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I principali indici azionari hanno vissuto una settimana turbolenta, caratterizzata dalla riunione della Fed, dai dati macro importanti e dagli utili societari di alcune big tech Usa. Mercoledì scorso la Fed ha confermato i tassi di interesse e ha sostanzialmente escluso un aumento. Tuttavia, Powell e colleghi potrebbero lasciare il costo del denaro su livelli restrittivi in mancanza di progressi sul fronte dei prezzi. Inoltre, i dati di oggi sul mercato del lavoro Usa hanno mostrato dei segnali di raffreddamento. Per continuare a leggere visita il link
Un pezzo di Grant Williams; è in inglese, piuttosto lungo e di scarso o nullo interesse se con l'oro fate solo trading.
Thinker, Trader, Holder. Why? | Things That Make You Go Hmmm... Investment Newsletter | Mauldin Economics
In sintesi per uno che non mastica l'inglese che dice?
Comunque io sto accumulando poco alla volta sia silver che gold; non penso andranno giu' all'infinito!
concordo, anche perchè gli indici azionari stanno crescendo continuamente, ma nonostante questo il prezzo dell'oro rimane pressochè costante.
edit: io però andrei sul fisico
Io prendo l'etf perchè penso sia piu' comodo; il fisico non saprei dove e come prenderlo. Se hai qualche suggerimento in materia ti ringrazio!
Molto gradita! per i prossimi acquisti ne terro' conto! Grazie ancora!Dipende da quanto tempo vuoi investire in oro.
Se a lungo termine puoi prendere delle monete d'oro da un oncia (d'argento sono meno convenienti). Le trovi da bolaffi, da italpreziosi, da confinvest.
Personalmente preferisco ritirarle da Bolaffi, ovviamente rilasciano il certificato d'autenticità. Come gli altri siti, vendono anche lingotti.
Ecco i link dove trovi tutte le info:
Bolaffi Metalli Preziosi - Bolaffi Metalli Preziosi SpA
italpreziosi Monete di Oro Italpreziosi vendita online
MONETE - SHOP ORO CONFINVEST
Spero di aver fatto cosa gradita. :)
Carlo.
In sintesi per uno che non mastica l'inglese che dice?
Grosso modo, vengono affrontati tre temi: il ruolo dei mercati asiatici, la condotta non proprio trasparente delle banche centrali e la mancata risposta delle quotazioni alle persistenti tensioni con la Russia.
L'autore fa notare che durante il precedente toro del metallo, culminato nel 1980, gli acquisti asiatici non furono significativi.
La situazione è cambiata.
A partire all'incirca dalla metà degli anni 90, lo sviluppo di quelle economie permise l'accumulo di una ingente quantità di riserve di valuta, principalmente in dollari statunitensi.
Ora questi paesi stanno cercando di diversificare, acquistando oro.
La parte del leone la fanno India e Cina. Nella prima l'oro è per tradizione antica lo strumento principe per l'investimento dei risparmi, anche sotto forma di gioielleria.
La seconda ha visto una crescita costante degli acquisti di oro, tanto che l'anno scorso è diventato il primo importatore mondiale, superando appunto l'India.
Assieme, i due paesi nel 2013 hanno importato qualcosa più di 2000 tonnellate.
La produzione mineraria mondiale nello stesso anno è stata di 3000 tonnellate ( cui va aggiunto l'oro riciclato ).
Viene sottolineata la diversa attitudine di questi paesi rispetto all'investitore occidentale.
L'indiano e il cinese prediligono, rispetto all'oro finanziario ( futures, certificati, etf ecc. ) il metallo fisico; sono più accumulatori che speculatori sul breve termine.
Se il prezzo scende non si accodano shortando: ne comprano di più.
Si può presumere quindi che le quantità acquistate non torneranno tanto presto sul mercato.
L'oro e le banche centrali.
Tranne che per qualche breve periodo, le banche centrali sono state venditrici nette di oro dalla metà degli anni 60 fino al 2009.
Le riserve calavano anche durante gli anni della guerra fredda ( quando invece si supporrebbe logico cercare nell'oro il tradizionale ruolo di bene rifugio) e calavano anche più velocemente nel periodo successivo in un clima politico più disteso.
Cosa è cambiato nel 2009?
Gli acquisti di banche centrali asiatiche e dei cosiddetti brics, che cercavano e cercano tuttora di diversificare l'enorme quantità di dollari che detengono.
Nonostante gli acquisti degli ultimi anni, in molti casi la quantità di oro rispetto alle riserve di valuta è ancora piuttosto marginale.
Da poco più di un anno, le riserve hanno ricominciato lentamente a scendere, incuranti anche della crisi ucraina.
Per inciso, anche la quotazione del metallo non sembra rispondere più alle vecchie, normali logiche: da quasi un anno ballonzola un po' sopra, un po' sotto i 1300 dollari.
Infine l'articolo accenna al trattato del 1999 ( rinnovato più volte da allora) tra numerose banche centrali europee, il cui scopo non risulta ben chiaro.
Nell'accordo le parti s'impegnavano a non vendere, complessivamente, più di 400 tonnellate di oro all'anno.
La cosa curiosa, che desta perplessità circa gli scopi non dichiarati, è che molto raramente, nei decenni precedenti, si era raggiunto un tale ammontare di vendite, mentre le vendite stesse aumentarono cospicuamente negli anni successivi all'accordo.
Un po' come se, su una autostrada in cui nessuno o quasi supera mai i 150 kmh, si ponesse il limite a 200: che bisogno c'era, e a che cosa serve davvero?
Grosso modo, vengono affrontati tre temi: il ruolo dei mercati asiatici, la condotta non proprio trasparente delle banche centrali e la mancata risposta delle quotazioni alle persistenti tensioni con la Russia.
L'autore fa notare che durante il precedente toro del metallo, culminato nel 1980, gli acquisti asiatici non furono significativi.
La situazione è cambiata.
A partire all'incirca dalla metà degli anni 90, lo sviluppo di quelle economie permise l'accumulo di una ingente quantità di riserve di valuta, principalmente in dollari statunitensi.
Ora questi paesi stanno cercando di diversificare, acquistando oro.
La parte del leone la fanno India e Cina. Nella prima l'oro è per tradizione antica lo strumento principe per l'investimento dei risparmi, anche sotto forma di gioielleria.
La seconda ha visto una crescita costante degli acquisti di oro, tanto che l'anno scorso è diventato il primo importatore mondiale, superando appunto l'India.
Assieme, i due paesi nel 2013 hanno importato qualcosa più di 2000 tonnellate.
La produzione mineraria mondiale nello stesso anno è stata di 3000 tonnellate ( cui va aggiunto l'oro riciclato ).
Viene sottolineata la diversa attitudine di questi paesi rispetto all'investitore occidentale.
L'indiano e il cinese prediligono, rispetto all'oro finanziario ( futures, certificati, etf ecc. ) il metallo fisico; sono più accumulatori che speculatori sul breve termine.
Se il prezzo scende non si accodano shortando: ne comprano di più.
Si può presumere quindi che le quantità acquistate non torneranno tanto presto sul mercato.
L'oro e le banche centrali.
Tranne che per qualche breve periodo, le banche centrali sono state venditrici nette di oro dalla metà degli anni 60 fino al 2009.
Le riserve calavano anche durante gli anni della guerra fredda ( quando invece si supporrebbe logico cercare nell'oro il tradizionale ruolo di bene rifugio) e calavano anche più velocemente nel periodo successivo in un clima politico più disteso.
Cosa è cambiato nel 2009?
Gli acquisti di banche centrali asiatiche e dei cosiddetti brics, che cercavano e cercano tuttora di diversificare l'enorme quantità di dollari che detengono.
Nonostante gli acquisti degli ultimi anni, in molti casi la quantità di oro rispetto alle riserve di valuta è ancora piuttosto marginale.
Da poco più di un anno, le riserve hanno ricominciato lentamente a scendere, incuranti anche della crisi ucraina.
Per inciso, anche la quotazione del metallo non sembra rispondere più alle vecchie, normali logiche: da quasi un anno ballonzola un po' sopra, un po' sotto i 1300 dollari.
Infine l'articolo accenna al trattato del 1999 ( rinnovato più volte da allora) tra numerose banche centrali europee, il cui scopo non risulta ben chiaro.
Nell'accordo le parti s'impegnavano a non vendere, complessivamente, più di 400 tonnellate di oro all'anno.
La cosa curiosa, che desta perplessità circa gli scopi non dichiarati, è che molto raramente, nei decenni precedenti, si era raggiunto un tale ammontare di vendite, mentre le vendite stesse aumentarono cospicuamente negli anni successivi all'accordo.
Un po' come se, su una autostrada in cui nessuno o quasi supera mai i 150 kmh, si ponesse il limite a 200: che bisogno c'era, e a che cosa serve davvero?
Arrivati a questo punto trovo davvero incredibili gli sforzi che sta facendo il complesso statale per tenere sotto controllo l'inflazione.
Nonostante tutto il nuovo denaro stampato. Sono riusciti a convincere le banche a depositarne gran parte in un deposito semi infruttifero e non investirlo in attività classiche per il settore. Attività che favoriscono le imprese ma anche l'inflazione appunto.
Anche se c'è davvero qualche timido segnale con gli yield azionari in salita, il petrolio sempre ad alti livelli....
Però nel complesso pare riescano ad avere ancora le redini salde.
Nel 1981 ero ancora un bimbo. Qualcuno si ricorda cosa c'era di diverso rispetto ad oggi che causó alla fine la salita dei rendimenti causati peró dallo scoppio inflazionario? Furono le lotte di classe degli anni precedenti o qualche altro motivo esogeno e endogeno al sistema?