliardi....dopo svalutazioni e operazioni straordinarie peraltro nn richieste....senza le stesse il pn era 1.8 miliardi...

Questo mi pare inconfutabile
 
Certo, ma non mi pare che il tribunale abbia voluto analizzare le deleghe, altrimenti avrebbe chiesto la.documentazione e ritardato la sentenza....che invece è in analisi senza questi dati.

Mi rimane difficile pensare che carige vinca perché gioca in casa: una sentenza nn rispettosa è passibile di ricorso...che nn abbiano rispettato il comma 5 e 6 dell art 2441 mi pare evidente: il pn netto è stato arbitrariamente posto come negativo...seppure i documenti ufficiali della banca ne identificassero il valore in almeno 1.3 miliardi....dopo svalutazioni e operazioni straordinarie peraltro nn richieste....senza le stesse il pn era 1.8 miliardi...

Questo mi pare inconfutabile

Mi sbagliavo
 
MESSAGGIO AGLI AZIONISTI DI RISPARMIO DI BANCA CARIGE

Da questo momento si consiglia ai diretti interessati la massima discrezione.
Assolutamente non divulgare informazioni che riguardano la nostra categoria a soggetti esterni.
Per qualsiasi esigenza utilizzare solo contatti diretti e privati.
 
Dai soci risparmio di Banca Carige stop alla prospettata fusione con Bper Banca

Dai soci risparmio di Banca Carige stop alla prospettata fusione con Bper Banca

Potrebbe saltare la prospettata fusione di Banca Carige e Bper Banca in mancanza di un accordo con gli azionisti di risparmio di Banca Carige. Non c'è accordo sul prezzo di ciascuna azione di risparmio di Banca Carige. La proprietà di Banca Carige non fa capo ai soli azionisti ordinari ma anche agli azionisti di risparmio che non intendono cedere le loro azioni di risparmio al "vile prezzo" di 25.000 euro ciascuna.

Gli azionisti di risparmio di Banca Carige non intendono cedere le loro azioni di risparmio al "vile prezzo" di 25.000 euro ciascuna.



Destinata al fallimento l'Opa volontaria totalitaria di Bper Banca sulle azioni di risparmio di Banca Carige al "vile prezzo" di 25.000 euro per ciascuna azione di risparmio di Banca Carige.

Il rappresentante comune degli azionisti di risparmio di Banca Carige Petrera Michele riferisce che il prezzo offerto di 25.000 euro per ciascun azione di risparmio di Banca Carige non è considerato sufficiente a soddisfare i legittimi interessi degli azionisti di risparmio e che pertanto a queste condizioni la prospettata fusione dei due istituti bancari potrebbe non effettuarsi per il legittimo impedimento degli altri proprietari di Banca Carige, gli azionisti di risparmio.

Dai soci risparmio di Banca Carige stop alla prospettata fusione con Bper Banca
 
Dai soci risparmio di Banca Carige stop alla prospettata fusione con Bper Banca

Potrebbe saltare la prospettata fusione di Banca Carige e Bper Banca in mancanza di un accordo con gli azionisti di risparmio di Banca Carige. Non c'è accordo sul prezzo di ciascuna azione di risparmio di Banca Carige. La proprietà di Banca Carige non fa capo ai soli azionisti ordinari ma anche agli azionisti di risparmio che non intendono cedere le loro azioni di risparmio al "vile prezzo" di 25.000 euro ciascuna.

Gli azionisti di risparmio di Banca Carige non intendono cedere le loro azioni di risparmio al "vile prezzo" di 25.000 euro ciascuna.



Destinata al fallimento l'Opa volontaria totalitaria di Bper Banca sulle azioni di risparmio di Banca Carige al "vile prezzo" di 25.000 euro per ciascuna azione di risparmio di Banca Carige.

Il rappresentante comune degli azionisti di risparmio di Banca Carige Petrera Michele riferisce che il prezzo offerto di 25.000 euro per ciascun azione di risparmio di Banca Carige non è considerato sufficiente a soddisfare i legittimi interessi degli azionisti di risparmio e che pertanto a queste condizioni la prospettata fusione dei due istituti bancari potrebbe non effettuarsi per il legittimo impedimento degli altri proprietari di Banca Carige, gli azionisti di risparmio.

Dai soci risparmio di Banca Carige stop alla prospettata fusione con Bper Banca

risultano 20 azioni di risparmio convertibili.
concesso che ci siano 20 persone che ne posseggano 1 ciascuna, ma è possibile che queste persone 20 possano bloccare la programmata opa?
 
Carige, gli azionisti di risparmio rifiutano l'offerta di Bper

FUSIONE A RISCHIO - Carige, gli azionisti di risparmio rifiutano l'offerta di Bper



"Il prezzo offerto di 25.000 euro per ciascun azione di risparmio di Banca Carige non è considerato sufficiente a soddisfare i legittimi interessi degli azionisti di risparmio e che pertanto a queste condizioni la prospettata fusione dei due istituti bancari potrebbe non effettuarsi per la legittima opposizione degli altri proprietari di Banca Carige, gli azionisti di risparmio".



Carige, gli azionisti di risparmio rifiutano l'offerta di Bper - Il Secolo XIX
 
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Occhio a perdere anche i 25 mila e rimanere intrappolati nuovamente.
 
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