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Crisi-Cdc, si va verso il concordato
Il socio di maggioranza Giuseppe Diomelli potrebbe fare un passo indietro per far entrare capitali freschi nella società
di Manolo Morandini
PONTEDERA. Virata verso il concordato preventivo. Una manovra tampone quella decisa da Cdc Spa, per avere più armi contro la crisi aziendale. La dimensione è nei numeri. Dietro c’è un gigante di fronte a un mercato in discesa e che non ha più ossigeno. Bloccato. Inchiodato da una grave difficoltà finanziaria. A giugno la perdita si è attestata a 21,6 milioni di euro, lo scorso anno nello stesso periodo si era fermata a quota -1,3 milioni. Uno scenario economico e finanziario che gli amministratori definiscono “difficilissimo”. Al punto che per guardare avanti si apre a un “aggiornamento del managemento”. Tradotto, un passo indietro del socio di maggioranza Giuseppe Diomelli, attuale presidente del Gruppo, per far entrare capitali freschi. La misura però è tutta da decifrare.
Nessuna risposta ancora dal pool di banche che è stato chiamato a dare un’iniezione di liquidità, indispensabile. La relazione semestrale conferma la crisi in cui versa Cdc Spa, nonostante i tre anni di ammortizzatori sociali e un piano industriale indigesto, che tuttavia dagli esuberi è passato alla cassa integrazione straordinaria. E così, anche per bloccare le pretese dei creditori, il sentiero obbligato, data la volontà di mantenere la continuità aziendale, è quello tracciato dal decreto legge sviluppo (83 del 2012), che ha modificato la legge fallimentare (regio decreto 267 del 1942), proprio per favorire la continuità aziendale.
Si è riunito ieri il Cda che ha deliberato di presentare la domanda per richiedere l’ammissione della Società alla procedura di concordato preventivo in continuità aziendale, nel minor tempo possibile e compatibilmente con la predisposizione del ricorso medesimo avvalendosi proprio della legge approvata lo scorso 7 agosto. Il Consiglio ha infatti valutato che “sulla base dell’aggiornamento della situazione effettuato dal management con il supporto degli advisors, che una eventuale ristrutturazione debitoria in bonis non sia allo stato attuale più perseguibile, ritenendo quindi necessario il ricorso a procedure che consentano alla Società di avere il tempo sufficiente per individuare soluzioni praticabili per la ristrutturazione del debito e/o di esplorare l’interesse di parti terze alla partecipazione nel capitale dell’azienda ed ottenere finanza aggiuntiva per la ricostituzione del capitale circolante necessario per la continuità aziendale”.
Uno strumento per rimodulare il piano industriale e studiare la taglia aziendale adatta alle prospettive di mercato, il concordato. Il Cda a fine agosto “si è riservato di prendere le opportune decisioni entro il mese di settembre, esaminando tutte le opzioni possibili”. Ma dalla semestrale trapela anche qualche indicazione sul percorso intrapreso da Cdc Spa. La cornice di riferimento sono la “situazione di grave difficoltà che si e venuta a creare” e “l’allungamento dei tempi prevedibili per la conclusione delle negoziazioni con il ceto bancario”. Da qui le previsioni per il secondo semestre. “Il mantenimento della attività aziendale su livelli minimali di fatturato”. Ma anche un “rilevante downsizing nel terzo trimestre 2012 del perimetro commerciale, attraverso la riduzione del numero delle filiali e dei punti vendita”.
Se concordato in continuità aziendale sarà, l’orizzonte per decifrare il futuro di Cdc Spa è di tre mesi al massimo. Questi i termini di legge salvo una proroga di altri sessanta giorni. Alla fine è certo che ci sarà un cambio di taglia sia in termini di attività che nel numero di addetti. Si riduce il perimetro ma si perdono anche posti di lavoro.
Anche se una prima indicazione fa tirare un respiro di sollievo a dipendenti e sindacati. “Si ritiene che sussistano i motivi della continuità aziendale in virtù di previsioni industriali, economiche e patrimoniali, basate principalmente sulla possibilità di ottenere una ristrutturazione del debito e nuova finanza in misura coerente con una ridotta dimensione aziendale, ma sufficiente per la ricostituzione di un capitale circolante in grado di rialimentare le reti commerciali, che rappresentano ancora insieme alle attività a valore aggiunto (Cdc Tech) e ai prodotti a marchio proprio (Kraun) elementi di vitalità del sistema azienda, tuttora presenti, per la conservazione del cui valore si ritiene corretto esperire ogni possibile tentativo”.
Il socio di maggioranza Giuseppe Diomelli potrebbe fare un passo indietro per far entrare capitali freschi nella società
di Manolo Morandini
PONTEDERA. Virata verso il concordato preventivo. Una manovra tampone quella decisa da Cdc Spa, per avere più armi contro la crisi aziendale. La dimensione è nei numeri. Dietro c’è un gigante di fronte a un mercato in discesa e che non ha più ossigeno. Bloccato. Inchiodato da una grave difficoltà finanziaria. A giugno la perdita si è attestata a 21,6 milioni di euro, lo scorso anno nello stesso periodo si era fermata a quota -1,3 milioni. Uno scenario economico e finanziario che gli amministratori definiscono “difficilissimo”. Al punto che per guardare avanti si apre a un “aggiornamento del managemento”. Tradotto, un passo indietro del socio di maggioranza Giuseppe Diomelli, attuale presidente del Gruppo, per far entrare capitali freschi. La misura però è tutta da decifrare.
Nessuna risposta ancora dal pool di banche che è stato chiamato a dare un’iniezione di liquidità, indispensabile. La relazione semestrale conferma la crisi in cui versa Cdc Spa, nonostante i tre anni di ammortizzatori sociali e un piano industriale indigesto, che tuttavia dagli esuberi è passato alla cassa integrazione straordinaria. E così, anche per bloccare le pretese dei creditori, il sentiero obbligato, data la volontà di mantenere la continuità aziendale, è quello tracciato dal decreto legge sviluppo (83 del 2012), che ha modificato la legge fallimentare (regio decreto 267 del 1942), proprio per favorire la continuità aziendale.
Si è riunito ieri il Cda che ha deliberato di presentare la domanda per richiedere l’ammissione della Società alla procedura di concordato preventivo in continuità aziendale, nel minor tempo possibile e compatibilmente con la predisposizione del ricorso medesimo avvalendosi proprio della legge approvata lo scorso 7 agosto. Il Consiglio ha infatti valutato che “sulla base dell’aggiornamento della situazione effettuato dal management con il supporto degli advisors, che una eventuale ristrutturazione debitoria in bonis non sia allo stato attuale più perseguibile, ritenendo quindi necessario il ricorso a procedure che consentano alla Società di avere il tempo sufficiente per individuare soluzioni praticabili per la ristrutturazione del debito e/o di esplorare l’interesse di parti terze alla partecipazione nel capitale dell’azienda ed ottenere finanza aggiuntiva per la ricostituzione del capitale circolante necessario per la continuità aziendale”.
Uno strumento per rimodulare il piano industriale e studiare la taglia aziendale adatta alle prospettive di mercato, il concordato. Il Cda a fine agosto “si è riservato di prendere le opportune decisioni entro il mese di settembre, esaminando tutte le opzioni possibili”. Ma dalla semestrale trapela anche qualche indicazione sul percorso intrapreso da Cdc Spa. La cornice di riferimento sono la “situazione di grave difficoltà che si e venuta a creare” e “l’allungamento dei tempi prevedibili per la conclusione delle negoziazioni con il ceto bancario”. Da qui le previsioni per il secondo semestre. “Il mantenimento della attività aziendale su livelli minimali di fatturato”. Ma anche un “rilevante downsizing nel terzo trimestre 2012 del perimetro commerciale, attraverso la riduzione del numero delle filiali e dei punti vendita”.
Se concordato in continuità aziendale sarà, l’orizzonte per decifrare il futuro di Cdc Spa è di tre mesi al massimo. Questi i termini di legge salvo una proroga di altri sessanta giorni. Alla fine è certo che ci sarà un cambio di taglia sia in termini di attività che nel numero di addetti. Si riduce il perimetro ma si perdono anche posti di lavoro.
Anche se una prima indicazione fa tirare un respiro di sollievo a dipendenti e sindacati. “Si ritiene che sussistano i motivi della continuità aziendale in virtù di previsioni industriali, economiche e patrimoniali, basate principalmente sulla possibilità di ottenere una ristrutturazione del debito e nuova finanza in misura coerente con una ridotta dimensione aziendale, ma sufficiente per la ricostituzione di un capitale circolante in grado di rialimentare le reti commerciali, che rappresentano ancora insieme alle attività a valore aggiunto (Cdc Tech) e ai prodotti a marchio proprio (Kraun) elementi di vitalità del sistema azienda, tuttora presenti, per la conservazione del cui valore si ritiene corretto esperire ogni possibile tentativo”.