Fine anni 60 inizio 70 galleria l'attico di Sargentini
Sargentini.
Jannis Kounellis Galleria L’Attico (Roma) dodici cavalli vivi. 1969.
Lo spazio della galleria L’attico era, in origine, un garage seminterrato, ben illuminato da coppie di neon a luce fredda, disposte lungo le trabeazioni orizzontali. L’installazione è composta da dodici cavalli vivi (1969) di Jannis Kounellis una delle più fortunate e icastiche fotografie d’arte del novecento pubblicata su tutti i manuali di storia d’arte contemporanea. La foto adesso esposta in gigantografia, nell’attuale riproposizione installativa intrisa di sonorità è un pregevole, memorabile documento di una stagione celebrata e febbrile della storia dell’arte occidentale.
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Sargentini Il 4 aprile del 1970 inaugura la seconda personale con l’artista Gino De Dominicis (Ancona, 1º aprile 1947 – Roma, 29 novembre 1998) La mostra dal titolo Lo Zodiaco è concepita dall’artista come un tableau vivant tra mitologia e contemporaneità: i dodici segni zodiacali, rappresentati da manufatti, esseri umani o animali reali (gran parte dei quali vivi) sono disposti a semicerchio e presentati al pubblico per cinque giorni. Successivamente, nel dicembre dello stesso anno, nell’ambito della collettiva “Fine dell’Alchimia”, viene realizzato ed esposto in galleria il manifesto della mostra, a partire da una fotografia a colori di Claudio Abate.
Gino De Dominicis: “Lo Zodiaco”. L’Attico. 1970.
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Al 1968 risale l’approdo di Mattiacci a L’Attico di Sargentini (catalogo con testo di Vittorio Rubiu). Qui espone oggetti d’uso e materiali industriali, come cilindri in lamiera o pneumatici, manipolati in modo tale da generare insoliti effetti tattili o da esaltarne valori fisici, quali peso, forza di gravità o magnetismo. La stessa dinamica compare in Tensione con pietra, esposto nella rassegna Prospekt 69 a Düsseldorf e in Contrasti di Calamita e trucioli, presentati da Alexander Iolas a Parigi nel 1969 (catalogo con testo di Eliseo Mattiacci).
Manifesto della mostra: “Percorsi” e “Lavori in Corso” Galleria L’attico, Roma, 1 marzo 1969. cm. 60 x 100 ca. Mattiacci per intervento/performativo schiacciò con un rullo compressore giallo un mucchio di sabbia bituminoso formando una scia che dall’ingresso si estendeva fino all’interno della galleria.
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Artista eclettico, Pino Pascali (Bari, 19 ottobre 1935 – Roma, 11 settembre 1968) fu scultore, scenografo e performer. Nelle sue opere riunisce le radici della cultura mediterranea (i campi, il mare, la terra e gli animali) con la dimensione ludica dell’arte: un ciclo di opere è dedicato alle armi, veri e propri giocattoli realizzati con materiali di recupero (metalli, paglia, corde) e molti suoi lavori ripropongono le icone e i feticci della cultura di massa. Nella serie “Ricostruzione della natura”, iniziata nel 1967, Pascali analizza il rapporto tra la produzione industriale in serie e natura. In soli tre anni ottiene un notevole riscontro da parte della critica e viene notato da influenti galleristi italiani e internazionali.
Pino Pascali piroettante al fianco della sua Vedova Blu (1968), monumentale scultura a forma di ragno di peluche.) Proprio all’apice della sua carriera, mentre alcune sue opere erano in mostra alla Biennale di Venezia, muore prematuramente a Roma nel 1968 per le conseguenze di un grave incidente in motocicletta, sua grande passione. La precoce morte di Pino Pascali gettò Sargentini, suo amico fraterno, in un profondo stato di sconforto, fino alla chiusura della galleria di Piazza di Spagna, per riaprirla il 14 gennaio 1969 in una sede nuova “il garage” in Via Beccaria.
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Nei mesi precedenti infatti, Sargentini aveva incontrato la performer italo americana Simone Forti ed dai suoi racconti dell’esperienza newyorkese, apprende come i “musicisti, danzatori, scultori, pittori collaboravano fra loro (…) , cercavano spazi diversi nell’ottica della commistione delle arti: una chiesa sconsacrata, il greto di un fiume, il terrazzo di un grattacielo…”, aprendo a Sargentini nuove potenzialità e portandolo ben presto a viaggiare fra Roma e New York, nel tentativo di formare un ponte fra la capitale e la “grande mela”. Sono così presentati nel 1969, presso L’Attico di Via Beccarla, i due compositori del minimalismo americano Terry Riley e La Monte Young. Negli anni successivi Sargentini collaborò con Simone Carella del Beat ’72 alla creazione di festival di musica e di danza, portando in questi luoghi Philip Glass, Steve Reich, Charlemagne Palestine, Joan La Barbera e di nuovo La Monte Young, che presenta in anteprima assoluta The Well Tuned Piano, le danzatrici e performer Trisha Brown, Simone Forti e le proiezioni dei videoartisti Gerry Schum e Marisa Merz.
Altra tappa di sperimentazione linguistica tra installazioni e autori. Phil Glass nella sala de l’Attico, in cui campeggia la gigantografia che lo ritrae con Trisha Brown, Simone Forti, Steve Paxt, Joan Joan, figure cardine della musica minimalista della Modern dance.