Il problema è complesso. Cerco di sintetizzarlo, con qualche inevitabile approssimazione e strafalcione.
L'Agenzia delle Entrate e la GdF hanno (da una quindicina di anni) il potere di effettuare indagini bancarie su soggetti titolari di reddito di impresa e lavoro autonomo. Le indagini ovviamente devono essere "nominative" (ossia indirizzate a un preciso soggetto), e necessitano di una autorizzazione del Direttore Regionale dell'AE o del Comandante Generale della GdF.
Ovviamente, uno dei problemi di tali indagini bancarie è capire quali conti correnti (o altro dal 2005, essendo stata estesa la competenza di indagine a ogni tipo di rapporto con banche, sgr, fiduciarie, etc.) il soggetto abbia: e il sistema tradizionale per capirlo era quello di fare una serie di richieste a pioggia a tutti gli istituti di credito presenti sul territorio dove lavora il tizio "indagato". Il che è impreciso, nonché porta l'amministrazione finanziaria a perdere un mucchio di tempo, tra raccomandate, risposte, etc.
Ecco allora la duplice idea:
la prima, introdotta con la Finanziaria 2005, estendere a tutti la disciplina delle indagini bancarie, e creare una sorta di posta elettronica certificata per scambiarsi le informazioni (ma sempre dietro richiesta "generica" dei controllori);
la seconda, mandare in porto la "anagrafe dei conti" (prevista già da anni ma mai realizzata), una sorta di megarchivio di tutti i c/c, etc., italiani, direttamente collegato con l'anagrafe tributaria, in modo tale da sapere in anticipo che "quel" soggetto ha "quel" tot di conti presso il "tale" istituto e, a quel punto, chiedere i dettagli alla banca, sgr, etc.
La materia è importante perché le indagini bancarie fanno scattare delle presunzioni di evasione a carico del contribuente che non è sempre semplice vincere.
Cosa diversa, anche se complementare, è l'obbligo di registrare le operazioni, che comunque, per le operazioni sopra i € 12.500 (o anche di meno, se, ravvicinate, raggiungono quell'importo) è sempre stato presente per la legge antiriciclaggio.
Ciò premesso, il decreto Bersani prevede una cosa del tutto nuova: l'obbligo di registrare e comunicare tutte le transazioni avvenute in ambito "lavorativo", sopra i 1.500 euro, e comunicarle all'Agenzia delle Entrate tramite collegamento con l'anagrafe tributaria; non per essere usate per le indagini bancarie (che hanno una loro disciplina a parte), ma per "nonsicapiscebenecosa". Né, del resto, esiste ancora la materiale possibilità di effettuare tale comunicazione, per cui, vedremo.