Le nostre case produrranno energia elettrica!

greg ha scritto:
Non credo che ne sappiamo abbastanza per "migliorare" un'ecologia che si è evoluta in qualche miliardo di anni.
Vuoi uno scenario più plausibile (solo mia opinione, s'intende)?
La multinazionale ottiene la licenza di riprodurre i cetacei a scopo di profitto.
Seleziona la o le specie che meglio soddisfano questa esigenza, modifica ampie porzioni di habitat per favorirne al massimo l'espansione( fornitura cibo eliminazione nemici naturali) e manda a remengo un sacco di anelli della catena alimentare, oltre a varie specie viventi, comprese quelle balene che non è economico allevare e che potrebbero essere in competizione con la specie redditizia.


Agreed Greg, :yes:

Scusa per il dissenso Rami ma ogni volta che creiamo un parco naturale o una zona protetta stiamo sacrificando degli spazi economici per salvare piante ed animali. Pero' non e' detto che questo non possa produrre anche reddito, come si e' visto in molte zone vicine ai parchi in Africa

Per le balene poi, avendo avuto la gioia di sentirne il canto sott'acqua e di aver visto dal vivo con quale attenzione sostengono il proprio balenottero, beh io sono pronto a schierarmi anche con Greenpeace :yes:

Cio' non toglie che Pecoraro mi stia sulle "00" ;)
 
energia alternativa

sistemi alternativi ce ne sono eccome ok,,
ho visto un programma in tv in cui il cnr dove il nobel Rubbia riusciva grazie a un sistema pannelli solari a riscaldare un minerale banale non mi ricordo il nome esatto del sale, con tale procedimento riusciva a produrre energia elettrica a costi decisamente inferiori di quelli prodotti bruciando petrolio.... per lo stato sarebbe una banalità converirte delle fabbriche per produrre i materiali necessari per attuare il procedimento...... il problema energetico è tutta una presa per i fondelli...
 
ScubaDuc ha scritto:
Agreed Greg, :yes:

Scusa per il dissenso Rami ma ogni volta che creiamo un parco naturale o una zona protetta stiamo sacrificando degli spazi economici per salvare piante ed animali. Pero' non e' detto che questo non possa produrre anche reddito, come si e' visto in molte zone vicine ai parchi in Africa

Per le balene poi, avendo avuto la gioia di sentirne il canto sott'acqua e di aver visto dal vivo con quale attenzione sostengono il proprio balenottero, beh io sono pronto a schierarmi anche con Greenpeace :yes:

Cio' non toglie che Pecoraro mi stia sulle "00" ;)
Mi piace l'ambiente mi piacciono gli animali..da lontano però... :eek:
ciò che affermate (greg e tu) è verosimile. Vedi occorre mettersi d'accordo
(ma non è necessario !!) su cosa è meglio. La natura lasciata a sè stessa
è madre o matrigna ? Certo una zona selvaggia è bella da osservare....
na anche la stessa zona diboscata, coltivata arata trasformata
in un giardino che produce....
Per quanto riguarda le balene...era ovviamente un'iperbole....
ma non si sa cosa ci riserva il futuro...
 
ramirez ha scritto:
La natura lasciata a sè stessa
è madre o matrigna ? Certo una zona selvaggia è bella da osservare....
na anche la stessa zona diboscata, coltivata arata trasformata
in un giardino che produce....

Io non ho certo voglia di tornare a vivere nei boschi, scaldarmi con legna tagliata a forza d'ascia e dissetarmi con acqua di pozzo, però ho anche il timore che molti giardini siano in rosso e "producano" solo grazie all'erosione di capitale precedentemente accumulato.
 
Ultima modifica:
L'energia eolica in Italia non decolla :

" E’ la solita Italia dei no, dei comitati locali agguerriti contro ogni novità, della confusione normativa e della sovrapposizione dei ruoli che troppo spesso ci condannano all’immobilismo.
In Danimarca il vento fornisce il 16 per cento dell’energia necessaria, in Germania l’8, il 7 in Spagna e solo l’1% in Italia. Per il 2010, l’Enel stima che noi saliremo dall’1 al 4%, a fronte però di una Germania che balzerà a quota 18, di una Danimarca al 19 e di un eolico spagnolo capace di coprire il 16% del fabbisogno energetico nazionale. Ancora una volta siamo fanalino di coda. E lo saremo nei prossimi anni, anche se nel 2005 il nostro Paese si è segnalato per una crescita dell’eolico pari al 36 per cento (con la Sicilia e la Campania particolarmente attive), mentre la Germania non ha superato la soglia dell’11. Ma è altrettanto vero che la potenza installata dai tedeschi oggi supera di gran lunga i 18 mila MW, mentre noi ne abbiamo meno di un decimo e qualunque rincorsa si prospetta difficile. Per di più complicata dai mille lacci e lacciuoli, tutti italiani, che imbrigliano il settore.
Nel lontano ’99 fu varata una legge che richiedeva l’approvazione di linee guida nazionali per lo sviluppo energetico, cui guardare per definire poi i piani regionali. Ma nessun governo, né di centrodestra né di centrosinistra, si è mai preso la briga di fare la sua parte. E così, dopo anni di “latitanza”, le Regioni hanno cominciato a muoversi in ordine sparso, disegnando un’Italia a macchia di leopardo tanto variegata quanto bizzarra. Le elezioni e il cambio al vertice di alcune Regioni hanno anche acceso la miccia delle moratorie, per evitare uno sviluppo selvaggio degli impianti sul territorio, si è detto. Progetti approvati sulla carta e pronti a partire o, addirittura, cantieri in avanzata fase di costruzione, sono stati bloccati. Poi è intervenuta la Corte Costituzionale a dire la sua e alcune di quelle moratorie sono cadute. Ma i tempi si sono allungati e i costi sono lievitati, con buona pace di chi sostiene che il vento potrebbe procurarci fino al 10 per cento del fabbisogno energetico nazionale e della direttiva europea del 2001 che fissa gli obiettivi da raggiungere entro il 2010, “sponsorizzando” l’energia eolica in quanto rinnovabile. E, naturalmente, “dimenticando” il grande passo fatto con il precedente Protocollo di Kyoto (1997), attraverso il quale i Paesi industrializzati si sono impegnati ad abbattere le proprie emissioni di gas serra di un buon 5,2 per cento.
«Abbiamo urgente bisogno di un piano strategico per il Paese», dice Alessandro Beulcke, presidente di Allea, l’organizzazione che gestisce il Nimby Forum. «Il governo ha avviato un tavolo sull’energia, ma l’unico risultato, a oggi, è la proposta d’incentivi economici per i territori che ospitino nuovi impianti. Non basta. Priorità, strategie, obiettivi... vanno chiariti subito, altrimenti si procede a tentoni. Con un’aggravante: la mancanza di una seria e diffusa cultura ambientale». Spesso, infatti, si accusano le pale di fare rumore e di disturbare il sonno, o di nuocere agli uccelli. Magari facendo finta di non sapere che sono numerosi gli studi europei e americani che dimostrano che «il tasso medio di collisione è pari a circa due uccelli per turbina all’anno», come documenta l’ultimo rapporto Greenpeace-Ises. Oppure che, «messo a confronto con il rumore del traffico, treni, attività di cantiere, e altre fonti di tipo industriale, il suono degli aerogeneratori è notevolmente più basso», citando sempre lo stesso rapporto.
Il gruppo Ivpc è leader sul mercato interno, con oltre 131 MW installati nel 2005. Il suo amministratore delegato è Oreste Vigorito, che è anche il presidente dell’Anev, l’Associazione nazionale energia del vento. E contro il «guazzabuglio italiano», Vigorito si batte da anni. «Un nostro progetto è stato appena bloccato», dice sconfortato. «Il parere positivo della Regione Molise sull’impatto ambientale era già stato dato, ma la Soprintendenza lo ha fatto revocare all’ultimo momento accusando gli impianti eolici di disturbare la visibilità del territorio. Ed ecco che un investimento da 100 milioni di euro su Rotello, Montelongo e Montorio nei Frentani, nella provincia di Campobasso, è stato congelato. Senza batter ciglio». La prospettiva è quella della solita trafila di ricorsi e sentenze, con il Tar che è già intervenuto e che sarà presto richiamato in causa dall’Ivpc.
Il Molise è dolente anche per l’Enel, che conta 5 impianti bloccati nella provincia di Isernia. Due sono al palo in Basilicata (nei comuni di Barile e Venosa e in quello di Pietragalla). In Sicilia le cose non vanno male, comunque sono una decina i ricorsi al Tar ancora aperti. Ma è indubbiamente in Sardegna il regno del paradosso: a Balascia, un’area vicina a Sassari, l’Enel aveva avviato anni fa la costruzione di un impianto eolico capace di dare energia “pulita” a 15 mila famiglie. All’80 per cento dell’opera e spesi 16 dei 18 milioni di euro preventivati, nel 2004 è intervenuta la moratoria voluta dal nuovo governatore, Renato Soru, e tutto si è bloccato. Istanze, lettere su lettere, diffide, ricorsi e perfino un sequestro cautelativo voluto dalla magistratura penale hanno infarcito i mesi a seguire, fino a oggi. E quel che resta sul sito sono le colate di cemento per i basamenti e qualche pilone già piantato. Senza pale, naturalmente. «E’ la nostra spina nel fianco», commenta Luigi La Pegna, responsabile per i progetti geotermici ed eolici dell’Enel. «Anche i progetti che avevamo su Litigheddu e Seui sono stati bloccati. Il primo è poi ripartito: ci ha salvato il fatto di essere già allacciati alla rete. Il secondo no. Ma il danno non è stato devastante come a Balascia, perché per fortuna era ancora tutto sulla carta, pur avendo già incassato le autorizzazioni necessarie».
Storie di “ordinaria amministrazione”. Storie italiane. Che ci fanno aggiudicare un primato davvero non invidiabile: la percentuale di successo degli impianti eolici progettati è solo del 20 per cento nel nostro Paese, mentre in Germania varia tra l’80 e il 95 per cento. E’ uno svantaggio competitivo che pesa sulle aziende del settore, ma anche sulla nostra capacità di sviluppo. Il solito conto in rosso che dobbiamo pagare per le inefficienze interne, le spaventose lentezze burocratiche e un localismo, spesso esasperato, che ci paralizza. Proprio quando dovremmo correre sulla strada delle liberalizzazioni e della maggiore competitività, garantendoci l’energia necessaria a costruire un futuro non in perdita. «Eppure dobbiamo lavorare su progetti per 400-500 MW per realizzarne 100», dice Nicola De Sanctis, responsabile per le energie rinnovabili di Edison, che in Italia è il terzo operatore nel settore eolico. Ed è una triste verità valida per tutti. «Noi stiamo procedendo a rilento in Puglia», aggiunge, «con almeno una decina di progetti imbrigliati. Prima la moratoria, poi le nuove regole perfino sulla sostituzione degli impianti obsoleti: la giungla delle difficoltà si è notevolmente infittita in questi anni. E i problemi si sono aggravati». Eppure il governatore, Nichi Vendola, continua a parlare di sviluppo dell’eolico e del solare come priorità per la Regione. Ma la Puglia non è l’unico caso. «Anche in Calabria stiamo scontando un iter autorizzativo lunghissimo per un bel progetto vicino a Crotone», riprende De Sanctis. «Speriamo che la buona notizia arrivi nei prossimi giorni». Come dire: la speranza è l’ultima a morire e, a Natale, forse ancora di più."

(Articolo di LUCIA POZZI)
 
Proprio oggi sul Messaggero c'e' una pagina piena di terreni espropriati per farci un parco eolico.

Comune di Jacurso (ma ndo sta'? Su marte?)

P.S. non lo trovo manco cor GPS
 
klaus_roma ha scritto:
Comune di Jacurso (ma ndo sta'? Su marte?)

P.S. non lo trovo manco cor GPS

Provincia di Catanzaro (almeno per google ;) )
 
Indietro