Ho recentemente deciso di acquistare un immobile venduto da un privato, e il notaio mi ha assistito stilando un preliminare di vendita.
Con l'obiettivo di "farmi risparmiare", il notaio ha suggerito di fare una scrittura privata invece di un atto notariale.
L'ufficio del notaio ha così preparato la scrittura privata e io mi sono recato assieme al venditore a firmarla in presenza del notaio, il quale ci ha illustrato i contenuti del contratto prima di firmarlo.
Durante la lettura dei contenuti del contratto preliminare, il notaio ha notato un errore commesso dalla sua segretaria: questa aveva scritto esplicitamente che il primo assegno da 5.000€ che avevo consegnato inizialmente al venditore per "fermare" l'immobile era stato versato in qualità di caparra confirmatoria, mentre per l'altro assegno (da 15.000€), da me consegnato al venditore contestualmente alla firme del preliminare, non veniva specificato a quale titolo venisse consegnato al venditore. Allora, la segretaria del notaio ha allora aggiunto a penna sul contratto che questo assegno veniva consegnato "a titolo di caparra", senza però far controfirmare alle parti questa integrazione a bordo pagina.
Il notaio ha comunque spiegato esplicitamente e dettagliatamente a entrambe le parti che io, acquirente, avrei perso tutti i 20.000€ versati qualora mi fossi ritirato dall'affare, e che il venditore avrebbe dovuto restituirne il doppio (20+20) qualora si fosse ritirato lui.
Il contratto è poi rimasto presso la sede del notaio, che ha provveduto a registrarlo, pagando le imposte su 20.000 di caparra.
Ora, il venditore ha deciso di ritirarsi dalla vendita (peraltro il giorno stesso del rogito...), e sostiene di poter restituire solamente i 20.000€ che gli ho versato più 5.000€ di "caparra raddoppiata" - per un totale quindi di 25 mila invece di 40 mila come concordato durante il preliminare - in quanto a suo dire l'aggiunta a penna fatta al contratto non ha valore, sostenendo che questa aggiunta non è stata fatta in sua presenza (cosa peraltro totalmente falsa).
Ora, i 5.000€ che il venditore mi propone non coprirebbero neanche i danni che ho subito da questa vicenda.
A quanto ne so, trattandosi di caparra confirmatoria io non sono tenuto ad accettare passivamente l'inadempienza contrattuale del venditore, e posso richiedere l'esecuzione del contratto da parte di un giudice qualora non trovassi un accordo che mi soddisfa con il venditore. Me lo confermate?
Oltre a rivolgermi a un legale, come mi consigliate di muovermi per ottenere almeno ciò che mi spetta?
Per me di questa situazione spinosa è responsabile anche il notaio, che ha effettuato quella modifica al contratto senza far controfirmare l'atto alle parti: posso io (o eventualmente il venditore) rivalermi nel confronti del notaio?
Lo chiedo in quanto a me non interessa da chi arrivano i soldi, ma non voglio rimetterci di tasca mia perché qualcuno ha sbagliato a fare il proprio lavoro.
Grazie mille a chiunque mi aiuterà a capire come procedere in questa situazione spinosa!
Con l'obiettivo di "farmi risparmiare", il notaio ha suggerito di fare una scrittura privata invece di un atto notariale.
L'ufficio del notaio ha così preparato la scrittura privata e io mi sono recato assieme al venditore a firmarla in presenza del notaio, il quale ci ha illustrato i contenuti del contratto prima di firmarlo.
Durante la lettura dei contenuti del contratto preliminare, il notaio ha notato un errore commesso dalla sua segretaria: questa aveva scritto esplicitamente che il primo assegno da 5.000€ che avevo consegnato inizialmente al venditore per "fermare" l'immobile era stato versato in qualità di caparra confirmatoria, mentre per l'altro assegno (da 15.000€), da me consegnato al venditore contestualmente alla firme del preliminare, non veniva specificato a quale titolo venisse consegnato al venditore. Allora, la segretaria del notaio ha allora aggiunto a penna sul contratto che questo assegno veniva consegnato "a titolo di caparra", senza però far controfirmare alle parti questa integrazione a bordo pagina.
Il notaio ha comunque spiegato esplicitamente e dettagliatamente a entrambe le parti che io, acquirente, avrei perso tutti i 20.000€ versati qualora mi fossi ritirato dall'affare, e che il venditore avrebbe dovuto restituirne il doppio (20+20) qualora si fosse ritirato lui.
Il contratto è poi rimasto presso la sede del notaio, che ha provveduto a registrarlo, pagando le imposte su 20.000 di caparra.
Ora, il venditore ha deciso di ritirarsi dalla vendita (peraltro il giorno stesso del rogito...), e sostiene di poter restituire solamente i 20.000€ che gli ho versato più 5.000€ di "caparra raddoppiata" - per un totale quindi di 25 mila invece di 40 mila come concordato durante il preliminare - in quanto a suo dire l'aggiunta a penna fatta al contratto non ha valore, sostenendo che questa aggiunta non è stata fatta in sua presenza (cosa peraltro totalmente falsa).
Ora, i 5.000€ che il venditore mi propone non coprirebbero neanche i danni che ho subito da questa vicenda.
A quanto ne so, trattandosi di caparra confirmatoria io non sono tenuto ad accettare passivamente l'inadempienza contrattuale del venditore, e posso richiedere l'esecuzione del contratto da parte di un giudice qualora non trovassi un accordo che mi soddisfa con il venditore. Me lo confermate?
Oltre a rivolgermi a un legale, come mi consigliate di muovermi per ottenere almeno ciò che mi spetta?
Per me di questa situazione spinosa è responsabile anche il notaio, che ha effettuato quella modifica al contratto senza far controfirmare l'atto alle parti: posso io (o eventualmente il venditore) rivalermi nel confronti del notaio?
Lo chiedo in quanto a me non interessa da chi arrivano i soldi, ma non voglio rimetterci di tasca mia perché qualcuno ha sbagliato a fare il proprio lavoro.
Grazie mille a chiunque mi aiuterà a capire come procedere in questa situazione spinosa!