Lo spettro della liquidazione per la griffe Cerruti
La protesta nelle fabbriche del Milanese: dipendenti in azienda con bandiere e striscioni
flavia mazza
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Il fallimento di Finpart lo scorso mese di ottobre dopo che, per anni e anni, la realtà era rimasta in bilico sul baratro continuando a controllare, tra altre aziende, anche Cerruti e Frette. Ora su Cerruti, storico marchio d'abbigliamento arriva anche lo spettro, come lo definiscono i sindacati, dell'acquisto americano.
Sul gruppo, infatti, incombe la minaccia della liquidazione. Ad essere a rischio sono oltre 300 posti di lavoro. Ieri, i dipendenti sono arrivati in fabbrica muniti di bandiere e striscioni. Il gruppo tessile, infatti ha annunciato la liquidazione per Finpart, il braccio produttivo con addetti suddivisi tra Vigano di Gaggiano e Corsico, nel Milanese.
È donna la maggior parte dei lavoratori e la paura grande è quella di rimanere a casa, senza più nessuna possibilità. Il futuro potrebbe anche riservare sorprese. Gli acquirenti, per Cerruti, non mancherebbero. Ci sarebbe, innanzitutto, la Manifattura Paoloni di Macerata che si è fatta avanti facendo sapere di essere intenzionata ad acquisire il gruppo tessile. Ma, negli ultimi giorni, sul tavolo di chi decide è fioccata anche la proposta di un fondo americano anche se i sindacati avvertono: in questo caso la volontà potrebbe essere più quella di esercitare un controllo sul marchio piuttosto che di garantire posti di lavoro. La vertenza, quindi, in questa fase si presenta come assolutamente critica. I sindacati, intanto, respingono la mobilità per i dipendenti che rappresentano. E spiegano: «Sappiamo con chiarezza che questa società non si trova affatto in crisi economica ma ha solo bisogno che tutti i tasselli possano tornare al loro posto». La Fin.Part , alla fine degli anni '90, aveva acquisito, nel settore moda, un cospicuo numero di marchi con un'esposizione rilevante nei confronti delle banche sotto forma di obbligazioni (bond) a cui non ha fatto riscontro un'adeguata redditività, come ricordano i sindacati. In particolare il bond in scadenza a luglio 2004 (per complessivi 220 milioni di euro) non è stato onorato, con conseguente default tecnico essendo Fin.Part società quotata in borsa con circa 3000 azionisti e obbligazionisti interessati. Fin.Part era la finanziaria capogruppo dei noti marchi Cerruti group (con 350 dipendenti comprese le strutture di produzione degli stabilimenti milanesi di Hitmann), Frette (243 dipendenti, Brianza), Star (130 dipendenti, Como), Pretty Shoes (60 dipendenti, Parabiago, Milano) e Pepper (384 dipendenti, Venezia e Padova più la sede estera in Nord Africa per complessive 900 persone). Il gruppo, in particolare il marchio Cerruti che faceva da core business, continuava, nonostante 18 mesi di crisi finanziaria conclamata, a mantenere i suoi assetti di riferimento: buona clientela, prodotto di qualità per un'azienda leader nel formale uomo. Poi, all'improvviso, periodi a singhiozzo di cassa integrazione ordinaria su Cerruti e su altre società del gruppo, costante ritardo nel pagamento degli stipendi, cattivi risultati nel conto economico per la mancata evasione delle commesse e grande preoccupazione nell'insieme dei lavoratori per il futuro delle aziende e il mantenimento del posto di lavoro.
E, successivamente le preoccupazioni, per i lavoratori si erano ingigantite visto il fatto che ad agosto 2004 la società aveva deciso persino di non rispondere più alle richieste di incontro delle organizzazioni sindacali. Cesoie sui rapportio che permettevano, almeno, uno scambio di idee. Ieri si è chiesto ancora una volta, per l'ennesima volta, di cercare di garantire il futuro produttivo dell'impresa Cerruti, da sempre appprezzata da clienti italiani come stranieri.
[Data pubblicazione: 28/03/2006]