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Ho trovato questo articolo che parla di quanto silver serve in una cella di pannello fotovoltaico e dei limiti di offerta...
2 Novembre 2021
Attenti ad argento, indio e bismuto: potrebbero limitare la diffusione del fotovoltaico
Alessandro Codegoni
Anche per celle e moduli FV potrebbero esserci in futuro dei limiti per le materie prime utilizzate. Le quantità in gioco e le possibili alternative.
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Un pannello al silicio cristallino è composto, ovviamente, di silicio, l’elemento solido più diffuso sulla Terra, e degli altrettanti comuni alluminio, plastica, vetro.
È vero, i “filini” metallici anteriori, che servono a catturare le cariche elettriche positive prodotte nel silicio dalla luce, sono fatti di argento, mentre altro argento è spalmato sul retro della cella, per catturare le cariche negative. Ma si tratta di quantità minime.
Eppure, anche quelle quantità minime, avverte ora su Energy & Environmental Science Zhang Yuchao, ingegnere della University of New South Wales a Sydney, potrebbero costituire un grosso ostacolo alla diffusione del FV, considerando l’enorme futura richiesta della tecnologia.
Ci sono anche altri due elementi non comuni, l’indio e il bismuto, che potrebbero costituire un collo di bottiglia ancora più ristretto per nuove e promettenti tecnologie solari.
“In effetti, a livello globale dovremo dai 135 GW di FV installato nel 2020, ai 3.000 GW del 2030, per arrivare al 2050 ad averne 70.000. Ma oggi l’utilizzo di questi metalli nel fotovoltaico è troppo alto per raggiungere quei livelli di produzione: circa 15 mg/W di argento, 13 mg /W di bismuto e 4 mg/W di indio”, spiega Yuchao.
Possono sembrare minime quantità, ma considerando i 3 TW di produzione necessari al 2030, vorrebbero dire usare 45.000 tonnellate di argento, su una produzione totale di 29mila t nel 2019, 39.000 t di bismuto, su una produzione di 21mila, e 12.000 t di indio, su una produzione di 2.100, senza considerare che tutti e tre gli elementi hanno numerosi altri usi, come i touch screen di computer e cellulari nel caso dell’indio.
“Per soddisfare la richiesta del FV al 2030, e considerando un uso non superiore del 20% della produzione dei tre metalli, bisognerebbe scendere a non più di 2 mg/W per l’argento, 0,38 mg/W per l’indio e 1,8 mg/W per il bismuto. Uno sforzo tecnologico enorme, che non è detto si possa ottenere”, dice l’ingegnere australiano
Considerando i consumi attuali, ed escludendo un grande aumento della produzione mineraria, che sarebbe ambientalmente insostenibile, secondo i ricercatori la potenza totale di FV con argento che il mondo potrà al massimo e ragionevolmente installare non supererà i 377 GW l’anno.
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Per esempio, fra le tecnologie migliori per il FV a silicio cristallino, le Perc sono quelle che richiedono meno argento, 96 mg per cella, contro i 163 delle più efficienti TOPcon, e i 218 delle eterogiunzione, che potrebbero essere ancora più efficienti».
Queste quantità certamente si ridurranno nei prossimi anni per tutte e tre le tecnologie, per esempio utilizzando altre configurazioni dei conduttori in argento nei moduli, ma esistono limiti fisici sotto i quali non si potrà andare: per le Perc, per esempio, è difficile che si scenda sotto i 55 mg a cella.
“L’argento può essere anche eliminato del tutto: esiste già per esempio una tecnologia che lo sostituisce con il rame e che è stata impiegata in alcuni modelli di pannelli commerciali in passato, dimostrando di essere affidabile”, afferma Yuchao.
“E usare il rame per i conduttori interni al pannello, vuol dire aggiungerne una minima frazione rispetto a quello già usato per i fili esterni. Se il rame poi non bastasse si sperimenta già anche l’uso del più comune alluminio. Certo, bisognerà riuscire ad ottenere con questi metalli l’alta adesione al silicio e l’alta conduttività che assicura l’argento, ed essere certi che restino tali anche dopo decenni di esposizione all’aperto», conclude il ricercatore.
Quindi, la scarsità di argento, non è poi un limite insuperabile alla futura produzione sulla scala dei TW del solare: se questo elemento dovesse cominciare a dare problemi di reperibilità o di prezzo, le alternative a disposizione dei produttori per ridurne o eliminarne l’uso non mancherebbero.
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