Gazzetta dello Sport, 1° Novembre 2020
Idee e investimenti. Così i Friedkin inseguono il futuro.
Venerdì si chiude l’Opa. La Roma spera che i piccoli azionisti cedano i loro titoli
di Andrea Pugliese
ROMA
Da domani si entrerà nel rush finale, il rettilineo che porta dritti dritti verso il traguardo. Alle 17.30 del 6 novembre, infatti, terminerà il periodo di adesione all’Opa lanciata dal club giallorosso lo scorso 9 ottobre (salvo ulteriore proroga nel rispetto dei termini di legge). Un’Opa che riguarda il 13,4% di azioni ancora flottanti sulmercato (ed in mano a migliaia di investitori) e che Friedkin vorrebbe acquisire per avere il pieno possesso del club, nell’intenzione di renderlo più solido e dare maggiore agilità all’operatività del suo management. Per riuscirci, una buona mano (secondo le previsioni del club) può arrivare proprio dall’uscita dalla Borsa (il c.d. delisting), dove la Roma era sbarcata il 23 maggio del 2000, sotto la presidenza di Franco Sensi. Delisting che diventerà automatico nel caso in cui Friedkin si trovi ad avere in mano almeno il 95% delle azioni della Roma (con conseguente diritto di acquisto delle azioni residue, in caso di soglia del 90% l’offerente ha già dichiarato la sua volontà di uscire). In caso contrario, invece, si vedrà eventualmente cosa fare.
La situazione
Un piano B c’è già e prevede la fusione con un’altra società non quotata del gruppo Friedkin, a patto che l’operazione non superi la spesa prevista per il delisting. L’ultima rilevazione ufficiale di Piazza Affari parla di un ribasso del titolo della Roma dello 0,97%, con il valore di ogni singola azione pari a 0,143 euro. Sempre più vicino a quei 0,1165 euro che sono il prezzo di riferimento dell’Opa (che se dovesse rilevarsi totalitaria, porterebbe Dan Friedkin a dover affrontare un esborso economico di 9.834.205,95 euro). Venerdì, però, erano state presentate 99.100 richieste di adesione, portando così il totale a 956.643, pari all’1,13% dell’offerta. Davvero troppo poco ancora per dare il via al progetto di Friedkin, che punta appunto ad avere in mano il cento per cento del club per essere più agile e snello in ogni suo movimento futuro. Risparmiando anche dei soldi da poter reinvestire sul rafforzamento e la patrimonializzazione del club. Ci sono però delle valutazioni da fare, anche per capire perché la Roma punta ad uscire dalla Borsa.
Perché aderire
RRI (Romulus and Remus Investments LLC, ossia la controllante del club) ha infatti deciso di ampliare l’aumento di capitale, portandolo da 150 a 210 di milioni e prorogando la scadenza di un anno (31 dicembre 2021). Questo per cercare di far fronte ad una situazione di bilancio preoccupante, su cui incide ovviamente la mancata partecipazione alla Champions League, ma anche l’impatto che ha avuto il Covid-19 su tutte le società sportive, italiane e non. Per dire, i ricavi giallorossi sono passati da 232,8 a 141,2 milioni (con una perdita di 91,5 milioni), fattispecie che non è stata compensata dalla maggiore virtuosità sui costi operativi del club (scesi in un anno da 264,5 a 225,1, con un decremento di 39,4). Male anche altri due indicatori basilari: il patrimonio netto consolidato (negativo per 242,4 milioni, nel 2019 era 127,4) e l’EBITDA (l’indicatore sulla capacità aziendale di generare reddito basandosi sulla gestione operativa) negativo per 67,7 (contro un segno positivo di 100,6 di dodici mesi fa). Il tutto ha portato al rosso di 204 milioni di euro e ad un indebitamento finanziario netto di circa 300, come segnalato nell’ultimo bilancio. Insomma, il club ha bisogno di essere messo in sicurezza e i Friedkin ritengono che per farlo sia utile uscire dalla Borsa. Tra l’altro, chi dovesse decidere di tenere le azioni della Roma dovrebbe poi affrontare un esborso di 0,33 euro ad azione legato proprio all’aumento di capitale già deliberato da 210 milioni. O, in alternativa, correre il rischio di veder diluita la propria percentuale di partecipazione (con un titolo quindi che potrebbe diventare non vendibile in caso di delisting), nel caso si decidesse di non aderire all’Opa. Soprattutto se poi, in futuro, dovessero arrivare ulteriori aumenti di capitale. Insomma, la Roma spera che in questa settimana ci sia una profonda inversione di tendenza. E che il mercato risponda positivamente. Cosa che finora, però, ha fatto a singhiozzo.